SENTENZA N. 63
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Sicilia approvata il 26 maggio 1994 dall'Assemblea regionale siciliana, recante: "Provvidenze a favore del personale della ex Siciltrading s.p.a.", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 3 giugno 1994, depositato in cancelleria il 10 giugno 1994 ed iscritto al n. 48 del registro ricorsi 1994.
Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana;
udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 1995 il Giudice relatore Mauro Ferri;
uditi l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo, per il ricorrente, e gli avv. ti Francesco Torre e Francesco Castaldi per la Regione.
Ritenuto in fatto
1. Con il ricorso in epigrafe il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha impugnato il disegno di legge n. 666, approvato dall'Assemblea regionale il 26 maggio 1994, recante "Provvidenze in favore del personale della ex Siciltrading S.p.a".
Ad avviso del ricorrente il provvedimento legislativo, che consente all'Istituto regionale per il credito alla cooperazione (I.R.C.A.C.) di stipulare contratti a termine, di durata non superiore ad un biennio, con i dipendenti della ex Siciltrading S.p.A., società a partecipazione regionale in atto sottoposta a procedura fallimentare, dà adito a censure di incostituzionalità sotto il profilo del mancato rispetto dei principi espressi dagli articoli 3 e 97 della Costituzione.
2. In primo luogo si sarebbe in presenza dell'ennesima legge-provvedimento, adottata dal legislatore regionale, volta, più che a garantire il buon andamento della pubblica amministrazione, al mantenimento del posto di lavoro di alcune unità di personale sulla base di pregressi accordi sindacali.
Al riguardo il Commissario dello Stato osserva che la normativa vigente, ribadita di recente dall'art. 3, comma 23°, della legge n. 537 del 1993, vieta alle amministrazioni pubbliche di assumere personale a tempo determinato e di stabilire rapporti di lavoro autonomo per periodi superiori a tre mesi, a meno che non si tratti di personale in possesso di particolari qualifiche di elevata professionalità, (situazione che nella fattispecie in esame non sussisterebbe, in quanto si tratta di unità tutte comprese entro il IV livello).
Sebbene l'ente interessato alla disposizione abbia dichiarato il proprio interesse oggettivo ad avvalersi di personale, anche se a termine, per l'espletamento di servizi d'istituto, neanche potrebbe ritenersi che la necessità di assunzione di dipendenti con qualifiche di archivista e commesso, le cui prestazioni sono ovviamente fungibili e non rilevanti alle essenziali e peculiari attività dell'ente stesso, possa giustificare una deroga ad un principio generale riconosciuto ed applicato anche dall'amministrazione regionale.
Unico fine dell'iniziativa legislativa sarebbe, in definitiva, quello di salvaguardare, seppure temporaneamente, l'occupazione degli interessati, interferendo indirettamente sulla definizione della controversia instaurata presso il competente giudice del lavoro.
In buona sostanza, conclude il Commissario dello Stato, pur ammettendo in astratto la possibilità che la Regione adotti leggi-provvedimento, questa in esame supererebbe comunque il limite della ragionevolezza in quanto lo scopo tipico della norma non sarebbe quello di sopperire a comprovate ed identificate esigenze funzionali dell'IRCAC connesse all'esercizio delle sue attività istituzionali, ma quello di garantire la conservazione del posto di lavoro a nove unità.
3. Si è costituito in giudizio il Presidente della Regione siciliana instando per la reiezione del ricorso.
Preliminarmente la Regione ritiene del tutto arbitrario l'assunto del ricorrente secondo il quale unico fine della iniziativa legislativa sarebbe quello della salvaguardia dell'occupazione. Ciò in quanto l'ente destinatario della norma, e cioè l'Istituto Regionale per il Credito alla Cooperazione, viene "autorizzato" dal legislatore regionale a stabilire rapporti di lavoro a tempo determinato solo in presenza di esigenze connesse con i propri compiti di istituto e nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230, e cioè per l'assolvimento di servizi definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario od occasionale.
L'obiettivo della salvaguardia dell'occupazione, sicuramente presente nella volontà del legislatore siciliano, sarebbe quindi contemperato, nella applicazione della norma, con quello del buon andamento della organizzazione dell'ente destinatario.
4. Ma anche volendo ipotizzare, prosegue il resistente, che unico fine della legge impugnata sia quello della salvaguardia del posto di lavoro, basterebbe, a convalidare la legittimità della legge de qua, richiamare lo Statuto regionale, laddove attribuisce alla potestà legislativa della Regione la disciplina della materia concernente la legislazione sociale ed in particolare i rapporti di lavoro (art. 17, lett.
f), nonchè la stessa giurisprudenza della Corte secondo cui "l'ambito normativo riconosciuto dalla citata norma non concerne tutta la legislazione sociale, bensì ciò che riflette i rapporti di lavoro e le provvidenze che ad essi so no collegate, a garanzia dei lavoratori" (sentenza n. 29 del 1968).
La normativa, inoltre, risulterebbe dettata per fini di carattere sociale, sicuramente meritevoli di tutela in osservanza dell'articolo 4 della Costituzione, laddove afferma che "la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto"; nonchè del successivo articolo 35, secondo cui "la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni".
5. Dopo aver citato analoghi provvedimenti legislativi, sia statali che regionali, mai fatti oggetto di censure di costituzionalità pur avendo il medesimo fine di tutela dell'occupazione, la Regione rileva che il provvedimento legislativo impugnato rientra nella competenza legislativa esclusiva in materia di "ordinamento degli uffici e degli enti regionali", attribuitale dall'art. 14, lett. p), dello Statuto, come sarebbe dimostrato dalla circostanza che il Commissario dello Stato non ha eccepito la violazione della suddetta norma statutaria.
6. Altrettanto infondata risulterebbe, ad avviso della Regione, la censura in ordine alla possibilità di adottare leggi-provvedimento, in quanto è ormai costante l'orientamento della Corte nel ritenere l'inesistenza di un divieto costituzionale all'emanazione di leggi, sia statali che regionali, a contenuto particolare e concreto. In proposito viene richiamata la sent. n. 190 del 1986 con cui la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge regionale siciliana 30 dicembre 1976 n. 90, promossa dal T.A.R. Sicilia in riferimento all'art. 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 24, 25 e 113 della Costituzione, escludendo che il citato art. 20, "oltre a prevedere l'ordinaria attribuzione delle funzioni amministrative" alla Giunta regionale, "crei altresì una riserva a favore dell'esecutivo nei confronti delle stesse leggi-provvedimento adottate dall'Assemblea; riserva che irrigidirebbe ingiustificatamente, solo per la Sicilia, la forma di governo delle Regioni".
7. In prossimità dell'udienza ha presentato memoria l'Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Commissario dello Stato della Regione siciliana.
Dopo aver richiamato le vicende di fatto che hanno portato all'intervento dell'I.R.C.A.C. nell'assorbimento di parte dei lavoratori della ex Siciltrading, l'Avvocatura riafferma come sia di palmare evidenza che il provvedimento legislativo impugnato costituisca in realtà un anomalo provvedimento di sostegno a lavoratori disoccupati, il quale comporta, per il ristretto ed esclusivo ambito di applicazione, un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla generalità dei lavoratori che si trovano nelle medesime condizioni.
Nè risulterebbe conferente il riferimento alla disposizione in favore dei dipendenti dell'Italter e della Sirap (art. 79 della legge regionale n. 25 del 1993) giacchè detta norma individua con precisione l'oggetto delle prestazioni di lavoro a termine, riconducibili peraltro alle professionalità possedute dai destinatari ed alla specificità dell'ambito di attività delle società stesse.
Nemmeno, poi, potrebbe ritenersi che la competenza riconosciuta al legislatore siciliano dall'art. 17, lett. f), dello Statuto speciale consenta l'istituzione di forme surrettizie di assistenza in favore di lavoratori disoccupati, soprattutto se si considera che le provvidenze in questione sono rivolte ad esclusivo vantaggio di una ristretta cerchia di destinatari e non alla generalità dei lavoratori o quanto meno a soggetti tutti dipendenti da società con capitale a partecipazione pubblica poste in liquidazione o fallite.
La norma impugnata non avrebbe il significato e la portata di un intervento di carattere assistenziale ai sensi dell'art. 17, lett. f), dello Statuto, poichè con la stessa si è soltanto voluto derogare alle vigenti normative che disciplinano l'assunzione di lavoratori con un contratto a termine di diritto privato, riservandola ad alcuni lavoratori licenziati da una società messa in liquidazione.
Inoltre, per quanto attiene l'argomentazione (contenuta nella memoria difensiva della Regione) secondo cui il provvedimento sarebbe dettato da fini di carattere sociale, meritevoli di tutela in osservanza del precetto posto dall'art. 4 della Costituzione, l'Avvocatura osserva che secondo costante giurisprudenza della Corte (sentenze nn. 81 del 1969, 189 del 1980, 2 e 176 del 1986) il suddetto principio non garantisce al cittadino nè il diritto al conseguimento di un'occupazione nè tantomeno il diritto alla conservazione del lavoro, bensì è posto a tutela della generica possibilità per tutti indistintamente i cittadini, concorrendone i requisiti, di avere accesso ai posti di lavoro disponibili, con contestuale, implicito, obbligo per il legislatore di realizzare un ordinamento che renda effettivo il diritto in questione.
Non sarebbe pertinente inoltre la giustificazione secondo cui recenti norme statali avrebbero introdotto interventi analoghi a quello oggetto di censura.
Le norme statali citate nella memoria difensiva della Regione riguarderebbero, infatti, intere categorie di disoccupati, e non singoli soggetti, ed in ogni caso richiedono e tengono in preminente considerazione il buon andamento della Pubblica Amministrazione, facendo esplicito riferimento sia all'esistenza di vacanze in organico, sia all'accertamento, previa prova anche selettiva, delle capacità professionali dei soggetti destinatari.
In ogni caso non potrebbe ritenersi legittima l'individuazione "intuitu personae" dei soggetti destinatari di un contratto di lavoro con la Pubblica Amministrazione, in quanto è principio generale ed inderogabile il ricorso a criteri di selezione pubblica, anche nell'ipotesi di rapporti a tempo determinato, qualora gli enti pubblici debbano procedere al reclutamento di personale.
Da tutto ciò, conclude l'Avvocatura, emerge chiaramente che con questa legge-provvedimento il legislatore siciliano ha ritenuto possibile conseguire lo scopo cui era diretto un atto amministrativo illegittimo.
Considerato in diritto
1. Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge regionale, approvata dall'Assemblea siciliana il 26 maggio 1994, recante "Provvidenze in favore del personale della ex Siciltrading s.p.a.", il cui art. 1 così stabilisce:
"L'Istituto regionale per il credito alla cooperazione (I.R.C.A.C.)
è autorizzato ad avvalersi del personale in servizio alla data del 30 ottobre 1992, che non sia inquadrato con la qualifica di dirigente o che non abbia interrotto volontariamente il rapporto di lavoro, della ex Siciltrading s.p.a., in corso di procedura fallimentare, mediante contratti a termine, di durata non superiore ad un biennio, per l'assolvimento dei compiti di istituto propri dell'ente, nel rispetto dei limiti di cui all'art. 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230, e di quanto previsto dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro della categoria".
2. Il ricorrente, nella considerazione che il fine della norma non sia quello di sopperire a comprovate ed identificate esigenze funzionali dell'I.R.C.A.C., connesse all'esercizio delle sue attività istituzionali, bensì quello di garantire la conservazione del posto di lavoro a nove unità, ritiene che la norma medesima contrasti con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, sotto il profilo del mancato rispetto del principio di ragionevolezza e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione.
Nella memoria presentata in prossimità dell'udienza, l'Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Commissario ricorrente, ha prospettato anche la violazione del terzo comma dell'art. 97 della Costituzione, sotto l'ulteriore profilo dell'inosservanza della regola generale del concorso per l'accesso ai pubblici impieghi; ma tale autonoma censura, non essendo stata tempestivamente dedotta nei motivi di ricorso, non può in alcun modo essere presa in considerazione in questa sede.
3. Nel merito, la questione non è fondata.
Il ricorso tende sostanzialmente a censurare la normativa impugnata in quanto "ennesima legge-provvedimento" volta, più che a garantire l'efficienza e il buon andamento della pubblica amministrazione, a costituire un irragionevole provvedimento di sostegno a lavoratori disoccupati.
Ora, questa Corte ha già avuto occasione di chiarire, anche con specifico riferimento all'attività legislativa della Regione siciliana, che non esiste, in linea generale, un divieto di leggi-provvedimento in quanto tali, occorrendo sempre procedere al controllo sostanziale sull'atto, sia pure con le peculiarità richieste dal suo specifico oggetto; più in particolare, con la sent. n. 190 del 1986 si è affermato che, in base allo Statuto regionale siciliano, è da escludere la sussistenza di una riserva a favore della Giunta regionale (titolare delle funzioni esecutive ed amministrative) nei confronti delle stesse leggi-provvedimento adottate dall'Assemblea: riserva che irrigidirebbe ingiustificatamente, solo per la Sicilia, la forma di governo delle Regioni.
4. Ciò premesso, non risulta sussistente la dedotta violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, che, ai fini che qui interessano, può essere considerata censura unica.
È giurisprudenza costante di questa Corte, infatti, che la violazione del principio di buon andamento dell'amministrazione non può essere invocata se non quando si assuma l'arbitrarietà o la manifesta irragionevolezza della disciplina impugnata, per cui il richiamo all'art. 97 della Costituzione implica necessariamente lo svolgimento di un giudizio di ragionevolezza sulla legge censurata (v. sentt. n. 10 del 1980 e n. 266 del 1993).
Ciò posto, l'obiettivo della salvaguardia dell'occupazione, esplicitamente presente nella volontà del legislatore siciliano, non è certo indice di irragionevolezza, nè il contenuto particolare e concreto della legge impugnata, rivolta a consentire la costituzione di rapporti di lavoro a tempo determinato per poche persone (risulta dai lavori preparatori della legge che si tratta di nove unità), è suscettibile, di per sè, di rendere arbitra ria l'intera normativa ove si consideri che l'ente destinatario della legge regionale viene autorizzato a costituire detti rapporti solo in presenza di esigenze connesse con i propri compiti di istituto e nel rispetto dei limiti di cui all'art. 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230, e cioè per l'assolvimento di servizi definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario od occasionale.
Che poi dette esigenze siano o meno effettivamente sussistenti è problema del tutto estraneo al giudizio di costituzionalità della legge e che può, semmai, assumere rilievo nell'ambito del controllo di legittimità sugli atti che, in applicazione della legge medesima, vengano adottati dall'IRCAC.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Sicilia approvata il 26 maggio 1994 (Provvidenze in favore del personale della ex Siciltrading) sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/02/95.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Mauro FERRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 24/02/95.