ORDINANZA N. 117
ANNO 1983
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 40 e 41 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (ordinamento giudiziario), dell'annessa Tabella C (sulle sedi distaccate di pretura), del r.d. 30 dicembre 1923, n. 2785 (Modifiche nelle circoscrizioni giudiziarie e istituzione di sedi distaccate di pretura) e dell'art. 5 del r.d. 27 novembre 1924, n. 2057 (norme di attuazione sugli affari da trattare nelle sedi distaccate) promosso con ordinanza emessa l'1 febbraio 1977 dal Pretore di Roma - Sede distaccata di Campagnano di Roma, nel procedimento civile vertente tra Emmi Maria e Gruppo Grandi Marche Associate s.a., iscritta al n. 370 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 272 del 5 ottobre 1977.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1983 il Giudice relatore Livio Paladin.
Ritenuto che il Pretore di Roma nella sede distaccata di Campagnano di Roma - con ordinanza emessa il 1 febbraio 1977 - ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 40 e 41 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, sull'ordinamento giudiziario, dell'annessa Tabella C (sulle sedi distaccate di Pretura), del r.d. 30 dicembre 1923, n. 2785 (in tema di "modifiche nelle circoscrizioni giudiziarie e istituzione di sedi distaccate di pretura"), nonché delle norme di attuazione dettate dall'art. 5 del r.d. 27 novembre 1924, n. 2057 (sugli affari da trattare nelle sedi distaccate); e ciò per pretesa violazione del principio del giudice naturale, sancito dal primo comma dell'art. 25 Cost., "sia sotto il profilo della mancanza d'un titolare" delle predette sedi distaccate, nelle quali la provvisorietà del giudice verrebbe "istituzionata", "sia sotto il profilo del deficit strutturale rispetto alla funzione" da esercitare nelle sedi stesse;
e che nel presente giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la Corte si pronunci nel senso della non fondatezza.
Considerato che, ai sensi dell'art. 40 dell'ordinamento giudiziario, in tutti i Comuni indicati nell'annessa Tabella C "sono costituite sedi distaccate di pretura, con la circoscrizione per ciascuna di esse stabilita", e che "in dette sedi il pretore può recarsi per tenere udienze civili e penali, per compiere atti di istruzione e per trattare tutti gli altri affari relativi alla sede distaccata"; che, dunque, il principio del giudice naturale - come ricostruito da numerose decisioni di questa Corte (si veda fra le altre, la sent. n. 1 del 1965) - non può incidere sulla soluzione dei problemi prospettati dal giudice a quo, avendo essenzialmente riguardo all'esigenza che l'organo giudicante venga "istituito dalla legge sulla base di criteri generali fissati in anticipo e non già in vista di singole controversie"; laddove nella stessa ordinanza di rimessione si riconosce che "le rilevate condizioni di disservizio si rivelano nella specie conseguenza della esatta e puntuale applicazione della disciplina in materia, senza alcun margine per ipotesi di uso opinabile di poteri discrezionali, e tanto meno per ipotesi di eccesso di potere";
considerato, inoltre, che la globale impugnativa delle norme sulle sedi distaccate di pretura, del tutto indipendente da ogni specifica censura delle "norme particolari" che regolano il funzionamento delle sedi stesse (in base all'art. 41 cpv. dell'ordinamento giudiziario), non fa se non mettere in luce una serie di inconvenienti pratici, insuscettibili di determinare l'asserito vizio di legittimità costituzionale; tanto più che questa Corte ha già precisato "che ai vuoti.... determinatisi negli organi giudiziari" può farsi fronte "di volta in volta, man mano che se ne determini l'esigenza, a seconda dei casi in via permanente... o in via contingente e temporanea", senza per questo violare il primo comma dell'art. 25 Cost. (cfr. le sentenze n. 156 del 1963, n. 173 del 1970, n. 71 del 1975, n. 52 del 1977); e più generalmente ha ritenuto "non illegittima, la possibilità di escludere che ogni processo sia condotto, dal principio alla fine, dallo stesso giudice, purché, come é ovvio, i relativi poteri siano esercitati dal dirigente al solo fine di una efficiente organizzazione dell'ufficio e di una necessaria e razionale distribuzione del lavoro giudiziario" (cfr. la sentenza n. 143 del 1973).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 40 e 41 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, dell'annessa Tabella C, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 2785, in riferimento al primo comma dell'art. 25 Cost., sollevata dal Pretore di Roma, nella sede distaccata di Campagnano di Roma, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 aprile 1983.
Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO – Ettore GALLO
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 28 aprile 1983.