SENTENZA N.471
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali), promosso con ordinanza emessa il 12 dicembre 1988 dal Pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Maccarelli Walter e l'I.N.A.D.E.L., iscritta al n. 113 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1989.
Visto l'atto di costituzione di Maccarelli Walter nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 14 giugno 1989 il Giudice relatore Francesco Greco.
Considerato in diritto
1. -Il Pretore di Bologna dubita della legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 8 marzo 1968, n. 152, nella parte in cui non prevede la possibilità di disporre per testamento dell'indennità premio di servizio, qualora manchino soggetti titolari iure proprio del diritto ovvero, se esistenti, abbiano validamente accettato le volontà testamentarie, in quanto risulterebbe violato l'art. 3, primo comma, della Costituzione, traducendosi l'esclusione di detta possibilità in un trattamento ingiustificatamente deteriore in danno di una categoria di cittadini.
2. - La questione é fondata.
L'art. 3 della legge 8 marzo 1968, n. 152, indica le categorie di superstiti dell'iscritto all'I.N.A.D.E.L. aventi diritto all’indennità premio di servizio nella forma indiretta; e cioè la vedova non separata legalmente per sentenza passata in giudicato e pronunciata per di lei colpa, oppure, nel caso di morte dell’iscritta che abbia contratto matrimonio prima del cinquantesimo anno di età, il vedovo non separato legalmente per sentenza passata in giudicato e pronunciata per di lui colpa, la prole (figli legittimi, legittimati, figli naturali riconosciuti o giudizialmente dichiarati, affiliati o adottivi sempre che il relativo atto sia avvenuto prima della cessazione dal servizio dell'iscritto) minorenne ed in concorso con essa, la prole maggiorenne permanentemente inabile a proficuo lavoro, nullatenente ed a carico dell'iscritto alla data del suo decesso; le orfane che siano nubili o vedove; i superstiti dell'iscritto cessato dal servizio senza diritto a pensione, deceduto entro il triennio dalla data di cessazione.
Per effetto di decisioni di questa Corte si aggiungono: i collaterali (sentenze nn. 115 del 1979 e 821 del 1988); e i genitori ultrasessantenni (sentenza n. 110 del 1981), inabili a proficuo lavoro, nullatenenti e a carico dell'iscritto.
L'indennità si acquista dai soggetti suddetti ope legis, senza possibilità per il de cuius di disporne per testamento.
Ora siffatta esclusione non ha più un'adeguata giustificazione.
L'istituto ha subito una radicale evoluzione sia per effetto della nuova legislazione (specie dell'art. 22 della legge 29 ottobre 1987, n. 440, di conversione del decreto-legge n. 359 del 1987), sia per effetto di numerosi interventi di questa Corte (in particolare sentenze nn. 208 del 1986 e 763 del 1988).
Per una nutrita categoria di dipendenti l'indennità premio di servizio tiene luogo dell'indennità di anzianità che essi non percepiscono.
E' conteggiata sulla retribuzione contributiva con inclusione degli aumenti periodici, della tredicesima mensilità, degli eventuali assegni in natura e anche, dal 1° gennaio 1974, dell'indennità integrativa speciale.
E' quindi un vero e proprio trattamento di fine rapporto correlato alla capitalizzazione dei contributi all'uopo versati dal dipendente. E' un diritto del lavoratore che egli consegue durante la prestazione della sua attività lavorativa e frutto di essa.
Se ne deve riconoscere una natura mista, retributiva, previdenziale e assistenziale.
Il legislatore tutela l'interesse di coloro che, per essere integrati nel nucleo familiare del dipendente, ricevevano sostentamento dalla retribuzione che egli percepiva e che per la di lui morte sono rimasti privi in tutto o in parte del sostentamento. Ma siccome l'indennità entra nel patrimonio del dipendente, non può dubitarsi che essa possa formare oggetto di successione testamentaria nei casi in cui manchino le suddette persone tutelate in via principale.
Trovano in sostanza applicazione quegli stessi principi posti a fondamento della declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 2122, comma terzo, del codice civile nella parte in cui escludeva che, in mancanza delle persone indicate nei primi due commi dello stesso articolo, che sostanzialmente corrispondono a quelle indicate nella norma in esame, il lavoratore subordinato potesse disporre per testamento dell’indennità di anzianità (sentenza n. 8 del 1972).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali) e successive modificazioni, nella parte in cui non prevede la possibilità di disporre per testamento dell'indennità premio di servizio, qualora manchino le persone indicate nella norma stessa.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/07/89.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.
Depositata in cancelleria il 31/07/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Francesco GRECO, REDATTORE