Sentenza n. 32 del 1976
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SENTENZA N. 32

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Dott. Luigi OGGIONI, Presidente

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma secondo, della legge 20 dicembre 1973, n. 830, e dell'art. 1, commi primo e secondo, del d.P.R. 22 dicembre 1973, n. 834, concernenti concessione di amnistia in materia di reati finanziari, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 5 aprile 1974 dal tribunale di Ferrara nel procedimento penale a carico di Ferrari Vincenzo, iscritta al n. 227 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 180 del 10 luglio 1974;

2) ordinanze emesse il 22 febbraio 1974 dal tribunale di Palermo in tre procedimenti penali rispettivamente a carico di Loriano Vincenzo, Loriano Rosolino e Loriano Vittorio, iscritte ai nn. 304, 305 e 306 del registro ordinanze 1974 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 263 del 9 ottobre 1974;

3) ordinanza emessa il 9 maggio 1974 dal giudice istruttore del tribunale di Lucca nel procedimento penale a carico di Rughini Carlo, iscritta al n. 360 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 284 del 30 ottobre 1974;

4) ordinanza emessa il 12 giugno 1974 dal tribunale di Perugia nel procedimento penale a carico di Fedele Pio, iscritta al n. 389 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiate della Repubblica n. 289 del 6 novembre 1974;

5) ordinanza emessa il 10 maggio 1974 dal tribunale di Macerata nel procedimento penale a carico di Vico Giuseppe, iscritta al n. 403 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 309 del 27 novembre 1974;

6) ordinanza emessa il 26 luglio 1974 dal giudice istruttore del tribunale di Pisa nel procedimento penale a carico di Balazs Giorgio, iscritta al n. 477 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7 dell'8 gennaio 1975;

7) ordinanze emesse il 10 dicembre 1974 dal tribunale di Prato nei procedimenti penali rispettivamente a carico di Rossi Romano e di Coppini Moreno e Mauro, iscritte ai nn. 25 e 26 del registro ordinanze 1975 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 55 del 26 febbraio 1975.

Udito nella camera di consiglio del 27 novembre 1975 il Giudice relatore Antonino De Stefano.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza in data 5 aprile 1974, emessa nel corso del procedimento penale a carico di Ferrari Vincenzo, imputato della contravvenzione prevista e punita dagli artt. 17 e 243 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette, approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, per aver omesso di presentare la dichiarazione unica dei redditi percepiti negli anni 1968 e 1969, il tribunale di Ferrara, in accoglimento dell'eccezione proposta dalla difesa, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 2 (recte 1), comma secondo, del d.P.R. 22 dicembre 1973, n. 834, avente ad oggetto "concessione di amnistia in materia di reati finanziari", nella parte in cui implicitamente esclude dalla applicabilità del beneficio le posizioni tributarie per i periodi di imposta chiusi anteriormente al 1 gennaio 1974, ma definite in regime diverso da quello del condono tributario previsto dal d.l. 5 novembre 1973, n. 660.

Ad avviso del tribunale non sussiste, invero, alcun ragionevole fondamento alla distinzione di trattamento penale tra la posizione di chi abbia avuto la definizione del suo rapporto tributario, come nel caso di specie, in regime ordinario e la posizione di chi abbia invece definito la sua pendenza tributaria in regime straordinario di condono; che, anzi, ogni beneficio accordato a chi abbia profittato della più favorevole definizione del condono dovrebbe a fortiori essere riconosciuto a chi abbia conseguito la definizione nel più oneroso regime ordinario.

2. - Nei riguardi dell'art. 1, comma primo e secondo, del citato decreto di amnistia n. 834 del 1973, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale, sempre in riferimento all'art. 3 Cost., anche il tribunale di Palermo con tre ordinanze, di identico contenuto, emesse il 22 febbraio 1974, in altrettanti procedimenti penali rispettivamente a carico di Loriano Vincenzo, Rosolino e Vittorio, tutti tratti a giudizio sotto la medesima imputazione per avere omesso di presentare la dichiarazione dei redditi prodotti nell'anno 1969, redditi che erano poi stati definitivamente accertati in sede di concordato raggiunto con l'amministrazione finanziaria.

Ad avviso del giudice a quo sarebbe evidente la disparità di trattamento dell'impugnata norma, la quale estingue i reati relativi ad evasioni fiscali da accertare e non ancora definite e non si applica, invece, ai soggetti evasori di imposta che, come quelli di specie, abbiano comunque definito il loro debito tributario. In realtà, la situazione fiscale in cui versa il contribuente che abbia definito il suo reddito imponibile, rispetto a quello che non l'abbia ancora definito o voglia regolarizzarlo, sarebbe solo apparentemente diversa, giacché la definitività dell'accertamento può anche dipendere da diligenza o efficienza degli organi amministrativi ed anche dalla coscienza fiscale del singolo, mentre la mancata definitività o il mancato accertamento può trarre origine da condotte opposte.

3. - L'incostituzionalità, sempre in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 1 del d.P.R. n. 834 del 1973 é stata sollevata, sulla base di identici motivi, con le ordinanze 9 maggio 1974 e 26 luglio successivo, emesse rispettivamente dai giudici istruttori dei tribunali di Lucca e di Pisa in sede istruttoria di due procedimenti penali a carico di Rughini Carlo e Balazs Giorgio, entrambi imputati della contravvenzione prevista e punita dagli artt. 17 e 243 del t.u. n. 645 del 1958 per aver omesso di presentare la dichiarazione dei redditi, il primo, agli effetti dell'imposta di ricchezza mobile e sulle società per i bilanci chiusi nel 1971 e 1972 della s.r.l. Pharmaceutici Intercom; ed il secondo, relativamente all'imposta complementare dovuta nel 1967, per i redditi suoi e della moglie derivanti dalla compartecipazione a due società.

Nelle due ordinanze i giudici a quibus, condividendo i rilievi formulati dai pubblici ministeri in ordine all'incostituzionalità della norma, affermano che la manifesta ingiustificata disparità di trattamento - derivante dall'aver limitato il beneficio dell'amnistia a coloro che chiedono di definire il proprio rapporto tributario pendente col regime più favorevole previsto dal d.l. n. 660 del 1973 - finisce, in sostanza, col premiare i contribuenti "più accorti".

4. - Identica questione di legittimità costituzionale (contrasto dell'art. 1, comma secondo, del d.P.R. n. 834 del 1973 con l'art. 3 Cost.) é stata sollevata:

a) con ordinanza 12 giugno 1974 emessa dal tribunale di Perugià nel procedimento penale a carico di Fedele Pio (rinviato a giudizio per aver omesso di presentare la dichiarazione unica dei redditi prodotti nel 1969 - redditi poi definiti mediante concordato), nella quale si osserva che la norma censurata viene in concreto a realizzare una disparità di trattamento in relazione a situazioni sostanzialmente uguali, e ciò alla stregua di elementi occasionali quali, in particolare, la maggiore o minore rapidità della definizione delle singole vertenze;

b) con due ordinanze, di identico contenuto e di pari data (10 dicembre 1974), pronunciate dal tribunale di Prato nei procedimenti penali a carico di Rossi Romano e Coppini Moreno e Mauro (tutti imputati della stessa contravvenzione - omessa presentazione della dichiarazione unica dei redditi prodotti nel 1969), nelle quali si afferma che la disparità di trattamento non appare sorretta da obiettive e ragionevoli diversità di situazioni; che, semmai, il beneficio dell'amnistia si sarebbe dovuto accordare - a maggior ragione - al contribuente che avesse definito la sua pendenza fiscale col più sfavorevole regime ordinario.

5. - Con ordinanza 10 maggio 1974, emessa nel corso del procedimento penale a carico di Vico Giuseppe, imputato per aver omesso di presentare la dichiarazione unica dei redditi prodotti nel 1969, il tribunale di Macerata ha prospettato dubbi di incostituzionalità, per contrasto con l'art. 3 Cost., oltre che nei confronti del ripetuto art. 1 del d.P.R. n. 834 del 1973, anche nei riguardi del corrispondente art. 1, comma terzo (recte comma secondo), della legge 20 dicembre 1973, n. 830, contenente la "delegazione al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia in materia di reati finanziari", affermando che tali norme, escludendo dal beneficio dell'amnistia le pendenze regolarizzate secondo disposizioni anteriori al provvedimento di clemenza e diverse da quelle stabilite dal d.l. n. 660 del 1973, creano disparità dì trattamento proprio in danno dei contribuenti che hanno dimostrato maggiore diligenza e che sarebbero, pertanto, più meritevoli del beneficio.

Considerato in diritto

1. - Per la identità delle questioni che ne formano oggetto, i giudizi relativi alle ordinanze in epigrafe si riuniscono per la decisione con unica sentenza.

2. - La Corte é chiamata ad accertare se siano costituzionalmente illegittimi, per contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, gli artt. 1, comma secondo, della legge 20 dicembre 1973, n. 830 (delegazione al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia in materia di reati finanziari), ed 1, primo e secondo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1973, n. 834 (concessione di amnistia in materia di reati finanziari), nella parte in cui - subordinando l'applicabilità dell'amnistia alla condizione che le pendenze e le situazioni tributarie siano definite o regolarizzate secondo le disposizioni del decreto legge 5 novembre 1973, n. 660, convertito con modificazioni nella legge 19 dicembre 1973, n. 823 - implicitamente escludono l'applicabilità dell'amnistia ai reati afferenti gli stessi periodi d'imposta ed i medesimi tributi, le cui posizioni siano state definite secondo l'ordinario regime.

3. - Occorre innanzi tutto precisare che l'ordinanza del tribunale di Ferrara, indicata in epigrafe, denuncia la illegittimità costituzionale del comma secondo dell'art. 2 (e non dell'art. 1, indicato dalle altre) del citato d.P.R. n. 834 del 1973; ma il tenore della motivazione fa palese che trattasi di errore materiale, e che la norma denunciata é invece il comma secondo dell'art. 1 (mentre l'art. 2, con unico comma, disciplina l'entrata in vigore del decreto presidenziale).

Del pari, a tenore della motivazione, deve ritenersi che l'ordinanza del tribunale di Macerata abbia per errore materiale denunciato la illegittimità costituzionale del comma terzo (che concerne l'inapplicabilità dell'amnistia ai sostituti d'imposta) anziché del comma secondo (che corrisponde quasi testualmente al comma secondo del d.P.R. n. 834 del 1973, egualmente denunciato con la stessa ordinanza) dell'art. 1 della citata legge n. 830 del 1973.

4. - La questione non é fondata.

Giova ricordare che la Corte, a proposito dell'istituto dell'amnistia, ha già avuto occasione di sottolinearne il carattere eccezionale e la concomitante esigenza di contenere nei più ristretti limiti l'esercizio della relativa potestà conferita dall'art. 79 della Costituzione (sentenza n. 175 del 1971). E tali profili vanno ancor più ribaditi allorché l'effetto estintivo proprio dell'amnistia debba spiegarsi nei confronti di reati finanziari, pur sempre connessi, direttamente o indirettamente, alla inosservanza dei precetto sancito dall'art. 53 della Costituzione, posto a tutela - come la Corte ha più volte affermato - dell'interesse generale alla riscossione dei tributi siccome interesse particolarmente differenziato che, attenendo al regolare funzionamento dei servizi necessari alla vita della comunità, ne condiziona l'esistenza.

In siffatta prospettiva ben si colloca l'amnistia per reati in materia di imposte dirette, nonché di tasse e imposte indirette sugli affari, concessa con il citato d.P.R. 22 dicembre 1973, n. 834, a seguito della legge di delegazione 20 dicembre 1973, n. 830. Essa invero, a tenore delle denunciate norme, si applica ai reati "riferibili alle pendenze ad alle situazioni concernenti i tributi" indicati negli artt. 1, 6, 7, 8 e 9 del citato decreto legge 5 novembre 1973, n. 660, recante norme per agevolare la definizione delle pendenze tributarie, convertito con modificazioni nella legge 19 dicembre 1973, n. 823; ed é esplicitamente sottoposta "alla condizione che le pendenze e le situazioni siano definite o regolarizzate secondo le disposizioni del decreto legge suindicato come modificato dalla legge di conversione".

L'ambito di applicazione della concessa amnistia ne risulta così circoscritto; e la posta delimitazione trae la sua ragion d'essere dallo scopo cui sono preordinate le richiamate disposizioni. Si evince, infatti, dai lavori parlamentari che, nel momento in cui diveniva operante la riforma tributaria, intesa ad apportare, nella legislazione e nel costume, nuovi principi di coscienza tributaria ed un diverso e più corretto rapporto tra fisco e contribuenti, si volle offrire a questi ultimi il modo di chiudere le passate controversie. Donde i provvedimenti per il cosiddetto condono tributario; donde, quasi necessaria conseguenza, la estinzione anche dei reati connessi con le violazioni delle leggi tributarie interessate alle procedure del condono.

Il decreto legge 5 novembre 1973, n. 660, dianzi citato, si prefiggeva lo scopo di favorire la sollecita risoluzione dell'ingente numero di controversie pendenti innanzi le commissioni tributarie, o ancora in istruttoria presso gli uffici finanziari, e la definizione di tutti quei rapporti tra fisco e contribuenti, suscettibili di contestazione relativamente ai tributi soppressi o modificati per effetto della riforma tributaria. Esso non poteva, peraltro, conseguire il suo obiettivo - leggesi nella relazione al disegno di legge di delegazione al Presidente della Repubblica per la concessione dell'amnistia de qua - "se non si fanno cessare anche gli effetti penali connessi con talune violazioni delle leggi tributarie. Sarebbe vano, infatti, offrire ai contribuenti la possibilità di porre termine alle loro controversie con il fisco, per dare inizio a nuovi rapporti tributari improntati ad uno spirito di maggiore fiducia e chiarezza, senza nel contempo rinunciare alla pretesa punitiva per i reati da essi eventualmente commessi in relazione alle situazioni oggetto di contestazione. Per questa considerazione il Governo ritiene necessario un atto di clemenza nei confronti di tutti quei contribuenti che vorranno profittare dell'occasione loro offerta di sistemare le loro pendenze".

Appare dunque manifesto il carattere strumentale del concesso provvedimento di clemenza, che lo colloca al di fuori della categoria delle amnistie "celebrative"; e la enucleata motivazione consente di apprezzare la ragionevolezza della sua strutturazione. Risulta, d'altronde, che lo stesso legislatore non volle aderire a proposte avanzate per l'ampliamento dell'ambito di applicazione dell'amnistia.

5. - Alla luce delle esposte considerazioni, la Corte ritiene che le denunciate norme non violino il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. La disparità di trattamento, in ordine alla possibilità di beneficiare dell'amnistia, tra contribuenti le cui posizioni tributarie siano state già definite in base all'ordinario regime e che restano quindi esclusi dall'amnistia, e contribuenti ammessi al beneficio per avere soddisfatto la condizione di aver definito le loro posizioni avvalendosi del condono, non appare razionalmente ingiustificata, se rapportata alla finalità perseguita dal legislatore.

Alla disparità di trattamento, d'altronde, corrisponde una diversità di situazioni. Gli ammessi al beneficio sono soggetti che si trovano, potenzialmente o in atto, in una posizione di contrasto con il fisco, e ad essi si richiede una positiva manifestazione conciliativa, mediante la presentazione di domanda irrevocabile per conseguire la definizione delle loro pendenze, secondo i criteri automatici stabiliti dal decreto legge n. 660 del 1973 con ciò stesso rinunciando a far valere le loro ragioni nelle competenti sedi. Gli esclusi sono soggetti che non hanno più motivo di contrasto con il fisco, che hanno già fruito della possibilità di far valere le loro ragioni, e che devono rispondere penalmente del loro comportamento, secondo una norma che continua a vigere anche nei confronti di quegli altri contribuenti che preferiscano non avvalersi della possibilità loro offerta di fruire del condono tributario.

La Corte - una volta accertato il rispetto del principio di uguaglianza, in cui si concreta l'unico parametro del presente giudizio - riafferma l'estraneità alla funzione di controllo sulla costituzionalità delle leggi, di una indagine che fosse volta a sindacare l'ampiezza dell'uso fatto dal Parlamento della sua discrezionalità in materia, sulla base di considerazioni d'ordine politico.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma secondo, della legge 20 dicembre 1973, n. 830, di delegazione al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia in materia di reati finanziari, ed 1, primo e secondo comma, del successivo d.P.R. 22 dicembre 1973, n. 834, concessivo dell'amnistia in materia di reati finanziari, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 febbraio 1976.

Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 19 febbraio 1976.