Sentenza n. 29 del 1968
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SENTENZA N. 29

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 31 marzo 1967, recante "Concessione di un assegno vitalizio alle famiglie dei dirigenti sindacali e politici caduti nella lotta per il lavoro, la libertà e il progresso della Sicilia", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana notificato l'8 aprile 1967, depositato in cancelleria il 17 successivo ed iscritto al n. 14 del Registro ricorsi 1967.

Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 28 febbraio 1968 la relazione del Giudice Antonio Manca;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Commissario dello Stato, e l'avv. Eugenio Cannada Bartoli, per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 31 marzo 1967, ha approvato un progetto di legge concernente la "concessione di un assegno vitalizio alle famiglie del dirigenti sindacali e politici caduti nella lotta per il lavoro, la libertà e il progresso della Sicilia".

Si dispone, nell'art. 1, primo comma, che l'assegno é concesso, a carico della Regione, ai familiari dei caduti dopo il 1 gennaio 1945; e, nel secondo comma, che una commissione del Parlamento regionale, formata con la rappresentanza di tutti i gruppi politici e presieduta dal Presidente dell'Assemblea, o da un vice - presidente da lui delegato, indicherà al Presidente della Regione i nominativi dei cittadini rientranti nella categoria preveduta dal primo comma.

Si dispone negli artt. 2,3 e 4 a quali soggetti spetta l'assegno, la misura del medesimo, l'organo (cioè il Presidente della Regione) che deve provvedere alla liquidazione e le formalità per ottenerla.

Si dispone infine, nell'art. 5, che alla copertura della spesa, preveduta in lire 12.000.000, si provvede per l'anno finanziario in corso (1967), mediante la riduzione dello stanziamento iscritto al capitolo 208 dello stato di previsione delle spese per detto anno; e per gli assegni futuri a carico del corrispondenti capitoli di spesa.

La legge é stata tempestivamente impugnata, per illegittimità costituzionale, dal Commissario dello Stato, con ricorso notificato l'8 aprile 1967 e depositato presso questa Corte il 17 successivo. I motivi sono i seguenti:

1) violazione del principi contenuti nella Costituzione e nello Statuto speciale, in quanto l'oggetto della legge esulerebbe dalle materie nelle quali la Regione avrebbe competenza esclusiva o concorrente (artt. 14 e 17); materie espressamente delimitate secondo la giurisprudenza di questa Corte;

2) oltre che illegittima per tale pregiudiziale rilievo, la legge violerebbe i principi generali dell'ordinamento, inerenti alla ripartizione delle rispettive competenze degli organi legislativi ed amministrativi regionali.

Non sarebbero inoltre precisati la natura ed i compiti della Commissione che indicherà al Presidente della Regione i nominativi del cittadini, ai quali sarebbe concesso l'assegno vitalizio. Mancherebbero altresì i criteri idonei ad accertare i requisiti occorrenti per l'attribuzione dell'assegno anzidetto;

3) la legge sarebbe pure in contrasto con l'art. 81, ultimo comma, della Costituzione, in quanto all'onere finanziario per l'esercizio 1967 (in corso) si provvederebbe mediante riduzione dello stanziamento del capitolo 208 del bilancio regionale, concernente spese obbligatorie per concessione di un assegno mensile, non riversibile, ai vecchi lavoratori, in base alle leggi regionali 20 ottobre 1957, n. 58 , 8 gennaio 1960, n. 1, e 5 ottobre 1965, n. 28. L'eventuale disponibilità del capitolo indicato avrebbe inoltre carattere contingente, e non sarebbe perciò idonea ad assicurare la copertura dell'onere, di carattere continuativo, secondo le previsioni del provvedimento impugnato.

In questa sede si é costituita l'Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato il 17 aprile 1967; e si é pure costituita la Regione, rappresentata e difesa dall'avv. Eugenio Cannada Bartoli, che ha depositato le deduzioni in data 6 maggio 1967.

Il ricorso é stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 29 aprile 1967, ed in quella della Regione n. 22 del 15 maggio 1967.

L'Avvocatura dello Stato il 15 febbraio 1968 ha depositato una memoria a sostegno ed illustrazione del ricorso del Commissario.

Circa il primo motivo si osserva che l'oggetto del provvedimento impugnato, contrariamente all'assunto della Regione, non rientrerebbe nelle materie deferite alla competenza legislativa della Regione, né esclusiva né concorrente: materie che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 27 del 1965) dovrebbero intendersi espressamente delimitate. Non rientrerebbe nella competenza esclusiva (art. 14, lettera m, beneficenza ed opere pie) poiché la beneficenza, cui si riferisce questa disposizione, sarebbe riferibile al primo comma dell'art. 38 della Costituzione, per il quale ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere, ha diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale. Il cittadino cioè che si trovi in stato di bisogno, prescindendo da situazioni personali, o da particolari attività svolte a servizio della collettività. Non rientrerebbe neppure nella competenza legislativa concorrente (art. 17, lett. f, assistenza sociale) perché questa riguarderebbe i lavoratori (dipendenti od autonomi) per i quali il secondo comma dell'art. 38 della Costituzione esige previdenze ed assicurazione di mezzi adeguati alle esigenze della vita, in caso di disoccupazione, infortuni, malattie ed invalidità e vecchiaia.

L'oggetto del provvedimento impugnato, secondo l'Avvocatura, sarebbe del tutto estraneo alle materie ora indicate, tenuto conto anche dei fini che si intenderebbero perseguire dal legislatore regionale, chiariti nella relazione al progetto di legge: quelli cioé di "testimoniare tangibilmente la riconoscenza del popolo siciliano ai dirigenti sindacali o democratici caduti per mano della mafia". La legge, infatti, non richiederebbe, come requisito per ottenere l'assegno, né stato di bisogno (neppure in via sussidiaria) né la qualifica di lavoratore dipendente od autonomo.

Circa il secondo motivo (che investe il secondo comma dell'art. 1, della legge) l'Avvocatura conferma che l'attribuzione ad una Commissione, eletta dall'Assemblea, del compito di carattere amministrativo di indicare al Presidente della Regione i nomi delle persone cui attribuire l'assegno vitalizio, contrasterebbe con i principi, già affermati da questa Corte, nel senso che, a ciascun organo della Regione spettano, per norme statutarie, compiti ben precisi e determinati.

Contrasto che si verificherebbe nel caso di specie nei riguardi della predetta Commissione, i cui compiti, come ammetterebbe anche la Regione, sarebbero di carattere essenzialmente amministrativo, non rientranti nella competenza dell'Assemblea regionale (artt. 14 a 19, artt. 9, primo comma, e 20, primo e secondo comma, dello Statuto e sentenze di questa Corte n. 2 del 1959 e n. 66 del 1964).

A parte il rilievo, continua l'Avvocatura, che non risultano indicati, tra l'altro, i criteri da seguire circa i requisiti necessari per ottenere la concessione dell'assegno vitalizio.

Anche per quanto attiene al finanziamento della spesa, l'Avvocatura conferma sussistere la violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione. Per l'esercizio in corso osserva (anno 1967) che se é vero che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 1 del 1966), alla copertura di nuove spese si può procedere con riduzione di spese già autorizzate, non sarebbe meno vero tuttavia che a tale riduzione dovrebbe precedersi, non già con un'enunciazione generica, ma con una norma sostanziale che modificasse la legge precedente, apportando la riduzione delle spese stesse.

Evidente sarebbe poi la violazione dell'art. 81 per quanto attiene alla copertura dell'onere finanziario nei futuri esercizi.

La difesa della Regione, nelle deduzioni, chiedendo il rigetto del ricorso ne contesta il fondamento rilevando: che la legge impugnata rientrerebbe nella competenza legislativa primaria della Regione cioè la pubblica beneficenza, materia nella quale l'Assemblea regionale avrebbe sempre legiferato;

che, nel nostro ordinamento, non sussisterebbe alcuna riserva di competenza per gli organi esecutivi. Onde non sarebbe escluso che ad una Commissione eletta dall'Assemblea si potessero attribuire attività di carattere amministrativo. Contesta inoltre che si possa riscontrare motivo di illegittimità nella mancanza di criteri direttivi per la designazione del beneficiati dalla legge.

Per quanto riguarda infine l'onere finanziario il riferimento ad uno stanziamento già esistente nel bilancio per altre spese, non potrebbe dar luogo a questione di illegittimità costituzionale, ma semmai ad una questione strettamente politica di competenza degli organi della Regione.

La difesa della Regione non ha depositato memoria.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con il primo motivo del ricorso (che riguarda il primo comma dell'art. 1 della legge) si propone il quesito se la concessione di un assegno vitalizio ai familiari dei caduti in Sicilia, dopo il 1 gennaio 1945, per avere svolto attività politica e sindacale, esuli dalla competenza legislativa, primaria o concorrente, della Regione, in riferimento alle norme contenute negli artt. 14, lett. m, e 17, lett. f, dello Statuto regionale.

La risposta deve essere affermativa.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 24 del 1957; 47 del 1959; 2 del 1960; 66 del 1964 e 72 del 1965) la potestà legislativa attribuita alle Regioni a statuto speciale, trova la sua base ed anche il suo limite, nelle materie espressamente indicate nelle norme statutarie, non potendosi quindi intendere (come ha rilevato questa Corte) in senso finalistico.

2. - In conformità a questi principi appare chiaro come la disposizione impugnata, contrariamente a quanto sostiene la difesa della Regione, non possa rientrare nell'ambito delle norme statutarie sopra menzionate.

Non nell'art. 14, lett. m, il quale attribuisce alla Regione competenza legislativa primaria nella materia concernente la pubblica beneficenza e le opere pie.

Il concetto di beneficenza ed assistenza pubblica, infatti, ha assunto, nel sistema della legislazione statale, un significato ben determinato. E questa Corte, in riferimento al primo comma dell'art. 38 della Costituzione, ne ha, in linea generale, precisato i termini, rilevando che la detta materia risponda alla finalità specifica di "favorire chiunque si trovi in condizioni di bisogno, prescindendo da particolari qualità o situazioni personali o da servizi particolari resi allo Stato".

Significato e portata non diversi sono da attribuire alla norma dello Statuto regionale, come é chiarito anche dal fatto che la competenza legislativa della Regione si estende alle opere pie; a quegli istituti cioè, la cui finalità istituzionale é appunto quella di attuare, in varie forme, la beneficenza e l'assistenza a favore di persone bisognose.

Date tali premesse é da ritenere che, nell'ambito della ricordata norma statutaria, non possono ricomprendersi provvidenze nei riguardi di persone che non si trovino nella condizione preveduta dal primo comma dell'art. 38 della Costituzione. Ed é da ritenere altresì che non vi possa rientrare la disposizione ora impugnata, in quanto attribuisce un assegno vitalizio ai familiari di persone vittime di particolari situazioni, prescindendo dallo stato di bisogno; nell'intento, come risulta dalla relazione dei deputati proponenti, di "testimoniare la riconoscenza del popolo siciliano ai dirigenti sindacali e democratici, caduti per la causa del lavoro, della libertà e del progresso della Sicilia".

Né il carattere di estraneità del beneficio dall'ambito della norma statutaria, può venir meno in considerazione del fatto che, per i figli maggiorenni delle vittime, l'attribuzione dell'assegno é subordinata alla permanente inabilità al lavoro. Neanche per questi, infatti é richiesta una condizione di bisogno, a parte il rilievo che, nell'economia della legge, si tratta di una situazione individuale secondaria e marginale.

3. - Sennonché, come si é accennato, la disposizione impugnata non trova giustificazione neppure in relazione all'art. 17, lett. f, dello Statuto siciliano. Questo attribuisce alla Regione potestà legislativa concorrente nella materia della legislazione sociale, con riferimento ai rapporti di lavoro, alla previdenza ed assistenza sociale.

É da tenere presente, in proposito, che questa Corte, con la sentenza n. 7 del 1957, ha ritenuto che l'ambito normativo riconosciuto, dalla citata norma, non concerne tutta la legislazione sociale, bensì ciò che riflette i rapporti di lavoro e le provvidenze che ad essi sono collegate a garanzia del lavoratori. Ed analogamente si era in precedenza pronunziata anche l'Alta Corte per la Regione siciliana, con la sentenza n. 17 del 1951. A tali rapporti si riferiscono altresì le norme di attuazione (approvate con decreto n. 1138 del 25 giugno 1952), le quali, nell'art. 1, dispongono che le attribuzioni del Ministero del lavoro e della previdenza sociale nelle materie riflettenti i rapporti di lavoro, la previdenza e l'assistenza sociale, sono svolte, nel territorio della Regione, dall'Amministrazione regionale, a norma e nei limiti dell'art. 20, in relazione all'art. 17, lett. f, dello Statuto.

La disposizione impugnata, invece, traendo origine da eventi delittuosi, non prende, in alcun modo, in considerazione rapporti di lavoro (dipendente od autonomo) con le conseguenti situazioni, né richiede, nelle persone interessate, la qualifica di lavoratore, contrariamente a quanto dispone la legge regionale n. 58 del 1957 richiamata dalla difesa della Regione.

L'accoglimento del primo motivo del ricorso, dedotto come principale e fondamentale, travolge tutta la legge e non é quindi necessario l'esame delle censure contenute negli altri motivi che restano perciò assorbiti.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale della legge, approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 31 marzo 1967, concernente la "concessione di un assegno vitalizio alle famiglie del dirigenti sindacali e politici caduti nella lotta per il lavoro, la libertà ed il progresso della Sicilia".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1968.

 

 

Aldo SANDULLI - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI

 

 

Depositata in cancelleria il 20 aprile 1968.