Sentenza n. 39 del 1970
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SENTENZA N. 39

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 220 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanze emesse il 24 ed il 26 ottobre 1968 dal pretore di Torino nei procedimenti penali rispettivamente a carico di Ciminiello Luigi e di Scandagli Giuliano, iscritte ai nn. 245 e 246 del registro ordinanze 1968 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 329 del 28 dicembre 1968 e n. 6 dell'8 gennaio 1969;

2) ordinanza emessa il 20 agosto 1968 dal pretore di Roma nel procedimento penale a carico di Melezzi Aurelio, iscritta al n. 252 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6 dell'8 gennaio 1969;

3) ordinanza emessa il 7 ottobre 1969 dal pretore di Sampierdarena nel procedimento penale a carico di Massarini Pietro, iscritta al n. 420 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 311 del 10 dicembre 1969.

Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1970 il Giudice relatore Enzo Capalozza.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di un procedimento penale a carico di Luigi Ciminiello, imputato della contravvenzione di cui all'articolo 85 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, per essere comparso in luogo pubblico in abbigliamento femminile, ed arrestato ai sensi dell'art. 220 dello stesso testo unico, perché colto in flagranza, il pretore di Torino, con ordinanza del 24 ottobre 1968, su istanza della difesa, sollevava questione di legittimità costituzionale di esso art. 220, nella parte in cui richiama l'art. 85, per contrasto con gli artt. 3 e 13 della Costituzione.

Premesso che la norma denunziata prevede l'arresto obbligatorio per chi é colto in flagranza di una contravvenzione punita con la sola pena pecuniaria, il pretore prospetta, da un lato, la disparità di trattamento rispetto all'ipotesi di chi, pur essendo colto in flagranza di un reato per il quale é comminata una pena detentiva (ovvero una pena pecuniaria alternativa ad una detentiva) non può, invece, essere arrestato; dall'altro, la lesione del precetto costituzionale sull'inviolabilità della libertà personale, della quale viene privato l'autore di un reato per cui la pena detentiva non é prevista.

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 329 del 28 dicembre 1968. Nel giudizio innanzi a questa Corte non vi é stata costituzione di parte.

2. - La medesima questione é stata denunziata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, per identico motivo, con ordinanza del 26 ottobre 1968, del pretore di Torino, nel procedimento penale a carico di Giuliano Scandagli, e, in riferimento all'art. 13 della Costituzione, sotto un profilo parzialmente diverso, con ordinanza del 20 agosto 1968, del pretore di Roma, nel procedimento a carico di Aurelio Melezzi.

Il Pretore di Roma, quanto alla violazione dell'art. 13 della Costituzione, osserva che, con tale precetto, si sarebbe consentita all'autorità di pubblica sicurezza l'adozione di provvedimenti restrittivi della libertà personale soltanto nei casi di necessità ed urgenza tassativamente stabiliti dalla legge e che non potrebbe, comunque, esserle attribuito il potere di procedere all'arresto, allorquando non sia prevista per il reato una sanzione detentiva, stante l'impossibilità di convertire la provvisoria detenzione in espiazione di pena.

Entrambe le ordinanze, ritualmente notificate e comunicate, sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 6 dell'8 gennaio 1969. Neppure in questi giudizi innanzi alla Corte vi é stata costituzione di parte.

3. - Altra questione di legittimità costituzionale della stessa disposizione é stata sollevata, in riferimento agli artt. 13 e 27 della Costituzione, con ordinanza del 7 ottobre 1969, dal pretore di Sampierdarena, nel corso di un procedimento penale, iniziato con il rito direttissimo, a carico di Pietro Massarini, imputato della medesima contravvenzione.

Per il pretore, le ragioni di prevenzione e sicurezza sociale non sussisterebbero, oltre che per argomenti analoghi a quelli contenuti nelle precedenti ordinanze, anche per lo sproporzionato rigore dell'arresto in flagranza rispetto alla sanzione comminata in astratto: il che violerebbe, altresì, il principio della funzione rieducativa della pena. E l'arresto in flagranza, non essendo neppure giustificato dall'interesse dell'identificazione del reo, per la quale sono predisposte altre norme, si risolverebbe in una sanzione amministrativa insindacabile.

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 311 del 10 dicembre 1969.

Nel giudizio innanzi a questa Corte non vi é stata costituzione di parte.

 

Considerato in diritto

 

1.- Le quattro cause, congiuntamente trattate perché attinenti alla stessa materia, vanno decise con unica sentenza.

2.- La norma impugnata (art. 220 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773) prescrive l'obbligatorietà dell'arresto in flagranza per chi contravviene all'art. 85 dello stesso testo unico, che prevede soltanto la pena pecuniaria dell'ammenda.

Questa Corte é chiamata a pronunciarsi se detta norma, in quanto impone l'arresto in flagranza per il solo fatto che taluno compaia mascherato in luogo pubblico o aperto al pubblico, sia in contrasto con i seguenti articoli della Costituzione:

1) art. 3: per la diversità di trattamento rispetto all'ipotesi di chi, pur essendo colto in flagranza di reato per il quale é prevista una pena detentiva (ovvero una pena pecuniaria alternativa ad una detentiva), non può essere arrestato (ord. 24 e 26 ottobre 1968 del pretore di Torino);

2) art. 13: a) per la preventiva privazione della libertà personale a seguito di un reato per il quale non é comminata una pena detentiva (ord. 24 ottobre 1968 del pretore di Torino); b) per l'esclusione, nelle ipotesi considerate, di uno di quei "casi di necessità e di urgenza tassativamente stabiliti dalla legge" (ord. 7 ottobre 1969 del pretore di Sampierdarena), che consentono la privazione della libertà personale senza ordine o mandato soltanto se sussistano i presupposti per l'arresto obbligatorio (ord. 20 agosto 1968 del pretore di Roma); c) per il carattere anomalo "di natura amministrativa" e "sottratta ad ogni sindacato" di questa "sanzione anticipata rispetto al giudizio" (ord. 7 ottobre 1969 del pretore di Sampierdarena);

3) art. 27: per lo sproporzionato rigore dell'arresto rispetto alla sanzione pecuniaria comminata per il reato e per la conseguente violazione della funzione rieducativa della pena (ord. 7 ottobre 1969 del pretore di Sampierdarena).

3. - La questione, così come é stata proposta, é fondata: la norma, prevedendo l'arresto obbligatorio di chi, tutto al più, sarà passibile della pena dell'ammenda, viola l'art. 3 della Costituzione.

E, invero, nel t.u. delle leggi di p.s. del 1931, non vi sono altri casi in cui sia statuito l'arresto per un reato che comporta la sola pena pecuniaria; mentre, d'altro canto, il codice di procedura penale vigente prescrive l'obbligatorietà della misura restrittiva della libertà personale a titolo di custodia preventiva solo per reati e situazioni (obiettive o subiettive) di singolare gravità (artt. 235 e 253) e ne esclude, di regola, persino la facoltatività se per il reato non é comminata una pena detentiva (artt. 236 e 254; vedi anche art. 238).

Del resto, la custodia preventiva di chi compaia mascherato in luogo pubblico non si giustifica né con la gravità del reato, che, anzi, la legge stessa considera di così scarsa entità da comportare, come si é detto, la sanzione contravvenzionale dell'ammenda; né con ragionevoli motivi di prevenzione, ché la mascheratura é lungi dal denotare, di per sé, una qualsiasi pericolosità del soggetto attivo; né coi precedenti legislativi, in quanto l'art. 49, secondo comma, del t.u. delle leggi di p.s. 30 giugno 1889, n. 6144, prevedeva l'arresto, solo facoltativo, ma per il rifiuto di togliersi la maschera, ossia per un fatto diverso. É significativo che persino l'art. 83 del t.u. delle leggi di p.s. 6 novembre 1926, n. 1848, era meno severo della norma denunziata, dappoiché non imponeva obbligatoriamente l'arresto né per chi compariva mascherato in luogo pubblico, né per chi, invitato, non si toglieva la maschera.

4. - Le altre questioni, sollevate in riferimento agli artt. 13 e 27 della Costituzione, restano assorbite.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 220 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, nella parte in cui, richiamando l'art. 85 dello stesso testo unico, impone l'arresto in flagranza di chi contravvenga al divieto di comparire mascherato in luogo pubblico o aperto al pubblico.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 marzo 1970.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 20 marzo 1970.