Sentenza n. 503 del 1989

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SENTENZA N.503

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 308 del codice penale militare di pace, promosso con ordinanza emessa il 14 febbraio 1989 dal Tribunale militare di Padova nel procedimento penale a carico di Giuliani Antonio, iscritta al n. 233 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 ottobre 1989 il Giudice relatore Giovanni Conso.

 

Considerato in diritto

 

 1.-Il Tribunale militare di Padova denuncia a questa Corte le <gravi illegittimità che sembrano caratterizzare> l'art. 308 del codice penale militare di pace, in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 52 della Costituzione.

2. -L'ordinanza di rimessione lamenta, innanzi tutto, la violazione dell'art. 13, terzo comma, della Costituzione, 1a dove viene sancito il principio che <l'autorità di polizia può adottare provvedimenti restrittivi solo 6in casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge6 >.

L'art. 308 del codice penale militare di pace non rispetterebbe tale principio, imponendo agli ufficiali di polizia giudiziaria militare <il generale obbligo> di <procedere ad arresto nella flagranza di qualsiasi reato militare punibile con pena detentiva o con pena più grave, in tal modo praticamente riferendosi ad ogni reato militare (eccettuate le contravvenzioni di cui agli artt. 150 - 154 D.P.R. 14 febbraio 1964 n. 237)>.

3. -Più precisamente, la questione cosi enunciata ha quale oggetto il primo comma dell'articolo censurato. E' in forza di tale comma, infatti, che <Le persone indicate nell'art. 301> dello stesso codice penale militare di pace (cioè, le persone preposte alle funzioni di polizia giudiziaria militare) <devono procedere o far procedere all'arresto di chiunque é colto in flagranza di un reato militare, punibile con pena detentiva o con pena più grave>, restando irrilevante il peraltro pleonastico inciso finale, che si preoccupa di mantenere <ferma l’osservanza dei modi prescritti dai regolamenti per l'accesso in luoghi militari>.

4. - La questione é fondata.

Senza porre minimamente in discussione la tassatività dell'indicazione dei casi di arresto in flagranza da parte del legislatore penale militare, il giudice a quo non nega che i requisiti della <necessità ed urgenza> del provvedimento restrittivo si possano <indurre presuntivamente> dalla stessa situazione di flagranza di reato, ma per aggiungere subito dopo che, <quando, tuttavia, l'arresto, come avviene per l'art. 308, debba essere inderogabilmente adottato in presenza di qualsiasi reato>, l'attualità insita nella flagranza <non appare più da sola idonea a soddisfare l'accennato requisito della "necessità ed urgenza" >.

Invero, se, trattandosi di arresto obbligatorio in flagranza, gli estremi della necessità ed urgenza <vanno considerati in relazione alle esigenze dell'acquisizione e della conservazione delle prove> (v. sentenza n. 3 del 1972, pure per i richiami alla sentenza n. 173 del 1971; cfr., inoltre, sentenza n. 79 del 1982), nonché all'assoggettabilità dell'arrestato a giudizio direttissimo (v. sentenza n. 126 del 1972)-finalità tutte perseguibili soltanto attraverso l'immediato intervento dell'autorità di polizia in temporanea vece dell'autorità giudiziaria, lontana normalmente dalla flagranza o quasi flagranza dei reati-altrettanto non si può dire per il requisito dell'<eccezionalità)>.

E' questo, non quelli, a risultare carente allorché l'arresto in flagranza venga prescritto dal legislatore nei confronti di qualsiasi reato rientrante nello speciale sistema sanzionatorio cui la norma sull'arresto si riferisce, tanto da assurgere ad aspetto caratterizzante del sistema stesso. Non si può certo parlare di <casi eccezionali di necessità ed urgenza> a fronte di una normativa che, in nome della necessità ed urgenza <inducibili>, o meglio deducibili, dalla flagranza di reato, impone sempre l'arresto di polizia in presenza di essa, si da farne una situazione talmente generalizzata da ricomprendere tutti i reati previsti dal codice penale militare di pace. Né bastano le due contravvenzioni punibili con la sola pena pecuniaria - menzionate dalla medesima ordinanza come le uniche ipotesi di reato militare non punibile con pena detentiva o più grave (artt. 150 e 152 d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237)-a modificare, rovesciandoli, i termini della situazione. A parte l'opinione (non condivisa dal giudice a quo) di chi, in seguito alla legge 24 novembre 1981, n. 689, ritiene depenalizzate anche le suddette contravvenzioni, si tratterebbe pur sempre di violazioni che, per il fatto di non contemplare l'irrogazione finale di una pena detentiva, non potrebbero comunque giustificare l'adozione di misure restrittive della libertà personale né da parte dell'autorità di polizia né da parte dell'autorità giudiziaria (v. sentenze n. 215 del 1983 e n. 39 del 1970).

La conclusione può essere soltanto una: l'art. 308, primo comma, del codice penale militare di pace, nell'allontanarsi dalla regola ordinaria -contrassegnata in materia di restrizioni della libertà personale dal principio generale dell'intervento preventivo dell'autorità giudiziaria (v. sentenza n. 64 del 1977)-difetta del requisito dell'eccezionalità richiesto dall'art. 13, terzo comma, della Costituzione. Un tale requisito non può certo consentire che alla riserva di giurisdizione posta dal secondo comma dello stesso articolo siano apportate deroghe aventi una sfera di applicabilità talmente ampia ed esaustiva da tradursi, a loro volta, in regola assoluta, così collocandosi agli antipodi di ciò che si intende per eccezionalità (v. sentenza n. 74 del 1985).

5.-La conclusione raggiunta dispensa dall'esaminare, perché assorbiti in essa, gli altri motivi di illegittimità prospettati dal giudice a quo, a cominciare dalla disparità di trattamento ravvisata nel <diverso e più liberale contenuto degli artt. 235 e 236 c.p.p., a danno del militare che commetta un reato militare>.

Le conseguenze della declaratoria di illegittimità dell'art. 308, primo comma, sono evidenti: a determinare i casi di arresto in flagranza nei confronti di reati militari commessi da militare non potranno che essere, allo stato della legislazione, le disposizioni del diritto processuale penale ordinario (artt. 380 e 381 del codice di procedura penale del 1988, subentrati agli artt. 235 e 236 del codice di procedura penale del 1930). Il dettato dell'art. 261, prima parte, del codice penale militare di pace e lineare in proposito: <Salvo che la legge disponga diversamente, le disposizioni del codice di procedura penale si osservano anche per i procedimenti davanti ai tribunali militari>.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 308, primo comma, del codice penale militare di pace.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/10/89.

 

Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 15/11/89.

 

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Giovanni CONSO, RELATORE