SENTENZA N. 273
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11, ultimo comma, della legge della Regione Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52 (Norme per l'esercizio dei poteri di controllo dell'attività urbanistica ed edilizia, sanzioni amministrative e delega alle Province delle relative funzioni), promosso con ordinanza emessa il 14 luglio 1994 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lanciano negli atti relativi agli accertamenti sulla regolarità di un fabbricato in corso di costruzione, iscritta al n. 564 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1994. Udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1995 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.
Ritenuto in fatto
1. - Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lanciano, richiesto dell'archiviazione del procedimento relativo ad alcune violazioni edilizie, premesso che a carico dei responsabili emergevano talune difformità non ricomprese nella concessione edilizia in sanatoria e che, dunque, avrebbe dovuto restituire gli atti al Pubblico ministero per la formulazione dell'imputazione relativamente al reato di cui all'art. 20, lettera a), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, ma che, alla stregua dell'art. 11, ultimo comma, della legge della Regione Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52, "l'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria produce gli effetti dell'art. 22, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47", ha denunciato, in riferimento agli artt. 3, 25, 70 e 117 della Costituzione, l'illegittimità della detta norma regionale. In punto di rilevanza, osserva il giudice a quo che, avendo gli interessati provveduto al pagamento della somma dovuta a titolo di sanzione pecuniaria, sarebbe tenuto a dichiarare l'estinzione del reato. In punto di non manifesta infondatezza, che gli artt. 25, 70 e 117 della Costituzione risulterebbero violati disciplinandosi con la legge regionale "la materia penale riservata alle leggi dello Stato ed esclusa dalle potestà legislative attribuite alle regioni"; sarebbe, altresì, vulnerato il principio di eguaglianza, "per l'ingiustificato diverso trattamento che riserva, in sede penale, agli abusi commessi nella regione Abruzzo". 2.
2. - Nel giudizio non si sono costituite le parti private nè ha spiegato intervento il Presi dente della Regione Abruzzo.
Considerato in diritto
1. - Il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Lanciano dubita, in riferimento agli artt. 3, 25, 70 e 117 della Costituzione, della legittimità dell'art. 11, ultimo comma, della legge della Regione Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52, a norma del quale "L'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce gli effetti previsti dall'art. 22, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47". Più in particolare, di fronte ad una richiesta di archiviazione del pubblico ministero relativa ad abusi edilizi commessi nel territorio di Lanciano, il giudice a quo, constatato che uno di essi non era stato compreso nella concessione in sanatoria e che, dunque, avrebbe dovuto ritrasmettere gli atti al titolare dell'azione penale per la formulazione dell'imputazione in ordine al reato di cui all'art. 20, lettera a), della legge n. 47 del 1985, per avere gli imputati, nella rispettiva qualità di proprietario titolare della concessione, di costruttore e di direttore dei lavori, costruito un edificio in parziale difformità della concessione edilizia, ma che una tale procedura risulta preclusa dalla norma denunciata, ha sollevato l'indicata questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, ultimo comma, della legge della Regione Abruzzo n. 52 del 1989, "perchè disciplina la materia penale riservata alle leggi dello Stato ed esclusa dalla potestà legislativa delle Regioni" e "per l'ingiustificato diverso trattamento che riserva, in sede penale, agli abusi commessi nella regione Abruzzo".
2. - La questione è fondata. Sotto la rubrica <Repressione degli abusi in "parziale difformità">, l'art. 11 della legge regionale n. 52 del 1989 stabilisce che nelle ipotesi in cui venga accertata la parziale difformità delle opere dal progetto approvato, il sindaco ingiunge ai responsabili la demolizione delle opere abusive fissando un termine congruo, comunque non superiore a 120 giorni, decorrente dalla notifica del provvedimento, da effettuarsi nelle forme degli atti di citazione, e che se dall'accertamento è riscontrata l'inottemperanza all'ingiunzione, le opere stesse sono demolite a cura del comune ed a spese dei responsabili dell'abuso (terzo comma).
Ove poi, come nell'ipotesi di specie, la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte di opera eseguita in conformità, il quarto comma dell'art. 11 della detta legge regionale (riproducendo alla lettera l'art. 12, secondo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47) prescrive che il sindaco applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità della concessione, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura dell'ufficio tecnico erariale, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.
L'art. 11, ultimo comma, della legge regionale n. 52 del 1989 fa infine conseguire dal pagamento dell'integrale importo della sanzione pecuniaria irrogata "gli effetti previsti dall'art. 22, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47", a norma del quale "Il rilascio della concessione in sanatoria delle concessioni estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti". Dunque, poichè l'effetto previsto dalla disposizione della legge statale è, appunto, l'estinzione dei reati contravvenzionali, fra cui quello contemplato dall'art. 20, lettera a), della legge n. 47 del 1985, l'art. 11, ultimo comma, della legge regionale ha fatto scaturire come conseguenza del pagamento della sanzione amministrativa un effetto estintivo del reato non previsto dalla legislazione statale che subordina, invece, il detto effetto al rilascio della concessione in sanatoria.
3. - La norma denunciata, pur non modificando direttamente il sistema delle sanzioni penali delineato dalla legge statale, ha però introdotto una regolamentazione del procedimento amministrativo più favorevole per il soggetto privato rispetto a quanto previsto dagli artt. 12 e 13 della legge n. 47 del 1985, così da incidere sulla disciplina penalistica. Essa consente, infatti, l'estinzione dei reati contravvenzionali urbanistici anche in mancanza della sanatoria delle opere abusive e, quindi, nonostante la non "conformità dell'opera con gli strumenti urbanistici vigenti all'epoca della costruzione dell'opera stessa" (v. sentenza n. 231 del 1993); così da prescindere dall'accertamento dell'inesistenza del "danno urbanistico", da cui soltanto può derivare l'estinzione del reato in forza della corresponsione della sanzione amministrativa inflitta per la violazione.
4. - Ne consegue che l'art. 11, quinto comma, della legge della Regione Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52, con l'incidere sull'applicabilità delle cause di estinzione del reato interferisce <nella "materia penale", relativamente alla quale, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, "vale la riserva di disciplina a favore dello Stato, che si configura come un principio di rango costituzionale"> (v. sentenze n. 231 del 1993, n. 18 del 1991, n. 487 del 1989 e n. 179 del 1986), cosicchè il legiferare nella suddetta materia in deroga alla legislazione statale implica violazione degli artt. 25 e 117 della Costituzione.
5. - Restano, in tal modo, assorbite, le censure incentrate sugli ulteriori parametri costituzionali invocati dal giudice a quo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 11, quinto comma, della legge della Regione Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/06/95.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Giuliano VASSALLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 22/06/95.