SENTENZA N. 302
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
- Prof. Giuseppe BORZELLINO
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13, in relazione all'art. 22, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), promosso con ordinanza emessa il 24 giugno 1991 dal Pretore di Pistoia nel procedimento penale a carico di D'Alessandro Antonietta, iscritta al n. 586 del registro ordinanze 1991 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.38, prima serie speciale, dell'anno 1991.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1992 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza emessa il 24 giugno 1991 nel procedimento penale a carico di D'Alessandro Antonietta, il Pretore di Pistoia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 in relazione all'art.22 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), nella parte in cui prevede la formazione in sessanta giorni del silenzio-rifiuto sulla richiesta di sanatoria di opere edilizie eseguite in assenza di concessione, senza tener conto del maggior termine previsto per la formazione di atti presupposti.
Il giudice rimettente osserva che l'art. 22, primo comma, della legge n. 47 del 1985 stabilisce la sospensione obbligatoria del procedimento penale relativo a violazioni edilizie finchè non siano esauriti i procedimenti amministrativi di sanatoria previsti dal capo I della legge; osserva inoltre che l'art. 13 prevede, in ordine alla richiesta di concessione o di autorizzazione in sanatoria, che il sindaco si pronunci entro sessanta giorni, trascorsi i quali la richiesta si intende respinta, con la conseguenza che il processo penale riprende il suo corso. Se l'opera edilizia ricade in zona vincolata ai sensi della legge 23 giugno 1939, n.1497, è necessaria (ai sensi dell'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n.431) la autorizzazione prevista dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939, per il cui rilascio il relativo procedimento, osserva il giudice a quo, può durare fino a 150 giorni. La procedura di sanatoria non potrebbe in tal caso concludersi nel termine di sessanta giorni, ma, formandosi egualmente il silenzio-rifiuto e dovendo il procedimento penale riprendere il proprio corso, l'imputato non potrebbe fruire, ad avviso del giudice rimettente, della estinzione dei reati contravvenzionali prevista dall'art. 22 della legge n. 47 del 1985.
Il Pretore di Pistoia ritiene che la normativa così descritta sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione perchè, a parità di situazioni di fatto (due abusi astrattamente sanabili, uno dei quali ricadente in zona vincolata), un imputato potrebbe fruire della causa estintiva prevista dall'art. 22 della legge n. 47 del 1985 mentre l'altro no. Inoltre sarebbe irrazionale la disciplina che prevede la formazione del silenzio- rifiuto senza tener conto dei termini previsti da norme speciali per procedimenti che si inseriscono in quello principale di sanatoria. Il contrasto è prospettato anche con l'art. 97 della Costituzione, perchè il giudice di primo grado è tenuto a sospendere il procedimento penale pur essendo certa la formazione del silenzio- rifiuto, mentre poi (decorsi sessanta giorni) si dovrebbe procedere al giudizio sebbene l'imputato, in caso di condanna, possa ottenere successivamente la concessione in sanatoria, alla quale segue l'estinzione del reato in grado di appello, con spreco di attività e cattivo funzionamento dell'amministrazione della giustizia.
2. - É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la infondatezza della questione, richiamando la sentenza n. 370 del 1988 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge n. 47 del 1985, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 32, 101 e 112 della Costituzione.
Considerato in diritto
1. Il Pretore di Pistoia dubita della legittimità costituzionale degli artt. 22 e 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, che prevedono, rispettivamente: il primo la sospensione dell'azione penale relativa alle violazioni edilizie finchè non siano esauriti i procedimenti amministrativi di sanatoria previsti dal Capo I della legge; il secondo il termine di sessanta giorni dalla richiesta di concessione o di autorizzazione in sanatoria, decorso il quale, senza che il sindaco si sia pronunciato, la richiesta si intende respinta, senza tenere conto del maggior termine previsto per la formazione di atti presupposti.
2. Preliminarmente si deve rilevare che la legge 28 febbraio 1985, n.47, nel dettare norme per il controllo dell'attività urbanistico- edilizia e per il recupero e sanatoria delle opere edilizie, stabilisce all'art.13 che per le opere eseguite in assenza di concessione, ma conformi agli strumenti urbanistici vigenti sia al momento della loro realizzazione sia al momento della presentazione della domanda, il responsabile dell'abuso possa ottenere la concessione richiedendola entro il termine previsto per la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi; termine decorrente dalla notifica della ingiunzione di demolizione emessa dal sindaco e decorso il quale seguono gli effetti previsti dall'art. 7 della stessa legge.
L'ordinanza di rimessione non prende in alcun modo in considerazione la tempestività o meno della richiesta di concessione ai fini dell'accertamento di conformità delle opere agli strumenti urbanistici, previsto dall'art. 13 della legge n. 47 del 1985; non indica se si siano verificati gli ulteriori effetti previsti dall'art. 7 della stessa legge, nè motiva, per questi aspetti, sulla rilevanza della questione, che deve essere pertanto dichiarata inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 in relazione all'art. 22 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico- edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Pretore di Pistoia con ordinanza emessa il 24 giugno 1991.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/06/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 24/06/92.