Ordinanza n. 73 del 1994

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ORDINANZA N. 73

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Avv. Massimo VARI

 

Prof. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

 

ORDINANZA

 

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, del regio decreto 3 marzo 1934, n.383 (Approvazione del testo unico della legge comunale e provinciale), promosso con ordinanza emessa il 10 gennaio 1992 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Cataldi Antonio contro il Comune di Milano, iscritta al n. 577 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.41, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Udito nella camera di consiglio del 12 gennaio 1994 il Giudice relatore Massimo Vari.

 

Ritenuto che, con ordinanza emessa il 10 gennaio 1992 (pervenuta alla Corte costituzionale il 2 settembre 1993), il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia -sul ricorso promosso da Cataldi Antonio per l'annullamento della delibera 4 marzo 1980, n.886, con cui la Giunta del Comune di Milano lo ha dichiarato decaduto dal diritto al posto- ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 9 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 (Approvazione del testo unico della legge comunale e provinciale), nella parte in cui prevede la decadenza automatica dell'impiegato degli enti locali, in seguito a sentenza di condanna passata in giudicato, per uno dei reati di cui al precedente art. 8;

 

che il giudice remittente, richiamando la giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 16 del 1991), sostiene che la automaticità del provvedi mento di decadenza stabilita dalla norma impugnata sarebbe offensiva del principio della proporzione della sanzione amministrativa al caso concreto.

 

Considerato che alla luce dell'orientamento già espresso dalla Corte con riferimento alla norma qui impugnata (ordinanza n. 302 del 1992) ovvero ad altre di analogo tenore (sentenza n. 197 del 1993)- la decadenza automatica dall'ufficio, per gli impiegati degli enti locali, prevista dall'art. 9 del regio decreto n. 383 del 1934, viene a concretare una ipotesi di sanzione espulsiva, preclusiva di qualsiasi valutazione dei fatti addebitati nella sede naturale del procedimento disciplinare;

 

che il caso all'esame del giudice a quo rientra, pertanto, nella sfera di applicazione della legge 7 febbraio 1990, n. 19, la quale - sulla scorta di quanto deciso da questa Corte con sentenza n. 971 del 1988- ha stabilito che "il pubblico dipendente non può essere destituito di diritto a seguito di condanna penale" e che "è abrogata ogni contraria disposizione di legge"(art. 9, primo comma), salva, ovviamente, l'inflizione della destituzione all'esito del procedimento disciplinare, ove ne sussistano i presupposti (art. 9, secondo comma), e con previsione nel contempo (art. 10, secondo comma), della riammissione in servizio, a domanda, per i pubblici dipendenti che, anteriormente alla data di entrata in vigore della legge, siano stati destituiti di diritto;

 

che, pertanto, essendosi censurata una disposizione ormai abrogata che non esplica più il suo effetto in relazione al giudizio a quo, la questione difetta di rilevanza, secondo i principi già affermati da questa Corte (sentenze nn. 403 del 1992, 134 del 1992 e 415 del 1991), onde la questione stessa va dichiarata manifestamente inammissibile.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale.

 

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 del regio decreto 3 marzo 1934, n.383 (Approvazione del testo unico della legge comunale e provinciale), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia con l'ordinanza in epigrafe.

 

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 1994.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Massimo VARI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 03/03/1994