ORDINANZA N. 495
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettera b), 2, comma 4, 3 e 4 della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell'indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), promosso con ordinanza emessa il 18 novembre 1994 dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Senes Giovanni ed altri contro l'I.N.P.D.A.P. iscritta al n. 448 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 18 ottobre 1995 il Giudice relatore Cesare Ruperto.
RITENUTO che, con ordinanza emessa il 18 novembre 1994, il Consiglio di Stato, VI sezione, ha sollevato questione di legittimità costituzionale: a) dell'art. 4 della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell'indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), per contrasto con gli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 103 e 113 della Costituzione, in quanto disponendo l'estinzione dei giudizi pendenti e la compensazione delle spese processuali sottrarrebbe alla valutazione del giudice (interferendo con la sua indipendenza) i profili relativi al rapporto sostanziale dedotto in giudizio ed alle pronunce accessorie, nonchè escluso il carattere innovativo della legge, promulgata solo a seguito della sentenza n. 243 del 1993 della Corte costituzionale in quanto violerebbe il diritto di difesa e di azione e la naturale precostituzione del giudice; b) dell'art. 3 della legge citata, in relazione all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui limita l'applicazione della legge ai dipendenti cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1994 e non esclude dall'obbligo della presentazione della relativa domanda in via amministrativa quei dipendenti in pensione che abbiano proposto ricorso in sede giurisdizionale al fine di ottenere il computo dell'indennità integrativa speciale nella base di calcolo del trattamento di fine servizio; c) dell'art. 1, comma 1, lettera b), per contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che il computo dell'indennità integrativa speciale agli effetti dell'indennità di buonuscita sia effettuata nella misura del 60%; d) dell'art. 2, comma 4, in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione, per l'illogica sperequazione del regime dei crediti ivi disciplinati rispetto a quelli ordinari, con notevole diminuzione del contenuto di una prestazione economica che deve essere considerata quale retribuzione differita; che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura genera le dello Stato, chiedendo che le sollevate questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate inammissibili ovvero infondate.
CONSIDERATO che identiche questioni sono state già dichiarate non fondate con la sentenza n. 103 del 1995, nonchè manifestamente infondate con le ordinanze n. 207, n. 324 e n. 468 del 1995, in ragione dell'affermato carattere tendenzialmente satisfattivo assunto dalla normativa de qua delle aspettative dei pubblici dipendenti ad un'estensione della base di computo dell'indennità erogata in occasione della cessazione dal servizio, fino a ricomprendervi l'indennità integrativa speciale; che, in particolare, in tali decisioni con riferimento alla questione di natura pregiudiziale rispetto alle altre, concernente l'asserita illegittimità della dichiarazione d'estinzione d'ufficio dei giudizi pendenti con compensazione delle spese questa Corte ha sottolineato, sia pure in una prospettiva di gradualità ed in attesa di una complessiva omogeneizzazione dei trattamenti dei lavoratori dei vari comparti della pubblica amministrazione, l'adeguatezza e la sufficiente tempestività della risposta data dal legislatore alle suddette aspettative, le quali, a seguito della sentenza n. 243 del 1993, erano ben assurte al rango di diritti, ma non erano ancora immediatamente determinabili; che, quindi, valutato il rapporto tra l'intervento normativo ed il grado di realizzazione che alla pretesa azionata è stato accordato per via legislativa, è stata riconosciuta (e va qui ribadita) la ragionevolezza della norma censurata, come tale non incidente sul diritto di difesa e sull'assetto costituzionale riservato "all'esercizio dell'attività giurisdizionale e alla sua prerogativa, anche nei rapporti col legislatore" (sentenza n. 103 del 1995); che, pertanto, la questione è manifestamente infondata, in quanto il giudice a quo non offre argomenti ulteriori o diversi rispetto a quelli a suo tempo esaminati. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera b), dell'art. 2, comma 4, dell'art. 3 e dell'art. 4 della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell'indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 36, 103 e 113 della Costituzione, dal Consiglio di Stato, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/11/95.
Mauro FERRI, Presidente
Cesare RUPERTO, Redattore
Depositata in cancelleria il 04/12/95.