ORDINANZA N.748
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 68 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori) e dell'art. 38 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 318 (Disciplina per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie), promosso con ordinanza emessa il 20 maggio 1987 dalla Corte di appello di Bologna, Sezione per i minorenni, nel procedimento civile vertente tra Ceccaroni Pier Luigi e Zoli Antonella, iscritta al n. 363 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1987.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell'11 novembre 1987 il Giudice relatore Giovanni Conso.
Ritenuto che la Corte d'appello di Bologna, con ordinanza del 20 maggio 1987, ha sollevato: a) in riferimento agli artt. 3, 24 e 102 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 68 della legge 4 maggio 1983, n. 184, nella parte in cui-ulteriormente sostituendo l'art. 38, primo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile-demanda alla competenza del tribunale per i minorenni la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità <in caso di minori>;
b) in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 38, terzo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile, nella parte in cui stabilisce che sulla domanda di dichiarazione giudiziale di paternità e maternità il tribunale per i minorenni <provvede in camera di consiglio>;
e che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la prima questione venga dichiarata manifestamente infondata, perché già dichiarata non fondata con sentenza n. 193 del 1987, e la seconda venga dichiarata non fondata;
considerato che, quanto alla prima questione, essa e stata effettivamente già dichiarata non fondata con sentenza n. l93 del 1987, nonché manifestamente infondata con ordinanze n. 394 e n. 395 del 1987, e che nell'ordinanza in esame non si rinvengono argomenti diversi da quelli già esaminati in tali occasioni da questa Corte;
che, quanto alla seconda questione, con sentenza n. 202 del 1975 la Corte ha precisato che <l'ordinamento conosce vari casi di provvedimenti decisori adottati in camera di consiglio, in cui la procedura e disposta anche in presenza di elementi della giurisdizione contenziosa. Basti qui ricordare, oltre ad alcune fasi del procedimento di separazione personale dei coniugi, l'interdizione, l'inabilitazione, l'assenza e la dichiarazione di morte presunta.-L'adozione di tale procedimento nei casi suddetti risponde a criteri di politica legislativa, inerenti alla valutazione che il legislatore ha compiuto in relazione alla natura degli interessi regolati ed all'opportunità di adottare determinate forme processuali. Questa scelta e discrezionale ed e indubbiamente esente da sindacato in questa sede, poiché, mentre, come questa Corte ha espressamente affermato con la sentenza n.122 del 1966, il procedimento in camera di consiglio non é, di per sé, contrastante con il diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost., il problema della scelta concreta del procedimento da adottare e problema di politica processuale, il cui esame sfugge alla competenza della Corte (sentenza n. 142 del 1970) nei limiti in cui, ovviamente, non si risolva nella violazione di specifici precetti costituzionali e non sia viziata da irragionevolezza>;
che, d'altra parte, nella stessa decisione si é affermato che <l'inosservanza del diritto di difesa non preclude la possibilità che la relativa disciplina si conformi alle speciali caratteristiche della struttura dei singoli procedimenti, purché ne vengano assicurati lo scopo e la funzione, cioè la garanzia del contraddittorio, in modo che sia escluso ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti (per tutte v. sentenza n. 46 del 1957)>;
e che, nel procedimento specificamente previsto dagli artt. 269 e seguenti del codice civile per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità, la difesa é pienamente garantita non solo per ciò che riguarda l'instaurazione del contraddittorio (artt. 274 e 276), ma anche con riferimento all'esperibilità di <ogni mezzo> di prova (art. 269, secondo comma), il che rende possibile, diversamente da quanto sostenuto dal giudice a quo, ogni opportuna <integrazione del materiale probatorio in funzione delle domande hinc et inde spiegate>, così da far escludere la temuta riduzione delle <modalità di esplicazione del diritto di difesa se rapportate a quelle vigenti nell'ordinario processo di cognizione contenzioso>;
che, pertanto, entrambe le questioni devono essere dichiarate manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 68 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 102 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Bologna con ordinanza del 20 maggio 1987;
2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 38, terzo comma, del regio decreto 30 marzo 1942, n. 318 (Disciplina per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Bologna con la stessa ordinanza del 20 maggio 1987.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/06/88.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO
Depositata in cancelleria il 30/06/88.