Ordinanza n. 319/97

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ORDINANZA N.319

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI  

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO  

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO  

- Dott. Riccardo CHIEPPA  

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE  

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI  

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10, sesto e settimo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso con ordinanza emessa il 4 marzo 1996 dal Pretore di Brescia nel procedimento civile vertente tra Bani Claudio e Calabrese Veicoli Industriali s.p.a., iscritta al n. 1112 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 1996.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 1° ottobre 1997 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

Ritenuto che nel corso di un procedimento civile concernente il riconoscimento del diritto ad ottenere il risarcimento del danno biologico e morale e comunque di tutti i danni non indennizzati dall'INAIL a sèguito di un infortunio sul lavoro, il Pretore di Brescia, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza emessa il 4 marzo 1996, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, sesto e settimo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali),in quanto escludente la integrale risarcibilità in ogni caso del danno biologico e del danno morale;

che, secondo il rimettente, la sentenza n. 485 del 1991, da lui definita "legislativa manipolativa" — con cui questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 10, sesto e settimo comma, del d.P.R. n. 1124 del 1965, in parte qua - non sarebbe "idonea a determinare la cessazione dell'efficacia della norma dichiarata illegittima in una parte non scritta";

che, per questo, il rimettente sostiene che dette norme sono tuttora vigenti nella loro "integrale formulazione letteraria" e dunque che esse continuano a prevedere la possibilità di liquidazione del danno patrimoniale, in cui è da comprendere il danno biologico, solo se la somma da liquidare sia superiore alla misura della rendita INAIL capitalizzata e solo per la parte eccedente tale misura, con conseguente illogica disparità di trattamento tra situazioni soggettive del tutto omogenee degli assicurati, discriminate esclusivamente in ragione della concreta ed eventuale differenza tra il quantum della liquidazione del danno patrimoniale, comprendente il danno biologico, e l'entità della capitalizzazione della rendita INAIL;

che - sempre a giudizio del rimettente - l'irrazionalità del sistema e, conseguentemente, la violazione del secondo comma dell'art. 38 Cost. sarebbero rese ancor più evidenti dal fatto che comunque non sussisterebbe pericolo di duplicazione di risarcimento del danno biologico, giacché le somme che l'INAIL versa all'interessato "non possono sotto nessun profilo ritenersi destinate a creare la provvista economica necessaria per il (tentativo di) recupero della perdita dell'integrità della persona, bensì solo a ripristinare il reddito", ossia a risarcire una voce di danno ontologicamente diversa dal danno biologico;

che, infine, alla stregua delle medesime considerazioni e stante l'ininfluenza della sentenza n. 37 del 1994, con cui la Corte ha dichiarato non fondata analoga questione, le disposizioni censurate sarebbero lesive degli evocati parametri costituzionali altresì nella parte in cui non consentono la liquidazione del danno morale;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità della questione, ovvero per la sua infondatezza, in quanto riguardante norme già dichiarate incostituzionali.

Considerato che la norma di cui all’art. 10, sesto e settimo comma, del d.P.R. n. 1124 del 1965 viene censurata sotto il duplice profilo dell’omessa previsione di un integrale ristoro dei danni, rispettivamente, biologico e morale;

che questa Corte, con sentenza n. 485 del 1991, ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma de qua, "nella parte in cui prevede che il lavoratore infortunato o i suoi aventi causa hanno diritto, nei confronti delle persone civilmente responsabili per il reato da cui l’infortunio è derivato, al risarcimento del danno biologico non collegato alla perdita o riduzione della capacità lavorativa generica solo se e solo nella misura in cui il danno risarcibile, complessivamente considerato, superi l’ammontare delle indennità corrisposte dall’INAIL";

che, pertanto, le censure in proposito formulate nell’ordinanza di rimessione, pur formalmente rivolte contro le denunciate norme, mirano nella sostanza a sindacare le statuizioni contenute in detta sentenza, donde la manifesta inammissibilità della relativa questione (v. ordinanze n. 7 del 1991 e nn. 203, 93 e 27 del 1990);

che, con riguardo poi al danno non patrimoniale, gli asseriti vizi sono prospettati esclusivamente attraverso un richiamo per relationem agli argomenti svolti in tema di danno biologico (ontologicamente diverso dal danno morale) e miranti solo a contestare, in materia, la portata del citato art. 32 Cost. nell’interpretazione datane da questa Corte;

che, comunque, questa Corte ha già affermato un criterio di risarcibilità anche di codesto danno (v. sentenza n. 37 del 1994), in ragione di una lettura della norma de qua adeguata al precetto di cui all’art. 32 Cost.;

che, alla stregua di tale interpretazione (costituente ormai un dato acquisito nella giurisprudenza ordinaria), non sono più prospettabili censure legate al presupposto della mancanza di tutela risarcitoria;

che, del resto, lo stesso giudice a quo, col ritenere che il danno morale risulta "del tutto avulso dal sistema di tutela del d.P.R. n. 1124 del 1965", necessariamente viene ad escludere che il risarcimento di codesto danno subisca il condizionamento previsto dalla denunciata normativa, operando questo soltanto all’interno e nell’àmbito dell’oggetto dell’assicurazione sociale (v. sentenza n. 356 del 1991); e ciò non può non comportare, de jure, che il danno morale possa esser richiesto autonomamente al pari del danno biologico, come appunto ritiene ormai la concorde giurisprudenza di legittimità, di cui la sentenza n. 37 del 1994 non ha fatto che prendere atto;

che ogni altra considerazione, volta a contestare l’efficacia delle sentenze della Corte, anche riguardo alla interpretazione adeguatrice con esse offerta, si palesa non pertinente;

che, pertanto, con riguardo alla risarcibilità del danno non patrimoniale, la questione appare manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, sesto e settimo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), sollevata dal Pretore di Brescia, relativamente alla risarcibilità del danno biologico, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, con l’ordinanza in epigrafe;

b) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 10, sesto e settimo comma, come sopra sollevata relativamente alla risarcibilità del danno non patrimoniale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 ottobre 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Relatore: Cesare RUPERTO

Depositata in cancelleria il 22 ottobre 1997.