Sentenza n.376 del 1994

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SENTENZA N. 376

ANNO 1994

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE Presidente

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Sicilia 24 luglio 1978, n. 17 (Nuove norme per l'adeguamento delle retribuzioni al costo della vita e per le prestazioni di lavoro straordinario dei dipendenti dell'Amministrazione regionale), promosso con ordinanza emessa il 5 ottobre 1993 dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia - sui ricorsi riuniti proposti da Drago Domenico ed altre contro la Presidenza della Regione Sicilia, iscritta al n. 64 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.10, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Udito nella camera di consiglio dell'8 giugno 1994 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.

Ritenuto in fatto

 

1.- Con ordinanza del 5 ottobre 1993, la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia - ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'articolo 4 della legge regionale siciliana 24 luglio 1978 n. 17, recante "Nuove norme per l'adeguamento delle retribuzioni al costo della vita e per le prestazioni di lavoro straordinario dei dipendenti dell'Amministrazione regionale", che stabilisce il divieto di cumulo di più indennità di contingenza (o analoghe maggiorazioni collegate alle variazioni del costo della vita) sia per il titolare di più pensioni sia per il pensionato che svolga attività lavorative alle dipendenze di altre amministrazioni. L'ordinanza di rimessione prospetta la violazione dell'articolo 36 della Costituzione per la parte in cui la norma impugnata "implica la sospensione dell'indennità di contingenza senza stabilire il limite minimo della retribuzione di attività o del complessivo trattamento pensionistico, in relazione al quale si giustifichi e possa divenire operante la decurtazione dell'indennità di contingenza..". Il giudice a quo richiama le sentenze di questa Corte n. 566 del 1989 e n. 204 del 1992, sulle quali erano basate le domande dei ricorrenti (tutti pensionati della Regione Sicilia e titolari di due trattamenti pensionistici ovvero di un trattamento pensionistico e di un trattamento retributivo), osservando che, alla fattispecie dedotte in giudizio non era applicabile l'articolo 99, quinto comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, nel testo risultante dalla dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale, bensì il citato articolo 4 della legge regionale siciliana n. 17 del 1978, in ordine al quale ricorrevano, peraltro, le stesse ragioni di incostituzionalità che la Corte aveva riconosciuto nei confronti dell'analoga normativa statale: l'indennità di contingenza e l'indennità integrativa speciale assolvono al fine di adeguare i trattamenti retributivi e pensionistici al costo della vita, sicchè, il divieto di cumulo posto in via generale ed assoluta dalla norma impugnata, senza prevedere l'inoperatività del divieto stesso, allorquando il trattamento retributivo concorrente con quello pensionistico ovvero (nel caso di più pensioni) il trattamento pensionistico complessivo si collochino al di sotto di un determinato ammontare, viola il criterio della sufficienza di cui all'articolo 36 del la Costituzione.

Entrambe le norme contenute nella disposizione impugnata (divieto di cumulo di più indennità di contingenza per il titolare di più pensioni e divieto di cumulo di più indennità di contingenza per il pensionato che presti opera retribuita) sono applicabili nel giudizio a quo, trattandosi di un procedimento in cui sono stati riuniti ricorsi proposti da titolari di più pensioni e ricorsi proposti da pensionati che prestano opera retribuita. Donde la rilevanza di entrambe le questioni prospettate.

2.- Nel giudizio davanti alla Corte non vi è stata costituzione delle parti del giudizio a quo nè intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

 

1.- La legge regionale siciliana 24 luglio 1978 n. 17 (Nuove norme per l'adeguamento delle retribuzioni al costo della vita e per le prestazioni di lavoro straordinario dei dipendenti dell'Amministrazione regionale), dopo aver disciplinato, con i suoi primi articoli, la misura degli adeguamenti retributivi derivanti da variazioni del costo della vita, da corrispondere, a titolo di indennità di contingenza, ai dipendenti dell'Amministrazione regionale (articoli 1 e 2) nonchè ai titolari di pensioni ed assegni vitalizi a carico del Fondo di quiescenza, previdenza ed assistenza per il personale regionale (articolo 3), stabilisce, all'articolo 4, che "Al titolare di più pensioni o assegni vitalizi, l'indennità di contingenza o comunque ogni maggiorazione dipendente dall'adeguamento al costo della vita competono ad un solo titolo, e non sono cumulabili con altre indennità derivanti da forme di adeguamento al costo della vita, connesse a trattamenti di attività di servizio o di quiescenza erogati da altri enti o amministrazioni, salvo il diritto di opzione per il trattamento più favorevole".

La Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione siciliana - ritiene che quest'ultima norma sia in contrasto con l'articolo 36 della Costituzione, per i motivi e nei limiti affermati dalle sentenze n.566 del 1989 e n. 204 del 1992, rese da questa Corte a proposito di analoghe norme statali: l'indennità di contingenza ha la funzione - alla pari dell'indennità integrativa speciale - di adeguare i trattamenti retributivi e pensionistici al costo della vita, sicchè, il divieto di cumulo, posto in via generale ed assoluta dalla norma impugnata, senza prevedere l'inoperatività del divieto stesso, allorquando il trattamento retributivo concorrente con quello pensionistico ovvero (nel caso di più pensioni) il trattamento pensionistico complessivo si collochino al di sotto di un determinato ammontare, viola il criterio della sufficienza di cui all'articolo 36 della Costituzione.

2.- Il giudice a quo prospetta in realtà due distinte questioni di legittimità costituzionale, entrambe peraltro rilevanti, essendo stata disposta, nel procedimento al suo esame, la riunione di un ricorso proposto da un pensionato che svolgeva attività retribuita con due ricorsi proposti da titolari di due pensioni.

Le questioni stesse sono fondate.

É da ricordare che questa Corte si è pronunziata più volte su entrambe, dichiarando la parziale illegittimità costituzionale sia di norme della legislazione statale che stabiliscono il divieto di cumulo di più indennità integrative speciali nel caso di titolarità di più pensioni sia di altre norme che statuiscono la sospensione dell'indennità integrativa speciale nei confronti del titolare di pensione o assegno vitalizio che presti opera retribuita.

In particolare, con la sentenza n. 566 del 1989 la Corte ha ribadito la legittimità in via di principio della riduzione della pensione nel caso di concorso con altra prestazione retribuita, ma ha precisato che tale riduzione può essere giustificata e compatibile col principio stabilito dall'articolo 36, primo comma, della Costituzione, "solo ove sia correlata ad una retribuzione della nuova attività lavorativa che ne giustifichi la misura". Conseguentemente la pronunzia ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 99, quinto comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n.1092 - che disponeva la sospensione dell'indennità integrativa speciale nei confronti dei pensionati che prestavano opera retribuita presso lo Stato, le amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici - in quanto tale norma implicava una sostanziale decurtazione del complessivo trattamento pensionistico, senza dare alcun rilievo alla misura dell'emolumento ricevuto per la nuova attività e cioé senza stabilire un limite minimo al di sotto del quale la percezione di una retribuzione non fosse idonea a determinare la decurtazione del trattamento pensionistico.

Con la successiva sentenza n. 204 del 1992, la Corte ha esaminato l'articolo 17, primo comma, della legge 21 dicembre 1978 n.843, modificato dall'articolo 15 del decreto legge 30 dicembre 1979 n. 663 (convertito nella legge 29 febbraio 1980 n. 33), che avevano ampliato il divieto di cumulo estendendolo alle ipotesi in cui il pensionato percepisse una retribuzione in virtù di rapporti di lavoro subordinato con privati, ma avevano imposto di far comunque salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per i lavoratori dipendenti. Le due norme furono dichiarate costituzionalmente illegittime "nella parte in cui non de terminano la misura della retribuzione, oltre la quale diventano operanti l'esclusione e il congelamento dell'indennità integrativa speciale".

Con sentenza n. 172 del 1991, lo stesso articolo 17 della legge 843 del 1978 è stato poi dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevedeva anche nei confronti del titolare di due pensioni - così come invece disponeva per il titolare di pensione che presta opera retribuita alle dipendenze di terzi - che, pur restando vietato il cumulo delle indennità integrative speciali, dovesse comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il fondo pensioni lavoratori dipendenti. E la sentenza n. 307 del 1993 ha adottato identica soluzione con riferimento al sistema normativo delle pensioni erogate dalla Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei geometri.

Anche la sentenza n. 494 del 1993, infine, esaminando l'articolo 99, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 - secondo cui "Al titolare di più pensioni o assegni l'indennità integrativa speciale compete a un solo titolo" - ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tale norma "nella parte in cui non prevede che, nei confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennità integrative speciali, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti".

Secondo i principi affermati da questa Corte, quindi, la riduzione del trattamento pensionistico spettante al lavoratore, mediante l'esclusione dell'indennità integrativa speciale ad esso afferente, in caso di titolarità di più pensioni o di prestazione di attività retribuita da parte del pensionato, in tanto è compatibile con il dettato costituzionale - ed in particolare con gli articoli 3 e 36 della Costituzione - in quanto la prestazione pensionistica o retributiva concorrente sia di ammontare tale da giustificare tale misura.

Specificando tali principi si è statuito, in primo luogo, che la regola per cui al titolare di più pensioni l'indennità integrativa speciale compete ad un solo titolo ed è costituzionalmente legittima solo se e nella misura in cui sia fatto salvo l'importo di detta indennità eventualmente occorrente a non ridurre la prestazione pensionistica al di sotto del trattamento minimo I.N.P.S.. In secondo luogo, questa Corte ha stabilito, con riferimento all'ipotesi del pensionato che presti attività lavorativa retribuita, che la sospensione o il congelamento dell'indennità integrativa speciale relativa alla pensione non è legittima ove sia operante qualunque sia l'ammontare della retribuzione percepita, spettando peraltro alla discrezionalità del legislatore - che non risulta essere stata in concreto esercitata - stabilire quale sia la soglia retributiva oltre la quale abbia vigore tale decurtazione.

É evidente che tali rationes decidendi debbono trovare applicazione anche con riferimento alla censura di illegittimità costituzionale in esame, posto che le norme regionali impugnate dettano una disciplina sostanzialmente analoga a quella prevista dalle norme legislative statali che la Corte ha rettificato con le pronunzie qui ricordate. Le questioni sollevate dal giudice a quo devono quindi essere accolte nei termini e nei limiti precisati da tali pronunzie.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 della legge della Regione Sicilia 24 luglio 1978 n. 17 (Nuove norme per l'adeguamento delle retribuzioni al costo della vita e per le prestazioni di lavoro straordinario dei dipendenti dell'Amministrazione regionale) nella parte in cui non prevede che, nei confronti del titolare di più pensioni o assegni vitalizi, ferma restando la spettanza ad un solo titolo dell'indennità di contingenza e di ogni altra maggiorazione dipendente dall'adeguamento al costo della vita, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti, nonchè nella parte in cui, riguardo al pensionato che presta attività retribuita, non de termina la misura della retribuzione complessiva oltre la quale diventi operante il divieto di cumulo dell'indennità di contingenza relativa al trattamento pensionistico con le indennità dirette all'adeguamento al costo della vita del trattamento di attività.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 luglio 1994.

Gabriele PESCATORE, Presidente

Ugo SPAGNOLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 27 Luglio 1994.