Sentenza n. 494 del 1993

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SENTENZA N. 494

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Avv. Massimo VARI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 99, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), promosso con ordinanza emessa l'8 aprile 1992 dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione siciliana - sul ricorso proposto da Zambarutti Giovanna Carmela contro la Direzione Provinciale del Tesoro di Catania, iscritta al n.558 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1992.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 20 ottobre 1993 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Giovanna Carmela Zambarutti ha proposto ricorso alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, contro il provvedimento con cui la Direzione provinciale del Tesoro di Catania le aveva addebitato un credito erariale di lire 20.987.088 (disponendone il recupero mediante trattenute sui successivi ratei di pensione), in quanto, essendo titolare di due pensioni a carico dello Stato, una diretta ed una di reversibilità, aveva indebitamente percepito l'indennità integrativa speciale su entrambe le partite di pensione, e precisamente nella misura intera sulla pensione diretta ed in misura rapportata al minimo I.N.P.S. (ai sensi dell'art.17 della legge 21 dicembre 1978 n. 843) sulla pensione di reversibilità.

 

Il Procuratore generale ha concluso per l'accoglimento del ricorso, in ragione della comprovata buona fede della percipiente ed in virtù degli artt. 206 T.U. n. 1092 del 1973, 3 legge n. 428 del 1985 e 11 legge n. 656 del 1986.

 

Con ordinanza del 2 aprile 1992, la Corte dei conti ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale dell'art. 99, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n.1092, in relazione all'art. 36 della Costituzione, affermando che l'indennità integrativa speciale non rappresenta solo un mezzo di adeguamento del trattamento pensionistico alle variazioni del costo della vita, ma anche il mezzo per assicurare il "minimo" sufficiente e necessario per le esigenze vitali del pensionato. In tale ottica, secondo i principi enunciati nella sentenza di questa Corte n. 566 del 1989, la diminuzione del trattamento pensionistico complessivo può essere giustificata e compatibile con l'art. 36 della Costituzione solo ove sia correlata alla percezione di un certo ammontare di pensione. Ne deriva - secondo il giudice a quo - che non sono legittime le norme che, come quella impugnata, implicano una decurtazione del complesso dei redditi di pensione, senza stabilire il limite minimo del singolo reddito pensionabile in relazione al quale tale decurtazione diventa operante.

 

2.- É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata ed osservando, a tal fine, che essa non era affatto identica a quella risolta dalla richiamata sentenza n. 566 del 1989, relativa al quinto comma del medesimo art. 99 del d.P.R. n.1092 del 1973. In quel caso, infatti, si faceva riferimento ad un'ipotesi - quella del titolare di pensione o di assegno che presti opera retribuita sotto qualsiasi forma - in cui il reddito concorrente con la pensione poteva essere del più vario ammontare. Il caso in esame, invece, riguarda la compresenza di due pensioni e cioé di erogazioni che hanno margini di escursione non illimitati ma normativamente fissati ed entrambi determinati in modo tale da assicurare, ciascuno di per sè, sia pure ad un livello modesto, i fini previsti dall'art. 36 della Costituzione. Ed in ciascuno dei due trattamenti l'indennità integrativa speciale assolve la funzione di garantire, attraverso un meccanismo di parziale indicizzazione, il mantenimento di quei valori su cui il legislatore ha ritenuto di poter allineare i trattamenti pensionistici. Tale funzione ben può essere assolta - nel caso di percezione di due pensioni - anche mantenendo una sola indennità integrativa speciale, costituendo quest'ultima quella componente su cui - senza disconoscere una duplicità di trattamento pensionistico derivante dalla duplicità di titolo - il legislatore può legittimamente esercitare la propria discrezionalità.

 

Considerato in diritto

 

l.- L'articolo 99, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato) stabilisce che "Al titolare di più pensioni o assegni l'indennità integrativa speciale compete a un solo titolo".

 

La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, dubita della legittimità costituzionale di tale norma, nella parte in cui, per il titolare di più pensioni, stabilisce il divieto di cumulo di più indennità integrative speciali, senza prevedere una misura minima della seconda pensione, al di sotto della quale non operi il divieto in oggetto.

 

Secondo il giudice a quo deve essere applicato al citato secondo comma dell'articolo 99 il medesimo principio affermato da questa Corte con la sentenza n. 566 del 1989, che dichiarò l'illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 36 della Costituzione, del quinto comma del medesimo articolo 99, nella parte in cui disponeva la sospensione dell'indennità integrativa speciale nei confronti dei pensionati che prestassero opera retribuita presso lo Stato, le amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici, in quanto non stabiliva il limite minimo dell'emolumento dell'attività esplicata, al di sotto del quale la decurtazione non fosse operante.

 

2.- La questione è fondata.

 

É da ricordare che sulla materia in esame, successivamente alla sentenza n.566 del 1989 richiamata dall'ordinanza di remissione, vi sono state altre pronunzie di questa Corte che hanno notevolmente mutato l'assetto normativo di riferimento.

 

Mentre l'articolo 99, quinto comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 riguardava il caso del titolare di pensione che presti opera retribuita presso lo Stato ovvero presso pubbliche amministrazioni o enti pubblici, l'ipotesi del titolare di pensione che presti opera retribuita alle dipendenze di terzi (diversi dalla pubblica amministrazione) è contemplata dall'articolo 17 della legge 21 dicembre 1978 n. 843, secondo cui l'indennità integrativa speciale (che accede al trattamento pensionistico) "non è cumulabile con la retribuzione percepita in costanza di rapporto di lavoro alle dipendenze di terzi. Deve comunque, essere fatto salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti".

 

Quest'ultima disposizione ha subìto il medesimo intervento correttivo apportato dalla sentenza n. 566 del 1989 al citato articolo 99, quinto comma del d.P.R. n. 1092 del 1973. Con sentenza n. 204 del 1992, infatti, questa Corte ne ha dichiarato l'incostituzionalità nella parte in cui non determina la misura della retribuzione oltre la quale (sol tanto) diventino operanti l'esclusione o il congelamento dell'indennità integrativa speciale nei confronti dei pensionati che prestino opera retribuita alle dipendenze di terzi.

 

Ma, prima ancora di tale pronunzia, la Corte con la sentenza n. 172 del 1991, aveva esaminato la diversa questione del divieto di plurima erogazione dell'indennità integrativa speciale previsto, dall'articolo 99, secondo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 e dall'articolo 19, primo comma, della legge n. 843 del 1978 nei confronti di chi sia titolare di più pensioni.

 

Venne così dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 17 della legge n. 843 del 1978, nella parte in cui non prevede che (così come stabilito per il titolare di pensione che presti opera retribuita alle dipendenze di terzi) anche nei confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennità integrative speciali, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il fondo pensioni lavoratori dipendenti.

 

La successiva sentenza n. 307 del 1993 ha esaminato una questione del tutto analoga a quella decisa con la citata sentenza n. 172 del 1991, ma riferita al regime della previdenza in favore dei geometri. La Corte, ricorrendo le stesse rationes decidendi poste a fondamento di tale sentenza, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 16 della legge 20 ottobre 1982 n. 773 sulla riforma della Cassa di previdenza e assistenza a favore dei geometri, nella parte in cui non prevede che anche nei confronti del titolare di due pensioni, di cui una a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei geometri, pur restando vietato il cumulo delle indennità integrative speciali, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

 

É di tutta evidenza che le rationes decidendi poste a fondamento delle due sentenze da ultimo richiamate ricorrono interamente anche con riguardo alla disposizione qui impugnata. La questione sollevata dal giudice a quo deve essere quindi accolta nei termini e nei limiti precisati da tali pronunzie.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 99, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), nella parte in cui non prevede che, nei confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennità integrative speciali, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29/12/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Ugo SPAGNOLI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 31/12/93.