SENTENZA N. 319
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Dott. Aldo CORASANITI Presidente
Dott. Francesco GRECO Giudice
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA “
Prof. Antonio BALDASSARRE “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Dott. Renato GRANATA “
Prof. Giuliano VASSALLI “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 23 novembre 1990 dal Pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Moschetta Paolo ed altra e l'I.N.A.D.E.L., iscritta al n. 189 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1991;
2) ordinanza emessa il 5 novembre 1990 dal Pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Della Casa Marika e l'I.N.A.D.E.L., iscritta al n. 206 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1991;
Visti gli atti di costituzione di Moschetta Paolo e Lucia, di Della Casa Marika e dell'I.N.A.D.E.L.;
Udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 1991 il Giudice relatore Francesco Greco;
Udito l'avv. Felice Assennato per Moschetta Paolo e Lucia e Della Casa Marika;
Ritenuto in fatto
1. - Nel procedimento promosso da Paolo e Lucia Moschetta nei confronti dell'I.N.A.D.E.L., per sentir dichiarare il loro diritto (quali nipoti superstiti ed unici eredi legittimi di Luigi Diolaiti, iscritto al detto Istituto e deceduto, senza testamento, in attività di servizio, il 10 novembre 1989) di ottenere l'erogazione, in forma indiretta, dell'indennità premio di servizio maturata da quest'ultimo, il Pretore di Bologna (con ordinanza del 23 novembre 1990, R.O. n. 189 del 1991), accogliendo l'eccezione formulata dagli stessi attori, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 8 marzo 1968, n. 152, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che, in caso di morte del titolare del diritto alla menzionata indennità, questa, in mancanza di altri superstiti aventi titolo o di eredi testamentari, sia devoluta ai nipoti, quali eredi ex lege dello stesso titolare.
Il giudice a quo ha ritenuto la rilevanza della questione, in considerazione del contenuto della domanda e dell'impedimento, da parte della disposizione censurata, all'accoglimento della stessa ed, inoltre, la sua non manifesta infondatezza.
Ha osservato che:
l'attuale testo dell'art. 3 della legge n. 152 del 1968, a seguito della parziale declaratoria di illegittimità costituzionale con sentenza di questa Corte n. 471 del 1989, prevede la possibilità di disporre per testamento dell'indennità premio di servizio, nel caso in cui manchino superstiti tutelati in via principale (e cioè, il coniuge o, in difetto, i figli minorenni in concorso con quelli maggiorenni, inabili a proficuo lavoro, nullatenenti ed a carico dell'iscritto; nonché, per effetto delle sentenze di questa stessa Corte nn. 115 del 1979, 110 del 1981 e 821 del 1988, i collaterali ed i genitori ultrasessantenni, che versino nelle condizioni ora indicate);
tuttavia, non prevede la sua devoluzione secondo le norme della successione legittima, in difetto di disposizioni del de cuius;
l'assenza di siffatta previsione discrimina gli eredi legittimi dell'iscritto all'I.N.A.D.E.L. rispetto a quelli del lavoratore privato, per i quali l'art. 2122 del codice civile stabilisce, invece, la possibilità della suddetta devoluzione dell'indennità di anzianità; la discriminazione è priva di giustificazione per le medesime ragioni che hanno già indotto questa Corte, con la sopra citata sentenza, ad estendere all'indennità premio di servizio la regola della disponibilità per testamento.
2. - Identica questione è stata sollevata dallo stesso Pretore di Bologna con ordinanza del 5 novembre 1990, pervenuta alla Corte successivamente (R.O. n. 206 del 1991), nel procedimento civile promosso, con uguale domanda, da Marika Della Casa nei confronti dell'I.N.A.D.E.L.
3. - Entrambe le ordinanze, ritualmente notificate e comunicate, sono state altresì pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.
3.1. - Nei giudizi davanti alla Corte si sono costituite le parti private; in quello introdotto con l'ordinanza n. 189 del 1991 si è costituito anche I.N.A.D.E.L..
4. - La difesa delle parti private ha concluso per la fondatezza della questione, sottolineando che l'accoglimento della tesi dell'illegittimità della disposizione censurata appare, in buona sostanza, un mero corollario delle statuizioni di cui alla citata sentenza n. 471 del 1989.
4.1. - Di tenore opposto sono le conclusioni rassegnate dalla difesa I.N.A.D.E.L., che ha sottolineato la mancanza di omogeneità delle situazioni poste a raffronto, sull'assunto che l'indennità premio di servizio, a differenza del trattamento di fine rapporto dovuto ai lavoratori privati, ha finalità essenzialmente ed esclusivamente previdenziali, in ragione delle quali può essere legittimamente assoggettata a condizioni che ne limitino l'erogazione, in modo diversificato rispetto a quanto stabilito per il detto trattamento.
Considerato in diritto
1. - La Corte è chiamata a verificare se l'art. 3, secondo comma, della legge 8 marzo 1968, n. 152, nella parte in cui non prevede che possano avere diritto, quali eredi ex lege, alla indennità premio di servizio, in mancanza di altri superstiti aventi titolo all'attribuzione in forma indiretta o di eredi testamentari, i nipoti del dipendente iscritto all'I.N.A.D.E.L. deceduto in attività di servizio, violi l'art. 3 della Costituzione, per il deteriore trattamento che, in tal modo, determina in danno della testé menzionata categoria di soggetti, rispetto agli eredi legittimi del lavoratore subordinato privato, ai quali l'art. 2122 del codice civile consente siffatta successione, con riguardo al trattamento di fine rapporto maturato dal loro dante causa.
2. - I due giudizi, siccome prospettano la stessa questione, possono essere riuniti e decisi con un unico provvedimento.
3. - La questione è fondata.
Si è già ritenuto (Corte cost., sent. n. 471 del 1989) che la indennità premio di servizio ha subito una radicale evoluzione, sia per effetto della nuova legislazione (specie dell'art. 22 della legge 29 ottobre 1987, n. 440, di conversione del decreto-legge n. 359 del 1987), sia per effetto dei numerosi interventi di questa Corte (in specie, sent. n. 208 del 1986 e n. 763 del 1988). La si deve, ormai, considerare un trattamento di fine rapporto ed, in particolare, un diritto del lavoratore da lui conseguito durante la prestazione della sua attività lavorativa, della quale è frutto.
La sua natura è mista e cioè retributiva, assistenziale e previdenziale; in altri termini, è retributiva con funzione previdenziale.
3.1. - Con la norma impugnata il legislatore ha tutelato l'interesse di coloro che, per essere integrati nel nucleo familiare del dipendente, dalla retribuzione che egli percepiva durante il rapporto di impiego, ricevevano un sostentamento, del quale, dopo la sua morte, sono rimasti privi in tutto o in parte. Essi sono: la vedova non separata legalmente per sentenza passata in giudicato e pronunciata per di lei colpa oppure, nel caso di morte della iscritta, il vedovo non separato legalmente per sentenza passata in giudicato e pronunciata per di lui colpa; la prole (figli legittimi, legittimati, naturali, riconosciuti o giudizialmente dichiarati, affiliati o adottivi, sempre che il relativo atto sia avvenuto prima della cessazione dal servizio dell'iscritto) minorenne e, in concorso con essa, la prole maggiorenne permanentemente inabile a proficuo lavoro, nullatenente e a carico dell'iscritto alla data del decesso; le orfane che siano nubili o vedove; i superstiti dell'iscritto cessato dal servizio senza diritto a pensione, deceduto entro il triennio dalla data della detta cessazione; i collaterali; i genitori ultrasessantenni inabili a proficuo lavoro, nullatenenti ed a carico dell'iscritto.
La detta indennità, siccome entra nel patrimonio del dipendente, nel caso in cui manchino le suddette persone tutelate in via principale, può essere oggetto di successione e, come si è ritenuto (Corte cost., sent. n. 471 del 1989), anche di disposizione testamentaria, a somiglianza di quanto avviene, per effetto dell'art. 2122 del codice civile (Corte cost., sent. n. 8 del 1972), per l'indennità di fine rapporto.
3.2. - Per quanto innanzi affermato, sempre nel caso in cui vengono a mancare le dette persone, trovano anche applicazione le regole della successione ex lege, sempre alla stessa stregua di quanto l'art. 2122, terzo comma, del codice civile dispone per la suddetta indennità.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riunisce i giudizi;
Dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali), nella parte in cui non prevede la possibilità, per la indennità premio di servizio, della successione ex lege, qualora manchino le persone indicate nella stessa norma.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 1991.
Aldo CORASANITI - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.
Depositata in cancelleria il 10 luglio 1991.