SENTENZA N. 499
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi primo, secondo e quarto-ter, del decreto-legge 19 dicembre 1992, n. 485 (Contributo straordinario per la parziale copertura dei disavanzi delle aziende di trasporto pubblico locale), convertito, con modificazioni, nella legge 17 febbraio 1993, n. 32, promosso con ricorso della Regione Sardegna, notificato il 19 marzo 1993, depositato in cancelleria il 26 successivo ed iscritto al n. 23 del registro ricorsi 1993.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 2 novembre 1993 il Giudice relatore Antonio BALDASSARRE;
uditi l'Avv. Sergio Panunzio per la Regione Sardegna e l'Avv. dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1- Con ricorso ritualmente notificato e depositato, la Regione Sardegna ha contestato la legittimità costituzionale dell'art. 1, commi primo, secondo e quarto-ter, del decreto- legge 19 dicembre 1992, n. 485 (Contributo straordinario per la parziale copertura dei disavanzi delle aziende di trasporto pubblico locale), convertito, con modificazioni, nella legge 17 febbraio 1993, n. 32, adducendone il contrasto sia con varie norme dello Statuto speciale della Regione Sardegna (artt. 3, lettera g; 4, lettera g;6; da 7 a 14; 54 e 56) e con le relative norme di attuazione, sia con gli artt. 3, 81, 116 e 119 della Costituzione.
Le disposizioni denunciate dalla Regione Sardegna prevedono, in primo luogo, un contributo straordinario dello Stato di 380 miliardi di lire per la "parziale copertura dei disavanzi di esercizio relativi agli anni 1987- 1991 dei servizi di trasporto pubblico locale di cui all'art. 1 della legge 10 aprile 1981, n. 151" (art. 1, comma primo), stabilendo che tale contributo venga "attribuito, ... sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di cui all'art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400, alle regioni a statuto ordinario sulla base di quanto assegnato in sede di riparto del fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio di cui all'art. 9 della legge 10 aprile 1981, n. 151, alle singole regioni relativamente agli anni 1987-1991" (art. 1, secondo comma).
Ad avviso della ricorrente, tale disciplina legislativa sarebbe illegittima e lesiva delle proprie competenze costituzionalmente garantite e dei principi di autonomia finanziaria, in dipendenza del duplice effetto normativo riconducibile all'art. 1, primo e secondo comma, del decreto-legge impugnato. Questo, infatti, escluderebbe la Regione Sardegna (assieme alle altre regioni a statuto speciale), non soltanto dall'assegnazione del contributo straordinario stanziato dallo Stato con il decreto-legge n. 485 del 1992, ma anche dal riparto del fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio di cui all'art. 9 della legge n. 151 del 1981, confermando in tal modo le misure provvisoriamente disposte dall'art. 18, primo comma, del decreto-legge 28 dicembre 1989, n. 415.
Richiamata, a tale proposito, la sentenza n. 381 del 1990 di questa Corte, cui si deve la declaratoria di non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto l'art. 18 del decreto-legge n.415 del 1989, la Regione Sardegna ricorda che la non illegittimità della manovra allora disposta fu accertata sulla base della sua "provvisorietà" ed "urgenza" e della riconosciuta funzione "propedeutica" rispetto agli imminenti "futuri aggiustamenti che avrebbero dovuto essere definitivamente apportati a seguito di trattative del Governo con le singole regioni (o province) ad autonomia differenziata".
La disciplina introdotta dall'impugnato art. 1 del decreto legge n. 485 del 1992 - che, in parte, perpetuerebbe l'esclusione delle Regioni a statuto speciale dal riparto del fondo di cui all'art. 9 della legge n. 151 del 1981 e, in parte, riproduce la medesima discriminazione con riferimento al contributo straordinario di 380 miliardi disposto dallo Stato per il ripiano dei disavanzi accumulati nel periodo 1987-1991 dalle aziende di trasporto pubblico locale - si caratterizzerebbe, ad avviso della ricorrente, come un nuovo intervento "contingente", al quale, tuttavia, non potrebbero essere riferiti i caratteri di "provvisorietà" ed "urgenza".
Infatti, non potrebbe trattarsi di una misura provvisoria, perchè, a distanza di quattro anni, riprodurrebbe le tecniche utilizzate dal legislatore del 1989, senza prevedere in tempi ragionevoli l'adozione di un piano organico di revisione della materia; nè si potrebbe parlare di una misura "urgente", in quanto lo stesso preambolo del decreto-legge impugnato afferma che la urgenza di provvedere si collega, non già alla indifferibilità di un primo intervento di riordino finanziario, ma a problemi di "ordine pubblico", conseguenti a una situazione di tensione esistente tra gli operatori del trasporto pubblico locale nelle aree metropolitane.
La medesima disposizione non troverebbe adeguata giustificazione nemmeno sulla base di un preteso fine perequativo dei maggiori flussi finanziari delle regioni ad autonomia differenziata rispetto a quelli attribuiti alle regioni a statuto ordinario, dal momento che tale riequilibrio, secondo le indicazioni espresse nella sentenza n. 381 del 1990, non potrebbe essere ragionevolmente perseguito con interventi puntuali e contingenti, ma esigerebbe un complessivo disegno riformatore.
Gli stessi motivi d'illegittimità costituzionale illustrati con riferimento all'art. 1, primo e secondo comma, del decreto- legge n. 485 del 1992, si estenderebbero al comma quattro-ter del medesimo art. 1, che forma oggetto della terza questione di costituzionalità sollevata dalla Regione Sardegna.
Infatti, questa norma, nell'istituire "un fondo di riequilibrio per consentire alle regioni che abbiano subìto rispetto all'anno 1992 una consistente riduzione della loro assegnazione, di rientrare progressivamente, a partire dall'anno 1993, nella quota di riparto ordinario", e nel collegarsi, quindi, con l'art. 3 della legge 23 gennaio 1992, n. 500 (che ha fatto confluire, per il 1993, il fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio, di cui all'art. 9 della legge n. 151 del 1981, nel fondo comune di cui all'art.8 della legge 16 maggio 1970, n. 281), comporterebbe l'illegittima esclusione della Regione Sardegna (e di tutte le altre regioni ad autonomia differenziata) dalla ripartizione di questo speciale fondo di riequilibrio.
In definitiva, ad avviso della ricorrente, il complesso della disciplina posta dall'art.1, commi primo, secondo e quarto-ter, comportando l'esclusione della Sardegna dalle erogazioni ivi disposte per il ripiano dei disavanzi di esercizio dei servizi di trasporto pubblico locale, violerebbe i principi costituzionali di uguaglianza, di ragionevolezza e di autonomia finanziaria della Regione in una materia di propria competenza.
Infatti, la Regione Sardegna, sebbene sia tenuta, al pari delle regioni a statuto ordinario, al ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubblico locale operanti nel suo territorio (nonostante che non disponga di un effettivo controllo della spesa, a causa delle numerose potestà statali incidenti nel settore e, in particolare, sulle tariffe e sul personale), non verrebbe tuttavia dotata dallo Stato delle medesime risorse devolute alle regioni ordinarie.
Da ultimo, la ricorrente deduce, in via subordinata, l'irragionevolezza dell'art. 1, commi primo e secondo, nella parte in cui questa norma esclude la Regione Sardegna dall'assegnazione del contributo straordinario, limitatamente agli anni (1987-1988-1989) nei quali la Regione ricorrente partecipava alla ripartizione del fondo di cui all'art. 9 della legge n. 151 del 1981. Il dubbio sulla legittimità costituzionale della predetta esclusione è rafforzato dal fatto che il secondo comma dell'impugnato art.1 prescrive che il contributo sia commisurato a quanto assegnato "alle singole regioni relativamente agli anni 1987- 1991" in sede di riparto del fondo di cui all'art.9 della legge n. 151 del 1981.
2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri si è costituito in giudizio per chiedere una pronuncia di non fondatezza del ricorso.
Dopo aver sottolineato lo squilibrio, accumulatosi negli anni, fra i flussi finanziari conferiti alle regioni a statuto speciale e quelli destinati alle regioni a statuto ordinario e dopo aver ricordato che anche la sentenza n.381 del 1990, più volte citata nel ricorso, aveva dato atto di tale situazione, la Presidenza del Consiglio afferma che la revisione globale di tali squilibri, auspicata anche dalla Regione ricorrente, non potrebbe non avere come tappa fondamentale il superamento dei fondi settoriali. Ciò non di meno, il ricorso si fonderebbe sulla pretesa, ritenuta ingiustificata anche dalla sentenza n.381 del 1990, che le regioni (e le province) ad autonomia differenziata siano chiamate a compartecipare a tutti i fondi settoriali previsti a favore di queste ultime.
Ad avviso della Presidenza del Consiglio, maggiori prospettive di successo non potrebbero attribuirsi al motivo di ricorso subordinato, in quanto le scelte discrezionali del legislatore ordinario, in ordine alla ripartizione del contributo straordinario per il triennio 1987-1989, non contrasterebbero con alcuno dei parametri costituzionali invocati.
La ricorrente, inoltre, non addurrebbe cifre a sostegno della dedotta irragionevolezza della suddetta misura.
3.- In prossimità dell'udienza, ambedue le parti del giudizio hanno presentato memoria.
La Regione Sardegna, in replica alle considerazioni svolte dalla Presidenza del Consiglio, osserva che gli interventi straordinari estemporanei sui trasferimenti dei fondi settoriali, come quelli in esame, lungi dal rappresentare una tappa nel superamento degli squilibri esistenti tra i flussi finanziari devoluti alle regioni, minerebbero, in realtà, il fondamento principale dell'autonomia finanziaria regionale, consistente, non tanto nella quantità delle risorse finanziari trasferite, quanto, soprattutto, nella stabilità e nella certezza delle risorse disponibili.
La ricorrente acclude alla propria memoria una serie di documenti, vòlti a dimostrare che l'entità cospicua dei disavanzi delle aziende di trasporto locali sarde risalirebbe fino agli anni nei quali la Sardegna beneficiava anch'essa della ripartizione del fondo nazionale di cui all'art. 9 della legge n. 151 del 198l. E ciò dimostrerebbe l'insufficienza dei finanziamenti statali relativi al settore.
La Presidenza del Consiglio, nel ribadire che i flussi del finanziamento verso le regioni a statuto speciale sono più cospicui di quelli destinati alle regioni a statuto ordinario, osserva che le disposizioni oggetto del presente conflitto rientrano nella complessiva manovra del Governo relativa all'esercizio 1992, manovra che, tra l'altro, stabilendo l'aggancio delle entrate delle suddette regioni (e delle province autonome) alla dinamica dei tributi statali, avrebbe prodotto un aumento delle risorse a disposizione degli enti ad autonomia differenziata. In ragione di ciò, ad avviso della parte resistente, dovrebbe ritenersi addirittura doverosa la scelta discrezionale del legislatore statale di escludere le regioni a statuto speciale dal riparto del contributo straordinario e del fondo di riequilibrio.
Con riferimento al motivo del ricorso dedotto dalla Regione in via subordinata, la Presidenza del Consiglio sottolinea che il contributo straordinario in questione non è retroattivamente sostitutivo o modificativo degli interventi finanziari disposti in precedenza, ma si cumula agli stessi, senza prevedere alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio della Regione ricorrente.
Considerato in diritto
l.- La Regione Sardegna ha proposto ricorso per la dichiarazione d'illegittimità costituzionale dell'art. 1, commi primo, secondo e quarto-ter, del decreto-legge 19 dicembre 1992, n. 485 (Contributo straordinario per la parziale copertura dei disavanzi delle aziende di trasporto pubblico locale), convertito, con modificazioni, nella legge 17 febbraio 1993, n. 32, per violazione degli artt. 3, lettera g), 4, lettera g), 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 54 e 56 dello Statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), oltrechè degli artt.3, 81, 116 e 119 della Costituzione.
Più precisamente, la ricorrente, in riferimento ai predetti parametri di costituzionalità, solleva tre distinte questioni, concernenti:
a) la stabilizzazione della esclusione (disposta in via provvisoria dall'art. 18, primo comma, del decreto-legge 28 dicembre 1989, n. 415) della Regione Sardegna dal riparto del fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio di cui all'art. 9 della legge 10 aprile 1981, n. 151 (art. 1, primo e secondo comma);
b) l'esclusione della stessa Regione dalla partecipazione al contributo straordinario di 380 miliardi di lire erogato dallo Stato a titolo di concorso nella copertura dei disavanzi di esercizio dei servizi di trasporto pubblico locale relativi agli anni 1987-1991 (art. 1, primo e secondo comma);
c) l'esclusione della medesima Regione dal riparto del fondo di riequilibrio istituito dall'impugnato art. 1, comma quarto-ter, a favore delle regioni che abbiano subìto, rispetto all'anno 1992, una consistente riduzione della loro assegnazione, al fine di consentire ad esse di rientrare gradualmente nella quota di riparto ordinario.
Subordinatamente all'eventuale rigetto della questione indicata sub b), la ricorrente contesta l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, primo comma, del decreto-legge n.485 del 1992, nella parte in cui esclude irragionevolmente la Regione Sardegna dalla partecipazione al citato contributo straordinario di 380 miliardi di lire limitatamente al triennio 1987-1989, triennio durante il quale tutte le regioni a statuto speciale, compresa la ricorrente, hanno concorso alla ripartizione del fondo di cui all'art. 9 della legge n. 151 del 1981, avente le medesime finalità del predetto contributo (ripiano del disavanzo delle aziende di trasporto pubblico locale).
2.- Non fondata è, innanzitutto, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, primo e secondo comma, nella parte in cui conferma l'esclusione delle regioni a statuto speciale e, quindi, della Regione Sardegna dal riparto del fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio di cui all'art. 9 della legge 10 aprile 1981, n. 151.
In realtà, la censura prospettata dalla ricorrente muove da un'interpretazione dell'impugnato art. 1, primo e secondo comma, del decreto-legge n. 485 del 1992, che non può essere ascritta allo stesso. Non si può dire, infatti, che l'esclusione della Regione Sardegna e delle altre regioni (e province) ad autonomia differenziata dal fondo nazionale di cui all'art. 9 della legge n. 151 del 1981 sarebbe una conseguenza della non partecipazione delle medesime regioni al contributo straordinario di 380 miliardi di lire disposto dallo Stato per il ripiano dei disavanzi di esercizio dei servizi di trasporto pubblico locale per gli anni 1987-1991.
Poichè l'interpretazione chiaramente deducibile dalla lettura della disposizione impugnata, considerata alla luce dei lavori preparatori e del sistema normativo in cui è inserita, è nel senso che l'anzidetta norma si limita a stanziare un contributo straordinario aggiuntivo rispetto alle altre fonti di finanziamento ordinario attivate dallo Stato nello stesso settore e rivolte al medesimo fine di ripianare il disavanzo di esercizio delle aziende di trasporto pubblico locale, non si può desumere dalla norma impugnata, contrariamente a quanto ritiene la ricorrente, alcuna incidenza sui flussi ordinari di finanziamento statale verso le regioni nel settore dei trasporti locali.
3.- Parimenti non fondata è la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, primo e secondo comma, nella parte in cui esclude la Regione Sardegna, insieme alle altre regioni (e province) ad autonomia differenziata, dalla partecipazione al contributo straordinario di 380 miliardi di lire erogato dallo Stato a titolo di concorso nella copertura dei disavanzi di esercizio, relativi agli anni 1987-1991, dei servizi di trasporto pubblico locale.
Come si è osservato nel punto precedente della motivazione, la disposizione impugnata prevede un contributo straordinario aggiuntivo rispetto al finanziamento ordinario del settore, con il quale il legislatore statale ha inteso beneficiare soltanto le regioni ad autonomia comune.
Considerata in sè, l'esclusione da tale contributo delle regioni a statuto speciale e, quindi, della Sardegna non comporta una lesione del principio costituzionale di autonomia finanziaria delle stesse regioni e dell'integrità delle competenze ad esse attribuite. Infatti, come questa Corte ha già affermato (v. sent. n. 381 del 1990), pur se le regioni e le province autonome, cui sono costituzionalmente assegnate più ampie e significative competenze, debbono essere messe in grado di avere a disposizione risorse finanziarie maggiori e, comunque, adeguate alla più elevata quantità e qualità delle attribuzioni loro spettanti, tuttavia "questa esigenza non può giustificare la pretesa che le regioni (e le province) ad autonomia differenziata siano chiamate a compartecipare con le regioni a statuto ordinario a tutti i fondi settoriali previsti a favore di queste ultime".
Analizzata in riferimento al particolare caso disciplinato, la scelta discrezionale del legislatore statale di escludere la Regione Sardegna, insieme alle altre regioni (e province) ad autonomia differenziata, dalla ripartizione del contributo previsto dalla disposizione impugnata va sottoposta al vaglio del criterio della ragionevolezza, sotto il profilo, non già della distribuzione quantitativa delle risorse, bensì della tendenziale corrispondenza tra i bisogni che le regioni sono tenute a soddisfare e i mezzi finanziari assegnati alle stesse (v. sentt. nn.357 del 1993, 369 e 356 del 1992, 380 del 1990, 245 del 1984 e 307 del 1983).
Premesso, come s'è già detto, che si tratta di un contributo di carattere aggiuntivo rispetto agli ordinari strumenti di finanziamento delle regioni e che, pertanto, in relazione ad esso si esige una corrispondenza fra "bisogni" e "mezzi" che tenga conto di tale carattere (v. sent. n. 369 del 1992), occorre sottolineare che dai lavori preparatori risulta chiaramente che lo stanziamento del contributo in questione non è correlato alla previsione di oneri ulteriori per le regioni, ma è unicamente riferibile alla considerazione dell'entità e della gravità del disavanzo di esercizio sussistente nel settore dei servizi di trasporto pubblico locale. Sebbene tale situazione di persistente deficit riguardi la totalità delle regioni italiane, tuttavia l'esclusione delle regioni ad autonomia differenziata dalla partecipazione al riparto del contributo straordinario previsto dalla disposizione impugnata ha un'adeguata e ragionevole giustificazione nel rilievo che queste ultime regioni godono di una ben più cospicua gamma di risorse finanziarie.
Sicchè, anche in considerazione della copertura parziale assicurata alle singole regioni dal contributo in esame rispetto all'entità reale del disavanzo, l'indubbio effetto compensativo del più favorevole sistema di finanziamento delle regioni ad autonomia differenziata, riferibile al contributo previsto dalla disposizione impugnata, induce a ritenere non irragionevole la scelta discrezionale del legislatore statale di limitare la predetta erogazione alle sole regioni a statuto ordinario. Nè tale conclusione può essere modificata dalla pur corretta considerazione di politica economica che la situazione cronicamente deficitaria del servizio di trasporto pubblico locale esigerebbe interventi pubblici di carattere complessivo ed organico, non potendo desumersi da ciò la conseguenza che sia irragionevole qualsiasi intervento che non rivesta gli anzidetti caratteri.
4.- Non fondata è, altresì, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma quarto-ter, nella parte in cui istituisce un fondo di riequilibrio, a partire dal 1993, a favore delle regioni che abbiano subìto, rispetto all'anno 1992, una consistente riduzione della loro assegnazione, fondo dalla cui ripartizione sono escluse le regioni a statuto speciale e, quindi, la Regione Sardegna, in considerazione del fatto che queste ultime non sono ricomprese nel riparto del fondo ordinario di cui all'art. 9 della legge n. 151 del 198l.
L'istituzione di un fondo speciale, avente funzioni di riequilibrio dei flussi di finanziamento provenienti dal fondo nazionale di cui all'art.9 della legge n. 151 del 1981, risponde a un intento perequativo, che non irragionevolmente concerne soltanto le regioni a statuto ordinario. Infatti, il fondo di riequilibrio istituito con la disposizione impugnata adempie a una funzione accessoria rispetto al fondo ordinario previsto dall'art. 9 della legge n. 151 del 1981, nonchè al fondo comune disciplinato dall'art.8 della legge n. 281 del 1970, dopo la confluenza in quest'ultimo del primo ai sensi dell'art. 3 della legge n. 500 del 1992. Pertanto, oltre alle considerazioni svolte nel punto precedente circa la non irragionevolezza di misure volte a compensare il più sfavorevole sistema di finanziamento assicurato alle regioni a statuto ordinario, occorre sottolineare che il fondo di riequilibrio istituito dalla disposizione impugnata, diversamente dal contributo straordinario precedentemente esaminato, persegue chiaramente il fine di integrare la modifica dei criteri di assegnazione del fondo settoriale di cui all'art. 9 della legge n. 151 del 1981, già disposta dall'art. 18, primo comma, del decreto- legge n. 415 del 1989.
Sotto quest'ultimo profilo, a parte ogni considerazione sulla non irragionevolezza relativa alla finalità di progressivo riequilibrio delle quote rispettivamente assegnate alle regioni ad autonomia comune, è decisivo osservare che l'esclusione delle regioni a statuto speciale dal riparto del fondo in questione non è imputabile alla disposizione contestata. Tale esclusione, infatti, risale all'art. 18, primo comma, del decreto-legge n. 415 del 1989, per quel che riguarda la partecipazione al fondo di cui all'art. 9 della legge n. 151 del 1981 (sulla quale v. sent. n.381 del 1990), e all'art. 3 della legge n. 500 del 1992, per quel che concerne la confluenza del predetto fondo in quello comune previsto dall'art.8 della legge n. 281 del 1970.
5.- Non fondata è, infine, la questione di legittimità costituzionale sollevata in via subordinata nei confronti dell'art. 1, primo comma, nella parte in cui esclude la Regione Sardegna dalla ripartizione del contributo straordinario ivi previsto limitatamente al triennio 1987-1989, nel corso del quale la medesima Regione partecipava ancora alla ripartizione del fondo nazionale previsto dall'art. 9 della legge n. 151 del 1981 per il ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubblico locale.
Il presupposto interpretativo da cui muove la censura della Regione ricorrente, circa la consequenzialità della partecipazione al riparto del contributo straordinario previsto dalla disposizione impugnata rispetto alla partecipazione alle quote del fondo nazionale di cui all'art. 9 della legge n. 151 del 1981, non può essere condiviso. Come si è precedentemente sottolineato, il contributo straordinario in esame ha natura di intervento autonomo e aggiuntivo rispetto agli ordinari strumenti di finanziamento delle regioni, di modo che ad esso non possono essere riferiti i criteri di ripartizione applicati a questi ultimi, tanto più se attinenti ad anni trascorsi. Per i restanti profili, anche per tale questione valgono le osservazioni che hanno condotto alla dichiarazione di non fondatezza della questione esaminata nel precedente punto n. 3 di questa motivazione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.1, commi primo, secondo e quarto-ter, del decreto-legge 19 dicembre 1992, n.485 (Contributo straordinario per la parziale copertura dei disavanzi delle aziende di trasporto pubblico locale), convertito, con modificazioni, nella legge 17 febbraio 1993, n. 32, nella parte in cui esclude la Regione Sardegna dalla partecipazione alla ripartizione dei finanziamenti ivi previsti, sollevate, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione Sardegna in riferimento agli artt. 3, lettera g), 4, lettera g), 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 54 e 56 dello Statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), nonchè agli artt. 3, 81, 116 e 119 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29/12/93.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Antonio BALDASSARRE, Redattore
Depositata in cancelleria il 31/12/93.