SENTENZA N. 446
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 3-bis, 3-ter, 3-quater, 3-quinquies e 3-septies, 2 e 3 della legge regionale approvata il 26 maggio 1994, recante "Norme per l'applicazione della legge regionale 9 maggio 1984, n. 27, ai dipendenti dell'Italkali, addetti al comparto dei sali alcalini", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 3 giugno 1994, depositato in cancelleria il 10 successivo ed iscritto al n. 49 del registro ricorsi 1994.
Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana e l'atto di intervento della S.p.A. Italkali;
udito nell'udienza pubblica del 22 novembre 1994 il Giudice relatore Massimo Vari;
uditi l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo per il ricorrente, e gli Avvocati Giovanni Pitruzzella e Laura Ingargiola per la Regione, nonchè l'Avvocato Michele Giorgianni per la S.p.A. Italkali.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso regolarmente notificato e depositato, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 3-bis, 3-ter, 3-quater, 3-quinquies e 3- septies, 2 e 3 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 26 maggio 1994 (Norme per l'applicazione della legge regionale 9 maggio 1984, n. 27, ai dipendenti dell'Italkali, addetti al comparto dei sali alcalini), per contrasto con gli artt. 3, 41, 81, quarto comma, e 97 della Costituzione.
2.- Viene denunciato, anzitutto, l'art. 1 della predetta legge che aggiunge al comma 3 dell'art. 28 della legge regionale 1° settembre 1993, n. 25, sette ulteriori commi, censurando in particolare, per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione:
a) il comma 3-bis, con il quale si dispone l'applicazione delle provvidenze di cui ai commi 2 e 3 del menzionato art. 28 della legge regionale n. 25 del 1993 (c.d. prepensionamento) a tutti i lavoratori non riammessi nell'attività lavorativa a causa del fermo produttivo dei sali alcalini, norma che sarebbe viziata da irragionevolezza e non corretta amministrazione della cosa pubblica, concretando un esodo di manodopera qualificata confliggente con la dichiarata volontà di riprendere l'attività estrattiva;
b) il comma 3-ter, che sarebbe illegittimo sia per i motivi testè esposti, sia perchè non si evince la ragione per la quale i benefici in questione vengono estesi a coloro che, già in possesso dei requisiti per il prepensionamento, ai sensi del predetto art. 28 della legge regionale n. 25 del 1993, non abbiano ritenuto di avvalersene, ed altresì per l'ingiustificato dispendio di denaro pubblico dovuto al fatto che fra i destinatari della norma rientrano anche coloro il cui rapporto di lavoro sia cessato in virtù di licenziamento per giusta causa;
c) il comma 3-quater, che risulterebbe irragionevole e contrastante con il principio della certezza del diritto, perchè esclude dai benefici menzionati i lavoratori delle unità produttive per le quali sono intervenuti i piani di ristrutturazione, revocando così un beneficio già concesso o concedibile. Ove, invece, a tale norma si dovesse dare efficacia per il futuro, essa creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti che si trovano nelle medesime condizioni;
d) il comma 3-quinquies, con cui si autorizza l'amministrazione regionale ad utilizzare, in servizi socialmente utili, i dipendenti della Italkali ammessi alle provvidenze statali ex lege 23 luglio 1991, n. 223.
Questo perchè non è dato neanche conoscere se, per gli anni decorsi, le provvidenze previste dalla citata legge siano state concesse dai competenti organi statali, nè è dato sapere quale soggetto dovrà, per l'avvenire, attivare le procedure per l'applicazione della normativa statale in questione.
Il ricorso investe altresì l'art. 2, che prevede, senza pregiudizio di eventuali provvedimenti di decadenza o revoca delle concessioni, l'assegnazione di un termine, alla società concessionaria Italkali, per la ripresa dell'attività. Secondo il Commissario dello Stato, la disposizione sarebbe "incongrua e pleonastica", giacchè, se sussistono i presupposti per la decadenza o la revoca, i relativi provvedimenti possono essere adottati dalle competenti autorità in base alle norme vigenti; al tempo stesso, non sarebbe comprensibile la previsione di una ingiunzione, alla società, di riavviare l'attività produttiva, entro un certo termine, quando la società medesima ha manifestato la volontà di abbandonare l'attività. Secondo il ricorso, sarebbe, altresì, in contrasto con l'art. 41 della Costituzione l'obbligo, previsto, a carico dell'Italkali, dalla ultima parte dell'art. 2, di reinserire prioritariamente nell'azienda i lavoratori di cui al comma 3-quinquies e cioé quelli che fruiscono delle provvidenze della legge . 223 del 1991.
Costituisce oggetto di impugnazione anche l'art. 3 della legge, che autorizza il trasferimento della quota di capitale della Italkali gestita dall'Ente minerario siciliano (E.M.S.) all'Ente siciliano per la promozione industriale (E.S.P.I.). La disposizione contrasterebbe, infatti, con il principio di imparzialità di cui all'art.97 della Costituzione, essendo la norma rivolta ad influire sull'esito di un giudizio civile in corso.
Una ultima questione ha per oggetto l'art. 1, là dove aggiunge al comma 3 dell'art. 28 della legge regionale n.25 del 1993 il comma 3-septies, che dispone la copertura dell'onere finanziario derivante dai precedenti commi 3- bis e 3-ter per il solo esercizio in corso, violando così l'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
3.- Si è costituita in giudizio la Regione siciliana, eccependo, anzitutto, l'inammissibilità del ricorso. Rilevato che la gran parte delle censure riguarderebbe scelte insindacabili del legislatore, la resistente deduce, in particolare, circa i commi 3-bis e 3- ter, aggiunti all'art. 28 della legge n. 25 del 1993, la prospettazione ad opera del ricorso di un nuovo tipo vizio, la "non corretta amministrazione della cosa pubblica".
Riguardo al comma 3-quinquies, osserva che la censura investe la tecnica di redazione della disposizione, ma non coinvolge problemi di costituzionalità, mentre ulteriore motivo di inammissibilità sarebbe la configurazione, come parametro, del principio della certezza del diritto, che non risulta costituzionalizzato.
Ancora inammissibile sarebbe la censura avverso il primo periodo dell'art. 2, nel senso del carattere pleonastico della disposizione.
Del pari inammissibili sarebbero le questioni sollevate sull'art. 3 che, oltre ad investire il merito delle scelte del legislatore, invocano l'art. 97 della Costituzione, inidoneo a fungere da parametro di costituzionalità, alla stregua delle censure mosse (dovendosi se mai, fare riferimento agli artt. 104 e 41 della Costituzione).
Nel merito, le questioni sarebbero comunque manifestamente infondate.
Quanto all'art. 1 si deduce in particolare che:
a) in conseguenza del fermo produttivo delle attività della Italkali nel settore dei sali potassici, non sarebbe possibile formulare i piani di ristrutturazione previsti dall'art. 28 della legge regionale n. 25 del 1993, onde non sarebbe irragionevole la estensione, disposta dai commi 3-bis e 3-ter, del prepensionamento a soggetti, non riammessi in servizio, in possesso dei requisiti minimi di età e contribuzione già previsti dalla precedente normativa (legge regionale n. 27 del 1984), ivi compresi coloro il cui rapporto di lavoro sia cessato per cause diverse dalle dimissioni;
b) la esclusione dai benefici delle unità produttive per le quali sono intervenuti i piani di ristrutturazione, disposta dal comma 3-quater, sarebbe collegata ad una oggettiva diversità delle situazioni disciplinate: nel settore del salgemma, infatti, a differenza di quello dei sali alcalini, non sussistono ostacoli per la ripresa della produzione;
c) le perplessità relative alla mancata indicazione del soggetto che dovrà attivare, giusta il comma 3- quinquies, le procedure per l'applicazione della disciplina prevista dalla legge statale (legge n. 223 del 1991) non sono fondate; anzi, in pendenza di un giudizio civile in materia, bene ha fatto il legislatore siciliano a non indicarlo espressamente, evitando così di interferire con le decisioni dell'autorità giudiziaria.
Altrettanto infondate sarebbero le censure relative all'art. 2, giacchè la Regione, individuando un termine per la ripresa delle attività, a pena di decadenza dalle concessioni, ha inteso evitare che la Italkali frapponga nuovi ostacoli, a fini speculativi. D'altro canto, prevedendo, nel caso che la società decida di utilizzare nuove unità di personale, il prioritario reinserimento dei lavoratori già dipendenti dall'impresa, la legge si è rifatta ad un principio generale applicabile ai lavoratori in mobilità.
Manifestamente infondate, oltre che inammissibili, sarebbero anche le doglianze relative all'art. 3, norma che si sarebbe resa necessaria per tre motivi: 1) la eliminazione di una situazione nella quale il socio di minoranza -che per statuto ha i poteri di gestione- può bloccare le deliberazioni dell'assemblea, adducendo a motivo il contrasto di interessi con l'E.M.S.; 2) il processo di scioglimento degli enti pubblici economici in corso in Sicilia, che investe anche l'E.M.S.; 3) il vincolo di indisponibilità gravante sulle azioni, che il legislatore ha dovuto rimuovere per consentire il trasferimento all'E.S.P.I. della quota azionaria.
Sarebbe, infine, infondata, quanto al comma 3- septies, aggiunto dall'art. 1 della legge impugnata, la censura di violazione dell'art.81, quarto comma, della Costituzione, non richiedendo detto articolo, per le spese continuative, che la legge precisi, anche per gli anni a venire, l'onere e la relativa copertura.
4.- In prossimità dell'udienza, il Commissario dello Stato ha depositato una memoria intesa a sollecitare un intervento della Corte che precisi i limiti che il legislatore siciliano incontra in materia di leggi provvedimento, trattandosi di un delicato problema che dimostra l'infondatezza dell'assunto secondo il quale il ricorso costituirebbe un'invasione nella discrezionalità del legislatore. Nello sviluppare gli argomenti già addotti nel ricorso, si osserva, riguardo all'art. 1: che il riferimento alla "non corretta amministrazione della cosa pubblica" sarebbe da intendere come violazione del principio di buon andamento; che le censure sollevate avverso i commi 3-bis e 3-ter non possono definirsi "generiche", attenendo alla ragionevolezza delle disposizioni denunciate; che la censura avverso il comma 3-quater non può essere superata dall'apodittica affermazione della non costituzionalizzazione del principio di certezza del diritto; che il comma 3- quinquies ebbe a suscitare, per la sua ambigua formulazione, notevoli perplessità circa la sua applicabilità da parte di numerosi deputati. Sull'art.2, si ribadisce che sarebbe "privo di valore normativo" e, comunque, incongruo rispetto ai fini perseguiti. Se, poi, all'ultima parte dell'articolo, e cioé quella che obbliga la società ad assumere prioritariamente i lavoratori di cui al comma 3-quinquies, si dovesse attribuire "valore normativo", esso sarebbe incostituzionale non solo per contrasto con l'art. 41 della Costituzione, ma anche perchè disciplina materie di diritto privato sottratte alla competenza regionale.
Quanto all'art. 3, si ribadisce che non può essere reputato imparziale il legislatore che si sostituisce alla amministrazione nella adozione di provvedimenti che incidono su di una controversia in corso.
Sulla dedotta violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, da parte dell'art. 1, comma 3- septies, la memoria lamenta la mancanza di una complessiva quantificazione della spesa pluriennale. A seguire una diversa interpretazione, occorrerebbe riconsiderare la costituzionalità della legge 19 maggio 1976, n. 335, e della analoga legge siciliana in materia di contabilità, nella parte in cui ammettono il rinvio ai bilanci successivi a quello in corso, per la determinazione delle quote della spesa globale destinate a gravare sui relativi esercizi.
5.- Anche la Regione siciliana ha presentato una memoria con la quale, nel riconfermare la richiesta di declaratoria di inammissibilità ovvero di infondatezza del ricorso, si eccepisce la inammissibilità dell'atto di intervento della Italkali S.p.A..
6.- Con ordinanza letta in udienza, la Corte, premesso che l'Italkali S.p.A. ha depositato, in data 25 luglio 1994, atto di intervento in giudizio, ha dichiarato -sulla scorta della costante giurisprudenza secondo la quale, nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale, non è ammessa la presenza di soggetti diversi dalla parte ricorrente e dal titolare della potestà legislativa il cui atto è oggetto di contestazione- l'inammissibilità dell'intervento medesimo.
Considerato in diritto
1.- Il presente giudizio di costituzionalità, promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ha per oggetto la legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 26 maggio 1994, recante "Norme per l'applicazione della legge regionale 9 maggio 1984, n. 27, ai dipendenti dell'Italkali addetti al comparto dei sali alcalini".
La legge denunciata, nel quadro delle misure volte a provvedere allo stato di fermo produttivo verificatosi nel predetto settore, modifica l'art.28 della legge 1° settembre 1993, n. 25 (avente ad oggetto: "Interventi straordinari per l'occupazione produttiva in Sicilia"), al quale vengono aggiunti, dopo il comma 3, sette nuovi commi, che estendono ai lavoratori interessati dal fermo talune provvidenze (c.d. prepensionamento) che erano già state previste per i dipendenti dell'Italkali risultati in esubero, a seguito dei piani di ristrutturazione delle singole unità produttive. Al tempo stesso, la legge detta disposizioni per l'impiego, in servizi socialmente utili, dei lavoratori che, non avendo i requisiti dell'età o della contribuzione previdenziale previsti dal precedente comma 3, fruiscono della disciplina di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223 (contenente "Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro"). La legge denunciata prevede, per questi ultimi, anche l'eventualità del reimpiego, in caso di ripresa dell'attività dell'Italkali nel settore dei sali potassici, senza pregiudizio, peraltro, di provvedimenti di revoca o decadenza delle concessioni (art. 2). Contempla, infine (art.3), nell'ambito di una complessa situazione concernente i rapporti, in parte litigiosi, fra l' Ente minerario siciliano e la stessa Italkali S.p.A., il trasferimento delle quote di capitale, detenute dal primo nella seconda, all' Ente siciliano per la promozione industriale.
2.- Le questioni sollevate investono, anzitutto, taluni dei commi aggiunti dall'art. 1 all'art. 28 della precedente legge regionale n. 25 del 1993, chiamando, in particolare, la Corte a stabilire:
a) se il comma 3-bis, nel prevedere che i benefici di cui ai commi 2 e 3 del predetto art. 28 "si applicano anche ai dipendenti non riammessi nell'attività lavorativa a causa del fermo produttivo dei sali alcalini", contrasti con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, "sotto il profilo della irragionevolezza e della non corretta amministrazione della cosa pubblica, poichè il massiccio esodo di manodopera altamente qualificata confligge con la dichiarata volontà di riprendere nel più breve tempo possibile l'attività estrattiva";
b) se il comma 3-ter, nell'ammettere ai benefici di cui sopra anche i lavoratori che, "a far data dal 31 dicembre 1992 non si siano dimessi volontariamente", contrasti, del pari, con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, sia per le ragioni esposte a proposito del precedente comma 3-bis, sia perchè dalla sua ambigua e generica formulazione, non si evince la ragione per cui i benefici in questione vengono estesi a coloro che, già in possesso dei requisiti per accedere al prepensionamento, ai sensi dell'art. 28 della legge regionale n. 25 del 1993, non hanno ritenuto di avvalersene, ed altresì perchè l'inclusione fra i beneficiari di coloro il cui rapporto di lavoro sia cessato per cause diverse dalle dimissioni, quali per ipotesi i licenziati per giusta causa, dà luogo ad una "cospicua elargizione di denaro pubblico che non trova alcuna plausibile giustificazione";
c) se il comma 3-quater, nell'escludere dai benefici come sopra previsti i lavoratori delle unità produttive per le quali sono intervenuti piani di ristrutturazione, sia illegittimo per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, revocando, irragionevolmente, un beneficio già concesso nel momento stesso in cui viene esteso ad altri lavoratori, e ledendo, altresì, il principio della certezza del diritto. Ove, poi si dovesse dare alla norma efficacia per l'avvenire, essa creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti che si trovano nelle medesime condizioni;
d) se il comma 3-quinquies, nell'autorizzare l'amministrazione regionale ad utilizzare in servizi socialmente utili i dipendenti della Italkali che, non possedendo i requisiti dell'età o della contribuzione previdenziale, fruiscono delle provvidenze statali previste dalla legge 23 luglio 1991, n. 223, contrasti con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, non essendo neanche dato conoscere se, per gli anni decorsi, le provvidenze previste dalla legge n. 223 del 1991 siano state concesse dai competenti organi statali, nè "quale soggetto dovrà per l'avvenire attivare le procedure per l'applicazione della normativa statale in questione", avendo la società Italkali manifestato l'intento di abbandonare la concessione e messo in dubbio la propria qualità di datore di lavoro;
e) se il comma 3-septies, il quale limita la copertura dell'onere finanziario di cui ai commi 3-bis e 3-ter al solo esercizio in corso, contrasti con l'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
3.- Va disattesa, anzitutto, quanto ai commi 3-bis e 3-ter, aggiunti dall'art. 1 della legge all'art. 28 della precedente legge regionale n.25 del 1993, l'eccezione sollevata dalla Regione siciliana, secondo la quale le questioni sarebbero inammissibili in ragione sia della loro genericità, sia per il fatto di toccare il merito delle scelte operate dal legislatore.
Infatti, l'oggetto delle questioni sottoposte al giudizio della Corte risulta adeguatamente definito nel ricorso, oltre che con l'indicazione dei parametri costituzionali incisi, con il riferimento, da un canto, alla pretesa irragionevolezza delle norme impugnate e, dall'altro, alla violazione del principio di "corretta amministrazione", da intendersi, più esattamente, come il ricorrente ha avuto modo di precisare, nel senso di buon andamento. Non può, perciò, convenirsi con quanto affermato dalla Regione resistente, vale a dire che le censure sarebbero generiche e che le stesse toccherebbero il merito della legge.
Sotto questo secondo aspetto, è sufficiente, infatti, rammentare il ripetuto orientamento di questa Corte, secondo il quale le censure di legittimità non si distinguono da quelle di merito per la natura sostanziale delle valutazioni da operare, bensì soltanto per il dato formale che, nel primo caso, a differenza del secondo, le regole o gli interessi assunti come parametro del giudizio sono sanciti in norme della Costituzione ovvero di legge (sentenza n. 991 del 1988).
Aggiungasi che, sempre secondo la ricordata giurisprudenza, nemmeno il riferimento alle finalità sociali, economiche ovvero di politica generale della norma denunciata comporta un giudizio di merito, quando sia funzionale al tentativo di dimostrare la pretesa violazione di parametri costituzionali e segnatamente del principio di buon andamento (sentenza n. 266 del 1993).
4.- Le questioni sollevate ancorchè ammissibili sono, tuttavia, infondate.
Le ragioni del contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione del comma 3-bis e, correlativamente, del comma 3-ter discenderebbero, secondo il Commissario dello Stato, dalla contraddittorietà del provvedimento in questione, in quanto volto ad ipotizzare, da una parte, un considerevole esodo di manodopera e, dall'altro, una ripresa dell'attività produttiva da realizzare in tempi brevi.
Obietta, a questo riguardo, la Regione resistente che, al di là del problema sul futuro dell'attività mineraria dell'Italkali, la disciplina apprestata si spiega e si giustifica con la situazione di fermo produttivo totale verificatosi nel settore dei sali potassici, tale da rendere, al momento, prevedibile l'esecuzione delle sole manutenzioni attinenti alla sicurezza degli impianti, con limitato impiego di unità lavorative, rispetto al contingente prima utilizzato.
Tutto ciò chiarisce anche perchè, contrariamente alle situazioni originariamente ipotizzate dall'art. 28 della legge 1° settembre 1993, n.25, questa volta non si assuma più, a presupposto del prepensionamento, la presenza di piani di ristrutturazione che, nelle condizioni esistenti, non potrebbero essere formulati.
La ratio ispiratrice del provvedimento, così come sopra evidenziata, sulla scorta, tra l'altro, di quanto è dato desumere dagli atti del dibattito assembleare svoltosi nella fase di approvazione della legge, induce ad escludere l'esistenza dei vizi denunciati dal Commissario dello Stato. Va, d'altro canto, tenuto conto che il giudizio affidato alla Corte, sotto il profilo della ragionevolezza e dell'osservanza del canone di buon andamento, non può che consistere in una valutazione esterna delle scelte legislative che riguardi la palese arbitrarietà o la manifesta irragionevolezza della disciplina denunciata, e non può spingersi, invece, a valutazioni in ordine ai possibili altri modi con cui provvedere alle situazioni considerate dal legislatore, modi che attengono per l'appunto al merito delle scelte operate; nè, tanto meno, può implicare una revisione o riformulazione della ponderazione degli interessi compiuta dal legislatore (sentenza n. 390 del 1989).
5.- Del pari infondata è l'altra questione sollevata nei confronti del comma 3-ter, norma che, nel disporre che "sono ammessi ai benefici di cui ai commi 2 e 3 i lavoratori che a far data dal 31 dicembre 1992 non si siano dimessi volontariamente", si presterebbe ad essere censurata sotto il duplice profilo della ingiustificata concessione dei benefici oggetto della legge anche a coloro che, pur potendo fruire del prepensionamento ai sensi dell'art. 28 della legge regionale n. 25 del 1993, non abbiano ritenuto, a suo tempo, di avvalersene ed altresì a coloro che siano cessati dal rapporto per cause diverse dalle dimissioni, tra cui, eventualmente, la giusta causa.
Quanto ai primi, la coerente ricostruzione in termini sistematici della disciplina apprestata porta ad escludere la fondatezza dell'ipotesi formulata nel ricorso. Di ciò è riprova la successiva disposizione del comma 3-quater, anch'esso oggetto di impugnativa, ma che, se rettamente inteso, nell'escludere dai benefici di cui trattasi "i lavoratori delle unità produttive per le quali sono intervenuti i piani di ristrutturazione di cui al comma 2" tende ad evitare, come più ampiamente si vedrà, proprio l'eventualità paventata nel ricorso.
Quanto, poi, a coloro che siano cessati per cause diverse dalle dimissioni e, segnatamente, in quanto licenziati per giusta causa, la scelta del legislatore regionale, di non discriminarli ai fini del prepensionamento, appare plausibile e giustificata alla luce dei generali orientamenti, talora recepiti anche dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo i quali sui trattamenti di fine rapporto non devono in generale incidere i motivi della cessazione, attesa l'intangibilità dei trattamenti stessi.
6.- Venendo, dopo di ciò, alla questione di legittimità costituzionale del comma 3-quater, questione connessa, come accennato, con quella di cui al comma 3- ter, va esaminata, anzitutto, l'eccezione di inammissibilità formulata dalla Regione resistente, in quanto l'invocato principio della certezza del diritto non assurgerebbe a dignità di parametro costituzionale.
L'eccezione va disattesa, giacchè, come è dato evincere da tutto il contesto del ricorso, il ricorrente, nel richiamare il principio della certezza del diritto, ha inteso, in realtà, riproporre il problema, più volte affrontato da questa Corte, della legittimità delle leggi che si riflettano retroattivamente su situazioni già definite.
Inquadrata in questi più esatti termini, la questione, ancorchè ammissibile, è da reputare, tuttavia, infondata, giacchè la disposizione denunciata, lungi dal revocare benefici già concessi, ha semplicemente lo scopo di circoscrivere l'ambito di applicazione della nuova disciplina. Come chiarisce la Regione resistente e come si evince dagli atti del dibattito svoltosi all'Assemblea regionale nella fase di approvazione della legge, la norma dell'art. 28 della legge n. 25 del 1993, nell'originaria sua formulazione, concerneva anche i lavoratori del settore del salgemma, nel quale non sussistono gli ostacoli alla ripresa della produzione che esistono, invece, nel settore dei sali potassici, tanto da poter definire i piani di ristrutturazione con l'ammissione al prepensionamento dei soggetti in esubero aventi i requisiti di età e di contribuzione.
La norma dell'art. 1, comma 3-quater, tende, sia pure con una formulazione non del tutto chiara e felice, a far sì che i nuovi benefici restino limitati solo ai lavoratori del settore dei sali potassici, e non vengano, invece, estesi anche a quelli del salgemma già a suo tempo considerati dall'art. 28 della più volte ricordata legge regionale n. 25 del 1993.
7.- Va accolta, invece, l'eccezione di inammissibilità proposta dalla Regione, in ordine alla questione di legittimità del comma 3-quinquies, che autorizza l'amministrazione regionale ad utilizzare in servizi socialmente utili i dipendenti dell'Italkali che fruiscono delle provvidenze statali della legge 23 luglio 1991, n. 223. Invero, il ricorso, nel lamentare la violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, adduce, a motivazione della questione sollevata, il fatto che non sarebbe dato conoscere se le provvidenze previste dalla legge n. 223 del 1991 siano state concesse dai competenti organi statali, nè "quale soggetto dovrà per l'avvenire attivare le procedure per l'applicazione della normativa statale in questione", avendo l'Italkali messo in dubbio la propria qualità di datore di lavoro. Come già altre volte affermato da questa Corte, sono inammissibili le questioni che "non contengono elementi idonei a cogliere il livello costituzionale delle censure" (sentenza n.342 del 1990) ovvero che non sono sorrette da adeguata motivazione che consenta, tra l'altro, di "determinare inequivocabilmente l'oggetto della questione sottoposta al giudizio di costituzionalità e di verificare l'eventuale arbitrarietà, pretestuosità o astrattezza dei dubbi di legittimità prospettati" (sentenza n. 85 del 1990).
Orbene, nella specie, non è dato scorgere la reale portata, in termini di giudizio di costituzionalità, di una prospettazione che sembrerebbe, invero, evidenziare un problema attinente all'utilità in sè della disposizione denunciata, in relazione, tra l'altro, all'attendibilità e verificabilità delle situazioni in essa ipotizzate.
8.- Non fondata è la questione sollevata nei confronti del comma 3-septies, che ad avviso del ricorrente violerebbe l'art. 81, quarto comma, della Costituzione, in quanto limita la copertura della spesa prevista al solo esercizio in corso. La norma denunciata, per far fronte agli oneri comportati dai precedenti commi 3-bis e 3-ter, dispone l'incremento, per l'esercizio 1994, del fondo di cui all'art. 13, lettera a), della legge regionale 6 giugno 1975, n. 42, costituito in occasione di precedenti analoghi interventi in favore dei lavoratori dello zolfo.
Per quanto concerne l'asserita violazione dell'art.81, quarto comma, della Costituzione, va ricordato che la giurisprudenza di questa Corte ha riconosciuto compatibile con tale norma costituzionale il fatto che una Regione ordinaria rinvii la quantificazione delle spese continuative e ricorrenti, nonchè l'individuazione dei relativi mezzi di copertura, al momento della redazione e dell'approvazione del bilancio annuale: e questo in relazione a quanto previsto nella legge-quadro in materia di bilancio e contabilità regionale (legge 19 maggio 1976, n. 335), dove si prevede espressamente la possibilità di rinviare alla legge di bilancio la determinazione dell'entità delle spese relative ad attività o interventi continuativi e ricorrenti (art. 2), imponendosi contestualmente l'obbligo dell'equilibrio dei bilanci regionali (art. 4) (v. sentenza n. 331 del 1988).
Tale principio, come la Corte ha già avuto occasione di affermare (v. sentenza n. 26 del 1991), può valere anche nei confronti della Regione siciliana, nel cui ambito la materia del bilancio e della contabilità risulta regolata dalla legge regionale 8 luglio 1977, n.47, il cui art. 7 stabilisce, infatti, che le leggi regionali che autorizzano spese pluriennali determinano "di norma" l'ammontare complessivo della spesa per tutto il periodo della loro efficacia, nonchè la quota del primo anno, lasciando pertanto aperta la possibilità di adottare, se del caso, anche la diversa soluzione prevista dalla legge-quadro statale, consistente nel rinvio della quantificazione della spesa e della copertura degli oneri alla legge annuale di bilancio.
9.- Il Commissario dello Stato sottopone, poi, al giudizio della Corte le seguenti ulteriori questioni:
a) se l'art. 2 della legge, nella parte in cui contempla l'"adozione di provvedimenti immediati di decadenza o di revoca delle concessioni minerarie", contrasti con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto pleonastico ed incongruo, atteso che, già in base alla normativa vigente, la Regione potrebbe adottare provvedimenti immediati di revoca o decadenza;
b) se la medesima disposizione, nella parte in cui prevede che l'Assessore regionale per l'industria, preso atto dell'avvenuta consegna delle opere infrastrutturali di cui all'art. 2 della legge regionale 1° febbraio 1991, n. 8 (relative agli impianti idrici, fognari e di smaltimento dei rifiuti), ingiunge alla società Italkali il termine entro il quale essa è tenuta a riavviare l'attività produttiva delle miniere, contrasti con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, trattandosi di uno strumento che non potrebbe essere utilizzato, poichè la società ha manifestato la volontà di abbandonare l'attività;
c) se la stessa disposizione, nella parte in cui prevede l'obbligo della Italkali di reinserire prioritariamente nell'azienda i lavoratori di cui al comma 3-quinquies, contrasti con l'art. 41 della Costituzione, non essendo consentito al legislatore siciliano imporre ad imprese private l'obbligo di assumere determinate categorie di soggetti.
10.- Va dichiarata l'inammissibilità delle prime due questioni, come sopra sollevate, in quanto il rilevato carattere incongruo o pleonastico della disposizione, ovvero l'inattendibilità della previsione formulata circa la volontà o meno della società Italkali di riavviare l'attività, appaiono critiche che tutt'al più mettono in discussione la tecnica di redazione della disposizione stessa o la plausibilità del suo contenuto, ma non assumono, certamente, nonostante l'invocazione dei parametri di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione, la consistenza di censure apprezzabili sul piano della conformità o meno a Costituzione dell'articolo denunciato.
11.- Non fondata è, invece, l'ulteriore questione, sollevata con riferimento all'art. 41 della Costituzione, in base all'assunto che l'art.2 della legge impugnata disponga l'obbligo a carico dell'Italkali di reinserire nell'attività i lavora tori di cui al comma 3-quinquies, e cioé quelli che fruiscono delle provvidenze della legge n. 223 del 1991.
A tal fine, il ricorso richiama quella giurisprudenza che ritiene illegittimo il c.d. imponibile di manodopera, per violazione della libertà di iniziativa economica privata e per ingiustificata compressione di un elemento caratterizzante dell'impresa, quale quello relativo al suo dimensionamento e al conseguente profilo di organizzazione interna. Quel che risulta, tuttavia, erronea è la premessa interpretativa dalla quale muove il ricorso, giacchè la stessa formulazione della disposizione, la quale prevede che i lavoratori vengano reinseriti "prioritariamente" nell'azienda, porta ad intenderla rettamente nel senso che l'obbligo intanto insorgerà in quanto la società stessa deciderà di assumere nuovo personale. In questi limiti, la disposizione non incide sul dimensionamento e sull'organizzazione interna dell'impresa, limitandosi a recepire il principio secondo il quale i lavoratori messi in mobilità hanno la preferenza in caso di nuove assunzioni.
12.- Il Commissario dello Stato censura, infine, l'art. 3 della legge, per contrasto con l'art. 97 della Costituzione, sotto il profilo della violazione del principio di imparzialità, in quanto l'autorizzazione concessa all'E.M.S. a trasferire all'E.S.P.I. la quota di capitale detenuta nell'Italkali sarebbe uno "strumento surrettizio" volto ad influire sull'esito di un giudizio civile in corso, sorto a seguito dell'impugnativa da parte di alcuni azionisti di una delibera assembleare per conflitto di interessi relativo all'E.M.S. (che sarebbe in tal modo sostituito con l'E.S.P.I., estraneo alle questioni di causa). La censura è inammissibile, sia perchè il ricorso, pur dilungandosi ad illustrare in punto di fatto i rapporti litigiosi pendenti fra E.M.S. e Italkali, non spiega se ed in qual modo la pretesa influenza su un giudizio in corso, da parte della norma denunciata, si traduca in una vera e propria interferenza sulla funzione del giudice, assumendo così rilievo costituzionale, sia perchè, a sostegno della questione, viene richiamato un parametro improprio ed inidoneo, quale l'art. 97 della Costituzione.
Quest'ultimo, infatti, nel far riferimento all'imparzialità, intende aver riguardo alla pubblica amministrazione, enunciando un principio fondamentale cui deve uniformarsi in tutte le sue articolazioni l'organizzazione dei pubblici uffici, sì da ispirare anche l'opera del legislatore nell'emanazione di leggi aventi ad oggetto tale organizzazione. Ma si tratta, come è evidente, di un'accezione con la quale non ha nulla a che vedere l'imparzialità nel senso in cui la intende il ricorso, che vuole porre in realtà un diverso problema, e cioè quello del modo in cui il legislatore si sarebbe rapportato, nella specie, agli interessi sottostanti alla legge dallo stesso emanata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara:
1) inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 26 maggio 1994 (Norme per l'applicazione della legge regionale 9 maggio 1984, n. 27, ai dipendenti dell'Italkali, addetti al comparto dei sali alcalini) nella parte in cui aggiunge il comma 3-quinquies all'art.28 della legge regionale 1° settembre 1993, n. 25 (Interventi straordinari per l'occupazione produttiva in Sicilia), nonchè dell'art.2 della medesima legge approvata il 26 maggio 1994, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe;
2) inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge regionale approvata il 26 maggio 1994, sollevata, in riferimento all'art. 97 della Costituzione, dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana con il ricorso indicato in epigrafe;
3) non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge regionale approvata il 26 maggio 1994, nella parte in cui aggiunge i commi 3- bis, 3-ter e 3-quater all'art. 28 della predetta legge n.25 del 1993, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana con il ricorso indicato in epigrafe;
4) non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge regionale approvata il 26 maggio 1994, nella parte in cui aggiunge il comma 3- septies all'art. 28 della citata legge n. 25 del 1993, sollevata, in riferimento all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana con il ricorso indicato in epigrafe;
5) non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della medesima legge regionale approvata il 26 maggio 1994, sollevata, in riferimento all'art. 41 della Costituzione, dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/94.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Depositata in cancelleria il 23/12/94.