Sentenza n. 18 del 1991

 

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SENTENZA N.18

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giovanni CONSO                                              Presidente

Prof. Ettore GALLO                                                   Giudice

Dott. Aldo CORASANITI                                             “

Dott. Francesco GRECO                                                “

Prof. Gabriele PESCATORE                                         “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                  “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                             “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                   “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                     “

Prof. Luigi MENGONI                                                  “

Prof. Enzo CHELI                                                         “

Dott. Renato GRANATA                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10, penultimo comma, della legge della regione Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52 (Norme per l'esercizio dei poteri di controllo dell'attività urbanistica ed edilizia, sanzioni amministrative e delega alle Province delle relative funzioni), promosso con ordinanza emessa il 12 luglio 1990 dal G.I.P. presso la Pretura di Pescara nel procedimento penale a carico di Di Berardino Renato iscritta al n. 552 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1990;

Udito nella camera di consiglio del 12 dicembre 1990 il Giudice relatore Caianiello;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di un processo penale, concernente l'abusiva realizzazione di due manufatti edilizi, il Giudice per le Indagini Preliminari presso la Pretura circondariale di Pescara ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, 70 e 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, comma nono, della legge della regione Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52.

Osserva l'autorità remittente che anche a voler ritenere che le opere in oggetto abbiano natura pertinenziale, la loro esecuzione abusiva costituirebbe, comunque, un fatto penalmente rilevante, poiché posta in essere - come certificato dall'autorità comunale in violazione dei vigenti strumenti urbanistici. Quest'ultima circostanza impedirebbe, poi, secondo quanto affermato dalla Corte, nella sentenza n. 167 del 1989, di dichiarare estinto il reato ai sensi degli artt. 13 e 22 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, anche quando come nel caso in esame, l'interessato, avendo spontaneamente provveduto alla demolizione delle opere, non può ottenere il rilascio di una concessione in sanatoria.

Ad avviso del giudice a quo, il procedimento dovrebbe quindi proseguire con un rinvio a giudizio per il reato di esecuzione di opere in assenza di concessione (art. 20 lett. b) legge 28 febbraio 1985, n. 47). Ma in base all'impugnata norma regionale, la quale prescrive che l'ottemperanza spontanea all'ingiunzione di demolizione produce gli effetti previsti dall'art. 22, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e cioè l'estinzione del reato, l'imputato dovrebbe essere prosciolto, essendosi il reato estinto per intervenuta demolizione delle opere abusive.

La predetta norma, disciplinando la materia penale, riservata alle leggi dello Stato ed esclusa dalle potestà legislative attribuite alle regioni, si porrebbe, però, in contrasto con gli artt. 25, 70 e 117 della Costituzione, violando, altresì, l'art. 3 per l'ingiustificato diverso trattamento che riserva, in sede penale, agli abusi commessi nella Regione Abruzzo.

Non vi è stata costituzione di parti, né intervento dell'Avvocatura generale dello Stato.

 

Considerato in diritto

 

1. - È stata sollevata questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 25, 70 e 117 della Costituzione, dell'art. 10, comma nono, della legge della Regione Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52.

Si sostiene nell'ordinanza di rimessione che la norma impugnata - prevedendo che l'ottemperanza spontanea all'ingiunzione di demolire le opere edilizie, abusivamente realizzate, produca l'estinzione del reato, indipendentemente dalla circostanza che le opere stesse siano conformi agli strumenti urbanistici vigenti - contrasta con i parametri costituzionali invocati, perché incide sulla materia penale, esclusa dalla potestà legislativa regionale, determinando una ingiustificata disparità di trattamento per i reati edilizi commessi nella Regione Abruzzo.

2. - La questione è fondata.

La legge 23 aprile 1985, n. 47 - come già ritenuto da questa Corte nella sentenza n. 167 del 1989 - esclude che la spontanea demolizione delle opere abusive possa comportare di per sé l'estinzione del reato, perché questa si verifica, in base agli artt. 13 e 22 della legge stessa, soltanto a seguito della positiva verifica della conformità dell'opera agli strumenti urbanistici.

La norma regionale impugnata, prevedendo invece che l'estinzione del reato consegua alla spontanea demolizione dell'opera, indipendentemente dalla verifica della sua conformità agli strumenti urbanistici, incide su di una materia esclusa dalla potestà legislativa regionale perché modifica il regime penalistico, con l'applicare la causa di estinzione del reato, prevista dalla legge statale, ad ipotesi da questa non considerate.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 10, comma nono, della legge della Regione Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 gennaio 1991.

 

Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA.

 

Depositata in cancelleria il 18 gennaio 1991.