Sentenza n. 40 del 1982
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SENTENZA N. 40

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, 6, 11, 12 e 15 della legge 28 marzo 1968, n. 370 (Nuovo ordinamento dell'Istituto nazionale "Giuseppe Kirner" per l'assistenza ai professori medi) e 6, comma secondo, della legge 13 giugno 1969, n. 282 (Conferimento degli incarichi negli istituti di istruzione secondaria), promosso con ordinanza emessa il 21 maggio 1975 dal Giudice conciliatore di Bolzano nel procedimento civile vertente tra Locantore Fedele Santino e l'Istituto Kirner, iscritta al n. 266 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 209 del 6 agosto 1975.

Visti l'atto di costituzione dell'Istituto Kirner e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 novembre 1981 il Giudice relatore Antonio La Pergola;

uditi l'avvocato Antonio Sorrentino, per l'Istituto Kirner e l'avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza emessa il 21 maggio 1975 il Giudice conciliatore di Bolzano ha sollevato, nel corso del procedimento civile, che verte tra Locantore Fedele Santino e l'Istituto Kirner, questione di costituzionalità degli artt. 3, 6, 11, 12 e 15 della legge 28 marzo 1968, n. 370 e dell'art. 6, secondo comma, della legge 13 giugno 1969, n. 282, in riferimento agli artt. 3, 18 e 24 della Costituzione.

La questione sarebbe rilevante ai fini della decisione del giudizio a quo, e non manifestamente infondata. Si assume infatti che il diritto di associazione sia costituzionalmente garantito anche con riferimento alla libertà di non associarsi; correlativamente, la legge non potrebbe imporre ad alcuna categoria di soggetti l'obbligo di appartenere ad enti pubblici a base o struttura associativa, per il perseguimento di finalità, che siano - come, si deduce, accade nella specie - essenzialmente private: in particolare, se dette finalità siano raggiungibili per altra via, diversa da quella apprestata dal legislatore. Peraltro, il precetto dell'art. 18 Cost. risulterebbe violato anche per il modo come si configura il funzionamento dell'Istituto Kirner, l'assistenza essendo erogata a "giudizio insindacabile" del Consiglio di amministrazione, con riguardo sia alle persone da assistere, sia alla scelta e alla graduazione dei settori di intervento. Tale discrezionalità contrasterebbe, altresì, con l'art. 3 Cost., perché ad eguale obbligo di contribuzione non viene fatto corrispondere eguale diritto, o interesse legalmente protetto, all'assistenza che viene erogata dall'Istituto: con l'ulteriore risultato, si assume, di privare di tutela gli interessi legittimi dei soci, e così di offendere il precetto dell'art. 24 Cost.

Si costituisce in giudizio l'Istituto Giuseppe Kirner. Il procedimento davanti al Giudice conciliatore di Bolzano - osserva la difesa dell'Istituto - é stato promosso con la richiesta, rivolta a detto Giudice da tale professor Locantore, insegnante di inglese presso l'Istituto tecnico professionale per il commercio di Bolzano, di condannare l'Istituto Kirner al rimborso della "quota associativa" di lire 2.171 mensili a partire dal settembre 1971. Tale richiesta veniva subordinata alla dichiarazione di incostituzionalità delle norme sull'iscrizione obbligatoria degli insegnanti all'Istituto Kirner; la Cassazione, con sentenza n. 495 del 1974, affermava la giurisdizione del conciliatore.

La difesa dell'Istituto rileva poi come la Corte abbia stabilito (cfr. sentenza n. 69 del 1962: erroneamente citata nella memoria come sentenza n. 65 del 1972) che l'art. 18 della Costituzione non impedisce allo Stato di tutelare determinati fini interessanti la collettività, mediante la creazione di enti pubblici a struttura associativa.

L'associazione obbligatoria contrasterebbe con l'art. 18 soltanto là, dove risultasse lesa una libertà o un principio costituzionalmente garantito o fosse perseguito un fine "palesemente arbitrario o pretestuoso".

Questa seconda ipotesi ricorrerebbe quando il fine abbia carattere privato, o quando, pur ricorrendo un fine pubblico, questo venga ad aggingersi come semplice pretesto alle sottostanti finalità di indole privata o, infine, quando l'interesse, che dovrebbe giustificare l'imposizione del vincolo associativo, possa essere conseguito anche per altra via, diversa da quella prescelta nella specie dal legislatore.

L'Istituto Kirner, si dice, persegue il fine di assistere i professori di scuola media e le loro famiglie, nei modi prestabiliti dall'art. 6 della legge n. 370 del 1968, disimpegnando un compito che ad esso é stato costantemente assegnato anche nelle pregresse vicende legislative. L'ente trae infatti origine dal fondo omonimo costituito con sottoscrizione nel 1906; successivamente, la Federazione dei professori della scuola media decide di costituire un istituto di mutuo soccorso, utilizzando il fondo suddetto; dopo cinque anni di attività e in conformità dell'esito di apposito referendum, al quale partecipa gran parte dei professori medi, l'Istituto é eretto in ente morale. La sua finalità é quella di assicurare ai professori e alle loro famiglie in stato di bisogno un aiuto morale e materiale, integrativo, o sostitutivo, dell'assistenza dovuta da altri enti. L'iscrizione obbligatoria all'Istituto rappresenta la condizione essenziale per il perseguimento di detti scopi, la cui rilevanza pubblica, riconosciuta dalla legge n. 370 del 28 marzo 1968, acquista significato e valore costituzionale in forza dell'articolo 38 Cost.

I contributi dovuti all'Istituto vanno configurati come prestazioni patrimoniali obbligatorie che ricadono nella sfera di applicazione dell'art. 23 della Costituzione. L'Istituto é stato del resto costituito con atto di autorità, senza il concorso dei soggetti passivi.

Quanto alla censura concernente le modalità delle erogazioni (in quanto disposte a giudizio insindacabile del Consiglio di amministrazione) e alla connessa asserita violazione dell'art. 24 Cost., la difesa dell'Istituto sostiene che al detto Consiglio é attribuita una discrezionalità amministrativa, che non equivale ad arbitrarietà di determinazioni. La tutela giurisdizionale degli interessati deve peraltro ritenersi in ogni caso garantita in forza dell'art. 113 Cost.

La difesa dell'Istituto Kirner chiede dunque che le prospettate questioni di costituzionalità siano dichiarate infondate.

Interviene nel giudizio di costituzionalità il Presidente del Consiglio, per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, che deduce l'infondatezza della questione, sostanzialmente in base agli assunti difensivi dell'Istituto.

In prossimità dell'udienza la difesa dell'Istituto presenta una memoria aggiuntiva. Ivi si osserva anzitutto che, in applicazione del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, l'Istituto Kirner é stato soppresso con decreto presidenziale emanato in data 25 giugno 1980 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 5 agosto 1981, n. 213, e che i relativi beni mobili e un immobile sono stati trasferiti al patrimonio dello Stato.

Si deduce inoltre che il decreto del Presidente del Consiglio 3 agosto 1981, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 agosto 1981, n. 217, ha concesso all'Associazione volontaria G. Kirner l'uso di un immobile del soppresso ente e la somma di lire dieci miliardi. Con ciò, sarebbe venuta a determinarsi una modificazione del rapporto innanzi al giudice a quo: all'Istituto Kirner sono succeduti lo Stato e la suddetta associazione; l'uno e l'altra, dunque, dovrebbero avere diritto a partecipare al presente giudizio. Spetta, si soggiunge, alla Corte stabilire se per tale ragione sia necessario rinviare gli atti al giudice a quo perché riesamini la rilevanza della questione e notifichi l'ordinanza di remissione ai successori dell'Istituto.

La difesa dell'Istitutto Kirner eccepisce poi l'irrilevanza della questione proposta in riferimento all'art. 24 ed all'art. 3 Cost., in quanto nel procedimento davanti al Giudice conciliatore non si controverte sulle modalità delle prestazioni assistenziali, denunciate come lesive di tali precetti costituzionali, bensì sull'obbligo di iscrizione e di contribuzione, che viene in rilievo esclusivamente a proposito della presunta violazione dell'art. 18 Cost. Nel merito, comunque, si esclude che gli artt. 3 e 24 siano offesi dalle norme censurate. La legge avrebbe infatti indicato i criteri ai quali il Consiglio di amministrazione deve attenersi nell'erogazione delle previdenze agli iscritti. Tali elementi di valutazione sarebbero, precisamente, costituiti dalla gravità dell'evento, dagli oneri che ne derivano nel quadro delle situazioni economico-familiari, e dal rapporto di parentela fra beneficiari e socio. Dove nella legge in esame é poi detto che esso eroga "a suo insindacabile giudizio" le prestazioni assistenziali, altro non si vuol indicare - viene dedotto - se non la discrezionalità, qual é propria delle forme di pubblica beneficenza. In ogni caso, si afferma, l'impugnativa giurisdizionale contro i provvedimenti lesivi di diritti o interessi dei soci é garantita dall'art. 113 Cost., e non potrebbe ritenersi preclusa da alcuna statuizione della legge in esame. Del resto, l'impugnato art. 15 della legge n. 370 del 28 marzo 1968 limiterebbe ulteriormente la discrezionalità dell'ente, prevedendo che il Consiglio di amministrazione predisponga direttive a carattere generale per l'erogazione dei benefici.

Quanto, poi, alla presunta violazione dell'art. 3, essa potrebbe prospettarsi non in questa sede, ma, se mai, solo in relazione ai singoli concreti provvedimenti amministrativi, che risultassero discriminatori.

La difesa dell'Istituto Kirner insiste peraltro per la reiezione delle censure concernenti la lesione dell'art. 18 Cost., richiamando la tesi sostenuta nell'atto di costituzione. Il fine pubblico che giustifica la costituzione dell'Istituto risulterebbe comprovato sia dalla legge n. 70 del 20 marzo 1975, che lo aveva incluso fra gli enti di assistenza generica, sia dal decreto n. 616 che lo ha compreso fra gli enti, le cui funzioni sono ora trasferite alle regioni.

Dalla pregressa giurisprudenza di questa Corte, si argomenta, infine, che la libertà di associazione (sentenze n. 120 del 1973 e 20 del 1975) non é vulnerata dalla creazione di un ente pubblico a base associativa, diretto a perseguire fini pubblici non palesemente arbitrari o pretestuosi (sentenza n. 69 del 1962); la situazione non sarebbe nella specie diversa da quella che si verifica ogni qualvolta si impongano nei confronti di determinate categorie forme obbligatorie di previdenza, che trovano il proprio fondamento nel disposto dell'art. 38 Cost.

Nell'udienza pubblica dell'11 novembre 1981 la difesa dell'Istituto Kirner e l'Avvocatura dello Stato hanno ribadito le conclusioni già prese.

 

Considerato in diritto

 

1. - La presente questione, prospettata alla Corte dal Giudice conciliatore di Bolzano, investe - in riferimento agli artt. 3, 18 e 24 Cost. - varie disposizioni della legge 28 marzo 1968, n. 370 ("Nuovo ordinamento dell'Istituto nazionale Giuseppe Kirner per l'assistenza ai professori medi"), nonché l'art. 6, secondo comma, della legge 13 giugno 1969, n. 282 ("Conferimento degli incarichi negli istituti di istruzione secondaria"). Costituiscono, precisamente, oggetto di censura le norme, le quali, in seno alla legge n. 370 del 28 marzo 1978: a) definiscono le categorie dei soci effettivi dell'Istituto (art. 3); b) configurano tipi e modalità delle sovvenzioni e degli altri benefici da erogare, sia ai soci, sia ai loro congiunti o superstiti, sia alle loro famiglie, per il conseguimento degli scopi di solidarietà, propri dell'ente (art. 6), che si perseguono mediante aiuti morali e materiali "indipendentemente dall'assistenza dovuta da altri enti ed oltre ad essa" (com'é detto testualmente nell'art. 1); c) includono fra le entrate dell'Istituto, i contributi annui dei soci (art. 11, lett. a), e ne fissano l'importo, che per i soci effettivi in servizio attivo é pari all'1 per cento dello stipendio annuo lordo di un professore di ruolo A all'inizio della classe terminale di stipendio, stabilendo, altresì, che il contributo viene trattenuto mensilmente sullo stipendio (artt. 11 e 12); d) prevedono le attribuzioni del Consiglio di amministrazione, ivi inclusa quella di decidere in ordine alla concessione delle provvidenze contemplate nella legge (art. 15, lett. f). É poi denunciato l'art. 6 della legge 13 giugno 1969, n. 282, in quanto integra il disposto dei richiamati artt. 3, 11 e 12 della legge 28 marzo 1968, n. 370, con lo statuire, al quarto comma, che l'intero contributo annuo previsto per i soci effettivi é dovuto anche dagli insegnanti non di ruolo a tempo indeterminato. Tale, infatti, é la posizione dell'insegnante che ha promosso il procedimento pendente avanti il Giudice conciliatore di Bolzano.

L'illegittimità costituzionale delle anzidette disposizioni di legge é così sostanzialmente dedotta:

A) Si prospetta, prima di tutto, la lesione dell'art. 18 Cost., sull'assunto che tale precetto costituzionale, nel garantire la libertà di associazione, sancisca così il diritto di partecipare ad un'associazione come quello di non farne parte. Nella specie, la legge dispone l'appartenenza obbligatoria ad un ente pubblico degli insegnanti medi e delle altre categorie ivi previste. I soci sarebbero per questa via necessariamente stretti da un vincolo, che vulnera la loro libertà di non associarsi. Il titolo giustificativo della soluzione adottata dal legislatore avrebbe - si deduce - dovuto risiedere nell'assegnare all'Istituto finalità pubbliche, il cui perseguimento non può essere lasciato alla spontanea associazione degli interessati. Il che, si soggiunge, é però da escludere nella specie, soprattutto in ragione delle censurate modalità di erogazione dell'assistenza: la concessione delle provvidenze previste dalla legge - si afferma in proposito - é riservata alla valutazione insindacabile del Consiglio di amministrazione con riguardo sia ai soggetti da assistere, sia alla graduazione dei possibili settori di intervento; si assume così che il funzionamento dell'ente, governato da criteri prettamente privatistici, non risponda a quelle inderogabili esigenze di interesse pubblico, dalle quali deve trarre fondamento l'insorgenza, ex lege, del vincolo associativo (e, a pari titolo, l'imposizione del contributo dovuto dai soci).

B) La lamentata discrezionalità nelle erogazioni assistenziali implicherebbe, infine, la lesione degli altri precetti costituzionali invocati nell'ordinanza di rinvio: dell'art. 3 Cost., in quanto, in capo agli iscritti, ad egual obbligo di contribuzione non sarebbe fatto corrispondere egual diritto - o interesse legalmente protetto - alle prestazioni da parte dell'Istituto, secondo alcun criterio, che sia prestabilito in sede normativa; dell'art. 24 Cost., in quanto, si dice, agli interessati non é consentito di far valere le situazioni soggettive loro riconosciute dalla legge, di fronte alle insindacabili decisioni del Consiglio di amministrazione.

2. - La difesa dell'Istituto ha avanzato due rilievi di ordine pregiudiziale, che vanno subito esaminati.

2 a) Si osserva, in primo luogo, che nelle more del presente giudizio, é sopraggiunto il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, il quale prevede la soppressione dell'Istituto Kirner - così come degli altri enti preposti ad erogare prestazioni assistenziali (individuati nella tabella B, annessa al decreto stesso), in conformità della procedura ivi stabilita - nonché il trasferimento delle relative funzioni alle regioni, e la costituzione di eventuale associazione volontaria, da parte degli interessati, per ottenere, alle condizioni e nei modi prescritti nell'art. 114, la continuità delle prestazioni assistenziali. In attuazione di tali norme di legge - si soggiunge - il d.P.R. 25 giugno 1980 ha soppresso l'Istituto e trasferito i relativi beni mobili, insieme con un immobile al patrimonio dello Stato. Successivamente, con decreto del Presidente del Consiglio 3 agosto 1981, é stato nominato il Commissario liquidatore dell'ente, e concesso all'associazione volontaria Kirner, intanto costituitasi, l'uso dei beni del soppresso ente, nonché la somma, di lire dieci miliardi. Ora, si asserisce che questi decreti abbiano determinato una modificazione del rapporto sostanziale dedotto innanzi al giudice a quo, nel senso che all'Istituto sarebbero subentrati, da un canto lo Stato, dall'altro l'associazione volontaria Kirner. La Corte dovrebbe dunque vedere se per tali ragioni non si renda necessario il rinvio degli atti al Giudice conciliatore di Bolzano, perché questi proceda a un nuovo esame della rilevanza e provveda a notificare l'ordinanza anche ai successori dell'Istituto.

Senonché, le vicende del processo instaurato innanzi al giudice a quo, che si assumono connesse con l'entrata in vigore del d.P.R. n. 616 del 1977, e dei conseguenti decreti del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio, non rilevano ai fini del presente giudizio. Per concludere in tal senso, soccorre il testuale disposto dell'art. 22 delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte: "le norme sulla sospensione, interruzione ed estinzione del processo non si applicano ai giudizi avanti alla Corte costituzionale neppure nel caso in cui, per qualsiasi causa, sia venuto a cessare il giudizio rimasto sospeso davanti all'autorità giudiziaria che ha promosso il giudizio di legittimità costituzionale". Non si può, del resto, nemmeno ritenere che la normazione sopravveniente, invocata dalla difesa dell'Istituto, abbia toccato il previgente regolamento della specie sotto alcuno dei profili censurati nell'ordinanza di rinvio. Non si ravvisano dunque ragioni per disporre la restituzione degli atti al giudice a quo.

2 b) Dalla difesa dell'Istituto si eccepisce, poi, la irrilevanza delle censure mosse agli artt. 6 e 15 della legge 28 marzo 1968, n. 370, per asserito contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. Si deduce al riguardo che il giudizio verte, non sulle disposizioni degli articoli testé citati, bensì, ed esclusivamente, sul versamento della quota obbligatoria di iscrizione degli insegnanti, quali soci effettivi dell'Istituto, a norma delle disposizioni denunciate in questa sede come incompatibili con la libertà di rifiutare il vincolo associativo. L'eccezione é fondata. L'indagine devoluta alla Corte rimane in conseguenza circoscritta ai motivi di illegittimità costituzionale, che nel provvedimento di remissione sono dedotti, in riferimento all'art. 18 Cost., per i soli artt. 3 e 12 della legge. Gli altri rilievi svolti dal giudice a quo possono essere presi in considerazione solo in quanto, com'é di seguito precisato, concorrono anche essi a prospettare l'ipotesi, che ora residua, della violazione della libertà associativa.

3. - Nel merito, la questione non é fondata. L'art. 18 Cost. garantisce, certo, la libertà di associazione nel suo duplice aspetto, positivo e negativo: il cittadino deve invero poter scegliere se far parte di una associazione, oppure no L'esercizio di tale diritto é, tuttavia, circondato da vincoli. Lo stesso testo fondamentale pone infatti limiti alla libertà di associarsi: e d'altra parte la Corte ha con varie pronunzie enucleato dal sistema della Costituzione quei limiti, che vengono in rilievo, come nella specie, con riguardo alla libertà di non soggiacere al vincolo associativo. Alla stregua di questa pregressa giurisprudenza, viene prima di tutto fugato il dubbio che la libertà di non associarsi sia necessariamente vulnerata, ogni qualvolta si configuri come obbligatorio l'inquadramento entro enti pubblici di una determinata categoria di interessati. Una tale previsione trova invero il suo titolo giustificativo nel nostro ordinamento, purché non siano altrimenti offesi libertà, diritti e principi costituzionalmente garantiti (diversi dalla libertà negativa di associarsi), e risulti al tempo stesso che essa assicura lo strumento meglio idoneo all'attuazione di finalità schiettamente pubbliche, trascendenti la sfera nella quale opera il fenomeno associativo costituito per la libera determinazione dei privati. Si tratta allora di vedere come siffatti requisiti siano soddisfatti nel caso in esame.

4. - L'art. 18 Cost., occorre ricordare, si assume leso in quanto i professori medi acquistano ex lege la qualifica di soci effettivi dell'Istituto Kirner e con ciò sono tenuti a versare il relativo contributo annuo. Se qui si adopera il primo dei criteri di valutazione sopra richiamati, si può intanto escludere che l'obbligo dell'iscrizione, ed il connesso onere pecuniario, siano previsti in violazione di alcun altro, ulteriore parametro costituzionale, rispetto a quello puntualizzato nell'ordinanza di rinvio. Ci troviamo, precisamente e in primo luogo, di fronte a prestazioni imposte nel rispetto dell'art. 23 Cost.: é infatti la stessa legge n. 370 del 1968, come si é premesso, che nel contemplare la figura del socio effettivo annovera il contributo da questo versato tra le entrate dell'Istituto, e ne determina l'importo, insieme con le modalità di calcolo e prelievo. Sotto il riflesso ora considerato, non importa nemmeno che il funzionamento dell'ente sia in massima parte sostenuto con le quote di iscrizione dei soci, mentre, ai sensi dell'art. 11 della stessa legge, i contributi del Ministero della pubblica istruzione o di altri enti o privati sono soltanto eventuali. É vero che le norme in esame toccano la sfera delle erogazioni assistenziali, la quale ricade anche sotto le specifiche previsioni dell'art. 38 Cost. Ma, a dimostrare che l'onere pecuniario gravante sui soci non difetta di fondamento costituzionale nemmeno in questa prospettiva, basta quel che la Corte ha in altra occasione affermato (sentenza n. 25 del 1968): "Non si ha violazione dell'art. 38 qualora le prestazioni patrimoniali necessarie per l'assolvimento dei compiti previsti dal quarto comma siano poste a carico di soggetti diversi dallo Stato, determinabili sulla base di una comunanza, specifica o generica di interessi e di un collegamento, diretto o indiretto, tra la causa dell'imposizione e le finalità da conseguire. Non rileva, sopra codesto piano, che il perseguimento di dette finalità, anziché avvenire mediante erogazioni poste direttamente a carico dello Stato e con gli ordinari strumenti, si attui con mezzi diversi ed in particolare con l'imposizione, da parte di leggi dello Stato, di prestazioni patrimoniali nella forma di contributi (sentenza n. 70 del 1960). In tutti questi casi, se la finalità da perseguire risponde alla tutela di un interesse pubblico, codesto interesse non vien meno né viene snaturato solo che alla sua realizzazione si tenda in uno o in altro dei modi consentiti dall'ordinamento giuridico".

5. - L'insussistenza della presunta lesione dell'art. 18 Cost. va acclarata, per altro verso, controllando se l'imposizione del vincolo associativo, e della relativa quota di iscrizione, stia nella necessaria connessione strumentale con il fine, che mediante l'istituzione dell'ente si vuol perseguire. Deve peraltro trattarsi (sentenza n. 69 del 1962) di un fine pubblico, e non arbitrario, né pretestuoso o artificioso. Ora, per quel che concerne la presente indagine, il legislatore ha correttamente utilizzato l'ampia possibilità di soluzioni normative dischiuse dal disposto della Costituzione (art. 38), che prefigura le strutture assistenziali: l'Istituto si colloca in questo schema del testo fondamentale senza pretestuose o altrimenti censurabili duplicazioni di altri tipi di assistenza pubblica, ovvero, tanto meno, della libera assistenza, garantita ai privati dall'ultimo comma dello stesso art. 38 Cost. Esso serve infatti - con riguardo ai beneficiari, le evenienza e gli stati di bisogno indicati dalla legge - esclusivamente ad una assistenza integrativa e complementare (art. 1, secondo comma), rispetto a quella erogata da altri enti. Nessun fondamento ha poi il sospetto, avanzato dal giudice a quo, che le modalità di funzionamento del Consiglio di amministrazione dell'Istituto, chiamato a decidere "a suo insindacabile giudizio" in ordine alle provvidenze erogabili (cfr. artt. 6.VI, 15, lett. f) - e, di riflesso, la stessa essenziale struttura interna dell'ente - siano governate da criteri "prettamente privatistici, e sia pure di una privata fondazione a scopo di beneficenza". Con ciò si vorrebbe in definitiva affermare che l'apparato dell'ente pubblico invade qui indebitamente l'area dell'assistenza privata, e delle associazioni liberamente costituite per erogarla. Ma un simile assunto urta, a tacer d'altro, contro le disposizioni dettate dalla legge per delimitare la discrezionalità dell'organo decidente. Queste norme individuano la cerchia dei beneficiari, stabiliscono appositi parametri di valutazione in ordine alla concessione e all'entità dei benefici (gravità dell'evento, oneri che ne derivano nel quadro delle condizioni economico-familiari, rapporto di parentela tra altri eventuali assistibili ed il socio), prevedono l'adozione di analoghi criteri in sede di direttive generali, che il Consiglio di amministrazione é tenuto a fissare per l'attuazione delle finalità dell'Istituto (art. 15, lett. a), e demandano, infine, al regolamento di esecuzione la produzione di apposite norme "per la concessione delle sovvenzioni e degli altri benefici" (art. 21, ultimo comma). Il che significa che i provvedimenti del Consiglio di amministrazione, insindacabili solo quanto al merito, vanno pur sempre adottati in conformità della legge, permanendo integra, in virtù dell'art. 113 Cost., la facoltà degli interessati di impugnarli in via giurisprudenziale, dove ricorra la lesione di diritti o interessi legittimi.

6. - Resta da aggiungere che, pur destinato a varie forme di assistenza, l'Istituto s'incontra comunque sulla tutela delle categorie costituite dai soci effettivi, nella specie quella dei professori medi; tutela che si proietta sul coniuge, nonché sui congiunti e superstiti, presi in considerazione nell'ordinamento dell'Istituto, sotto aspetti e a fini molteplici (artt. 6.I lett. a; 4 lett. b, c, d; 6.II lett. b; 6.III lett. a e b; 6.V,VI). Così statuendo, il legislatore ha presupposto, prima ancora che imposto, un vincolo fra i soci, che vien fatto operare sulla base della loro comunanza di interessi: al segno, come si é visto, che ciascuno degli interessati sopporta col proprio contributo il costo delle erogazioni assistenziali, delle quali può fruire, grazie alla struttura associativa, l'intera categoria degli assistibili. Di qui un'ulteriore conclusione: lo status connesso con l'iscrizione all'Istituto non spoglia il singolo della libertà di associazione anche perché esso é configurato in ragione degli scopi, fuor di dubbio pubblicistici, di solidarietà, che secondo legge sono quelli essenziali dell'ente (art. 1). Del resto, vi è un principio costituzionale di solidarietà (cfr. artt. 2 e 4 Cost.), la cui applicazione al terreno assistenziale e previdenziale non era preclusa al legislatore.

7. - Le considerazioni fin qui svolte riguardano - é appena il caso di precisare - il periodo, che rileva nella presente controversia, in cui l'ordinamento dell'Istituto Kirner era ancora in vigore. Il risultato raggiunto non é toccato da alcuna delle successive vicende normative, alle quali si é fatto sopra riferimento (n. 2a). Il che va quindi detto anche della circostanza, che l'Istituto Kirner sia stato incluso in forza del d.P.R. n. 616 del 1977 nella tabella B degli enti che esercitano funzioni amministrative di spettanza delle regioni, e indi soppresso, una volta accertata l'inesistenza di sue funzioni residue, ai sensi dell'art. 113 dello stesso d.P.R. n. 616. Questi dati dimostrano, semmai, come gli scopi e le attività istituzionali dell'ente ora abolito, lungi dal comprimere illegittimamente la libertà associativa dei privati, incidessero su una funzione, che il legislatore ha nel quadro di nuovi orientamenti, ma sempre nel legittimo apprezzamento delle scelte discrezionali consentite in tema di assistenza, più di recente attribuito agli enti pubblici territoriali: salvo restando l'eventuale intervento integrativo dello Stato, ex art. 38 Cost., quarto comma, o altro possibile concorso degli organi centrali nell'assolvimento dei fini prima disimpegnati dall'Istituto, e dei quali la Corte si é nel caso attuale occupata (cfr. sentenza n. 174 del 1981).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, 6, 11, 12 e 15 della legge 28 marzo 1968, n. 370 e dell'art. 6, secondo comma, della legge 13 giugno 1969, n. 282, in riferimento agli artt. 3, 18 e 24 Cost., sollevata dal Giudice conciliatore di Bolzano con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 1982.

 

Leopoldo ELIA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 16 febbraio 1982.