Sentenza n. 369 del 1992

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SENTENZA N.369

 

ANNO 1992

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

-          Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

 

-          Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

-          Dott. Francesco GRECO

 

-          Prof. Gabriele PESCATORE

 

-          Avv. Ugo SPAGNOLI

 

-          Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

-          Prof. Antonio BALDASSARRE

 

-          Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

-          Avv. Mauro FERRI

 

-          Prof. Luigi MENGONI

 

-          Prof. Enzo CHELI

 

-          Dott. Renato GRANATA

 

-          Prof. Giuliano VASSALLI

 

-          Prof. Francesco GUIZZI

 

-          Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 31 dicembre 1991, n. 415 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), promossi con ricorsi delle Regioni Sicilia, Veneto e Lombardia, notificati rispettivamente il 29 e 30 gennaio 1992, depositati in cancelleria il 7 e l'8 febbraio 1992 ed iscritti ai nn. 16, 18 e 21 del registro ricorsi 1992.

 

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del l9 maggio 1992 il Giudice relatore Francesco Guizzi;

 

uditi gli avvocati Fazio, Francesco Cataldi, Angelo Clarizia e Ferdinando Mazzarella per la Regione Sicilia, Giandomenico Falcon per la Regione Veneto, Valerio Onida per la Regione Lombardia e l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Con ricorso notificato il 29 gennaio 1992 e depositato il 7 febbraio successivo, iscritto nel registro ricorsi del 1992 al n. 16, la Regione Siciliana ha impugnato l'art. 2, secondo comma, e la tabella B (fondo speciale di conto capitale) della legge 31 dicembre 1991, n. 415 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 1992), relativamente alla voce che concerne il contributo di solidarietà nazionale previsto dall'art. 38 dello Statuto regionale siciliano.

 

La legge Finanziaria 1992 prevede un accantonamento di 200 miliardi di lire per il 1992, di 300 miliardi per il 1993, di 500 miliardi per il 1994: in tal modo ha ridotto ad un quinto, per gli anni 1992 e 1993, gli accantonamenti fissati da precedenti leggi finanziarie, determinando - lamenta la ricorrente - una grave inversione di tendenza nel flusso degli stanziamenti, sino a compromettere le finalità perseguite dalla norma statutaria. Non potrebbe invocarsi - a giustificazione della disposizione impugnata - la sentenza n. 87 del 1987 della Corte costituzionale, che riguardava una limitata riduzione della somma in precedenza determinata (la decurtazione dei contributo era pari a 25 miliardi e non snaturava l'intervento di solidarietà).

 

La ricorrente prospetta infine la violazione dell'art. 81 della Costituzione: la legge finanziaria 1992 ha ridotto fondi già destinati al bilancio regionale per dare copertura a nuove spese contestualmente autorizzate. Qualora si ritenga insussistente l'interesse della Regione ad avanzare tale eccezione, si invita la Corte costituzionale a sollevare davanti a se stessa la questione.

 

2.- Con ricorso notificato il 30 gennaio 1992 e depositato il 7 febbraio successivo, iscritto nel registro ricorsi dei 1992 al n. 18, la Regione Veneto ha impugnato l'art. 2, undicesimo comma, della stessa legge 31 dicembre 1991, n. 415, perchè non destina le risorse statali necessarie a finanziare la spesa relativa al personale regionale e comunque non ne individua la copertura finanziaria, determinando l'iscrizione nel bilancio regionale di previsioni di spesa prive di corrispondenza con la spesa effettiva, in violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, e dell'art. 81 della Costituzione.

 

La ricorrente ricorda come l'art. 15, ultimo comma, della legge quadro sul pubblico impiego (n. 93 del 1983) é stato fin qui inteso come disposizione di carattere meramente contabile; la spesa per il personale figura nel bilancio regionale, ma spetta allo Stato, in sede di legge finanziaria, di provvedere alla copertura del costo del contratto - risultante da un sistema di contrattazione accentrata - mediante stanziamenti integrativi destinati alle regioni, come é accaduto in precedenza (si cita l'art. 2, decimo comma, della legge 24 dicembre 1988, n. 541 e il decreto-legge n.344 del 1990, convertito nella legge n. 21 del 1991).

 

Le regioni, proseguono le ricorrenti, non sono in grado di contenere i costi della contrattazione: spetta dunque al Governo di definire il quadro delle compatibilità economiche.

 

A fronte dell'aumento di spesa regionale che sarà determinato dal contratto, non vi sarebbe copertura in entrata, con lesione dell'autonomia finanziaria regionale e violazione dell'art. 81 della Costituzione: sarebbe infatti priva di copertura, nella legge finanziaria, la spesa prevista per le regioni e per gli altri enti indicati dall'art. 2, undicesimo comma.

 

3.- L'art. 2, undicesimo comma, della legge 31 dicembre 1991, n.415 é stato impugnato anche dalla Regione Lombardia, con ricorso notificato il 30 gennaio 1992, depositato l'8 febbraio successivo, iscritto nel registro dei ricorsi del 1992 al n. 21.

 

Sottolinea in particolare la ricorrente come la violazione del principio di autonomia finanziaria regionale e dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione sia ancor più palese nel caso delle unità sanitarie locali: la loro unica fonte di finanziamento é il fondo sanitario nazionale; lo Stato, pur non rinunciando a uno stretto controllo centralizzato dei fattori di spesa, ha cercato di addossare alle regioni quote crescenti del disavanzo determinatosi per il divario tra il fabbisogno di spesa delle unità sanitarie locali - in cui l'onere per il personale ha parte preponderante - e l'entità del fondo sanitario nazionale (la ricorrente richiama gli articoli 2-bis e 3 del decreto-legge 15 settembre 1990, n. 262, sul quale la Corte costituzionale si é espressa con la sentenza n. 283 del 1991, nonchè l'art. 2, quinto comma, della legge n. 412 del 1991).

 

La disposizione impugnata omette qualsiasi previsione di integrazione del fondo sanitario nazionale (come invece era avvenuto, da ultimo, con l'art. 2, lett. b), del decreto-legge n. 344 del 1990, convertito nella legge n.21 del 1991, che aveva integrato i trasferimenti dello Stato al fondo sanitario nazionale in relazione all'accordo per il triennio 1988-1990); di modo che la previsione dell'obbligo di iscrivere nel bilancio della regione le risorse occorrenti al finanziamento del rinnovo contrattuale grava la regione di un nuovo onere.

 

Risulterebbe dunque illegittimo l'art. 2, comma 11, della legge n. 415 del 1991, in riferimento all'art. 119 della Costituzione, nonchè in riferimento all'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468, all'art. 3, sesto comma, della legge 14 giugno 1990, n. 158 (erroneamente richiamato dalla parte ricorrente come art. 2, sesto comma), all'art. 15 della legge 29 marzo 1983, n. 93, e all'art. 51 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

 

4.1.- Si é costituito, con riferimento al ricorso, presentato dalla Regione Siciliana, il Presidente dei Consiglio dei ministri.

 

Il resistente osserva come non vi sia alcuna garanzia costituzionale circa l'ammontare e le modalità di erogazione del contributo di solidarietà alla Regione Siciliana, secondo quanto chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 87 del 1987.

 

Non pertinente appare poi il richiamo fatto dalla ricorrente all'art. 81 della Costituzione e risulterebbe irrilevante la questione incidentale di legittimità che si vorrebbe fosse sollevata d'ufficio.

 

4.2.- Anche per i ricorsi presentati dalla Regione Veneto e dalla Regione Lombardia si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per la loro infondatezza.

 

L'art. 5, comma 3, della legge finanziaria 1992, come chiarito dalla relazione al disegno di legge governativo, ha incrementato il fondo comune regionale (pari a lire 6.957 miliardi) rispetto alla consistenza dell'anno precedente, secondo il tasso di inflazione programmato. L'accresciuta consistenza del fondo comune regionale toglie ragione alla denuncia di violazione dell'art. 81 della Costituzione, poichè nello stanziamento previsto dall'art. 5, comma 3, della legge finanziaria é assicurata la copertura anche dei rinnovi contrattuali.

 

L'art. 2, comma 11, nello stabilire un limite all'iscrizione, nei bilanci regionali, delle risorse occorrenti ai rinnovi contrattuali obbedisce a esigenze di evidenza contabile e risponde al principio di coordinamento fissato dall'art. 119 della Costituzione. 1 tassi programmati d'inflazione cui fa richiamo la disposizione impugnata, d'altra parte, valgono anche per il Governo in sede di contrattazione collettiva.

 

5.1. - Nell'imminenza dell'udienza, la Regione siciliana (ricorso n.16) ha presentato memoria, rilevando come le leggi finanziarie che precedono quella oggi impugnata abbiano già fatto insorgere in capo alla Regione un diritto soggettivo di percezione del contributo di solidarietà.

 

Poichè la determinazione delle somme da versare s'inquadra in un rapporto giuridico a carattere obbligatorio, essa non può dirsi rimessa al mero arbitrio del debitore. Il potere di determinazione del contributo da parte dello Stato debitore nasce gravato da "limiti interni", desumibili dall'art. 38 dello Statuto regionale, nella parte in cui fa riferimento al bilanciamento del minore ammontare dei redditi di lavoro nella Regione in confronto alla media nazionale. Il potere determinativo dello Stato sarà quindi legittimo se si muoverà, quanto meno, in ragionevole accordo con tale finalità individuata dall'art. 38 dello Statuto regionale.

 

La ricorrente richiama il principio, affermato dalla giurisprudenza costituzionale, della necessaria corrispondenza tra bisogni regionali e mezzi finanziari per farvi fronte (sentenze n. 245 del 1984 e n. 307 del 1983) e riconosce che nella valutazione del legislatore possono risultare preminenti le esigenze generali della finanza pubblica, ma a condizione che le riduzioni degli stanziamenti siano tali da non alterare gravemente detta corrispondenza e, meno che mai, da vulnerare competenze ed interessi costituzionalmente garantiti.

 

Si sottolinea, poi, che oggetto della previsione statutaria non é tanto l'erogazione annuale, quanto l'assegnazione quinquennale del contributo. Se la determinazione quinquennale fa nascere in capo alla Regione un vero e proprio diritto di credito, erogabile annualmente, la modifica del contributo effettuato non alla scadenza del quinquennio, ma nel corso di esso, implica lesione della sfera patrimoniale della Regione.

 

5.2.- Nell'imminenza dell'udienza, hanno presentato memoria anche le Regioni Veneto (ricorso n. 18) e Lombardia (ricorso n. 21).

 

La Regione Veneto prende atto come per la stessa Avvocatura dello Stato gli aumenti del nuovo contratto del personale debbano essere coperti dallo Stato; nella deprecata ipotesi di uno sfondamento rispetto al tasso programmato d'inflazione, lo Stato dovrebbe quindi farsene carico. Qualora la Corte ritenesse fondata tale interpretazione, verrebbe meno la censura relativa all'ipotesi di oneri contrattuali superiori al tasso programmato d'inflazione.

 

Tuttavia, anche nel caso in cui il costo reale dei contratto risulti contenuto entro il tasso programmato d'inflazione, farebbe difetto il necessario finanziamento statale, che nella pregressa legislazione era assicurato sostiene la Regione Veneto - da uno speciale fondo statale, distinto dal fondo comune, ancorchè ripartito per la parte spettante alle regioni con gli stessi criteri.

 

La Regione Lombardia rileva, fra gli altri punti, la disarmonia esistente tra la determinazione del fondo comune solo per il 1992 (art. 5, comma 3 della legge finanziaria) e la disposizione impugnata, che pone invece a carico delle Regioni un obbligo triennale.

 

Considerato in diritto

 

1. - I tre ricorsi sollevano questioni identiche o connesse e vanno pertanto riuniti e decisi con unica sentenza.

 

2.1. - La Regione Siciliana ha impugnato l'art. 2, comma 2, e il fondo speciale di conto capitale (tabella B) della legge 31 dicembre 1991, n. 415 (legge finanziaria per il 1992), nella parte in cui determina per il triennio 1992-1994 gli accantonamenti per il contributo di solidarietà nazionale, previsto dall'art. 38 dello Statuto regionale siciliano, in termini riduttivi rispetto a quanto stabilito, per gli anni 1992 e 1993, dalla precedente legge finanziaria: ne risulterebbe compromessa la funzione perequativa del < contributo di solidarietà> e vi sarebbe violazione dell'art.38 dello Statuto, che contempla la revisione del contributo, ma solo al termine del quinquennio, e con riferimento alle variazioni dei dati assunti per il precedente computo.

 

Vi sarebbe altresì, ad avviso della ricorrente, violazione dell'art. 81 della Costituzione: fondi già destinati al bilancio regionale sarebbero ora utilizzati dal legislatore statale per dare copertura a nuove spese.

 

2.2. - Il ricorso è infondato, nei termini ora precisati.

 

La Costituzione e gli Statuti speciali non definiscono l'autonomia finanziaria regionale in termini quantitativi: vi è discrezionalità del legislatore statale nella determinazione dei trasferimenti, all'interno dei vincoli della finanza pubblica; va certo assicurata la corrispondenza fra < bisogni regionali> e < mezzi finanziari> per farvi fronte, in modo tale da garantire alle regioni il normale espletamento delle loro funzioni, ma operando sempre una valutazione comparativa delle esigenze generali (v., in particolare, le sentenze di questa Corte nn. 381 del 1990 e 307 del 1983).

 

Sulle modalità di determinazione e di erogazione del contributo di solidarietà previsto dall'art. 38 dello Statuto regionale siciliano, questa Corte si è specificamente pronunciata, rigettando l'impugnativa promossa dalla Regione Siciliana avverso una disposizione di legge statale riduttiva di uno stanziamento già conferito (v. l'art. 3, secondo comma, del decreto-legge n.677 del 1981, convertito nella legge n. 11 del 1982): l'erogazione del contributo è adempimento di un obbligo costituzionale, ma non è vincolata, quanto al suo ammontare ed alle modalità di erogazione, ad alcuna garanzia costituzionale; il terzo comma dell'art. 38 dello Statuto regionale siciliano prevede la revisione quinquennale dell'assegnazione con riferimento alla variazione dei dati assunti per il precedente computo, ma l'adozione del < dato-base> e le successive verifiche-ha osservato la Corte-sono rimesse a una valutazione dello Stato < non meramente ricognitiva> della modificazione degli elementi originali. Non è prevista la partecipazione della Regione al procedimento di revisione, nè altra forma di garanzia (sentenza n. 87 del 1987).

 

É appena il caso di ricordare che il contributo di solidarietà ha carattere aggiuntivo rispetto alle entrate assicurate in via ordinaria alla Regione.

 

2.3.-Valgono certamente per la questione in esame le considerazioni svolte da questa Corte nelle sentenze richiamate.

 

La Regione Siciliana impugna invero una disposizione della legge finanziaria per il 1992 (l'art. 2, comma 2, ove rinvia alla tabella B allegata alla legge, che indica le voci del fondo speciale di conto capitale) che non attribuisce ancora alla Regione il contributo di solidarietà, ma - come gli altri accantonamenti del fondo speciale-dà copertura finanziaria ai provvedimenti legislativi che si prevede siano approvati nel corso degli esercizi compresi nel bilancio pluriennale.

 

Ciò discende dal sistema introdotto dalla legge n. 468 del 1978, che ha riformato la contabilità dello Stato (legge modificata dalla legge n. 362 del 1988: v. in particolare l'art. 11-bis): l'indicazione delle voci da includere nei due fondi speciali (di parte corrente e di conto capitale) ha proiezione triennale e l'entità degli accantonamenti può essere modificata dalla legge finanziaria dell'anno successivo, secondo gli obiettivi di programmazione finanziaria approvati dalle Camere. La determinazione e modificazione del loro importo è frutto di una valutazione discrezionale del legislatore, momento qualificante della decisione di bilancio, che nella fattispecie non si presta a censure di irragionevolezza.

 

La legge finanziaria per il 1992 trova fondamento nell'urgenza di arginare l'espansione del deficit pubblico, coerentemente con gli impegni assunti dall'Italia in sede comunitaria: vi sono < limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento> (v., nella giurisprudenza di questa Corte, la sentenza n. 455 del 1990 e l'ordinanza n. 40 del 1991) ed è inevitabile che l'indirizzo generale di politica economico-finanziaria si rifletta sulla finanza regionale e, segnatamente, sui contributi destinati alle regioni ad autonomia speciale, sulla base di quella valutazione comparativa delle esigenze generali riservata al legislatore statale (v., ancora, la sent. n.307 del 1983, n. 5 del Considerato in diritto).

 

Va poi sottolineato che la disposizione impugnata non altera la complessiva rispondenza fra bisogni fondamentali della Regione e mezzi finanziari per farvi fronte, dal momento che il contributo di solidarietà ha carattere aggiuntivo rispetto alle entrate assicurate in via ordinaria alla Regione.

 

É però innegabile che l'indicazione per il triennio di tale voce nel fondo speciale della legge finanziaria non può intendersi quale meccanismo surrogativo della disciplina introdotta dall'art.38, terzo comma, dello Statuto regionale: il Parlamento, con distinta disposizione di legge, dovrà assegnare alla Regione Siciliana il contributo di solidarietà nel rispetto di detta norma statutaria (che pone un preciso riferimento temporale -il quinquennio-per la determinazione del contributo stesso, com'è correttamente avvenuto fino al periodo 1982 - 1986: v. la legge 13 agosto 1984, n. 470), con la possibilità di ricorrere a ulteriori mezzi di copertura, ai sensi dell'art. 11-ter della legge n. 468 del 1978, come modificata dalla legge n. 362 del 1988.

 

Resta fermo che l'adozione del dato base e le successive verifiche sono demandati a un apprezzamento discrezionale dello Stato, correlato alla funzione perequativa del contributo di solidarietà, individuato dallo stesso art. 38, secondo comma, dello Statuto.

 

2.4. -Non è pertinente il richiamo della ricorrente all'art. 81 della Costituzione: la difesa della Regione valuta negativamente il meccanismo dei < fondi speciali> dimenticando che la loro determinazione è frutto di una scelta di programmazione finanziaria che non può sostituire la decisione parlamentare che concretamente utilizza gli accantonamenti, e avanza censure che investono l'intero sistema della manovra di bilancio, come delineato dalle leggi n. 468 del 1978 e n. 362 del 1988, secondo una prospettiva che muove da un'interpretazione dell'art. 81 della Costituzione non confortata dalla giurisprudenza di questa Corte e che, in definitiva, non si fonda su alcun preciso parametro costituzionale.

 

Conclusivamente, non risultano violati dalla norma denunciata gli invocati parametri costituzionali.

 

3.1. - La Regione Veneto e la Regione Lombardia impugnano, a loro volta, l'art. 2, comma 11, della legge 31 dicembre 1991, n. 41S: secondo le ricorrenti, tale disposizione non destina le risorse statali necessarie a finanziare gli oneri derivanti dal rinnovo contrattuale, per quanto attiene al personale delle regioni, e determina l'iscrizione nel bilancio regionale di previsioni di spesa prive di corrispondenza con la spesa effettiva, in violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, e dell'art. 81 della Costituzione. (La Regione Lombardia indica altresì, come < norme interposte>, le seguenti disposizioni di legge ordinaria: l'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468; l'art. 3, comma 6 della legge 14 giugno 1990, n. 158; l'art. 15 della legge 29 marzo 1983, n. 93; l'art.51 della legge 23 dicembre 1978, n. 833).

 

I due ricorsi sono infondati, nei sensi di cui in motivazione.

 

Occorre chiarire, innanzitutto, che non esiste un fondo di parte corrente finalizzato esclusivamente alla copertura degli oneri per i rinnovi contrattuali del personale delle regioni. Gli stanziamenti aggiuntivi previsti per le regioni a statuto ordinario dal decreto-legge n. 326 del 1990, convertito nella legge n. 4 del 1991, sono confluiti nel fondo comune regionale: come risulta dalla stessa formulazione dell'art. 5, comma 3, della legge finanziaria per il 1992, il fondo comune ricomprende le somme stanziate dal decreto-legge n. 326 del 1990, coerentemente con quell'indirizzo legislativo che ha cercato di razionalizzare i fondi di parte corrente riducendoli a tre (v. già l'art. 2 della legge n. 158 del 1990).

 

L'art. 5, comma 3, della legge finanziaria per il 1992 ha incrementato il fondo comune regionale rispetto alla consistenza dell'anno precedente in misura corrispondente al tasso di inflazione indicato nel documento di programmazione economico- finanziaria per gli anni 1992-1994. L'accresciuta consistenza del fondo comune regionale toglie ragione alla denuncia di violazione degli articoli 81 e 119 della Costituzione, poichè l'art. 5, comma 3, della legge finanziaria dà astrattamente copertura, quanto meno per l'anno 1992, oneri di spesa derivanti dai nuovi contratti, che peraltro sono ancora da definire.

 

Le ricorrenti paventano l'ipotesi che il costo effettivo del contratto non rispetti il tasso programmato d'inflazione e comunque non risulti coperto dal fondo comune regionale, come incrementato: gli oneri derivanti dal nuovo contratto finirebbero, allora, per ricadere sui bilanci delle regioni senza che sia predisposta alcuna copertura finanziaria.

 

Non si può escludere, in astratto, che dalla interpretazione < operativa> di una norma, di per sè legittima, possa derivare lesione alla sfera di autonomia costituzionalmente garantita alle regioni. Siffatta lesione deriverebbe non tanto dalla disposizione impugnata, ma da una temuta sua distorta applicazione (ciò vale anche per la paventata < ricaduta> sul bilancio regionale di nuovi oneri a carico delle unità sanitarie locali, derivanti anch'essi dai rinnovi contrattuali): per tale eventualità, sussiste però il rimedio del conflitto di attribuzione (v. la sentenza di questa Corte n. 243 del 1985, n. 3 del Considerato in diritto); ancor prima, a garanzia delle ricorrenti v'è il controllo effettuato dalla Corte dei conti sul decreto del Presidente della Repubblica di attuazione dell'accordo 1991-1993.

 

3.2.-La Regione Lombardia sottolinea, poi, la disarmonia esistente tra la determinazione del fondo comune solo per il 1992 (art. 5, comma 3 della legge finanziaria) e la disposizione impugnata, che pone invece a carico delle Regioni un obbligo che certamente si proietta sul triennio 1992-1994.

 

É difficile negare che questa disarmonia sussista per gli anni 1993 e 1994 ed anche per gli anni successivi, trattandosi di oneri continuativi: essa deriva peraltro dal meccanismo fin qui seguito per i trasferimenti alle regioni ordinarie, che prevede la determinazione, anno per anno, del fondo comune regionale. La Corte non può che sottolineare l'urgenza di una compiuta razionalizzazione di tale sistema, al fine di assicurare adeguati punti di riferimento per la programmazione di bilancio delle regioni; in ogni caso, il legislatore statale dovrà ottemperare al principio, più volte ribadito da questa Corte (v. le sentenze n. 283 del 1991, 381 del 1990, 452 del 1989, 245 del 1984), della necessaria corrispondenza tra bisogni regionali e mezzi finanziari: non possono infatti essere addossati ai bilanci regionali oneri di spesa che non dipendono da decisioni imputabili alle regioni.

 

La norma impugnata, se interpretata nei termini precisati, non reca lesione all'autonomia finanziaria regionale, nè viola l'art.81 della Costituzione: anche per gli anni 1993 e 1994 - e per gli anni successivi - sussiste, in capo al legislatore statale, l'obbligo di incrementare il fondo comune regionale in modo tale da assicurare la copertura degli oneri effettivi del nuovo contratto, che hanno, com'è evidente, carattere continuativo, con ciò assicurando la corrispondenza tra < bisogni> regionali e .mezzi> finanziari.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

 

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, della legge 31 dicembre 1991, n. 415 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 1992) e dell'allegata tabella B, sollevata, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione Siciliana, in riferimento all'art. 38 dello Statuto regionale siciliano e all'art. 81 della Costituzione;

 

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, undicesimo comma, della citata legge 31 dicembre 1991, n. 415, sollevata, con i ricorsi indicati in epigrafe, dalle Regioni Veneto e Lombardia, in riferimento agli artt. 81 e 119 della Costituzione, nonchè all'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n.468, all'art. 3, sesto comma, della legge 14 giugno 1990, n. 158, all'art.15 della legge 29 marzo 1983, n. 93 e all'art. 51 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/07/92.

 

Aldo CORASANITI, Presidente

 

Francesco GUIZZI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 27/07/92.