Sentenza n. 380 del 1990

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SENTENZA N.380

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Piemonte riapprovata il 21 marzo 1990 dal Consiglio regionale, avente per oggetto: <Interpretazione autentica del nono comma dell'art. 34 della L.R. n. 40/1984 e disposizioni in merito al personale docente dei centri di formazione professionale>, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 10 aprile 1990, depositato in cancelleria il 20 successivo ed iscritto al n. 34 del registro ricorsi 1990.

Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte;

udito nell'udienza pubblica del 27 giugno 1990 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;

uditi l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri, per il ricorrente, e l'avv. Enrico Romanelli per la Regione.

Ritenuto in fatto

l.- Con ricorso in data 8 aprile 1990, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione Piemonte recante "Interpretazione autentica del nono comma dell'art. 34, L.R. n. 40 del 1984, e disposizioni in merito al personale docente dei centri di formazione professionale".

La legge é composta di due articoli.

Con l'art. 1, essa si qualifica come norma di interpretazione autentica del nono comma dell'art. 34 della legge regionale 16 agosto 1984, n. 40, con cui era stato recepito l'accordo nazionale di lavoro per il personale delle Regioni per il periodo 1982-84.

La norma, resa oggetto di interpretazione autentica, disponeva la abrogazione con effetto dall'1 gennaio 1983 (data iniziale di applicazione del succitato accordo nazionale) delle precedenti norme regionali concernenti la progressione economica stipendiale fondata sul meccanismo delle classi e degli scatti (art. 14 legge reg. n. 5 del 1981).

La succitata legge regionale n. 40 dei 1984 é entrata in vigore il 6 settembre 1984; pertanto, fino a quest'ultima data le norme contenute nell'art. 14 della legge n. 4 del 1981 hanno continuato a trovare applicazione.

Con il testo ora approvato il legislatore regionale vorrebbe far sì che la abrogazione già disposta con decorrenza 1° gennaio 1983 faccia comunque salvi gli effetti risultanti dalla applicazione delle norme abrogate nel periodo il gennaio 1983 (decorrenza della abrogazione) - 6 settembre 1984 (entrata in vigore della norma di abrogazione).

Così disponendo, - osserva l'Avvocatura generale dello Stato - la Regione Piemonte non ha in realtà effettuato una interpretazione autentica; la norma ora impugnata ha piuttosto modificato la norma "interpretata" per quanto concerne la portata dell'effetto abrogativo fissato alla data dell'1 gennaio 1983.

Attraverso questa modifica, impropriamente espressa in forma interpretativa, si perviene al risultato di consentire la conservazione dei benefici derivanti dalla progressione economica di cui all'abrogato art. 14 l.r. n. 5 del 1981 e conseguentemente il cumulo dei medesimi con i benefici di natura analoga previsti dalla successiva l.r. n. 40 del 1984 di recepimento dell'accordo nazionale 1982-84 che, con la surricordata abrogazione dall'1 gennaio 1983, aveva coerentemente ristabilito una situazione di uguaglianza per tutto il personale.

Se ne deduce che la disposizione in esame, oltre a violare principi generali dell'ordinamento giuridico in tema di uso dei potere legislativo in funzione di interpretazione autentica, si pone in contrasto con la legge quadro sul pubblico impiego n. 93 del 1983 e con la normativa contrattuale: in particolare risulta vulnerato il principio di omogeneizzazione e perequazione dei trattamenti economici.

Sarebbero altresì violati i canoni fondamentali di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della P.A. di cui all'art. 97 della Costituzione.

Con i medesimi principi contrasta l'art. 2 della legge oggetto del ricorso; mediante questa norma la Regione Piemonte intende provvedere al riconoscimento per intero dell'anzianità pregressa anche nei confronti del personale docente già in servizio a tempo determinato presso i Centri di formazione professionale alla data del 31 dicembre 1982, successivamente inquadrato nei ruoli regionali.

L'Avvocatura generale dello Stato chiede quindi che la proposta questione di legittimità costituzionale della legge regionale del Piemonte, indicata in epigrafe, sia dichiarata fondata con ogni statuizione conseguenziale.

2.- La Regione Piemonte si é costituita in giudizio, chiedendo che il ricorso venga respinto in quanto inammissibile e comunque infondato nel merito.

Nella memoria si precisa anzitutto che con la legge impugnata si é inteso disciplinare le situazioni createsi nel periodo compreso tra l'1 gennaio 1983, data iniziale di applicazione della nuova progressione degli stipendi dei personale regionale, e il 6 settembre 1984, data di entrata in vigore della legge abrogatrice della precedente disciplina. Un ampio contenzioso in materia aveva dato luogo a decisioni giurisprudenziali spesso contraddittorie, con conseguente disparità di trattamento tra i dipendenti.

Ciò premesso, sarebbero inammissibili le censure relative alla presunta violazione dei principi generali in tema di interpretazione autentica e al contrasto con la legge quadro sul pubblico impiego. Tali censure atterrebbero ad una sorta di eccesso di potere legislativo, la cui configurabilità non é concepibile in un giudizio di costituzionalità. In ogni caso sarebbero destituite di fondamento, perchè lo scopo dell'interpretazione autentica é proprio quello di superare, sulla base della forza normativa, le incongruenze determinatesi nell'applicazione della legge.

Del tutto privo di fondamento sarebbe poi l'addotto contrasto con l'art. 97 della Costituzione. Con la legge interpretativa si é proprio dato attuazione a detta previsione costituzionale, provvedendo a rimuovere confusioni, incongruenze, ingiustizie e disparità di trattamento che la precedente normativa aveva generato.

Considerato in diritto

1. - L'art. 1 della legge della Regione Piemonte, impugnata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, reca per titolo <Interpretazione autentica dell'art. 34, nono comma, L.R. n. 40/1984>; il suo contesto normativo si enuncia conforme alla intitolazione.

Esso dispone infatti che <il nono comma dell'art. 34 della L.R. n. 40 del 1984..... deve essere interpretato nel senso che ....>.

Al la indicata enunciazione non corrisponde peraltro il contenuto della norma. II nono comma dell'art. 34 legge Regione Piemonte 16 agosto 1984, n. 40, stabilisce infatti-in modo del tutto esplicito e inequivoco -che gli artt. 13 e 14 della legge Regione Piemonte 27 gennaio 1981, n. 5, sono abrogati a decorrere dal 1° gennaio 1983. Rispetto a tale previsione, non può non assumere carattere innovativo il contenuto dell'art. 1 della legge impugnata, per cui la disposizione precedente va interpretata nel senso che l'efficacia retroattiva dell'abrogazione deve in ogni caso fare salvi gli effetti già prodotti, fino alla data di entrata in vigore della legge n. 40 del 1984, dall'art. 14 della legge Regione Piemonte n. 5 del 1981.

Esattamente rileva l'Avvocatura generale dello Stato che la norma impugnata ha in realtà modificato la norma <interpretata>; essa opera, infatti, sulla portata dell'effetto abrogativo, disciplinandolo in via autonoma e non limitandosi invece-come sarebbe stato conforme alla natura dichiarata dell'intervento legislativo-a definire un qualche significato di per sè già insito nella disposizione originaria.

Nel caso in esame si è dunque certamente fuori dell'ipotesi della legge interpretativa. Tale qualificazione va infatti riconosciuta - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, sentenze n. 155 del 1990 e n. 233 del 1988)-soltanto alla legge che, fermo il tenore testuale della norma interpretata, ne chiarisce il contenuto, ovvero privilegia una sola tra le varie interpretazioni possibili, con la conseguenza che la disciplina della specie è il prodotto delle due norme successive, le quali rimangono entrambe in vigore e sono anche idonee ad essere separatamente modificate.

2.-La considerazione degli effetti sostanziali della norma impugnata chiarisce il carattere innovativo di essa e ne lumeggia l'incoerenza, l'irrazionalità e il contrasto con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione.

La legge della Regione Piemonte n. 40 del 1984, in attuazione dell'accordo nazionale stipulato il 29 aprile 1983, di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri del 16 giugno 1983, ha completamente riformulato la disciplina dello stato giuridico e del trattamento economico dei dipendenti regionali. Nell'eseguire la complessa operazione, essa ha avuto come costante riferimento temporale l'1 gennaio 1983. II primo comma dell'art. 47 dispone infatti che da questa data decorrono gli effetti giuridici ed economici della nuova normativa. A sua volta, il secondo comma dello stesso articolo prevede che i benefici economici conseguenti all'applicazione della legge vengano attribuiti in tre successive rate, la prima delle quali decorrente dal 1° gennaio 1983.

É del tutto giustificato e coerente, dunque, che l'art. 14 della legge n. 5 del 1981, il quale disciplinava la progressione economica degli appartenenti a ciascun livello funzionale, nell'ambito del diverso sistema giuridico e retributivo proprio della legge menzionata, sia stato abrogato con effetto dal 1° gennaio 1983, data in cui è divenuto operativo il nuovo sistema.

L'art. 1 della legge impugnata, altera invece, la razionalità complessiva dell'operazione di riordinamento dello stato giuridico e del trattamento economico dei dipendenti regionali, riordinamento che include anche riconoscimenti di anzianità pregresse e nuovi inquadramenti. Per il periodo intercorrente tra l'1 gennaio 1983 e la data di entrata in vigore della legge 16 agosto 1984, i benefici connessi alla precedente disciplina si cumulerebbero, infatti, con quelli propri alla nuova.

L'incoerenza di questo risultato con l'assetto operato dalla legge n. 40 del 1984 conferma il carattere innovativo dell'art. 1 della legge impugnata e comprova l'irrazionalità in cui è incorso il legislatore regionale, il quale ha violato altresì le regole della buona amministrazione. L'anomala disciplina posta in essere non si adegua, infatti, ai principi di omogeneizzazione delle posizioni giuridiche, della perequazione e trasparenza dei trattamenti economici e dell'efficienza amministrativa che, per l'art. 4 della legge quadro sul pubblico impiego, devono ispirare la legislazione in materia.

L'art. 1 della legge impugnata va dunque dichiarato costituzionalmente illegittimo.

3. - L'art. 2 della stessa legge dispone, poi, che nei confronti del personale docente dei centri di formazione professionale, assunto a tempo determinato ai sensi dell'art. 13 della legge della Regione Piemonte 20 agosto 1974, n. 22, trovano applicazione gli artt. 33 e 34 della legge n. 40 del 1984, nonchè l'art. 33 della legge n. 34 del 1989.

Senonchè le norme, di cui si estende l'applicazione, consentono la valutazione per intero del periodo di effettivo servizio svolto dal dipendente, incluso quello prestato presso lo Stato, gli enti pubblici, gli enti locali e le Regioni.

Orbene, risulta del tutto irragionevole-come si è già statuito nell'analogo caso considerato con sentenza n. 233 del 1988-che una norma, la quale riconosce al personale di ruolo della Regione il computo integrale, ai fini del trattamento economico, del periodo di servizio prestato anteriormente in una posizione di ruolo- non corrispondente a quella ricoperta al momento dell'entrata in vigore della legge, venga automaticamente estesa a chi era in precedenza legato all'amministrazione regionale da rapporto del tutto diverso, derivante da un contratto di lavoro a tempo determinato.

Anche tale previsione va dunque dichiarata costituzionalmente illegittima.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge, della Regione Piemonte, riapprovata il 21 marzo 1990, intitolata <Interpretazione autentica del nono comma dell'art. 34, L. R. n. 40/1984 e disposizioni in merito al personale docente dei centri di formazione professionale>.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/07/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Gabriele PESCATORE, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 31/07/90.