Sentenza n. 272

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SENTENZA N. 272

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO

- Avv.    Massimo VARI

- Dott.   Cesare RUPERTO

- Dott.   Riccardo CHIEPPA

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof.    Valerio ONIDA

- Avv.    Fernanda CONTRI

- Prof.    Guido NEPPI MODONA

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera c, numero 4, del d.P.R. 12 aprile 1990, n. 75 (Concessione di amnistia), promosso con ordinanza emessa il 24 settembre 1996 dal Tribunale militare di Padova, nel procedimento penale a carico di La Gioia Domenico, iscritta al n. 1281 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 aprile 1997 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto in fatto

1.- Nel corso del giudizio a carico di un imputato del reato di truffa militare aggravata, previsto dall'art. 234, secondo comma, del codice penale militare di pace, il Tribunale militare di Padova, con ordinanza emessa il 24 settembre 1996, pervenuta a questa Corte il 4 novembre 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 1, comma 1, lettera c, numero 4, del d.P.R. 12 aprile 1990, n. 75 (Concessione di amnistia).

L'autorità remittente, premesso che non ricorrono le condizioni per una sentenza di assoluzione o proscioglimento a norma dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen., osserva che il reato, pur perfezionato entro il termine di efficacia fissato dal d.P.R. n. 75 del 1990 per l'applicazione dell'amnistia, é tuttavia escluso da essa in quanto, trattandosi di delitto con aggravante ad effetto speciale, punito con la reclusione militare fino a cinque anni, non é compreso nel limite massimo di pena detentiva stabilito in via generale in quattro anni dall'art. 1, comma 1, lettera a, del medesimo d.P.R. n. 75 del 1990.

Infatti - soggiunge il giudice a quo - l'art. 4, lettera c, del decreto impone di tenere conto, ai fini della determinazione della pena applicabile, dell'aumento di pena derivante dalla predetta circostanza aggravante ad effetto speciale, mentre non risultano nella specie le attenuanti della modesta entità del danno nè dell'avvenuta riparazione del medesimo, nè alcuna altra attenuante prevista dall'art. 48 cod. pen. mil. di pace, ricorrendo le quali, a norma dell'art. 4, lettera d, del decreto medesimo, non si sarebbe dovuto tenere conto delle concorrenti aggravanti.

L'autorità remittente osserva che l'art. 1, comma 1, lettera c, numero 4, include tuttavia nell'amnistia il reato di truffa aggravata, previsto dall'art. 640, secondo comma, del codice penale, purchè non ulteriormente aggravato ai sensi dell'art. 61, numero 7, dello stesso codice, e senza che a tale fine sia richiesta la sussistenza di circostanze attenuanti.

Realizzerebbe dunque una ingiustificata disparità di trattamento, censurabile in relazione all'art. 3 della Costituzione, la mancata estensione dell'amnistia al reato di truffa militare aggravata, che non sarebbe, secondo il remittente, significativamente diverso dal reato di truffa aggravata di cui al secondo comma dell'art. 640 cod. pen. "per struttura e oggettività giuridica e trattamento sanzionatorio".

2.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o priva di fondamento, in quanto sembrerebbe analoga a quella già decisa nel senso della manifesta inammissibilità con l'ordinanza n. 298 del 1996.

Considerato in diritto

1.- La questione sollevata investe la disposizione dell'art. 1, comma 1, lettera c, numero 4, del d.P.R. 12 aprile 1990, n. 75 (Concessione di amnistia), che include fra i reati per i quali é concessa amnistia, ancorchè puniti con pena edittale superiore nel massimo al limite stabilito in via generale dal medesimo art. 1, comma 1, lettera a, il reato di truffa aggravata, previsto e punito dall'art. 640, secondo comma, cod. pen., semprechè non ricorra la circostanza aggravante del danno di rilevante entità. La norma sarebbe costituzionalmente illegittima, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non estende la concessione dell'amnistia al reato di truffa militare aggravata, previsto e punito dall'art. 234, secondo comma, cod. pen. mil. di pace, che sarebbe oggettivamente simile a quello (comune) di truffa aggravata.

2.- La rilevanza della questione - a differenza di quanto la Corte ebbe a constatare nella specie decisa con l'ordinanza n. 298 del 1996 - sussiste ed é adeguatamente motivata dal remittente: onde non può accogliersi l'eccezione in tal senso sollevata dalla difesa del Presidente del Consiglio, che si richiama, ma impropriamente, a quel precedente.

Il remittente precisa infatti che nel caso ad esso sottoposto non risulta alcuna delle circostanze attenuanti che, pur in concorso con l'aggravante ad effetto speciale prevista dall'art. 234, secondo comma, cod. pen. mil. di pace, imporrebbero un computo della pena tale da ricondurre quest'ultima al di sotto del limite dei quattro anni di reclusione, fissato in via generale per l'applicabilità dell'amnistia: nella specie la pena applicabile, prevista dall'art. 234, secondo comma, cod. pen. mil. di pace, supera detto limite, con conseguente esclusione dall'amnistia, ciò che é appunto oggetto della censura di legittimità costituzionale mossa dal giudice a quo.

3.- Nel merito, la questione é fondata.

Che la disposizione impugnata non includa, fra i reati per i quali é concessa l'amnistia, quello di truffa militare aggravata, risulta dal tenore della lettera c dell'art. 1, comma 1, del d.P.R. n. 75 del 1990, la quale contiene un elenco puntuale e tassativo dei delitti inclusi nell'amnistia benchè sia per essi prevista una pena edittale massima superiore al limite di cui alla precedente lettera a dello stesso art. 1, comma 1: delitti che vengono indicati con la menzione espressa degli "articoli del codice penale" che li prevedono, nonchè del relativo nomen juris.

Quando perciò il numero 4 della lettera c menziona il reato previsto dall'art. 640, comma secondo, cod. pen. (truffa), non può ritenersi se non che si sia voluto riferire al delitto contemplato dal codice penale comune, e non anche al pur parallelo reato di truffa militare aggravata previsto dall'art. 234 cod. pen. mil. di pace. Nè si potrebbe ipotizzare che il legislatore abbia semplicemente omesso, per dimenticanza, di menzionare espressamente i reati previsti dal codice militare, ma sottintendendo un riferimento alle norme di questo codice che presentino elementi di parallelismo rispetto a quelle corrispondenti del codice comune: se non altro perchè risulta che il legislatore dell'amnistia, quando ha voluto riferirsi alle norme del codice militare, lo ha fatto esplicitamente (cfr. art. 4, comma 1, lettera e, in tema di circostanze attenuanti).

D'altra parte, il carattere tassativo dell'elenco di delitti indicati dall'art. 1, comma 1, lettera c, elenco che ha la funzione di derogare - in ordine ai limiti di pena - a quanto stabilito in via generale dall'art. 1, comma 1, lettera a, estendendo la concessione dell'amnistia a reati che ne sarebbero esclusi in virtù di detto limite generale, impedisce un'applicazione analogica, sia pure in bonam partem, della disposizione.

4.- Questa Corte ha costantemente affermato che "compete esclusivamente al legislatore la scelta del criterio di discriminazione tra reati amnistiabili e non" e che "le relative valutazioni di politica criminale non possono essere sindacate, salvo che ricorrano casi in cui la sperequazione normativa tra figure omogenee di reati assuma aspetti e dimensioni tali da non potersi considerare sorretta da alcuna ragionevole giustificazione" (sentenza n. 214 del 1975; cfr. anche sentenze n. 4 del 1974; n. 59 del 1980; n. 436 del 1987; ordinanza n. 481 del 1991).

Questo criterio va qui ribadito. La natura eccezionale dell'istituto stesso dell'amnistia, che comporta una deroga temporanea al principio dell'eguale efficacia per tutti delle norme penali, fondata su ragioni che debbono esse stesse essere eccezionali, fa sì che le scelte del legislatore circa i reati rispetto ai quali il beneficio viene concesso non possano essere sindacate alla luce di un semplice confronto tra fattispecie fondato sulla rispettiva gravità in astratto, quale espressa dalla commisurazione delle pene previste: ben potendosi ammettere che anche considerazioni legate alla diversità dei beni giuridici tutelati, a situazioni di fatto, alla diffusione dei vari reati, all'allarme sociale che essi suscitano, possano guidare il legislatore nella scelta del criterio di delimitazione dei reati amnistiabili (cfr. sentenza n. 175 del 1971). In presenza di una legittima decisione di concessione dell'amnistia, il principio di eguaglianza - al quale, nel suo aspetto formale, é, come si é detto, lo stesso istituto dell'amnistia a portare in qualche modo una deroga - può operare solo all'interno dell'area circoscritta dalla scelta derogatoria del legislatore, impedendo, nell'ambito di tale area, discriminazioni puramente arbitrarie, non riconducibili ad alcuna ratio apprezzabile. Pertanto l'irragionevolezza di una esclusione può essere affermata solo in esito ad un rigoroso scrutinio che consenta di negare l'esistenza di ragioni giustificatrici di essa.

5.- Nella specie, non é dato di rinvenire alcuna ratio giustificativa della denunciata discriminazione, ai fini della concessione della amnistia, fra truffa aggravata (art. 640, secondo comma, cod. pen.) e truffa militare aggravata (art. 234, secondo comma, cod. pen. mil. di pace).

Analogamente a ciò che, in altra occasione, constatò la Corte ponendo a raffronto, allo stesso fine, il peculato e il peculato militare (sentenza n. 4 del 1974), tra i due reati in esame sussiste "una sostanziale identità". Identica é infatti, sotto il profilo testuale, la descrizione della fattispecie nelle due norme-base incriminatrici, che identificano la condotta e gli eventi tipici. Identico l'elemento soggettivo doloso. Anche la pena é sostanzialmente la stessa: l'art. 640 cod. pen. aggiunge soltanto alla pena detentiva (reclusione da sei mesi a tre anni, come nell'art. 234 cod. mil.) la pena pecuniaria. La truffa militare si distingue dalla comune unicamente per la qualità del soggetto attivo, che deve essere un militare, e per la qualità del soggetto danneggiato, che deve anch'esso essere un militare (non, si badi, per la qualità del soggetto vittima dell'errore indotto dagli artifici o raggiri, che può essere chiunque, militare o meno).

Anche le ipotesi aggravate previste rispettivamente dal secondo comma dell'art. 640 cod. pen. e dal secondo comma dell'art. 234 cod. mil. sono perfettamente corrispondenti. Identica é la circostanza aggravante prevista dal numero 2 dei rispettivi commi (fatto commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dover eseguire un ordine dell'autorità). Quanto alla circostanza aggravante prevista dal numero 1 dei rispettivi commi, identica é l'ipotesi del fatto commesso col pretesto di fare esonerare qualcuno dal servizio militare; per ciò che riguarda l'ipotesi del fatto commesso a danno dell'amministrazione pubblica (rilevante nella specie), mentre l'art. 640 cod. pen. contempla il danno a carico dello Stato o di qualsiasi altro ente pubblico, l'art. 234 cod. mil., in coerenza con l'elemento richiesto dal primo comma, che cioé il danneggiato sia un militare, contempla specificamente il danno a carico dell'amministrazione militare. L'entità della pena detentiva prevista é la medesima (reclusione, e rispettivamente reclusione militare, da uno a cinque anni), mentre la norma del codice comune aggiunge ad essa la pena della multa, risultando così il reato militare punito meno severamente di quello comune.

In definitiva, nell'ipotesi aggravata che qui interessa, gli unici elementi che differenziano la truffa militare da quella comune (a parte la pena, più grave nel secondo caso) sono la qualità di militare del soggetto attivo e la natura militare dell'amministrazione pubblica danneggiata. Ma nessuno di questi due elementi potrebbe addursi come coerente giustificazione per l'esclusione dall'amnistia, in presenza di una esplicita estensione di questa alla corrispondente fattispecie della truffa aggravata di diritto comune. Non la qualità di militare dell'agente, che non esclude affatto l'applicazione dell'amnistia nè ai reati militari rientranti nel limite generale di pena previsto dall'art. 1, comma 1, lettera a, del d.P.R. n. 75 del 1990, nè allo stesso reato di truffa aggravata a danno delle amministrazioni non militari dello Stato, punibile a norma dell'art. 640, secondo comma, numero 1, cod. pen. Ma nemmeno, d'altra parte, la qualità militare dell'amministrazione danneggiata, poichè non sono esclusi dall'amnistia i fatti di truffa commessi a danno dell'amministrazione militare da soggetti non militari: senza dire che l'interesse patrimoniale dell'amministrazione militare non si differenzia, sotto il profilo delle esigenze di tutela, da quello delle amministrazioni statali non militari.

6.- In assenza, dunque, di obiettive apprezzabili ragioni che possano giustificare il diverso trattamento delle due figure delittuose ai fini della concessione dell'amnistia, deve ritenersi costituzionalmente illegittima la norma denunciata nella parte in cui omette di prevedere, e quindi esclude, la concessione dell'amnistia per il reato di truffa militare aggravata, alle stesse condizioni e negli stessi limiti con i quali il beneficio é concesso nel caso di truffa aggravata, e quindi "sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'art. 61, numero 7, del codice penale", cioé l'aggravante del danno di rilevante entità.

Una siffatta estensione potrebbe, in astratto, realizzarsi anche in base ad una interpretazione che tenda ad adeguare il contenuto della norma alla Costituzione, eliminando la disparità di trattamento ingiustificata, e dunque in base al criterio della interpretazione conforme a Costituzione. In tal senso, infatti, si é pronunciata la Corte di cassazione, in una sentenza che ha appunto ritenuto applicabile l'amnistia, in base all'art. 1, comma 1, lettera c, numero 4, al delitto di truffa militare aggravata previsto dall'art. 234, secondo comma, cod. pen. mil. di pace (Cass. pen., sez. I, 18 luglio 1994, n. 979).

Nondimeno, al di là degli ostacoli che siffatta esegesi incontra - data la natura, come si é detto, eccezionale e tassativa della elencazione, contenuta nel citato art. 1, comma 1, lettera c, dei reati inclusi nell'amnistia benchè puniti con pene superiori al limite stabilito in via generale - la Corte ritiene che ragioni di certezza giuridica, anche in relazione alla estensione degli effetti della pronuncia di incostituzionalità ai giudicati pregressi (art. 30, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87) impongano di pervenire all'adeguamento costituzionale della norma attraverso una pronuncia di illegittimità costituzionale.

7.- La dichiarazione di illegittimità va estesa, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953, alla disposizione corrispondente della legge di delegazione per la concessione dell'amnistia (art. 1, comma 1, lettera c, numero 4, della legge 11 aprile 1990, n. 73).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera c, numero 4, del d.P.R. 12 aprile 1990, n. 75 (Concessione di amnistia), nella parte in cui non prevede l'applicazione dell'amnistia per il delitto di truffa militare aggravata, previsto e punito dall'art. 234, secondo comma, del codice penale militare di pace, sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'art. 61, numero 7, del codice penale;

2) dichiara, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera c, numero 4, della legge 11 aprile 1990, n. 73 (Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia), nella parte in cui non prevede la concessione dell'amnistia per il delitto di truffa militare aggravata, previsto e punito dall'art. 234, secondo comma, del codice penale militare di pace, sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'art. 61, numero 7, del codice penale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Valerio ONIDA

Depositata in cancelleria il 25 luglio 1997.