Ordinanza n. 207 del 1995

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ORDINANZA N.207

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettere a) e b, dell'art. 2, comma 4, dell'art. 3 e dell'art. 4 della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell'indennità speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), promossi con ordinanze emesse il 29 aprile 1994 dal Consiglio di Stato, VI sezione giurisdizionale, il 28 ottobre 1994 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, il 16 giugno 1994 dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria (n. 2 ordinanze), il 10 giugno 1994 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, il 13 e il 27 ottobre 1994 dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (n. 3 ordinanze), rispettivamente iscritte ai nn. 18, 19, 114, 115, 148, 149, 150 e 151 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 5, 10 e 12, prima serie speciale, dell'anno 1995. Visti gli atti di costituzione dell'I.N.P.S., di Rizzato Maria Teresa ed altri, di Bertoja Luisa ed altra, di Paolini Mario ed altri, nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 15 maggio 1995 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

RITENUTO che il Consiglio di Stato, VI sezione, ha sollevato, con ordinanza emessa il 29/4/1994, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettera a), e 2, comma 4, della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell'indennità speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione, rilevando, da un lato - previa affermazione dell'inapplicabilità del disposto dell'art. 4 della stessa legge nel giudizio a quo, concernente anche altre voci stipendiali -, l'irragionevolezza della discriminazione operata dal legislatore nella previsione della minore percentuale di computo dell'indennità integrativa speciale tra i dipendenti degli enti pubblici non economici ex lege n. 70 del 1975 (Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente) e quelli di tutte le altre pubbliche amministrazioni di cui alla successiva lettera b) del citato art. 1, comma 1, e, dall'altro lato, l'illogica sperequazione del regime dei crediti disciplinati dall'art. 2, comma 4, della legge n. 87 del 1994 rispetto agli altri crediti ordinari, con notevole diminuzione del contenuto di una prestazione economica che deve essere considerata quale retribuzione differita; che con ordinanza emessa il 28/10/1994 il T.A.R. per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha sollevato questione di legittimità costituzionale: a) dell'art. 4 della citata legge n. 87 del 1994, per contrasto con gli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 103 e 113 della Costituzione, in quanto - disponendo l'estinzione dei giudizi pendenti e la compensazione delle spese processuali - sottrae alla valutazione del giudice (e così interferisca con la sua indipendenza) i profili relativi al rapporto sostanziale dedotto in giudizio ed alle pronunce accessorie, nonchè - escluso il carattere innovativo della legge, promulgata solo a seguito della sentenza n. 243 del 1993 della Corte costituzionale - viola il diritto di difesa e di azione nonchè il principio del giudice naturale; b) dell'art. 3, comma 2, della legge impugnata, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non esclude dall'obbligo della presentazione della relativa domanda in via amministrativa quei dipendenti cessati dal servizio che abbiano proposto ricorso in sede giurisdizionale al fine di ottenere il computo dell'indennità integrativa speciale nella base di calcolo del trattamento di fine servizio; c) dell'art. 2, comma 4, stessa legge, in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione, in base a motivazioni analoghe a quelle prospettate dal Consiglio di Stato; che con due identiche ordinanze, emesse entrambe il 16/6/1994, il T.A.R. della Liguria, secondo considerazioni conformi a quelle svolte in parte qua dagli altri giudici remittenti, ha censurato l'art. 4 della legge n. 87 del 1994, per violazione dell'art. 24 della Costituzione, assumendo in particolare la natura non pienamente satisfattiva assunta dallo ius superveniens rispetto alle pretese fatte valere in giudizio, nonchè gli artt. 1, lettera a), in relazione alla successiva lettera b), e 2, comma 4, della stessa legge, perchè confliggenti sia con gli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione (oltre che con il principio generale espresso dall'art. 1282 del codice civile), sia con l'art. 97 della Costituzione stessa, introducendo siffatte disposizioni una irrazionale deroga a favore dello Stato al principio fondamentale di liquidazione dei debiti liquidi ed esigibili; che con quattro ordinanze emesse, la prima, il 10/6/1994 dal T.A.R. per la Lombardia e, le altre tre, il 13/10/1994 ed il 27/10/1994 dal T.A.R. per il Veneto, sono state sollevate, con riferimento agli artt. 3, 24, 25, 36, 103 e 113 della Costituzione, questioni di legittimità dei già citati artt. 1, lettere a) e b), 2, comma 4, 3 e 4 della legge n. 87 del 1994, con motivazioni sostanzialmente identiche a quelle rispettivamente svolte in merito dagli altri giudici a quibus; che in tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato; che nel giudizio promosso dall'ordinanza del T.A.R. per la Lombardia in data 10/6/1994, si è costituito l'I.N.P.S. chiedendo che le questioni sollevate siano dichiarate in parte inammissibili ed in parte manifestamente infondate, e ha depositato altresì una memoria nell'imminenza della camera di consiglio; che nei giudizi promossi con le tre ordinanze del T.A.R. per il Veneto del 13/10/1994 e 27/10/1994, si sono costituiti i ricorrenti, i quali, ribadendo le considerazioni svolte dal remittente, hanno insistito per la declaratoria di incostituzionalità delle norme de quibus.

CONSIDERATO che le questioni, complessivamente concernenti la medesima normativa, possono essere riunite e congiuntamente decise; che identiche questioni sono state già dichiarate non fondate con la sentenza n. 103 del 1995, in ragione dell'affermato carattere tendenzialmente satisfattivo - assunto dalla normativa de qua - delle aspettative dei pubblici dipendenti ad un'estensione della base di computo dell'indennità erogata in occasione della cessazione dal servizio, fino a ricomprendervi l'indennità integrativa speciale; che, in particolare, in tale decisione - con riferimento alla questione di natura pregiudiziale rispetto alle altre, concernente l'asserita illegittimità della dichiarazione d'estinzione d'ufficio dei giudizi pendenti con compensazione delle spese - questa Corte ha sottolineato, sia pure in una prospettiva di gradualità ed in attesa di una complessiva omogeneizzazione dei trattamenti dei lavoratori dei vari comparti della pubblica amministrazione, l'adeguatezza e la sufficiente tempestività della risposta data dal legislatore alle suddette aspettative, le quali, a seguito della sentenza n. 243 del 1993, erano ben assunte al rango di diritti, ma non erano ancora immediatamente determinabili; che, quindi, valutato il rapporto tra l'intervento normativo ed il grado di realizzazione che alla pretesa azionata è stato accordato per via legislativa, è stata riconosciuta (e va qui ribadita) la ragionevolezza della norma censurata, come tale non incidente sul diritto di difesa e sull'assetto costituzionale riservato "all'esercizio dell'attività giurisdizionale e alla sua prerogativa, anche nei rapporti col legislatore" (sentenza n. 103 del 1995); che è, infine, inesatta l'affermazione fatta dal Consiglio di Stato remittente circa l'asserita inapplicabilità del citato art. 4 al giudizio de quo, concernente il riconoscimento nel computo del trattamento di fine rapporto anche di altre voci stipendiali, poichè l'estinzione d'ufficio comunque investe il diritto principale e quelli accessori fatti valere dal soggetto con la specifica pretesa, appagata a seguito dell'intervento del legislatore; che, pertanto, la questione è manifestamente infondata, in quanto i giudici a quibus non offrono argomenti ulteriori o diversi rispetto a quelli a suo tempo esaminati. Visti gli artt. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera a) e b), dell'art. 2, comma 4, dell'art. 3 e dell'art. 4 della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell'indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), sollevata, in riferimento, agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 36, 38, 97, 103 e 113 della Costituzione, dal Consiglio di Stato, dal T.A.R. per la Lombardia, dal T.A.R. della Liguria e dal T.A.R. per il Veneto, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 maggio 1995.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 30 maggio 1995.