Sentenza n. 234 del 1994

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SENTENZA N. 234

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 11, primo e secondo comma, della legge della Regione Lombardia 29 novembre 1984, n. 60 (Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale regionale), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 5 maggio 1993 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sui ricorsi proposti dall'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali ed altri contro la Regione Lombardia, iscritte ai nn. 708 e 709 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visti gli atti di intervento della Regione Lombardia;

 

udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 1994 il Giudice relatore Francesco Guizzi;

 

Ritenuto in fatto

 

Udito l'avv. Roberto Gianolio per la Regione Lombardia 1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia - investito da due ricorsi, proposti dall'ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Milano e altre province, per l'annullamento dei decreti del Presidente della Giunta della Regione Lombardia del 25 maggio 1992, nn.54746 e 54747, che indicono concorsi pubblici per la copertura di posti nell'ottava qualifica funzionale, figure professionali di funzionario per l'agricoltura, zootecnia e forestazione (8.06), e per la difesa dell'ambiente, pianificazione del territorio e delle fonti energetiche (8.07) - ha sollevato con due ordinanze di identico tenore, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, primo e secondo comma, della legge della Regione Lombardia 29 novembre 1984, n.60. Tale normativa riserva il 50 per cento dei posti messi a concorso al personale di ruolo appartenente alla qualifica immediatamente inferiore, con anzianità di servizio effettivo di almeno cinque anni nella qualifica e il titolo di studio richiesto per l'accesso alla qualifica di appartenenza (primo comma dell'art. 11); il che vale anche per il personale di ruolo in possesso del titolo di studio stabilito per l'ammissione al concorso pubblico, indipendentemente dall'anzianità di servizio (secondo comma).

 

La partecipazione, così ammessa, di dipendenti regionali sprovvisti del diploma di laurea prescritto per gli altri partecipanti, e la riserva a loro favore del 50 per cento dei posti, è presente nel bando di concorso in applicazione del citato art. 11, che sarebbe incostituzionale, innanzitutto, perchè determina disparità di trattamento, là dove esonera i dipendenti regionali dal possesso del titolo di studio richiesto ai concorrenti < esterni>. E sarebbe inoltre contrario al principio di buon andamento dell'amministrazione, di cui all'art. 97 della Costituzione, visto che la mancanza di un titolo di studio (per altri ritenuto essenziale) può sminuire la competenza tecnica del personale assunto. Vi sarebbe, infine, violazione dell'art. 117 della Costituzione: la Regione ha, certo, potestà legislativa in materia di organizzazione dei propri uffici, ma deve esercitarla entro i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e dalla Costituzione.

 

La riserva dei posti prevista anche per i dipendenti in possesso del titolo di studio (art. 11, secondo comma) è così elevata - conclude il giudice rimettente - da dar luogo, in pratica, a due graduatorie, con detrimento della qualità della selezione, e con ulteriore contrasto con l'art. 97 della Costituzione.

 

2. Si è costituita in entrambi i giudizi la Regione Lombardia, sostenendo l'infondatezza della questione.

 

Non vi sarebbe lesione del principio di uguaglianza, perchè la posizione dei dipendenti di ruolo, che hanno già superato un pubblico concorso e hanno un'anzianità di servizio, è diversa da quella di chi lo affronta per la prima volta.

 

Nè vi sarebbe lesione dell'art. 97 della Costituzione, perchè l'art.11 della legge regionale n. 60 del 1984 prevede che tutti i concorrenti siano sottoposti alle stesse prove selettive e sottende, inoltre, la valutazione secondo cui l'esperienza e la conoscenza maturate per cinque anni nella qualifica immediatamente inferiore sono quanto meno equipollenti alle esperienze e conoscenze che derivano dal titolo di studio.

 

La Regione, nell'ambito della sua autonomia organizzatoria, può introdurre una disciplina a favore dei propri dipendenti al fine di incentivarne professionalità e dedizione: la riserva dei posti messi a concorso rientra infatti nella discrezionalità del legislatore regionale; e, d'altra parte, la norma denunziata, ripropone un principio che si rinviene nella legislazione statale (art. 14 della legge 11 luglio 1980, n. 312, e poi, con riferimento alla disciplina dell'impiego presso gli enti locali, d.P.R.25.6.1983, n. 347, e d.P.R. 13 maggio 1987, n. 268).

 

3. Nell'imminenza dell'udienza, la Regione Lombardia ha ribadito, in memoria, gli argomenti già svolti, osservando come l'eventuale particolarità del profilo professionale per cui è bandito il concorso, tale da richiedere un titolo di studio specifico, comporterebbe l'illegittimità non della norma denunziata - che è dettata in via generale - ma, in ipotesi, l'illegittimità del bando di concorso. Sembra infatti certo che la norma debba interpretarsi nel senso della sua inapplicabilità ai profili professionali particolari.

 

Considerato in diritto

 

1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, con due ordinanze di analogo tenore che vanno dunque esaminate e decise con unica sentenza, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 11, primo e secondo comma, della legge della Regione Lombardia 29 novembre 1984, n. 60 (Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale regionale). Tale articolo prevede una riserva di posti, pari al 50 per cento, in favore del personale di ruolo della qualifica inferiore, con cinque anni di servizio effettivo, senza che sia richiesto il titolo di studio necessario per i concorrenti < esterni>, ma solo quello per l'accesso alla qualifica funzionale di appartenenza; mentre per il personale regionale di ruolo che sia in possesso del prescritto titolo di studio prescinde dall'anzianità di servizio.

 

Questo meccanismo finirebbe per ledere il principio introdotto dall'art.97 della Costituzione; e, in ogni caso, la riserva sarebbe così elevata da compromettere, di per sè, la qualità della selezione concorsuale.

 

Oltre all'art. 97, sarebbero altresì vulnerati gli artt. 3 e 117 della Costituzione: la disposizione denunziata produrrebbe, infatti, un'ingiustificata disparità di trattamento, nel momento in cui esonera i dipendenti regionali dal possesso del titolo di studio richiesto ai concorrenti < esterni>, e sarebbe anche in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato.

 

2. Va esaminata per prima la censura mossa con riguardo all'art. 97 della Costituzione.

 

Questa Corte ha già chiarito che il legislatore gode di ampia discrezionalità nello stabilire i criteri di ammissione ai concorsi, nonchè i sistemi e le procedure per la progressione in carriera dei pubblici dipendenti nel rispetto, però, dei canoni di ragionevolezza e di salvaguardia del buon andamento della pubblica amministrazione. Quanto ai requisiti concorsuali, occorre che la disciplina adottata risulti congrua rispetto alle finalità cui la selezione è preordinata (v., fra le varie, le sentt. nn. 51 del 1994 e 331 del 1988); sì che sono ammissibili la considerazione e la valorizzazione delle attività pregresse del dipendente, ove esse possano dimostrarne l'attitudine a ben svolgere le mansioni superiori, se e in quanto tale valutazione risulti appunto congrua e razionale (cfr. le sentt. 964 del 1988 e 81 del 1983).

 

Entro le linee generali così definite, è agevole superare il dubbio di costituzionalità.

 

La riserva di posti introdotta dal citato art. 11 non presenta caratteri di manifesta irragionevolezza: da una parte, essa vale per il personale appartenente alla qualifica immediatamente inferiore che abbia almeno cinque anni di servizio effettivo, e solo a questa condizione vi è il beneficio (prima descritto) circa il titolo di studio richiesto. La riserva è altresì estesa al personale di ruolo, indipendentemente dall'anzianità di servizio, che abbia il titolo di studio stabilito in via generale per gli < esterni>.

 

Non è irragionevole la valorizzazione dell'anzianità di servizio, in ispecie quella acquisita nella qualifica immediatamente inferiore: non tanto perchè essa possa considerarsi una sorta di < equipollente> del titolo di studio richiesto per la partecipazione al concorso, ma perchè l'esperienza all'interno dell'amministrazione regionale sottende un profilo meritevole di apprezzamento da parte del legislatore.

 

Apprezzamento che non collide con il principio di buon andamento, giacchè i dipendenti beneficiari della riserva dovranno superare le prove concorsuali, senza alcun privilegio rispetto ai concorrenti esterni.

 

Per tale via è, dunque, escluso quel vulnus alla qualità della selezione concorsuale paventato dal giudice a quo.

 

Dall'esame della legislazione regionale sullo stato giuridico del personale, risulta inoltre che nella qualifica funzionale inferiore a quella per la quale sono stati indetti i concorsi in oggetto sono presenti figure professionali che possono corrispondere a quelle della qualifica superiore (si veda, in attuazione della legge regionale 14 febbraio 1987, n. 10, art. 3, commi 1, 2 e 3, la deliberazione del Consiglio regionale del 29 luglio 1987, che individua le figure professionali, articolandole per qualifiche funzionali). É plausibile, perciò, che la Regione intenda valorizzare l'esperienza acquisita dai dipendenti della qualifica inferiore, ammettendoli al concorso pubblico, pur se sprovvisti del titolo di studio richiesto agli altri partecipanti.

 

3. Sono poi infondate anche le censure mosse con riguardo agli artt. 3 e 117 della Costituzione.

 

Non vi è ingiustificata disparità di trattamento a danno degli < esterni>, perchè obiettivamente diversa è la situazione dei dipendenti della qualifica inferiore, i quali, come si è già rilevato, non sono affatto esonerati dalle prove concorsuali: non vi è, quindi, un trattamento di privilegio che recherebbe, esso sì, offesa al principio di eguaglianza. Nè vi è contrasto con l'art.117 della Costituzione, dal momento che l'istituto della riserva dei posti è presente nella legislazione dello Stato (la difesa della Regione richiama l'art. 14 della legge 11 luglio 1980, n. 312). Invero, la riserva di posti è fissata dalla legge regionale al 50 per cento, mentre nella citata legge n. 312 essa è di entità più modesta (il 30 per cento) per le qualifiche superiori, dalla quarta in su, ed arriva al 50 per cento solo per la prima e la seconda qualifica.

 

Questa Corte non può non riconoscere all'autonomia legislativa regionale un margine di variabilità rispetto alla disciplina generale del pubblico impiego, sì che la percentuale adottata dal legislatore regionale - quantunque sollevi qualche perplessità - è tuttavia espressione di un suo apprezzamento, non manifestamente irragionevole.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 11, primo e secondo comma, della legge della Regione Lombardia 29 novembre 1984, n. 60 (Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale regionale), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia con le ordinanze indicate in epigrafe.

 

 

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 1994.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Francesco GUIZZI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 10/06/1994.