Sentenza n. 1028 del 1988

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SENTENZA N.1028

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 30 ottobre 1987 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Santoro Pietro e Savelli Teresa, iscritta al n. 78 del - registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12/1a serie speciale dell'anno 1988.

Visti l'atto di costituzione di Savelli Teresa nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 27 settembre 1988 il Giudice relatore Aldo Corasaniti.

 

Considerato in diritto

 

1. – E’ impugnata davanti a questa Corte l'intera legge 27 luglio 1978, n. 392, recante <Disciplina delle locazioni di immobili urbani>, ritenuta lesiva; dell'art. 3 Cost., in quanto crea a favore del conduttore una situazione di privilegio e realizza una disparità di trattamento fra proprietari di appartamenti locati e conduttori; dell'art. 42 Cost., in quanto comprime il diritto di proprietà senza alcuna plausibile ragione ed oltre i limiti consentiti; dell'art. 47 Cost., in quanto, tutelando il possesso del l'abitazione da parte del conduttore, non incoraggia l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione; dell'art. 10 Cost., in quanto lede gli artt. 2, 7, 12, 13 e 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, gli artt. 8, 12 e 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e gli artt. 48.2, 48.3c, 52, 53, 54.f e 59 del Trattato istitutivo delle Comunità europee.

Specifica censura é altresì mossa, in riferimento agli stessi parametri, al combinato disposto degli artt. 59 e 60 del titolo II, capo I, della suindicata legge n. 392 del 1978, contenenti la <Disciplina transitoria> per le locazioni abitative, i quali stabiliscono che il provvedimento che dispone il rilascio del l'immobile, in conseguenza dell'esercizio, da parte del locatore, del diritto di recesso, perde efficacia se il locatore, nel termine di sei mesi da quando ha riacquistato la disponibilità dell'immobile, non lo adibisce all'uso per il quale aveva agito, e correlativamente riconoscono al conduttore alternativamente il diritto al ripristinamento del rapporto o al risarcimento del danno.

2. - Per quanto concerne la censura che investe la legge n. 392 del 1978 nella sua globalità, ricorda la Corte che con la detta legge é stato posto termine al pluridecennale <regime vincolistico> delle locazioni, ripetutamente assolto da questa Corte dai dubbi di legittimità costituzionale, sollevati in riferimento agli artt. 3 e 42 Cost., sulla base della considerazione del carattere straordinario del regime stesso, preordinato a fronteggiare crisi congiunturali del settore dell'edilizia abitativa (sentenze n. 3/1976, n. 225/1976, n. 32/1980, n. 71/1980).

La legge in esame, dettando la nuova disciplina organica delle locazioni urbane, abitative e non abitative, la articola in due settori (titolo I e titolo II) concernenti, rispettivamente, la disciplina ordinaria, operante per le locazioni concluse dopo l'entrata in vigore della legge (30 luglio 1978), e la disciplina transitoria, relativa alle locazioni in corso alla data suindicata.

3. - Per le locazioni abitative - sulle quali soltanto la Corte ritiene di dover portare il suo esame, essendo state sollevate le questioni nel corso di un giudizio nel quale, appunto, venivano in conflitto le contrapposte esigenze abitative del conduttore e del locatore, sicché unicamente in tale specifico ambito le questioni sono rilevanti - la disciplina ordinaria innova alcuni essenziali aspetti della regolamentazione del contratto di locazione prevista dal codice civile (art. 1571 e seguenti), regolamentazione largamente inspirata al riconoscimento dell'autonomia negoziale.

Essa, infatti, si incentra nella predeterminazione della durata legale del rapporto per un quadriennio, non suscettiva di anticipata cessazione per iniziativa del locatore e non condizionata alla sussistenza di una giusta causa per la sua cessazione alla scadenza (artt. 1, 3 e 4), e nella sottrazione del canone alla libera contrattazione (c.d. equo canone: artt. da 12 a 25).

Il nucleo fondamentale della nuova disciplina ordinaria é stato già oggetto di esame da parte di questa Corte, la quale ha osservato come la previsione relativa alla durata delle locazioni abitative risponda all'apprezzabile esigenza di assicurare ai conduttori una adeguata stabilita del rapporto (sent. n. 251/1983); vale a dire del godimento di un bene primario (sentenze n. 252/1983, n. 300/1983, n. 49/1987, n. 217/1988, n. 404/1988). E a tale esigenza si connette anche il peculiare regime dell'equo canone, quantificato con riferimento a parametri oggettivi, giacché con esso si determina, nell'ambito delle locazioni abitative, una sostanziale indifferenza della persona del conduttore ai fini della redditività dell'immobile, e quindi un ridotto interesse del locatore a far cessare il rapporto.

Ora, é da notare che la suddetta esigenza é stata ritenuta da questa Corte meritevole di una specifica tutela essenzialmente in ragione della grave situazione del settore dell'edilizia abitativa - caratterizzato dalla carenza di offerta di alloggi e conseguentemente dalla debolezza contrattuale della categoria dei conduttori - nella quale é intervenuta la legge n. 392 del 1978 (sent. n. 251/1983).

Ma, pur a distanza di vari anni, le ragioni socioeconomiche della detta specifica protezione non appaiono, ad un esame obbiettivo, essere oggi modificate al punto tale da evidenziare la mancanza del presupposto di fatto assunto dal legislatore, ovvero il contrasto fra la disciplina adottata e la Costituzione per ingiustificata compressione degli interessi costituzionalmente protetti dei quali e lamentata la lesione.

Se, poi, la disciplina in esame sia o no pienamente adeguata all'attuazione degli scopi sociali da essa perseguiti- piena adeguatezza che il giudice a quo sembra contestare, richiamando il parametro dell'art. 47 Cost., sulla base della considerazione che la disciplina stessa non contribuisce ad eliminare la situazione anomala del mercato degli alloggi, che é la causa del disagio della categoria dei conduttori, ed anzi concorre a perpetuarla-e problema che non può essere risolto se non mediante una valutazione che questa Corte non può operare. Anche se non può esimersi dal notare come gli scopi sociali (di rimedio) cui é diretta la normativa stessa possano essere perseguiti anche mediante discipline diverse, finalizzate alla eliminazione del disagio della categoria dei conduttori, nel quadro di un intervento globale sui settori dell'edilizia pubblica e privata (postulato dal legislatore del 1978: cfr. sent. n. 252 del 1983), idoneo ad incrementare l'offerta di alloggi a canoni economicamente sopportabili.

4. - La disciplina transitoria delle locazioni abitative in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 392 del 1978 consiste, per le locazioni già soggette a proroga in base alla previgente legislazione, nella previsione di un ulteriore periodo di durata (di quattro anni) con decorrenza variabile a seconda dell'epoca di stipulazione del contratto (art. 58). Per le locazioni non comprese nel previgente regime di vincolo (in ragione della data di scadenza convenzionale successiva al 30 luglio 1978 ovvero perché il reddito del conduttore eccedeva i limiti fissati per il godimento della proroga legale) e invece riconosciuta la durata quadriennale stabilita dall'art. 1 in regime ordinario, dalla quale va tuttavia detratto il periodo già decorso dall'inizio della locazione o dalla data dell'ultimo rinnovo (art. 65).

Orbene, per negare fondatezza alla censura mossa alla detta disciplina dal giudice a quo, in riferimento ai già ricordati parametri, e sufficiente ricordare che questa Corte più volte ha qualificato il regime transitorio dettato dalla legge n. 392 del 1978 come soluzione tecnica di saldatura tra legislazione vincolistica e nuova legge organica sulle locazioni, destinata a fungere da ponte tra i due contrapposti sistemi (sentenze n. 32/1980 e n. 281/1984), sottolineando l'esigenza di regolare gradualmente il passaggio della grande massa dei contratti in corso nell'ambito delle nuove regole ordinarie (sent. n. 89/1984).

Né siffatta disciplina transitoria può essere ritenuta non equilibrata, in pregiudizio della categoria dei locatori, in quanto, a controbilanciare l'ulteriore durata ex lege dei rapporti in corso, é stato introdotto, a vantaggio dei locatori (derivandolo dall'azione di cessazione dalla proroga legale o di decadenza da questa, tipica del regime vincolistico: artt. 3, 4 e 10 della legge 23 maggio 1950, n. 253) l'istituto del recesso anticipato dalla locazione per le tassative ragioni di cui all'art. 59 (del quale non godono i locatori nel regime ordinario: sent. n. 251/1983). E tale istituto, originariamente limitato alle locazioni già soggette a proroga di cui all'art. 58, é stato successivamente esteso anche alle locazioni non prorogate di cui all'art. 65 per effetto delle sentenze n. 22/1980 e n. 250/1983, mediante le quali la Corte ha assicurato in ogni caso tutela alle specifiche esigenze recuperatorie del locatore nella fase di protrazione coattiva.

La questione é pertanto non fondata.

5. - Venendo all'esame della censura mossa all'art. 60 della legge n. 392 del 1978, osserva la Corte che le previsioni nella detta norma racchiuse costituiscono un momento essenziale della disciplina dell'istituto del recesso regolato dal precedente art. 59, in quanto la comminatoria di sanzioni (ripristinamento del contratto, risarcimento del danno, sanzione pecunaria da devolvere al fondo sociale), per il caso di mancata destinazione dell'immobile all'uso del quale e stata prospettata la necessita, ha la primaria funzione preventiva di costituire una remora al ricorso abusivo, pretestuoso o addirittura fraudolento al recesso (sent. n. 48/1980, relativa ad analoga disciplina accessoria dell'azione di cessazione della proroga legale contenuta dall'art. 8 della legge n. 253 del 1950), sicché non aggrava la posizione dei locatori che del recesso si siano avvalsi per effettive esigenze.

Né la posizione dei locatori può ritenersi sacrificata senza ragione dalla previsione di un termine fisso, entro il quale dare attuazione alla destinazione prospettata ai fini del recesso, poiché l'omessa destinazione nel termine e soltanto considerata dalla legge come criterio per la valutazione della serietà o, viceversa, della pretestuosità del motivo di necessita fatto valere. ciò che e dimostrato dalla costante interpretazione giurisprudenziale, secondo la quale il comportamento successivo assume tale significato solo se imputabile (a titolo di dolo o di colpa) al locatore.

Anche tale questione é pertanto non fondata.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 10, 42 e 47 Cost., della legge 27 luglio 1978 n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani) nel suo complesso, nonché degli artt. 59 e 60 della suddetta legge, come sollevate dall'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/10/88.

 

Francesco SAJA - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 09/11/88.