Sentenza n 235 del 1984

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SENTENZA N. 235

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv Albero MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 582 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 14 aprile 1978 dal Pretore di Varallo nel procedimento penale a carico di Zanone Gianni, iscritta al n. 329 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 271 dell'anno 1978. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 22 novembre 1983 il Giudice relatore Alberto Malagugini;

udito l'Avvocato dello Stato Renato Carafa per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza in data 14 aprile 1978 il Pretore di Varallo, sul presupposto che l'art. 582 c.p. prevede due ipotesi delittuose a diverso regime di procedibilità (lesioni lievi, procedibili d'ufficio; lesioni lievissime, procedibili a querela) differenziate solo in base al dato temporale della durata della malattia, sollevava questione di legittimità costituzionale di detta norma, assumendone il contrasto con l'art. 3 Cost.

Ad avviso del Pretore, contrasterebbe col principio di uguaglianza sia la previsione dello stesso trattamento punitivo per comportamenti di diversa portata oggettiva e soggettiva che diano luogo non ad eventi diversi (essendo l'evento "sempre e solo l'alterazione anatomica e/o funzionale") ma solo di diversa durata; sia la previsione dello stesso regime di attivazione processuale per azioni lesive di diverso contenuto volitivo che diano luogo ad evento (lesione) di durata identica. Sarebbe inoltre irragionevole il prevedere che debba sempre procedersi d'ufficio per il tentativo di lesioni personali: il che consegue all'impossibilità di pronosticare quale sarebbe stata la durata della malattia se l'evento si fosse realizzato, essendo tale durata dipendente da imponderabili condizioni esterne ed estranee al fatto (condotta e volontà) e non necessariamente collegate agli elementi tangibili da esso rilevati, quali l'incisività dell'azione, l'intensità del dolo, i mezzi usati.

2. - Intervenendo nel giudizio così instaurato, l'Avvocatura dello Stato osservava che le valutazioni sul rispetto del principio di uguaglianza vanno fatte comparando non le azioni - come pretende l'ordinanza - ma le situazioni, e che é principio generalmente recepito nella legislazione penale che alla maggiore gravità del danno derivato da una determinata azione consegua una diversa e più grave pena.

Quanto alla censura prospettata in riferimento al delitto tentato, l'Avvocatura osservava che, data la impossibilità di riscontrare ex ante la durata delle lesioni, non é irrazionale che "il legislatore, nella sua discrezionalità, abbia inteso, attraverso la procedibilità d'ufficio, affidare sempre al giudice la valutazione della condotta del reo e della pericolosità sociale della condotta stessa, prescindendo dalle conseguenze che non ha avuto, ma tenendo conto delle conseguenze che avrebbe potuto avere".

Considerato in diritto

Nell'ordinanza de qua non solo non é contenuta la specificazione dei capi d'imputazione contestati, ma é omesso il benché minimo riferimento idoneo ad individuare la fattispecie concreta oggetto del giudizio.

La rilevanza della proposta questione, quindi, é solo affermata, in modo apodittico, nel dispositivo dell'ordinanza; ma questa non contiene in proposito alcuna motivazione, omettendo così di dar conto degli effettivi termini di operatività della disposizione impugnata nel giudizio a quo.

Non é stata, pertanto, osservata nel caso di specie la prescrizione dell'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, che impone al giudice a quo di esporre, nell'ordinanza di rinvio, i termini della questione; e di conseguenza, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo sentenza n. 127 del 1983

; ordinanze nn. 130, 140, 257, 259, 344 del 1983, 44 e 109 del 1984), la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 582 c.p. sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. dal Pretore di Varallo con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 1984.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 30 luglio 1984.