ORDINANZA N.19
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Luigi MENGONI, Presidente
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Dott. Gustavo ZAGREBELSKY
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettere a) e b, 2, comma 4, 3, commi 1 e 2, e 4, della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell'indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), promossi con ordinanze emesse il 20 ottobre 1994 dal TAR del Lazio, il 28 ottobre e il 18 novembre 1994 dal Consiglio di Stato - VI sezione giurisdizionale, rispettivamente iscritte ai nn. 605, 633 e 665 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica nn. 41, 42 e 43, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visti gli atti di costituzione di ALBANESE Giuseppina e di MILESI Giuseppina nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 gennaio 1996 il Giudice relatore Cesare Ruperto.
RITENUTO che, con due ordinanze di identico contenuto emesse rispettivamente il 28 ottobre ed il 18 novembre 1994, pervenute alla Corte il 6 ed il 13 settembre 1995, il Consiglio di Stato, VI sezione, ha sollevato questione di legittimità costituzionale: a) dell'art. 4 della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell'indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), per contrasto con gli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 103 e 113 della Costituzione, in quanto - disponendo l'estinzione dei giudizi pendenti e la compensazione delle spese processuali - interferisce con le indipendenze del giudice, sottraendo alla sua valutazione i profili relativi al rapporto sostanziale dedotto in giudizio ed alle pronunce accessorie, nonché - escluso il carattere innovativo della legge, promulgata solo a seguito della sentenza n. 243 del 1993 della Corte costituzionale - vìola il diritto di difesa e di azione e la naturale precostituzione del giudice; b) dell'art. 3, commi 1 e 2, della legge citata, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui limita l'applicazione della legge stessa ai dipendenti cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1984 e non esclude dall'obbligo della presentazione della relativa domanda in via amministrativa quegli ex dipendenti che abbiano proposto ricorso in sede giurisdizionale al fine di ottenere il computo dell'indennità integrativa speciale nella base di calcolo del trattamento di fine servizio; c) dell'art. 1, comma 1, lettere a) e b), per contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione, in quanto limita rispettivamente al 30 per cento ed al 60 per cento dell'indennità integrativa speciale, ancora in godimento alla data della cessazione dal servizio, la quota computabile nella base di calcolo ai fini dell'indennità di anzianità; d) dell'art. 1, comma 4 (recte: 2, comma 4), della stessa legge, in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione, per l'illogica sperequazione del regime dei crediti ivi disciplinati rispetto a quelli ordinari, con notevole diminuzione del contenuto di una prestazione economica che deve essere considerata quale retribuzione differita;
che, con ordinanza emessa il 20 ottobre 1994 (pervenuta alla Corte il 20 agosto 1995), il TAR del Lazio ha sollevato uguali questioni di costituzionalità, in riferimento agli stessi parametri costituzionali, dei già citati artt. 1, comma 1, lettera a) e 4 della legge n. 87 del 1994, alla stregua di motivazioni sostanzialmente identiche a quelle svolte in merito dal Consiglio di Stato;
che in tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai giudici rimettenti siano dichiarate inammissibili ovvero infondate;
che, nel giudizio promosso dal Consiglio di Stato con la citata ordinanza emessa il 18 novembre 1994 (R.O. n. 665 del 1995), si sono costituite le parti private Giuseppina Albanese e Giuseppina Milesi in Marconi, insistendo per la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme censurate dal collegio rimettente.
CONSIDERATO che i giudizi, complessivamente concernenti la medesima normativa, possono essere riuniti e congiuntamente decisi;
che identiche questioni sono state già dichiarate non fondate con la sentenza n. 103 del 1995, nonché manifestamente infondate con le ordinanze nn. 207, 324, 468 e 495 del 1995, in ragione dell'affermato carattere tendenzialmente satisfattivo - assunto dalla normativa de qua - delle aspettative dei pubblici dipendenti ad un'estensione della base di computo dell'indennità erogata in occasione della cessazione dal servizio, fino a ricomprendervi l'indennità integrativa speciale;
che, in particolare, in tali decisioni - con riferimento alla questione, di natura pregiudiziale rispetto alle altre, concernente l'asserita illegittimità della dichiarazione di estinzione d'ufficio dei giudizi pendenti con compensazione delle spese - questa Corte ha sottolineato, sia pure in una prospettiva di gradualità ed in attesa di una complessiva omogeneizzazione dei trattamenti dei lavoratori dei vari comparti della pubblica amministrazione, l'adeguatezza e la sufficiente tempestività della risposta data dal legislatore alle suddette aspettative, le quali, a seguito della sentenza n. 243 del 1993, erano ben assurte al rango di diritti, ma non erano ancora immediatamente determinabili;
che, quindi, valutato il rapporto tra l'intervento normativo e il grado di realizzazione che alla pretesa azionata è stato accordato per via legislativa, è stata riconosciuta (e va qui ribadita) la ragionevolezza della norma censurata, come tale non incidente sul diritto di difesa e sull'assetto costituzionale riservato "all'esercizio dell'attività giurisdizionale e alla sua prerogativa, anche nei rapporti col legislatore" (sentenza n. 103 del 1995);
che, pertanto, la questione è manifestamente infondata, in quanto i giudici a quibus non offrono argomenti ulteriori o diversi rispetto a quelli a suo tempo esaminati.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettere a) e b), dell'art. 2, comma 4, dell'art. 3, commi 1 e 2, e dell'art. 4 della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell'indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 36, 103 e 113 della Costituzione, dal TAR del Lazio e dal Consiglio di Stato, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 1996.
Luigi MENGONI, Presidente
Cesare RUPERTO, Redattore
Depositata in cancelleria il 29 gennaio 1996.