ORDINANZA N. 452
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Avv. Massimo VARI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 63 e 67 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonchè per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale) e dell'art. 1, terzo comma, del d.P.R. 20 gennaio 1992, n. 23 (Concessione di amnistia per reati tributari), promosso con ordinanza emessa il 23 dicembre 1992 dal Tribunale di Pesaro nel procedimento penale a carico di Ricci Giuseppe, iscritta al n. 191 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1993.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 20 ottobre 1993 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.
Ritenuto che nel corso di un giudizio penale concernente una imputazione di omesso versamento di ritenute di acconto effettivamente operate e dichiarate nel modello 770 da parte di sostituto d'imposta (art. 2, ultimo comma del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982, n.516, nel testo in vigore alla data del 1987, tempo del fatto), il Tribunale di Pesaro, con ordinanza del 23 dicembre 1992, ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale degli articoli 63 e 67 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 e dell'art. 1, terzo comma, del d.P.R. 20 gennaio 1992, n. 23;
che il Tribunale premette che, nel caso di specie, l'imputato ha omesso di versare le ritenute d'acconto effettuate e da lui stesso dichiarate nella dichiarazione annuale di sostituto d'imposta del 1987, e che, in base ad attestazione dell'organo esattoriale, le dette ritenute non erano state ancora versate alla data del 25 febbraio 1992;
che quest'ultima circostanza preclude l'applicabilità dell'amnistia concessa con il d.P.R. 20 gennaio 1992, n. 23, emanato in attuazione della delega contenuta nell'art. 67 della l.30 dicembre 1991, n. 413, giacchè l'art. 1, comma terzo, del richiamato provvedimento di clemenza stabilisce che, per i reati commessi dai sostituti di imposta, l'amnistia si applica, a coloro che abbiano fatto dichiarazione (nel modello 770) delle ritenute operate, a condizione che le ritenute medesime siano state versate entro il 23 gennaio 1992; mentre per i sostituti d'imposta che non abbiano fatto dichiarazione delle ritenute nel modello 770, l'applicabilità dell'amnistia è condizionata al fatto che l'importo delle ritenute sia compreso in quello indicato nella dichiarazione integrativa presentata, a norma dell'art. 63 della legge n.413 del 1991, in sostituzione di quella omessa o in aumento di quella già presentata, ed il termine di presentazione della dichiarazione integrativa è stabilito al 30 giugno 1992, mentre quello dei relativi versamenti scade nel luglio 1993;
che il Tribunale rimettente sospetta di incostituzionalità la disciplina sopra riferita, in rapporto al principio di eguaglianza: al sostituto d'imposta che ha adempiuto all'obbligo "primario e fondamentale" della dichiarazione viene ad essere accordato un trattamento penale deteriore rispetto a chi, nella stessa situazione debitoria, abbia omesso non solo il versamento ma anche la dichiarazione; a quest'ultimo, infatti, viene accordato un termine più ampio per regolarizzare la propria posizione, rispetto al primo;
che i sospetti di illegittimità costituzionale si rafforzano ulteriormente, per il giudice a quo, alla luce di quanto stabilisce l'art. 3 del decreto-legge 24 novembre 1992, n. 455, che ha "riaperto" i termini del condono tributario consentendo ai sostituti di imposta di presentare le dichiarazioni integrative di cui all'art. 63 della legge n. 413 del 1991 fino al 31 marzo 1993, poichè questa normativa sembrerebbe aver "riaperto" i termini anche ai fini dell'applicazione dell'amnistia, nel senso che gli effetti delle situazioni ricomprese nel condono tributario in tal modo prorogato rileverebbero anche in sede penale ai fini dell'amnistia di cui al d.P.R. n. 23 del 1992;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione.
Considerato che, nella prospettazione del giudice rimettente, l'eliminazione della lamentata disparità di trattamento tra l'ipotesi del sostituto di imposta che abbia omesso di versare entro il termine stabilito le ritenute d'acconto (da lui effettuate e dichiarate) e quella - assunta a termine di comparazione - in cui l'applicazione del beneficio estintivo è collegata alla presentazione della dichiarazione integrativa, sarebbe possibile solo accordando alla prima ipotesi il medesimo termine stabilito per la seconda quanto a verificazione della condizione applicativa dell'amnistia rispettivamente prevista nei due casi (versamento delle ritenute; presentazione della dichiarazione integrativa);
che, pertanto, la questione sollevata tende ad ampliare l'ambito di applicabilità dell'amnistia, il che è precluso in sede di giudizio di legittimità costituzionale: un intervento quale quello richiesto inciderebbe in un ambito la cui determinazione è rimessa alla esclusiva competenza del legislatore: (ex plurimis, ord. nn. 340 e 628 del 1987; sent.nn. 59 e 79 del 1980, n. 32 del 1976, n. 154 del 1974) e comporterebbe il non consentito effetto di mutare, ampliandolo, il termine di applicabilità del beneficio, stabilito dalla legge sulla base del precetto contenuto nell'art. 79, secondo comma, della Costituzione;
che, d'altra parte, la concorrente prospettazione - in termini dubitativi - della possibile ulteriore efficacia in sede penale della riapertura dei termini per la presentazione delle dichiarazioni integrative (basata sul decreto-legge n.455 del 1992, non convertito in legge, ma ricollegabile al successivo decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito in legge 24 marzo 1993, n.75) costituisce una questione di carattere interpretativo, rimessa alla valutazione del giudice ed estranea al sindacato di costituzionalità delle norme impugnate;
che sotto entrambi i profili ora detti la questione deve ritenersi manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 63 e 67 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le base imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonchè per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale) e dell'art. 1, terzo comma, del d.P.R. 20 gennaio 1992, n. 23 (Concessione di amnistia per reati tributari), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Pesaro con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/12/93.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Vincenzo CAIANIELLO, Redattore
Depositata in cancelleria il 20/12/93.