SENTENZA N. 92
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della limitazione posta dal Presidente del Consiglio dei ministri alla partecipazione del Presidente della Regione Siciliana al Consiglio dei ministri del 27 settembre 1996, convocato per l’esame del disegno di legge recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 1997", promosso con ricorso della Regione Siciliana, notificato il 25 novembre 1996, depositato in Cancelleria il 29 successivo, ed iscritto al n. 30 del registro conflitti 1996.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 26 gennaio 1999 il Giudice relatore Valerio Onida;
uditi gli avvocati Francesco Castaldi e Laura Ingargiola per la Regione Siciliana e l’avvocato dello Stato Francesco Guicciardi per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso notificato il 25 novembre 1996 e depositato il successivo 29 novembre, iscritto al n. 30 del registro conflitti del 1996, la Regione Siciliana ha proposto conflitto di attribuzione contro il Presidente del Consiglio dei ministri in relazione alla "limitazione posta dal Presidente del Consiglio alla partecipazione del Presidente della Regione al Consiglio dei ministri del 27 settembre 1996, convocato per l’esame del disegno di legge recante: "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 1997"".
Espone la ricorrente che il Presidente del Consiglio dei ministri, con telegramma urgentissimo del 26 settembre 1996, aveva invitato il Presidente della Regione a partecipare al Consiglio dei ministri convocato per il successivo 27 settembre, al cui ordine del giorno era l’esame del disegno di legge "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 1997"; che in tale occasione il Presidente della Regione aveva chiesto l’applicazione dell’art. 21, terzo comma, dello statuto speciale, che prevede la sua partecipazione al Consiglio dei ministri "col rango di Ministro"; che il Presidente del Consiglio aveva ritenuto di accogliere parzialmente tale richiesta consentendo la partecipazione del Presidente regionale limitatamente alla parte del disegno di legge (art. 16) che prevedeva la partecipazione della Regione Siciliana alla spesa sanitaria; che il Presidente della Regione, considerando non condivisibile detto comportamento, aveva ritenuto di non partecipare al Consiglio dei ministri manifestando il proprio dissenso.
Ciò premesso, e ricordato che l’art. 21 dello statuto siciliano prevede, al terzo comma, che il Presidente della Regione "col rango di Ministro partecipa al Consiglio dei Ministri con voto deliberativo nelle materie che interessano la Regione", attribuendo così al Presidente regionale una competenza e una legittimazione a partecipare al Consiglio dei ministri che non può essere lasciata ad una libera e insindacabile valutazione del Governo, onde tale partecipazione rientra nella sfera delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite, la ricorrente afferma che il comportamento tenuto dal Presidente del Consiglio nella specie é stato lesivo di dette attribuzioni.
In primo luogo, infatti, non sarebbe intercorso il "necessario e congruo" lasso di tempo tra l’invito a partecipare e il giorno fissato per la seduta.
In secondo luogo, all’atto di convocazione non sarebbe stato allegato lo schema di disegno di legge all’esame del Consiglio, mentre il regolamento interno del Consiglio dei ministri, emanato ai sensi dell’art. 4, comma 3, della legge n. 400 del 1988, prevede che il Presidente del Consiglio dirami gli schemi di provvedimento ai ministri almeno cinque giorni prima della data fissata per la seduta (art. 2, comma 4) e che ai Presidenti delle Regioni aventi titolo sia inviata, unitamente alla convocazione, copia della documentazione relativa alle questioni da discutere (art. 5, ultimo comma).
In terzo luogo, e soprattutto, la partecipazione del Presidente della Regione ricorrente sarebbe stata indebitamente limitata, dal Presidente del Consiglio, all’esame del solo art. 16 del disegno di legge, relativo al concorso della Regione al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, così comprimendo sostanzialmente l’effettivo esercizio del diritto sancito dall’art. 21 dello statuto. Il Presidente della Regione si sarebbe trovato nella impossibilità di esercitare il suo diritto "alla partecipazione attiva e consapevole" alla seduta consiliare.
La ricorrente osserva che il disegno di legge in questione conteneva anche altre disposizioni che avrebbero avuto notevole impatto sulla spesa sanitaria della Regione, così in tema di livelli di assistenza, di prestazioni sanitarie erogate in regime di ricovero o erogabili nelle strutture pubbliche e in quelle private, di ripartizione del Fondo sanitario di parte corrente. Inoltre avrebbero un necessario collegamento con la spesa le disposizioni del titolo II in materia di entrate, di importanza decisiva per la finanza regionale. Pertanto, secondo la ricorrente, l’interesse regionale che giustifica la partecipazione del Presidente al Consiglio dei ministri sarebbe stato sussistente nei confronti dell’intero disegno di legge, che avrebbe prodotto effetti in materie nelle quali sarebbero attribuiti alla Regione poteri caratterizzanti la sua speciale autonomia; solo dalla partecipazione del Presidente regionale avrebbe potuto scaturire il coordinamento degli interessi della Regione con quelli dello Stato, insuscettibili di valutazione separata.
Sotto un altro profilo, la ricorrente censura il comportamento del Presidente del Consiglio dei ministri in quanto esso sarebbe stato uniforme nei confronti di tutte le Regioni a statuto speciale, mentre l’art. 21 dello statuto siciliano configurerebbe la partecipazione in esame in modo diverso da quello delle analoghe norme di altri statuti, le quali non prevedono la partecipazione "col rango di Ministro" e con voto deliberativo, prevedono l’ "intervento" e non la "partecipazione", e si riferiscono alle "questioni che riguardano particolarmente la Regione" e non già alle "materie che interessano la Regione".
Infine, il comportamento del Presidente del Consiglio avrebbe violato il principio di leale collaborazione, poichè al Presidente della Regione non sarebbe stato consentito di esprimere comunque le ragioni dell’ente da lui presieduto, frustrando l’esigenza di coordinamento degli interessi della Regione con quelli della comunità statale, cui il predetto principio sarebbe preordinato.
2.- Si é costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che il ricorso sia rigettato.
Secondo l’Avvocatura erariale la limitazione apposta alla partecipazione del Presidente della Regione alla deliberazione del disegno di legge sarebbe stata conforme all'art. 21 dello statuto siciliano, che riguarderebbe non già tutte le deliberazioni legislative che incidono su materie di competenza regionale, ma solo le delibere governative nelle quali emergono interessi che si distaccano da quelli generali, essendo propri e peculiari della singola Regione: condizioni che, nella specie, vi sarebbero state solo in relazione all’art. 16 del disegno di legge, in cui si prevedeva la elevazione del concorso della Regione siciliana al finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
Quanto poi alle modalità procedurali, la difesa del Presidente del Consiglio afferma che la convocazione é stata effettuata con tempi e modi identici a quelli praticati per i Ministri, e che per tutti i partecipanti le forme della convocazione sono state quelle compatibili con l’oggetto della delibera.
Considerato in diritto
1.- Il conflitto di attribuzioni ha origine dal mancato accoglimento, da parte del Presidente del Consiglio, della richiesta del Presidente della Regione Siciliana di partecipare, ai sensi dell’art. 21, terzo comma, dello statuto speciale, alla discussione e alla deliberazione in Consiglio dei ministri, nella seduta del 27 settembre 1996, dell’intero disegno di legge contenente "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica".
Il riferimento, contenuto nel ricorso, al disegno di legge "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 1997", anch’esso sottoposto al Consiglio dei ministri nella seduta del 27 settembre 1996, deve ritenersi frutto di un mero errore materiale (favorito pure dal testo del telegramma di convocazione in data 26 settembre 1996, nel quale si citava esclusivamente il "disegno di legge finanziaria per l’anno 1997", mentre nell’allegato ordine del giorno si indicavano, oltre al disegno di legge finanziaria citato per esteso, i "provvedimenti collegati"). Tale errore non impedisce tuttavia di cogliere quale sia l’oggetto reale della controversia, posto che i riferimenti contenuti nel ricorso a singole disposizioni del disegno di legge sono tutti relativi al disegno di legge "collegato" e non alla finanziaria; che, come risulta dalle produzioni e dagli scritti della difesa del Presidente del Consiglio (la quale non rileva l’errore), al telegramma di convocazione era allegato il testo dell’art. 16 del primo disegno di legge; e che, come é incontroverso fra le parti, é a proposito di quest’ultimo che si é manifestato il dissenso circa i limiti della partecipazione del Presidente regionale al Consiglio dei ministri.
Ad avviso della ricorrente, dovrebbe riconoscersi il carattere di "materia di interesse regionale", agli effetti dell’art. 21, terzo comma, dello statuto, che sancisce la partecipazione del Presidente della Regione al Consiglio dei ministri appunto "nelle materie che interessano la Regione", all’intero disegno di legge in questione. Pertanto il "comportamento" del Presidente del Consiglio, che avrebbe accolto la richiesta di partecipazione limitatamente al solo art. 16 del disegno di legge, ove si prevedeva il concorso della Regione Siciliana al finanziamento della spesa sanitaria - a seguito di che il Presidente regionale "ha ritenuto di non partecipare al Consiglio dei ministri manifestando il proprio dissenso" - , avrebbe leso le attribuzioni costituzionali dell’organo regionale.
Inoltre, sarebbe stata lesa l’attribuzione del Presidente regionale in quanto non sarebbe stato lasciato intercorrere un congruo lasso di tempo fra l’invito a partecipare alla seduta e il giorno fissato per la seduta medesima, e all’atto di convocazione non sarebbe stato allegato lo schema del disegno di legge portato all’esame del Consiglio dei ministri.
Secondo la ricorrente, il comportamento contestato sarebbe altresì da censurare in quanto, essendo stato uniforme nei riguardi dei Presidenti di tutte le Regioni a statuto speciale, non avrebbe tenuto conto delle differenze fra la norma dello statuto siciliano, che garantisce la partecipazione del Presidente al Consiglio dei ministri "col rango di Ministro e con voto deliberativo" su tutte "le materie che interessano la Regione", e le analoghe norme degli altri statuti speciali.
Infine, detto comportamento del Presidente del Consiglio avrebbe violato il principio di leale cooperazione, non consentendo al Presidente regionale di esprimere comunque le ragioni proprie dell’ente da lui presieduto sul disegno di legge in discussione.
2.- Il ricorso non é fondato.
Questa Corte ha più volte affermato che la partecipazione del Presidente della Regione Siciliana al Consiglio dei ministri é garantita dall’art. 21, terzo comma, dello statuto solo quando siano in discussione oggetti che coinvolgono un interesse differenziato, proprio e peculiare di questa singola Regione (cfr. sentenze n. 166 del 1976, n. 545 del 1989).
Sotto questo profilo, la norma dello statuto siciliano non si differenzia dalle analoghe norme presenti negli altri statuti speciali, ancorchè queste ultime utilizzino espressioni diverse, come quando si riferiscono all’ "intervento", anzichè alla "partecipazione" del Presidente regionale, o si riferiscono alle "questioni che riguardano particolarmente la Regione", anzichè alle "materie che interessano la Regione": per tutte vale il principio per cui si richiede la presenza di un interesse differenziato della singola Regione (cfr. sentenze n. 627 del 1988, n. 544 del 1989, nn. 224, 343, 381 del 1990; nn. 37 e 191 del 1991; n. 398 del 1998).
Sono note, del resto, le ragioni del mancato coordinamento dello statuto siciliano, l’unico anteriore alla Costituzione, con le norme di questa, secondo quanto era stato previsto dall’articolo unico, secondo comma, del r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455, di approvazione dello stesso statuto. Ma, nonostante tale difetto di coordinamento, l’interpretazione dello statuto siciliano non può non tener conto, oltre che della Costituzione, anche, là dove il testo lo consenta, e in assenza di una ratio contraria, dei criteri uniformi emergenti dalle analoghe discipline degli altri statuti speciali e dalla relativa interpretazione giurisprudenziale.
Non basta dunque, per rendere necessaria la partecipazione del Presidente regionale, che il Consiglio deliberi su argomenti di generico interesse delle Regioni, o di un gruppo di esse, come potrebbero essere le Regioni a statuto speciale.
3.- Nella specie, non può ritenersi fondata la pretesa del Presidente della Regione Siciliana di partecipare al Consiglio dei ministri in relazione alla discussione dell’intero disegno di legge "collegato" alla legge finanziaria per il 1997: disegno di legge caratterizzato da contenuti estremamente vari e non omogenei, riguardanti interessi dell’intera comunità nazionale, e accomunati solo dall’essere le varie disposizioni dirette in modo convergente a realizzare le condizioni normative per l’attuazione della manovra relativa al bilancio dello Stato.
Nè può dirsi presente un interesse differenziato e peculiare della Regione siciliana a proposito delle altre disposizioni del disegno di legge in materia sanitaria, diverse dall’art. 16, citate esemplificativamente dalla ricorrente, come l’art. 2, comma 1, sui livelli di assistenza, l’art. 2, comma 2, in tema di prestazioni in regime di ricovero, l’art. 3, comma 1, sulla quantità e sulle tipologie di prestazioni che possono essere erogate più convenientemente nelle strutture pubbliche e in quelle private, o l’art. 3, comma 2, sulla ripartizione del Fondo sanitario nazionale di parte corrente. Si tratta infatti, in tutti questi casi, di disposizioni il cui oggetto riguardava bensì anche attività delle Regioni, titolari di competenze in materia di servizio sanitario, ma non posizioni o interessi differenziati e peculiari della Regione Siciliana.
Ancor meno può fondarsi la censura della ricorrente sull’indicazione generica delle norme contenute nel titolo II del disegno di legge, in materia di entrate, in base al fatto che esse presentavano un necessario collegamento con la spesa, e che in Sicilia le entrate tributarie erariali sono devolute in gran parte alla Regione, in forza dell’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965. La disciplina dei tributi erariali, che produce effetti sull’intero territorio nazionale, compresa la Sicilia (cfr. art. 6, primo comma, del citato d.P.R. n. 1074 del 1965), non riguarda infatti un interesse giuridicamente differenziato della Regione Siciliana, ancorchè possa di fatto riflettersi sulla finanza regionale attraverso il meccanismo della devoluzione del gettito, previsto dalla citata norma di attuazione.
Nè la ricorrente indica alcuna altra specifica disposizione, in questa o in altra materia, presente nel disegno di legge ed idonea a configurare un interesse differenziato della Regione, tale da giustificare puntualmente una pretesa di partecipazione - che il Presidente regionale non risulta del resto avere avanzato - non già alla discussione dell’intero disegno di legge, ma alla discussione di siffatte singole disposizioni (diverse dall’art. 16, in tema di partecipazione della Regione al finanziamento della spesa sanitaria, sul quale é pacifico che la partecipazione é stata consentita, anche se, per decisione del Presidente della Regione, questa non vi é poi stata).
4.- Egualmente infondate sono le censure con le quali si lamentano le modalità procedurali adottate dalla Presidenza del Consiglio per la convocazione del Presidente della Regione, per essere stato inviato il telegramma di convocazione solo il giorno prima della seduta, senza allegare alla convocazione lo schema del disegno di legge.
Va precisato che non ogni eventuale vizio del procedimento potrebbe automaticamente convertirsi in motivo di conflitto di attribuzioni, in assenza di una sostanziale lesione dell’attribuzione fatta valere. In ogni caso, nella specie, la convocazione é avvenuta con le forme e le modalità abitualmente seguite nei riguardi dei Ministri oltre che dei Presidenti regionali, sia pure in via di urgenza, come é espressamente previsto dallo stesso regolamento interno del Consiglio dei ministri, approvato con d.P.C.M. del 10 novembre 1993 (art. 6); e al telegramma di convocazione era allegato il testo dell’art. 16 del disegno di legge, in osservanza dell’art. 5, comma 4, seconda parte, del regolamento del Consiglio dei ministri, ove si prevede l’invio ai Presidenti regionali di copia della "documentazione relativa alle questioni che ne hanno richiesto la convocazione". Nè, come si é detto, il Presidente della Regione ricorrente lamenta la mancata partecipazione, per l’omesso invio della relativa documentazione, alla discussione (anzichè dell’intero disegno di legge, per la quale, come si é detto, non aveva titolo) di altre specifiche disposizioni presenti nel disegno di legge e tali da giustificare tale partecipazione.
5.- Una volta esclusa la violazione dell’art. 21, terzo comma, dello statuto, risultano prive di fondamento anche le ulteriori censure che la ricorrente muove circa la limitazione imposta in ordine alla partecipazione del Presidente della Regione al Consiglio dei ministri, censure fondate sulla asserita uniformità ingiustificata di trattamento nei confronti dei Presidenti delle altre Regioni a statuto speciale e sulla addotta violazione del principio di leale cooperazione: profili, questi, che non possono configurare ragioni a sè stanti di lesione dell’attribuzione fatta valere col conflitto, la cui consistenza e i cui limiti si ricavano dalla citata norma statutaria.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che non spetta al Presidente della Regione Siciliana partecipare al Consiglio dei ministri per la deliberazione di un disegno di legge in relazione all’intero suo contenuto anzichè alle sole disposizioni di esso aventi ad oggetto materie concernenti un interesse differenziato della stessa Regione Siciliana;
dichiara che non spettava al Presidente della Regione Siciliana partecipare al Consiglio dei ministri, nella seduta del 27 settembre 1996, per la deliberazione del disegno di legge contenente "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica", collegato al disegno di legge finanziaria per il 1997, in relazione all’intero suo contenuto.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 1999
Presidente Renato Granata
Redattore Valerio Onida
Depositata in cancelleria il 26 marzo 1999.