SENTENZA N.324
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 206 e 222, quarto comma, del codice penale e dell’art. 312 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 9 aprile 1997 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale per i minorenni di Brescia, iscritta al n. 499 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 marzo 1998 il Giudice relatore Valerio Onida.
Ritenuto in fatto
1.– Il Tribunale per i minorenni di Brescia, in funzione di Giudice per le indagini preliminari, nel corso di un procedimento a carico di una minorenne imputata di omicidio preterintenzionale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 2, 3, 10, 27 e 31 della Costituzione, dell'art. 222, quarto comma, del codice penale nonchè, in quanto applicabili ai minori, degli artt. 206 cod. pen. e 312 cod. proc. pen., "nella parte in cui prevedono la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario di minore prosciolto ex art. 88 cod. pen. per delitto non colposo punibile con pena superiore a due anni di reclusione e giudicato socialmente pericoloso, ovvero l'applicazione provvisoria della predetta misura".
Il remittente premette che il pubblico ministero ha richiesto il rinvio a giudizio dell'imputata, e che il consulente tecnico, nel corso delle indagini preliminari, concludeva per la totale incapacità della stessa per vizio di mente al momento del fatto, allegando altresì un giudizio di pericolosità sociale: conclusioni che il giudicante ritiene condivisibili.
Premette poi che il pubblico ministero ha chiesto l'applicazione provvisoria della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, ai sensi del combinato disposto degli artt. 206 e 222, quarto comma, cod. pen. e 312 cod. proc. pen., contestualmente prospettando una eccezione di legittimità costituzionale delle stesse norme; e osserva che non può farsi ricorso all'art. 425 cod. proc. pen., che prevede la dichiarazione di non doversi procedere per mancanza di imputabilità derivante da vizio di mente, in quanto la sentenza n. 41 del 1993 di questa Corte costituzionale ha statuito l'impossibilità di tale declaratoria senza il supporto di un'indagine di merito.
Il giudice a quo dichiara di aderire all'opinione del pubblico ministero circa la inapplicabilità alla specie delle norme, di natura squisitamente processuale, degli artt. 36 e seguenti del d.P.R. n. 448 del 1988, e di ritenere applicabili nei confronti dei minori le misure di sicurezza che trovano la loro disciplina al di fuori della normativa speciale sul processo minorile, fra le quali é compreso il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario.
Così ritenuta la rilevanza della questione, posto che si procede nei confronti di un imputato minorenne affetto da vizio di mente e da reputarsi socialmente pericoloso, il remittente richiama la necessità che il trattamento penale degli imputati minorenni sia adeguatamente differenziato rispetto a quello degli adulti, ricordando in proposito la sentenza di questa Corte n. 168 del 1994, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della previsione della pena dell'ergastolo per i minorenni.
Osserva poi che la misura di sicurezza ha valenza di sanzione criminale, onde trovano con riguardo ad essa applicazione i principi di personalità della responsabilità e del fine rieducativo della pena, di cui all'art. 27 della Costituzione.
Ciò posto, il giudice a quo ritiene che la previsione di una misura di sicurezza detentiva come il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, applicabile ai minori, confligga con le esigenze di specificità della disciplina penale minorile, tanto più considerando la notoria mancanza di strutture speciali per i minorenni.
La totale assenza di differenziazione nel trattamento determinerebbe altresì un contrasto con le norme più generali di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione, per il mancato trattamento differenziato di situazioni diverse e per l’assenza di tutela dei diritti di un soggetto per definizione debole, oltre che di una personalità in formazione.
Sussisterebbe infine contrasto con norme internazionali pattizie, costituzionalizzate attraverso l'art. 10 della Costituzione, in particolare con le norme delle dichiarazioni dei diritti dell'uomo e del fanciullo, e delle c.d. "regole di Pechino", da cui discenderebbero impegni internazionali ad assicurare un trattamento differenziato al minore, in relazione alle precipue esigenze di tutela dello stesso, anche se sottoposto a procedimento penale.
2.– E’ intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque non fondata.
Secondo l’Avvocatura erariale, se é vero che la specificità della situazione dei minorenni richiede un trattamento differenziato, tale principio non potrebbe essere inteso nel senso che, per il sol fatto che si tratti di soggetti minorenni, sia sempre e comunque necessario predisporre autonome strutture o autonomi procedimenti. L’assorbimento, nel caso di minore infermo di mente, della causa di esclusione dell’imputabilità derivante dall’età in quella derivante dal vizio di mente renderebbe ragione della applicabilità della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, pur se il recupero del minore implichi terapie diverse rispetto a quelle da utilizzare per i soggetti adulti.
La difesa del Presidente del Consiglio ammette che la necessaria accentuazione della dimensione del recupero e la prevalenza di tale dimensione rispetto a quelle di difesa sociale e afflittiva richiederanno in futuro un ripensamento dell’istituto "dalle sue fondamenta", e che é auspicabile in sede legislativa una più sensibile differenziazione nel trattamento a seconda dell’età dei soggetti; ma afferma che all’iniziativa del legislatore non potrebbe sostituirsi questa Corte, cui si porrebbe l’alternativa fra una pronuncia demolitrice che determinerebbe un inaccettabile vuoto normativo, ed una pronuncia manipolativa che comporterebbe un inammissibile esercizio di discrezionalità politica.
Considerato in diritto
1.– La questione concerne le norme che prevedono la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, nella parte in cui riferiscono l’applicabilità di tale misura ai minori infermi di mente: e precisamente investe l’art. 222, quarto comma, del codice penale, ai cui sensi le disposizioni dello stesso articolo, relative ai casi di applicazione della misura di sicurezza in questione, si applicano anche ai minori degli anni quattordici o maggiori dei quattordici e minori dei diciotto, prosciolti per ragione di età, quando abbiano commesso un fatto previsto dalla legge come reato trovandosi in condizioni di infermità psichica, intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti, o sordomutismo; l’art. 206 cod. pen., che prevede il ricovero provvisorio in ospedale psichiatrico giudiziario, durante le indagini o il giudizio, dell’infermo di mente o della persona in stato di cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti, e l’art. 312 cod. proc. pen., secondo cui l’applicazione provvi-soria delle misure di sicurezza può essere disposta in qualunque stato e grado del proce-dimento. Le due ultime disposizioni sono impugnate in quanto applicabili ai minori.
Preliminarmente deve osservarsi che la censura del giudice a quo, formalmente indirizzata al quarto comma dell’art. 222 cod. pen., deve più correttamente intendersi riferita anche ai primi due commi dello stesso articolo, che disciplinano l’applicazione della misura di sicurezza nel caso di proscioglimento per infermità psichica, ai sensi dell’art. 88 cod. pen.: laddove il quarto comma estende l’applicabilità delle stesse disposizioni al caso dei minori "prosciolti per ragione di età". Infatti l’ordinanza afferma che sussisterebbero nella fattispecie i presupposti per il proscioglimento ex articolo 88 cod. pen., e nel dispositivo denuncia le norme in questione "nella parte in cui prevedono la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario di minore prosciolto ex art. 88 cod. pen.", nell’evidente presupposto che tale proscioglimento, nel caso, sottoposto al giudice a quo, di minore riconosciuto infermo di mente, debba pronunciarsi in luogo o a preferenza di quello ex art. 98 cod. pen. In ogni caso, il vizio denunciato riguarda le norme che prevedono l’applicazione della misura di sicurezza ai minori, in tutta la loro ampiezza: e in questa accezione più ampia la Corte ritiene di doverle prendere in considerazione.
Il remittente reputa che l’applicazione indifferenziata, in via definitiva o provvisoria, della predetta misura di sicurezza ai minori sia in contrasto con le esigenze di specificità del trattamento penale dei minori, risultanti anche da norme internazionali, e dunque confligga con gli artt. 27, 31 e 10 della Costituzione; che essa violi il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., per il trattamento uguale riservato a situazioni diverse; e contrasti con le esigenze di tutela dei diritti di soggetti deboli e di personalità in formazione (art. 2 Cost.).
2.– Il giudice a quo muove dal presupposto – che condiziona la rilevanza della questione – che la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario sia tuttora applicabile, anche in via provvisoria, ai minori, autori di reati, riconosciuti infermi di mente e socialmente pericolosi: ciò, nonostante che il d.P.R. n. 448 del 1988 sul processo penale minorile, nel disciplinare, agli articoli da 36 a 41, il procedimento per l’applicazione delle misure di sicurezza, sia in via provvisoria, con la sentenza di non luogo a procedere nei confronti del minore non imputabile (art. 37), sia con la sentenza di proscioglimento per assenza di imputabilità o con la sentenza di condanna (art. 39), non faccia alcuna menzione di tale misura, ma si riferisca esplicitamente solo alle misure della libertà vigilata (eseguita nelle forme delle prescrizioni o della permanenza in casa: art. 36, comma 1) e del riformatorio giudiziario (eseguita nella forma del collocamento in comunità: art. 36, comma 2).
Benchè il carattere di disciplina organica e apparentemente esaustiva, pur relativa ai soli aspetti esecutivi e non a quelli sostanziali (cfr. ordinanza n. 360 del 1990), che riveste il d.P.R. n. 448 del 1988 sul punto della applicazione di misure di sicurezza ai minori, possa indurre a dubitare della permanente riferibilità ai minori, in sede di applicazione provvisoria, della misura del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, la disciplina del processo minorile non ha comunque inciso sulla esplicita previsione normativa, contenuta nell’art. 222, cod. pen., della applicazione ai minori della predetta misura di sicurezza in esito al giudizio. D’altra parte la ricostruzione del sistema offerta dal remittente, e che condiziona la rilevanza della questione, il cui apprezzamento spetta anzitutto al giudice a quo, non appare palesemente implausibile: onde può darsi ingresso all’esame del merito.
3.– La questione é fondata.
La misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, a differenza di quella del riformatorio giudiziario, che é misura di sicurezza speciale per i minori (artt. da 223 a 226 cod. pen.), é prevista dalla legge in modo indifferenziato per adulti e minori, sul presupposto della presenza dell’infermità psichica (o delle situazioni ad essa assimilate), in relazione alla quale la misura dovrebbe assumere la duplice funzione di cura del soggetto e di tutela della società rispetto alla pericolosità dello stesso (cfr. sentenza n. 139 del 1982). La presenza del vizio totale di mente comporta anzi che anche ai minori non imputabili per ragioni di età, perchè non hanno compiuto i quattordici anni, ovvero li hanno compiuti ma sono riconosciuti incapaci di intendere e di volere, a norma dell’art. 98 cod. pen., si applichino, in caso di pericolosità sociale, non già le misure di sicurezza previste per i minori imputabili e per quelli non imputabili ma non infermi di mente, bensì l’unica misura del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario (art. 222, quarto comma, cod. pen.).
Quest’ultima é una misura di sicurezza detentiva (art. 215 cod. pen.), e per la sua esecuzione nei confronti di minori – a differenza di quanto avviene ad esempio per la libertà vigilata, misura anch’essa applicabile ad adulti e minori, ma eseguita nei confronti dei minori in forme speciali (art. 36, comma 1, d.P.R. n. 448 del 1988) – non é prevista alcuna modalità che tenga conto delle specifiche esigenze dei minori medesimi.
In sostanza il legislatore del codice penale del 1930 ha ritenuto che, in presenza di uno stato di infermità psichica tale da comportare il vizio totale di mente, la condizione di minore divenga priva di specifico rilievo e venga per così dire assorbita dalla condizione di infermo di mente: tanto che, come si é ricordato, persino se si tratta di minore riconosciuto non imputabile per ragioni di età, il regime di applicazione delle misure di sicurezza é quello previsto per l’infermo di mente adulto, e non quello riservato ai minori.
4.– Siffatta scelta non é compatibile con i principi derivanti dagli artt. 2, 3, 27 e 31 della Costituzione, in forza dei quali il trattamento penale dei minori deve essere improntato, sia per quanto riguarda le misure adottabili, sia per quanto riguarda la fase esecutiva, alle specifiche esigenze proprie dell’età minorile (cfr., fra le tante, sentenze n. 403 e n. 109 del 1997, n. 168 del 1994, n. 125 del 1992).
Le stesse esigenze sono espresse dalle norme internazionali relative alla tutela dei minori: in particolare, l’art. 40 della convenzione sui diritti del fanciullo (New York, 20 novembre 1989), resa esecutiva in Italia dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, afferma il diritto del fanciullo accusato di reato "ad un trattamento tale da favorire il suo senso della dignità e del valore personale, … e che tenga conto della sua età nonchè della necessità di facilitare il suo reinserimento nella società e di fargli svolgere un ruolo costruttivo in seno a quest’ultima" (comma 1); e chiama gli Stati a "promuovere l’adozione di leggi, di procedure, la costituzione di autorità e di istituzioni destinate specificamente ai fanciulli sospettati, accusati o riconosciuti colpevoli di aver commesso reato" (comma 3), nonchè a prevedere, fra l’altro, soluzioni alternative all’assistenza in istituti "in vista di assicurare ai fanciulli un trattamento conforme al loro benessere e proporzionato sia alla loro situazione che al reato" (comma 4).
Una misura detentiva e segregante come il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, prevista e disciplinata in modo uniforme per adulti e minori, non può certo ritenersi conforme a tali principi e criteri: tanto più dopo che il legislatore, recependo le acquisizioni più recenti della scienza e della coscienza sociale, ha riconosciuto come la cura della malattia mentale non debba attuarsi se non eccezionalmente in condizioni di degenza ospedaliera, bensì di norma attraverso servizi e presidi psichiatrici extra-ospedalieri, e comunque non attraverso la segregazione dei malati in strutture chiuse come le preesistenti istituzioni manicomiali (artt. 2, 6 e 8 della legge 13 maggio 1978, n. 180). Nè, più in generale, é senza significato che il legislatore del nuovo codice di procedura penale, allorquando ha inteso disciplinare l’adozione di provvedimenti cautelari restrittivi nei confronti di persone inferme di mente, abbia previsto il ricovero provvisorio non già in ospedale psichiatrico giudiziario, ma in "idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero" (art. 286, comma 1; e cfr. anche art. 73).
L’assenza, negli ospedali psichiatrici giudiziari, di strutture ad hoc per i minori, correlata anche alla mancanza di casi di ricoveri di minori in tali istituti, per un verso conferma la diffusa consapevolezza presso gli operatori e gli stessi giudici minorili della incompatibilità di siffatta misura con la condizione di minore, consapevolezza di cui é ulteriore indice indiretto il silenzio serbato dal legislatore delegato, in sede di riforma del processo penale minorile, sui problemi collegati alla misura di sicurezza in esame, pur nell’ambito di una disciplina che si é sforzata di risultare esaustiva in ordine agli aspetti esecutivi delle misure di sicurezza; per altro verso rende ancor più palese detta incompatibilità.
In definitiva, le esigenze di tutela della personalità del minore coinvolto nel circuito penale non consentono in alcun caso, nemmeno dunque in quello di infermità psichica, di trascurare la condizione di minore del soggetto.
Il minore affetto da infermità psichica é prima di tutto un minore, e come tale va trattato, tutelato nei suoi diritti in quanto persona in formazione, ed assistito, anche nell’ambito del sistema giudiziario penale.
5.– Deve dunque dichiararsi la illegittimità costituzionale delle norme denunciate, che prevedono l’applicabilità ai minori della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario.
La dichiarazione di illegittimità costituzionale deve colpire il denunciato quarto comma dell’art. 222 del codice penale, che ha riguardo all’applicazione della misura ai minori "prosciolti per ragione di età"; ma deve investire altresì in parte qua, secondo quanto si é premesso, i primi due commi dello stesso art. 222, ove si prevede in generale, e dunque implicitamente anche nei confronti di minori (come conferma il quarto comma), l’applicazione della misura nel caso di proscioglimento per infermità psichica o condizioni assimilate, ai sensi degli artt. 88, 95 e 96 dello stesso codice. Deve poi colpire il denunciato art. 206 del codice penale, che disciplina l’applicazione provvisoria della misura, nella parte in cui si applica ai minori infermi di mente.
Spetterà al legislatore colmare con previsioni adeguate, anche in ordine all’apprestamento delle conseguenti misure organizzative e strutturali, il vuoto normativo che si viene a creare con l’eliminazione, relativamente ai minori, della misura di sicurezza oggi specificamente diretta a far fronte alla situazione di persone, giudicate pericolose, che abbiano commesso fatti di reato ma siano affette da infermità psichica che le renda non imputabili.
6.– I rilevati vizi di costituzionalità non concernono il pure denunciato art. 312 del codice di procedura penale, che si limita a stabilire le condizioni di applicabilità in via provvisoria delle misure di sicurezza in generale, in qualunque stato e grado del procedimento, ad opera del giudice su richiesta del pubblico ministero. In ogni caso é evidente che, caduta la possibilità di applicare ai minori, in via definitiva o provvisoria, la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, non vi può essere luogo ad applicare, nelle ipotesi qui considerate, tale disposizione: onde la relativa questione va dichiarata inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 222, primo e secondo comma, del codice penale, nella parte in cui prevede l’applicazione anche ai minori della misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario;
b) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 222, quarto comma, del codice penale;
c) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 206, primo comma, del codice penale, nella parte in cui prevede la possibilità di disporre il ricovero provvisorio anche di minori in un ospedale psichiatrico giudiziario;
d) dichiara l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 312 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3, 10, 27 e 31 della Costituzione, dal Tribunale per i minorenni di Brescia con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1998.
Presidente: Giuliano VASSALLI
Redattore: Valerio ONIDA
Depositata in cancelleria il 24 luglio 1998.