Sentenza n. 51 del 1994

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SENTENZA N. 51

 

ANNO 1994

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

 

 

SENTENZA

 

 

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11 del d.P.R. 13 gennaio 1990, n. 43 (Regolamento per il recepimento delle norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo del 2 agosto 1989 concernente il comparto del personale degli enti pubblici non economici), come modificato dall'art. 12 del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344, convertito in legge 23 gennaio 1991, n. 21 (Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344 recante corresponsione ai pubblici dipendenti di acconti sui miglioramenti economici relativi al periodo contrattuale 1988/1990, nonchè disposizioni urgenti in materia di pubblico impiego), promosso con ordinanza emessa l'11 novembre 1992 dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Pirone Alfonso ed altri contro l'Inps ed altri, iscritta al n. 381 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

 

 

Visti gli atti di costituzione di Pirone Alfonso ed altri, dell'Inps nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 14 dicembre 1993 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;

 

uditi gli avvocati Giulio Pizzuti per Pirone Alfonso ed altri, Valerio Mercanti per l'Inps e l'Avvocato dello Stato Enzo Ciardulli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

 

 

Ritenuto in fatto

 

 

 

l. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con ordinanza emessa in data 11 novembre 1992, nel corso di un procedimento promosso da alcuni dipendenti dell'Inps, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dell'art. 11 del d.P.R.13 gennaio 1990, n. 43 come modificato dall'art. 12 del d.l. 24 novembre 1990, n. 344, convertito in legge 23 gennaio 1991, n. 21, nella parte in cui "preclude l'accesso al concorso all'ottava qualifica funzionale, profilo di funzionario di amministrazione, a coloro che, pur dotati di specifico diploma di laurea, non fossero, peraltro, inseriti nella carriera di concetto alla data di entrata in vigore del d.P.R. 26 maggio 1976, n. 411".

 

Si espone nell'ordinanza di rimessione che i ricorrenti, tutti inquadrati nella settima qualifica funzionale, profilo di funzionario di amministrazione, avevano impugnato nel giudizio a quo la delibera del Comitato Esecutivo dell'Inps 22 novembre 1990, n. 30, con la quale è stato indetto un concorso interno per il conferimento di n. 4320 posti di funzionario di amministrazione (ottava qualifica funzionale) nella parte in cui prevede, quale requisito di ammissione, l'essere appartenuto alla carriera di concetto alla data del 15 giugno 1976, data di entrata in vigore del d.P.R. 26 maggio 1976, n. 411.

 

I ricorrenti avevano, altresì, impugnato il provvedimento di esclusione dal concorso per difetto del requisito anzidetto eccependo in subordine l'illegittimità costituzionale dell'art. 11 del d.P.R. n. 43 del 1990, come modificato dall'art. 12 del d.l. 24 novembre 1990, n. 344, convertito in legge 23 gennaio 1991, n. 21, nella parte in cui, proprio con riguardo ai concorsi interni banditi ai sensi dell'art. 8 del d.P.R.285 del 1988, aggiunge, solo con riguardo alla ammissione ai concorsi a posti di funzionario di amministrazione, agli ordinari requisiti di cui agli artt. 1 e 7 dello stesso d.P.R. n. 285, quello specifico dell'appartenenza alla carriera di concetto alla data di entrata in vigore del d.P.R. n.411 del 1976. Detta previsione, infatti, impedendo la loro partecipazione al concorso in parola, violerebbe gli artt. 3 e 97 della Costituzione.

 

Il tribunale remittente ritiene che la questione sia rilevante e non manifestamente infondata.

 

In ordine alla rilevanza si osserva che la fondatezza della questione sollevata condurrebbe all'annullamento del bando di concorso, nonchè all'annullamento del provvedimento di esclusione dei ricorrenti.

 

Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo rileva che la norma censurata, richiedendo per i concorrenti al profilo di funzionario di amministrazione il requisito aggiuntivo (rispetto a quelli contenuti negli artt. 1 e 7, comma secondo, del d.P.R. n. 285 del 1988) dell'essere appartenuto alla categoria di concetto alla data di entrata in vigore del d.P.R. n. 411 del 1976, verrebbe ad integrare una previsione irrazionalmente discriminatoria nei confronti di questa categoria di personale atteso che per gli aspiranti a profili diversi (da quello di funzionario di amministrazione) detto requisito aggiuntivo non è richiesto.

 

Discriminazione che - ad avviso del giudice a quo - sarebbe illogica e irrazionale e non potrebbe trovare adeguata giustificazione "neppure in pregresse qualificate aspettative giuridiche di carriera proprie, eventualmente, solo del personale proveniente dal ruolo amministrativo della categoria di concetto (e transitato ex d.P.R. n. 411 del 1976 nel nuovo ruolo amministrativo con qualifica di assistente) e non dell'analogo personale, pure appartenente alla pregressa categoria di concetto, ma inserito nei ruoli tecnico e professionale dell'ordinamento ex d.P.R. n. 411 del 1976". I profili di irrazionalità della norma censurata sarebbero - ad avviso del giudice a quo - vieppiù evidenti ove si consideri che gli appartenenti alla settima qualifica funzionale, profilo di collaboratore d'amministrazione, che per ipotesi avessero conseguito per mobilità orizzontale (giusta tabella all. 1° al d.P.R. n. 43 del 1990) l'accesso al profilo di ispettore di vigilanza, potrebbero partecipare al concorso interno per l'ottava qualifica funzionale, profilo di funzionario di vigilanza, senza che per loro venga in rilievo la preclusione di cui si discute (e in caso di superamento del concorso, ottenere, ove sussista disponibilità di posto, l'ulteriore passaggio a funzionario di amministrazione sempre in virtù della citata tabella all. 1° al d.P.R. n. 43 del 1990 con evidente, totale aggiramento della preclusione stessa). Il che confermerebbe e ribadirebbe i già denunciati profili di irragionevolezza e disparità di trattamento contenuti nella normativa censurata.

 

Tutto ciò contravverrebbe pure al principio di buon andamento dell'amministrazione in quanto precluderebbe al personale astrattamente più qualificato - cioé quello dotato del diploma di laurea e acceduto in forza dello stesso in posizioni del pregresso ordinamento poi inserite in settima qualifica funzionale - anche la possibilità di accesso al concorso ad un profilo dell'ottava qualifica funzionale per il quale è previsto ordinariamente proprio il possesso del diploma di laurea.

 

2. Dinanzi a questa Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, col patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata.

 

Si è, altresì, costituito l'Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale deducendo che l'art. 12 del d.l. n. 344 del 1990 - come sarebbe dato evincere dalla relazione al disegno di legge per la conversione del d.l. 24 novembre 1990, n. 344 - ripeterebbe il contenuto di disposizioni previste nell'accordo collettivo stipulato il 2 agosto 1989 per il triennio 1988/90 per il comparto enti pubblici non economici. In particolare quanto al pro filo di funzionario di amministrazione la citata relazione spiegherebbe esplicitamente che l'ulteriore requisito dell'appartenenza alla categoria di concetto al 15 giugno 1976 sarebbe preordinata al fine di permettere ai funzionari anziani della settima qualifica di avere una possibilità di avanzamento in analogia a quanto previsto dall'art. 15 della legge 9 marzo 1989, n. 88 per i funzionari già appartenenti alle carriere direttive ma estranei alla dirigenza. In altri termini la ratio della norma censurata consisterebbe nel consentire un avanzamento ai funzionari anziani per l'immediato, lasciando ai funzionari più giovani la possibilità di futuri avanzamenti "alla stregua delle procedure previste dalla normativa vigente". Quanto al fatto che il predetto requisito aggiuntivo sia circoscritto al profilo amministrativo, ciò si spiegherebbe agevolmente considerando che si tratterebbe di settore caratterizzato da alta densità di personale, attese le percentuali fisse di riserva dei posti al personale inquadrato nelle qualifiche immediatamente inferiori a quelle oggetti di concorso. D'altro canto la mancata estensione del suddetto requisito aggiuntivo agli altri profili (tecnico, informatico e di vigilanza) sarebbe giustificata dalla mancanza di necessità e di utilità alla luce della esperienza dei concorsi effettuati ai sensi dell'art. 11 del d.P.R. n. 43 del 1990 e successive modificazioni e integrazioni.

 

Si sono, altresì, costituiti i ricorrenti nel giudizio a quo chiedendo che la normativa sottoposta a giudizio di legittimità costituzionale sia dichiarata illegittima nei termini indicati dalla ordinanza di rimessione.

 

Nella imminenza della udienza l'Avvocatura dello Stato ha depositato memoria con la quale ha ribadito le conclusioni formulate nell'atto di intervento. In particolare si rileva che la scelta dei requisiti per l'accesso al concorso sarebbe "frutto dell'esercizio della insindacabile discrezionalità del legislatore".

 

Hanno, altresì, depositato memorie le parti costituite, ribadendo le argomentazioni svolte e le conclusioni assunte nell'atto introduttivo.

 

 

 

Considerato in diritto

 

 

 

l. La questione sottoposta all'esame della Corte riguarda l'art. 11 del d.P.R. 13 gennaio 1990, n. 43, come modificato dall'art. 12 del d.l. 24 novembre 1990, n. 344, convertito nella legge 23 gennaio 1991, n. 21, nella parte in cui stabilisce che al concorso per l'ammissione alla ottava qualifica funzionale, profilo di funzionario di amministrazione, possono partecipare soltanto i dipendenti inquadrati nella settima qualifica funzionale (sempre profilo di funzionario di amministrazione) che, in aggiunta ai requisiti di cui agli artt.1, primo comma e 7, secondo comma, del d.P.R. 1 marzo 1988, n. 285 (possesso di una data anzianità nella qualifica inferiore e diploma di scuola media superiore) siano appartenuti alla categoria di concetto alla data di entrata in vigore del d.P.R. 26 maggio 1976, n.41l.

 

Detta norma viene sospettata di incostituzionalità per l'asserito contrasto con:

 

a) l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della irragionevolezza della disciplina stabilita con particolare riguardo al requisito dell'appartenenza alla categoria di concetto alla data di entrata in vigore del d.P.R. n.411 del 1976, richiesto per la partecipazione al concorso di cui alla legge impugnata, nonchè sotto il profilo della violazione del principio della parità di trattamento in quanto tale requisito non è previsto per gli altri profili della ottava qualifica;

 

b) l'art. 97 della Costituzione in quanto il possesso del suddetto requisito previsto come titolo di ammissione per tale concorso sarebbe contrario al principio del buon andamento della pubblica amministrazione, poichè restringerebbe arbitrariamente l'area dei funzionari che possono utilmente concorrere per il conseguimento della ottava qualifica funzionale - profilo di funzionario di amministrazione - tanto più che i dipendenti esclusi sarebbero in possesso di professionalità ritenute dalla stessa legge astrattamente idonee al passaggio alla suddetta qualifica (cioé l'inquadramento nell'ottava qualifica funzionale).

 

2. Preliminarmente va rilevato che la norma impugnata è contenuta nell'accordo collettivo stipulato il 2 agosto 1989 per il triennio 1988/90 - concernente il comparto del personale degli enti pubblici non economici - e recepito dal d.P.R. 13 gennaio 1990, n. 43, il cui art. 11 è stato modificato dall'art. 12 del d.l. 24 novembre 1990, n. 344, convertito in legge 23 gennaio 1991, n. 2l. Nessun dubbio sussiste, dunque, in ordine alla sua sindacabilità da parte di questa Corte.

 

Ciò premesso, pur rilevando che il legislatore gode di ampia discrezionalità nel determinare i criteri di ammissione ai concorsi nonchè i sistemi e le procedure per la progressione in carriera dei pubblici dipendenti, tale discrezionalità deve pur sempre esplicarsi nel limite dei principi di ragionevolezza e di salvaguardia del buon andamento della p.a.. Il che, per quanto attiene ai requisiti concorsuali, sta nel valutare la congruità della relativa disciplina alla luce delle finalità cui la selezione è preordinata (sent. n. 331 del 1988), mentre, per quanto concerne la progressione in carriera, occorre adeguata considerazione delle attività pregresse del dipendente, sì da trarne utili elementi circa la sua attitudine a ben svolgere anche le funzioni superiori (sentt. nn. 81 del 1983; 277 e 278 del 1983 e 217 del 1987

).

 

Alla luce di queste premesse è da stabilire se la norma impugnata possa considerarsi irrazionale, con riferimento all'art. 97 della Costituzione.

 

Va posto in luce che la norma in contestazione è preordinata a regolare, con finalità riparatrici, particolari situazioni che si erano determinate in occasione di precedenti inquadramenti del personale di concetto.

 

Più specificamente essa trae origine dalle peculiari modalità di inquadramento seguite nell'ordinamento del c.d. parastato in occasione del riassetto avvenuto per effetto della l. n. 70 del 1975.

 

Nel sistema previgente il rapporto di lavoro dei dipendenti parastatali era fondato sulle carriere; ogni carriera comprendeva un numero indeterminato di qualifiche; ogni amministrazione poteva disporre per ogni carriera di un numero di qualifiche ordinate gerarchicamente. L'indeterminatezza del numero delle qualifiche, la stretta connessione tra progressione economica e progressione di carriera, il ruolo chiuso (cioé il principio per cui l'avanzamento si esplicasse soltanto in presenza di una disponibilità di posti) avevano determinato nel tempo la formazione di qualifiche, non più connesse con le mansioni effettivamente espletate, ma distinte esclusivamente per il loro riflesso economico.

 

Ne era derivato un ordinamento caratterizzato da una serie di qualifiche prive di contenuti professionali, non sempre rispondenti a reali esigenze della pubblica amministrazione.

 

3. La legge n. 70 del 1975 modificò i criteri di inquadramento del personale, orientandone l'organizzazione sulla distinzione di tre ruoli fondamentali (amministrativo, tecnico e professionale) (art. 15) ed elencando tassativamente le qualifiche funzionali nelle quali il ruolo si articolava. L'elemento della funzione viene contrapposto, così, a quello della carriera; il principio di fondo che sottende a questo tipo di impostazione consiste nel fatto che ad ogni qualifica corrisponde una funzione; ad ogni funzione e ad ogni potere una responsabilità.

 

L'art. 16 della legge n. 70 cit. stabilì, poi, per ognuno dei ruoli indicati dal succitato art. 15, la previsione di un ristretto numero di qualifiche: quattro per il ruolo amministrativo e tecnico, due per il ruolo professionale.

 

L'attribuzione delle qualifiche avviene in base alle tabelle di equiparazione di cui all'allegato 6 del d.P.R. n. 411 del 1976, con effetto dall'1 ottobre 1973 e dalle successive date di immissione in ruolo.

 

L'inquadramento si esplica soltanto "a livello orizzontale" ed il numero ristretto delle qualifiche corrisponde alla esigenza di eliminare il sistema delle carriere verticali e di introdurre un nuovo sistema avente come base l'attitudine allo svolgimento effettivo delle funzioni.

 

I conseguenti criteri non sfuggirono, a loro volta, ad una eccessiva uniformizzazione.

 

Basti ricordare, ad esempio, l'acceso dibattito svoltosi in sede parlamentare sulla necessità di introdurre la qualifica di coordinamento, per attenuare l'appiattimento delle categorie dei collaboratori e degli assistenti, garantendo un inquadramento del relativo personale, maggiormente corrispondente alla situazione di diversificazione esistente nelle categorie di concetto e direttive, accompagnato dall'attribuzione di fasce di stipendio piuttosto differenziate nel tempo.

 

Senonchè nel testo definitivo dell'art. 16 della l. n. 70 del 1975 la presenza della ulteriore qualifica è connessa alla esistenza di regolamenti organici degli enti che prevedano le suddette funzioni di coordinamento: sicchè, nel caso in cui ciò non si verifichi, si rende impossibile la realizzazione - per i detti livelli di assistente e di collaboratore - dell'apposita qualifica.

 

Correlativamente la qualifica unica - con l'abolizione dei livelli gerarchici al suo interno - aveva implicato un crescente appiattimento degli inquadramenti.

 

Appiattimento e "blocco" delle carriere determinarono una crescita notevole del contenzioso, in occasione degli inquadramenti, e correlativamente una crisi di funzionalità della l. n. 70 del 1975, producendosi - da un lato - lo svuotamento della disciplina del parastato e - dall'altro - un notevole impulso della pressione in favore della riforma legislativa di singoli enti pubblici.

 

4. Inizia così una sorta di processo riparatore, che si attua con diversa gradualità nelle successive tornate della contrattazione e che tende alla progressiva armonizzazione del regime del parastato con quello delle altre categorie di pubblici dipendenti.

 

Questo processo ha trovato la sua massima espressione - per quanto concerne il livello di "collaboratore" (ovvero per il personale già della categoria direttiva) - nell'art. 15 della l. n. 88 del 1989, il quale ha provveduto a sanare la situazione verificatasi in occasione degli inquadramenti attuati con la l.n. 70 del 1975, estendendo ad essi le norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico applicabili ai dipendenti dello Stato appartenenti al predetto ruolo.

 

In tale azione di recupero si inserisce anche la norma impugnata; essa si propone di equilibrare gli svantaggi connessi con l'inquadramento del personale di concetto in occasione del riassetto surrichiamato.

 

Non appare allora irragionevole che, nell'ambito di un riordinamento complessivo e di una tendenziale omogeneizzazione di trattamento rispetto al personale dello Stato, il legislatore abbia provveduto a sanare le pregresse sperequazioni nei confronti della ex categoria di concetto.

 

Pertanto, l'appartenenza a tale categoria alla data del d.P.R. n.411 del 1976 considerata dal legislatore, nella sua discrezionalità, come titolo di legittimazione alla partecipazione al concorso riservato alla ottava qualifica - profilo di funzionario di amministrazione - lungi dal restringere arbitrariamente le scelte della amministrazione, le delimita in un ambito più proprio avuto riguardo al carattere riservato del concorso previsto dalla norma impugnata.

 

Non senza sottacere che detto concorso fu indetto in occasione della prima applicazione del decreto n. 285 del 1988 e per le sue peculiarità furono, coerentemente, richiesti requisiti peculiari. Sicchè l'istituzione di un concorso riservato per posti di ottava qualifica (profilo funzionario amministrativo) ha rappresentato il modo prescelto dal legislatore per garantire che anche i dipendenti, pervenuti alla categoria di concetto nel periodo di vigenza dell'accordo 1976- 79, potessero fruire di vantaggi analoghi a quelli già concessi al personale delle ex carriere direttive, in forza dell'art. 15 della L. n. 89 del 1988.

 

Ne consegue che le scelte operate dal legislatore sono il frutto di un razionale esercizio della discrezionalità nella disciplina dello svolgimento delle carriere di riferimento.

 

Nè sono ravvisabili violazioni del principio di eguaglianza, stante le peculiarità del profilo amministrativo, peculiarità che comportano diversità di attribuzioni rispetto agli altri profili della ottava qualifica, collegata anche con il numero so contingente di personale gravante su detto profilo.

 

 

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11 del d.P.R. 13 gennaio 1990, n. 43 (Regolamento per il recepimento delle norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo del 2 agosto 1989 concernente il comparto del personale degli enti pubblici non economici), come modificato dall'art. 12 del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344, convertito nella legge 23 gennaio 1991, n. 21 (Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344 recante corresponsione ai pubblici dipendenti di acconti sui miglioramenti economici relativi al periodo contrattuale 1988/1990, nonchè disposizioni urgenti in materia di pubblico impiego), sollevata, in riferimento agli artt.3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

 

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/02/94.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Gabriele PESCATORE, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 23/02/94.