SENTENZA N.32
ANNO 1980
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Avv. Antonio La Pergola Presidente
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 26 novembre 1969, n. 833; dell'art. 56 d.l. 26 ottobre 1970, n. 745 (conv. in legge 18 dicembre 1970, n. 1034); dell'art. 1 della legge 4 agosto 1973, n. 495 (che converte il d.l. 24 luglio 1973, n. 426); dell'art. 1 della legge 22 dicembre 1973, n. 841; dell'art. 1 della legge 12 agosto 1974, n. 351 (che converte il d.l. 19 giugno 1974, n. 236); degli artt. 1 e 1 bis della legge 31 luglio 1975, n. 363 (che converte il d.l. 25 giugno 1975, n. 255); dell'art. 1 del d.l. 13 maggio 1976, n. 228, nonché di tutte le norme disciplinanti la proroga delle locazioni di immobili urbani adibiti ad abitazione; dell'art. 58 della legge 27 luglio 1978, n. 392, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 18 maggio 1976 dal pretore di Livorno nel procedimento civile vertente tra Fazio Paolina e Bini Silvio, iscritta al n. 640 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 333 del 15 dicembre 1976;
2) ordinanza emessa il 19 maggio 1979 dal Giudice conciliatore di Castellammare di Stabia, nel procedimento civile vertente tra Vecchione Ciro ed altra e D'Arco Speranza, iscritta al n. 515 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 244 del 5 settembre 1979.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 7 novembre 1979 il Giudice relatore Giulio Gionfrida;
uditi i sostituti avvocati generali dello Stato Giovanni Albisinni e Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - Con l'ordinanza del pretore di Livorno in epigrafe indicata, la Corte è chiamata a decidere della legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.l. 13 maggio 1976, n. 228, e di tutta la normativa vigente in tema di proroga delle locazioni degli immobili urbani adibiti a civile abitazione: in relazione all' art . 3 della Costituzione, per il dubbio che la predetta normativa, dando rilievo alle sole condizioni economiche del conduttore e mostrandosi invece indifferente verso i proprietari di modestissimo reddito, contraddica il principio di eguaglianza e le esigenze di giustizia sociale ad esso connesse; ed in relazione all'art. 42 della Costituzione, sotto il profilo che l'ulteriore proroga di cui al citato d.l. n. 228 del 1976 avrebbe acquisito al regime di blocco un carattere di ordinarietà implicante una compressione definitiva delle facoltà di godimento del proprietario locatore.
In riferimento sempre all'art. 42 della Costituzione e sotto analogo profilo argomentativo viene denunziato anche l'art. 58 della legge 27 luglio 1978, n. 392, con l'ordinanza del giudice conciliatore di Castellammare, di cui pure in epigrafe.
2. - Attesi i detti profili di connessione fra le questioni sollevate, i giudizi relativi si riuniscono per la decisione con unica sentenza.
3. - E' preliminare, con riferimento alle questioni sollevate dal pretore di Livorno, l'esame dell'eccezione di difetto di rilevanza formulata dall'Avvocatura di Stato, in relazione all'omessa delibazione, da parte del giudice a quo, della eventuale esistenza della situazione di necessità della locatrice (di ottenere l'immobile per destinarlo ad abitazione propria), che avrebbe reso inoperanti le norme sulla proroga legale della locazione, della cui legittimità si discute.
L'eccezione è priva di consistenza.
Contrariamente all'assunto dell'Avvocatura, la decisione sulla costituzionalità delle norme denunziate è infatti rilevante nel giudizio tra le parti proprio in quanto suscettibile in tesi di determinarne la soluzione indipendentemente dalla sussistenza della predetta situazione di necessità della locatrice, esonerando quindi dalla relativa indagine istruttoria.
Piuttosto, sotto diverso profilo, appare irrilevante la sola questione sub art. 3 della Costituzione, quale sopra enunciata, non essendo stato fatto nel giudizio a quo riferimento alcuno alle condizioni economiche della locatrice.
4. - Con riguardo all'art. 1 del d.l. 1976 n. 228, ed alle precedenti disposizioni di proroga, residua pertanto l'esame del solo profilo di contrasto con l'art. 42 della Costituzione.
Come in narrativa detto, il giudice a quo, nel motivare al riguardo l'ipotesi di incostituzionalità, trae spunto dalla precedente pronunzia di questa Corte n. 3 del 1976, in cui la legittimità della normativa di blocco dei canoni è stata ritenuta (solo) in ragione dei riconosciuti caratteri di straordinarietà e temporaneità della disciplina che < giustificano un intervento per fini sociali in favore delle classi meno abbienti, realizzato senza una definitiva ed irreversibile compressione delle facoltà di godimento del proprietario > e con l'avvertimento che l'ulteriore procrastinarsi di tali normative avrebbe potuto, pero, < conferire in linea di fatto al regime vincolistico un carattere di ordinarietà ed indurre quindi la Corte a riformulare sotto tale diverso presupposto il giudizio di legittimità >.
Ora appunto tale ultima evenienza, secondo il pretore, si sarebbe verificata con la sovrapposizione alla disciplina precedente, dell'ulteriore proroga di cui al menzionato d.l. 228 del 1976.
Da ciò l'acquisizione, all'intera normativa di blocco, di quel carattere di < ordinarietà > cui come detto si correlerebbe la violazione del diritto costituzionale di proprietà.
5. - La questione non è fondata.
Il denunziato decreto legislativo 13 maggio 1976, n. 228, di pochi mesi posteriore alla richiamata sentenza della Corte n. 3 del 15 gennaio 1976, non poteva infatti, in così breve lasso di tempo, attuare esso quel < organica disciplina dì tutta la complessa materia delle locazioni di immobili urbani > che, ancora con successiva pronunzia n. 225 del 18 dicembre 1976, la Corte additava come traguardo al legislatore, al fine di una equa conciliazione dei contrapposti interessi dei conduttori e dei locatori mediante soluzioni aventi carattere di ordinarietà e definitività.
E' pertanto, in vista di tale organica disciplina, che di fatto è stata poi instaurata con la legge 27 luglio 1978 n. 392 (a conclusione di un lungo iter parlamentare iniziato già nel gennaio 1977), anche il provvedimento legislativo impugnato si giustifica in una prospettiva interlocutoria di eccezionalità e temporaneità, che consente di escluderne il contrasto con il precetto costituzionale dell'art. 42.
6. - Del pari destituita di fondamento è anche l'altra questione di costituzionalità, che investe l'art. 58 della legge 1978 n. 392 in riferimento sempre all'art. 42 della Costituzione.
Detta norma nel contesto della citata legge n. 392, che ha stabilito un periodo di durata minima (di 4 anni) per i nuovi contratti di locazione di immobili per uso di abitazione (art. 1) e fissato i criteri per la determinazione di un < canone equo > da corrispondersi dal conduttore (art. 12 ss.) prevede, in particolare < per i contratti in corso soggetti a proroga seconda la legislazione vigente >, che essi < si considerano prorogati ed hanno la durata prevista dall'art. 1 con le seguenti decorrenze: a) dal 1° gennaio 1979 per i contratti stipulati anteriormente al 31 dicembre 1952; b) dal 1° luglio 1979, per i contratti stipulati fra il 1° gennaio 1953 ed il 7 novembre 1963; c) dal 1° gennaio 1980, per i contratti stipulati dopo il 7 novembre 1963 >.
Ora, secondo il giudice conciliatore di Castellammare di Stabia, questa < ennesima lunga proroga >, saldandosi a quelle che per trent'anni già erano state imposte, avrebbe in realtà trasformato un regime nato come eccezionale e transitorio in una disciplina anche de iure permanente, che in quanto tale avrebbe inciso sul reddito di proprietà del locatore svuotandolo di effettivo contenuto.
Il rilievo non può però condividersi.
La disposizione dell'art. 58 della legge 392 del 1978 non contiene, infatti, una mera proroga fine a sé stessa, rispetto a cui possa ipotizzarsi un pericolo di consolidamento della disciplina vincolistica. Per contro, essa come è reso evidente dalla sua ratio, dalla stessa formulazione e dalla collocazione sistematica tra le norme transitorie risponde all'esigenza di attuare un regime di saldatura, una sorta, cioè, di ponte tra i contratti di nuova stipulazione, cui si applica direttamente l'instaurata disciplina c.d. dell'equo canone, e le locazioni < in corso > già prorogate. Rispetto alle quali ultime non irrazionalmente il legislatore ha differito nel tempo e reso graduale l'applicazione della nuova normativa. E ciò per evitare conseguenze traumatiche sul piano sociale ed anche economico, quali avrebbero potuto conseguire ad una immediata e generalizzata eliminazione del precedente regime di blocco.
In tale contesto, la stessa durata o scadenza a scaglioni dei contratti, come sopra precisata, conferma lo scopo di non far maturare o coincidere alla stessa data e nello stesso periodo la cessazione di un gran numero di rapporti.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.l. 13 maggio 1976, n. 228, degli artt. 1 e 1 bis della legge 31 luglio 1975, n. 363 (che ha convertito il d.l. 25 giugno 1975, n. 255), dell'art. 1 della legge 12 agosto 1974, n. 351 (che ha convertito il d.l. 19 giugno 1974, n. 236), dell'art. 1 della legge 22 dicembre 1973, n. 841, dell'art. 1 della legge 4 agosto 1973, n. 495 (che ha convertito il d.l. 24 luglio 1973, n. 426), dell'art. 1 legge 26 novembre 1969, n. 833, dell'art. 56 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, e relativa legge di conversione 18 dicembre 1970, n. 1034, nonché di tutte le norme disciplinanti la proroga delle locazioni di immobili urbani adibiti ad abitazione, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata con ordinanza 18 maggio 1976 del pretore di Livorno;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della normativa predetta, in riferimento all'art. 42 della Costituzione, sollevata con l'ordinanza del pretore di Livorno citata;
dichiara, altresì, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 58 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani) in riferimento all'art. 42 della Costituzione, sollevata con ordinanza 19 maggio 1979 del giudice conciliatore di Castellammare di Stabia.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/03/80.
Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI – Michele ROSSANO – Antonino DE STEFANO – Leopoldo ELIA – Guglielmo ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI – Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE – Antonio LA PERGOLA – Virgilio ANDRIOLI
Giovanni VITALE – Cancelliere
Depositata in cancelleria il 25/03/80.