Sentenza n.151 del 1981
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SENTENZA N. 151

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Dott. Giulio GIONFRIDA, Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 34 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 (Disciplina delle agevolazioni tributarie), promossi con ordinanze emesse il 14 dicembre 1977, il 29 settembre 1978, il 9 ottobre 1978, il 3 luglio 1979, il 3 novembre 1979 (n. 6 ordinanze), il 27 marzo 1980 ed il 24 giugno 1980 dalle Commissioni tributarie di 1 grado di Monza, Saluzzo, Bassano del Grappa, S. Maria Capua Vetere e Pordenone, e dalle Commissioni tributarie di 2 grado di Alessandria e Pisa, iscritte al n. 447 del registro ordinanze 1978, ai nn. 207, 455 e 793 del registro ordinanze 1979 ed ai nn. 235 a 240, 730 e 731 del registro ordinanze 1980 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 250 dell'anno 1978, nn. 126 e 210 dell'anno 1979 e nn. 8, 145, 357 e 338 dell'anno 1980.

Visti gli atti di costituzione di Guerrisi Francesco e Melandri Domenico, nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 29 aprile 1981 il Giudice relatore Oronzo Reale;

uditi gli avvocati Franco Gaffuri e Giuseppe Frataccia per Guerrisi Francesco e l'avvocato dello Stato Giovanni Albisinni, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con dodici ordinanze di diverse Commissioni tributarie (447 del R.O. 1978, Commissione tributaria di 1 grado di Monza; 207/79, Commissione tributaria di 1 grado di Saluzzo; 455/79, Commissione tributaria di 1 grado di Bassano del Grappa; 793/79, Commissione tributaria di 2 grado di Alessandria; da 235 a 240/80, Commissione tributaria di 1 grado di S. Maria Capua Vetere; 730/80, Commissione tributaria di l grado di Pordenone; 731/80, Commissione tributaria di 2 grado di Pisa) è stata sollevata in via incidentale questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, nella parte in cui detta norma non accorda anche alle pensioni privilegiate ordinarie civili e militari le agevolazioni tributarie (cioè l'esenzione dall'IRPEF) ivi previste per le pensioni di guerra, e ciò perchè il diverso trattamento riservato sotto il profilo fiscale alle due posizioni pensionistiche sarebbe ingiustificato ed irrazionale, con conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione.

I procedimenti nel corso dei quali le su riportate questioni di legittimità costituzionale sono state sollevate avevano tutti ad oggetto i ricorsi di alcuni titolari di pensione privilegiata ordinaria militare, volti ad ottenere il rimborso dell'aliquota IRPEF trattenuta alla fonte sul loro trattamento pensionistico, o delle somme da essi stessi versate, per lo stesso titolo, in sede di autotassazione, oppure il non pagamento delle somme a tale titolo richieste dall'Amministrazione finanziaria.

Le diverse Commissioni tributarie argomentano tutte nel senso che tanto la pensione di guerra quanto la pensione privilegiata ordinaria civile e militare hanno come comune presupposto causale una diminuzione della capacità lavorativa, scaturita da lesioni od infermità dovute al servizio prestato. Si riconosce che l'occasione di tale servizio è diversa, atteso che la pensione di guerra presuppone che l'evento lesivo o comunque atto a diminuire la capacità lavorativa siasi verificato per fatto di guerra; mentre la pensione privilegiata è originata da un fatto dovuto al servizio prestato in tempo di pace.

In talune ordinanze (447/78, 207/79, 455/79 e 730/80) si osserva inoltre che sussistono esempi legislativi di sostanziale equiparazione tra i beneficiari di pensioni di guerra e quelli di pensione privilegiata ordinaria, militare o civile; vengono citati all'uopo gli artt. 1 della legge 15 luglio 1950, n. 539 e 5 della legge 3 aprile 1958, n. 474.

Malgrado ciò, i Collegi a quibus concordano tutti nel ritenere che l'agevolazione fiscale prevista per le pensioni di guerra dal citato art. 34 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, non possa essere analogicamente estesa alle pensioni privilegiate, sia per il chiaro dettato dello stesso art. 34, sia perchè l'art. 5, ultimo comma, della ricordata legge 3 aprile 1958, n. 474' esclude qualsiasi equiparazione tra le dette categorie "per quanto concerne il trattamento pensionistico".

Viene pertanto ritenuto rilevante e non manifestamente infondato il dubbio di incostituzionalità, per violazione del principio di uguaglianza, della esclusione delle pensioni privilegiate dalla esenzione tributaria prevista per le pensioni di guerra.

A sostegno di tale prospettazione si evidenzia per un verso che il presupposto comune della menomazione della integrità fisica dovuta al servizio prestato non può, siccome attinente al bene della salute, tutelato come "diritto fondamentale" dell'individuo, essere diversamente considerato a seconda che l'evento lesivo di questo siasi verificato in tempo di guerra o non, a maggior ragione ove si ponga mente al fatto che l'attività di servizio espone, oggi in specie, il militare a disagi e rischi gravi e pur sempre connessi alla difesa dell'ordine interno od internazionale.

Si ricorda inoltre come anche la Corte costituzionale, con le sentenze n. 41 del 1973 e n. 103 del 1976, abbia sostanzialmente affermato il carattere unitario del servizio militare, sia stato questo prestato in tempo di guerra o in tempo di pace.

Le dodici ordinanze venivano tutte ritualmente notificate e comunicate; relativamente a tutte e dodici interveniva il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, mentre, tra le parti private, si costituivano i sigg. Francesco Guerrisi (ord. 447/78) e Domenico Melandri (ord. 207/79).

Nei rispettivi atti di costituzione, le suddette parti aderiscono sostanzialmente alle ragioni addotte dai giudici a quibus a sostegno del prospettato dubbio di costituzionalità. In particolare il Guerrisi pone l'accento sul contenuto delle citate sentenze della Corte costituzionale, asserendo che da esse è dato desumere un chiaro principio volto alla sostanziale equiparazione dei due trattamenti pensionistici, anche sotto il profilo fiscale.

I distinti atti di intervento dell'Avvocatura generale coincidono quanto al contenuto, attesa l'identità di oggetto delle diverse ordinanze di remissione.

Sotto un primo (e preliminare) profilo, si osserva che la proposta questione sarebbe inammissibile; l'art. 9, punto 1, della legge di delega per la riforma tributaria (n. 825 del 9 ottobre 971) non autorizza infatti la estensione delle agevolazioni tributarie già previste nel T.U. delle imposte dirette.

Da ciò conseguirebbe che il legislatore delegato non avrebbe perciò potuto estendere la esenzione che l'art. 134 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, aveva previsto per le sole pensioni di guerra; la censura di incostituzionalità avrebbe perciò dovuto rivolgersi nei confronti del citato art. 9 e non già dell'art. 34 della legge delegata.

Nel merito, si sostiene l'infondatezza della proposta questione. Al riguardo si osserva che il trattamento tributario di favore previsto per le pensioni di guerra ha razionale giustificazione nel diverso presupposto che ha dato origine alle menomazioni fisiche sofferte. L'espletamento del più gravoso obbligo pubblico di prestazione personale, svolto in guerra e perciò in situazioni eccezionali di rischio per l'incolumità fisica del cittadino, non sarebbe, ad avviso dell'Avvocatura; comparabile con i disagi scaturenti dal normale espletamento del servizio.

Dall'altro canto, la peculiare natura della pensione di guerra risulterebbe altresì evidenziata dalla considerazione che l'emolumento in questione ha carattere di autonomia, mentre la pensione privilegiata ordinaria consiste in una maggiorazione della pensione ordinaria normale.

Né sarebbe probante in senso contrario alla tesi esposta la sentenza n. 103 del 1976, in quanto la Corte, in quella occasione si limitò ad estendere l'esenzione dal pagamento della tassa fissa, originariamente prevista dal terzo comma dell'art. 5 della legge n. 161 del 1953 per la sola pensione di guerra, a tutti i giudizi in materia di pensioni civili e militari, non solo a quelli concernenti le pensioni privilegiate.

Con memorie presentate nell'imminenza della discussione, la parte privata Francesco Guerrisi e l'Avvocatura dello Stato hanno ribadito le tesi già esposte.

In particolare, la difesa del Guerrisi ha sottolineato l'unità di natura e di funzione del servizio militare, sia questo prestato in guerra o in tempo di pace; si tratterebbe pur sempre della esplicazione del dovere di difendere la Patria, impegno che il cittadino in servizio alle armi, volontario o non, si assume incondizionatamente, accettando ogni rischio. Si è poi soffermata sulla identità funzionale della pensione di guerra e della pensione privilegiata militare, l'una e l'altra dirette "a integrare la perdita della capacità funzionale ed economica subita dal soggetto e dal risarcirlo del dolore provato e dei disagi di ordine psicologico che la menomazione determina".

Nella memoria del Guerrisi si evidenzia infine una tendenza alla uniformità di disciplina per i due trattamenti di pensione, riscontrabile in particolare nelle leggi 539 dei 1950 e 474 del 1958. Si conclude prospettando l'eventualità di una interpretazione più ampia della norma impugnata, tanto da ricomprendere nella esenzione ivi prevista anche le pensioni privilegiate militari; e, in difetto, chiedendo che la proposta eccezione di incostituzionalità venga accolta.

Dal canto suo, l'Avvocatura dello Stato, nel ribadire la richiesta di declaratoria di infondatezza della proposta questione, sottolinea che la pensione privilegiata ha la normale natura retributiva del servizio prestato e presuppone perciò il rapporto di servizio effettivo e la dipendenza da questo della infermità subita, mentre la pensione di guerra prescinde da questi fattori ed è commisurata unicamente alla menomazione subita.

Viene altresì evidenziato che, nei termini in cui è stata prospettata nelle ordinanze di rimessione, l'eventuale estensione della esenzione ai fini fiscali delle pensioni privilegiate non avrebbe pratiche possibilità di attuazione; e ciò in quanto mentre il trattamento di pensione di guerra ha carattere di autonomia, nella pensione privilegiata operano due componenti, l'una relativa alla quota di pensione ordinaria commisurata al servizio prestato, l'altra connessa alla menomazione subita. Mentre apparirebbe ingiustificata l'esenzione totale della pensione privilegiata dall'imposizione fiscale, non avrebbe possibilità concreta di attuazione la scissione tra le due componenti di essa, anche in considerazione dei diversi criteri seguiti dall'ordinamento.

Considerato in diritto

1. - Le dodici ordinanze di cui in narrativa sollevano la stessa questione di legittimità costituzionale, e i relativi giudizi possono essere perciò decisi con unica sentenza.

Ancorché alcune delle ordinanze facciano riferimento, nelle loro motivazioni, a norme certamente non più vigenti per quanto attiene al trattamento fiscale delle pensioni, quali l'art. 1 della legge 15 luglio 1950, n. 539 e l'art. 5 della legge 3 aprile 1958, n. 474, tutte le ordinanze denunciano la sospetta incostituzionalità di un 'unica norma, e cioè l'art. 34 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 "Disciplina delle agevolazioni tributarie", in quanto non estende (si sostiene: con violazione dell'art. 3 della Costituzione) alle pensioni privilegiate ordinarie militari l'agevolazione tributaria prevista per le pensioni di guerra, e cioè l'esenzione dall'imposta sul reddito delle persone fisiche.

2. - Viene in primo luogo all'esame della Corte la eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura dello Stato. Questa rileva che la norma denunziata di incostituzionalità è norma delegata che nasce dall'art. 9 - punto 1 - della legge delega per la riforma tributaria 9 ottobre 1971, n. 825; e afferma che la questione, di legittimità costituzionale avrebbe dovuto quindi investire non l'art. 34 del d.P.R. n. 601, ma il detto art. 9 - punto 1 - della legge delega, il quale avrebbe escluso che il legislatore delegato potesse estendere alle pensioni privilegiate ordinarie l'esenzione tributaria disposta per le pensioni di guerra.

L'eccezione non merita accoglimento.

L'art. 9 della legge delega per la riforma tributaria stabilisce che "la materia delle eccezioni, delle agevolazioni... sarà regolata in base al criterio generale di limitare nella maggiore possibile misura le deroghe ai principi di generalità e di progressività dell'imposizione e osservando, inoltre, in particolare, i seguenti criteri direttivi: 1) i redditi che a norma del vigente testo unico delle leggi sulle imposte dirette sono esenti da tali imposte potranno essere in tutto o in parte esclusi dal computo del reddito complessivo ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche e sul reddito delle persone giuridiche o esentati dall'imposta locale sui redditi...".

Appare evidente che, nell'applicazione del criterio generale enunciato, veniva specificato che il legislatore delegato avrebbe potuto disporre le esenzioni previste dal precedente testo unico delle leggi sulle imposte dirette, non già escluso che egli potesse disporre altre e diverse agevolazioni sempre, si intende, nell'ambito del criterio generale fissato.

Pertanto non impropriamente la questione di costituzionalità relativa alla mancata esenzione fiscale delle pensioni privilegiate ordinarie militari è stata sollevata nei confronti dell'art. 34 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601.

3. - Ma la questione non è fondata.

Comune alle ordinanze - con lievi differenze formali - è la motivazione della sollevata unica questione di legittimità costituzionale. Tanto la pensione di guerra - esse argomentano - quanto le pensioni privilegiate ordinarie militari (ma più compiutamente dovrebbe dirsi: tutte le pensioni privilegiate ordinarie militari e civili) presuppongono una menomazione della capacità lavorativa per effetto di una lesione o infermità, con la sola differenza che il fatto generatore di tale evento è rappresentato in un caso da un fatto di guerra, nell'altro da un fatto di servizio. Ciò posto, e tenuto conto che il bene della salute non è suscettibile di diversa considerazione a seconda che l'evento lesivo si sia verificato in tempo di guerra o in tempo di pace, non è giustificabile il diverso trattamento fiscale. Si aggiunge la considerazione che "l'attività di servizio espone oggi il militare a disagi e rischi sempre maggiori".

4. - La Corte ritiene che, così ponendo la questione, i giudici a quibus non abbiano colto la differenza esistente tra pensioni di guerra e pensioni privilegiate ordinarie.

Questa differenza risiede innanzi tutto nel fatto che mentre la pensione di guerra è collegata per tutti, militari e civili, unicamente alla lesione o infermità derivante da evento bellico ("la mancanza di ogni collegamento con l'esistenza di un rapporto di servizio" è affermata da ultimo nella sentenza n. 55 del 1980 della Corte), la pensione privilegiata ordinaria militare e civile ha per necessario presupposto un rapporto di impiego o di servizio.

La pensione di guerra costituisce "atto risarcitorio di doveroso riconoscimento e di solidarietà da parte dello Stato, nei confronti di coloro che, a causa della guerra, abbiano subito menomazioni nell'integrità fisica o la perdita di un congiunto":(art. 1 del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915).

La pensione di guerra, inoltre, quanto all'ammontare, è determinata normalmente, solo in funzione dell'entità del danno subito, secondo le ipotesi indicate specificamente nelle tabelle annesse ai cit. d.P.R. n. 915. Il titolo IV del medesimo testo legislativo regola "cumulo ed opzione tra il trattamento di guerra ed altro trattamento". Dal complesso di tali norme risulta che mentre è sempre possibile il cumulo della pensione di guerra con la pensione normale di quiescenza (art. 29), è altresì consentita, ove ne ricorrano i requisiti, l'opzione fra il trattamento di pensione di guerra e quello di pensione privilegiata. Ciò significa che la pensione di guerra prescinde da un rapporto di dipendenza e che, ove questo esista, la legge dispone ulteriori integrazioni economiche applicabili, a seconda dei casi, al trattamento pensionistico di guerra o a quello privilegiato ordinario, liquidato "in funzione di quello di guerra".

Da questo sistema emerge la piena autonomia sia concettuale che normativa della pensione di guerra.

La pensione privilegiata ordinaria spetta, invece, ai dipendenti civili e militari dello Stato per le infermità o lesioni ascrivibili a causa di servizio: il suo presupposto necessario, come si è già rilevato, sta nel rapporto di dipendenza. Per i dipendenti civili il suo ammontare è determinato in relazione alla base pensionabile, costituita dall'ultimo trattamento economico complessivo, in ragione di otto decimi nel caso di infermità o lesioni invalidanti più gravi e di un quarantesimo della stessa base per ogni anno di servizio utile nei casi di infermità o lesione di minore entità. Per i dipendenti militari la pensione va da un massimo pari alla intera base pensionabile a un minimo del trenta per cento, secondo la categoria della infermità o lesione, con aumenti, per le categorie più lievi, in ragione di ogni anno di servizio, nei confronti dei militari che hanno compiuto almeno cinque anni di servizio effettivo, ma non abbiano maturato l'anzianità necessaria per il conseguimento della pensione normale. Quando, invece, tale anzianità sia stata raggiunta, la pensione privilegiata è pari a quella normale aumentata di un decimo (artt. 65 e 67 del testo unico sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092).

Da questa normativa si evince che il trattamento di pensione privilegiata è integrativo, quando non sostitutivo, di quello di pensione normale.

Si aggiunga che i dipendenti civili quando subiscano a causa di servizio una menomazione dell'integrità fisica ascrivibile a determinate categorie, hanno diritto (artt. 68 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e 48-50 del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686) a un equo indennizzo il quale è cumulabile, ridotto della metà, con la pensione privilegiata; che la legge 23 dicembre 1970, n. 1094 ha esteso al personale militare l'equo indennizzo, stabilendo (art. 3) che per la concessione dello stesso "si applicano le norme previste per gli impiegati civili dello Stato dagli artt. da 50 a 60 del decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686.."; e che infine la legge 3 giugno 1981, n. 308 (art. 4) ha esteso le norme sull'equo indennizzo ai militari non di carriera.

Il che costituisce un elemento ulteriore che elimina o quanto meno scolorisce il carattere risarcitorio che si vorrebbe attribuire alla pensione privilegiata, cioè lo riduce, secondo l'espressione contenuta nella sentenza 23 gennaio 1962, n. 1 della Corte, a "una mera apparenza di indennizzo".

5. - In talune delle ordinanze e negli scritti difensivi delle parti costituite, come si è ricordato in narrativa, vengono richiamate le sentenze n. 41 del 1973 e n. 106 del 1976 della Corte, per desumerne un affermato carattere unitario del servizio militare in pace e in guerra e un principio di equiparazione, anche fiscale, dei rispettivi trattamenti pensionistici. Ma il richiamo non è conferente.

La prima delle due sentenze si limita a dichiarare illegittima una norma del regolamento di procedura innanzi alla Corte dei conti che per i ricorsi dell'infermo di mente in materia di pensioni privilegiate ordinarie imponeva la sottoscrizione della parte o di un procuratore speciale, mentre per i ricorsi dell'infermo di mente in materia di pensione di guerra era sufficiente, quando non ancora nominato il rappresentante legale o il tutore provvisorio, la sottoscrizione di uno dei genitori.

La seconda sentenza (n. 103 del 1976) dichiara illegittimo l'art. 5 della legge 21 marzo 1953, n. 161, in quanto non estende a tutti i giudizi in genere in materia di pensioni civili e militari l'esenzione dal pagamento della tassa fissa per il ricorso alla Corte dei conti, disposta per i giudizi in materia di pensioni di guerra.

6. - In realtà, anche quando ha dichiarato illegittime certe diversità di trattamento relative a varie categorie di pensioni o di beneficiari di pensioni (come a proposito della perdita della pensione a seguito di condanna penale), la Corte ha rilevato il peculiare presupposto delle pensioni di guerra che, "non essendo collegate a vincoli discendenti da un preesistente rapporto di servizio, consentono una più ampia discrezionalità del legislatore, cui rimane affidata, insieme alla decisione di indennizzare, facendone gravare l'onere sull'intera collettività nazionale in applicazione di un principio solidaristico, i colpiti nell'integrità fisica a causa di eventi bellici, quella di determinare i limiti quantitativi dell'indennizzo, nonché le condizioni e le modalità per la sua attribuzione" (sent. n. 113 del 1968); ed ha ribadito anche recentemente, nel dichiarare illegittimo il diverso trattamento delle pensioni di guerra in materia di decorrenza del termine per ricorrere, lo "speciale fondamento giuridico costituito dalla causa di guerra" (sent. n. 97 del 1980).

Non esiste, dunque, fra pensioni di guerra e pensioni privilegiate ordinarie civili e militari quella identità od omogeneità di situazioni che costituisce il presupposto del richiamo al principio di eguaglianza. Il legislatore ha ritenuto che la speciale natura e la speciale motivazione solidaristica e sociale della pensione di guerra consentissero di accordare ad essa le "agevolazioni tributarie" dell'esenzione dall'imposta sul reddito delle persone fisiche, derogando alla disposizione generale che "costituiscono reddito di lavoro dipendente (e quindi sono soggette all'IRPEF) anche le pensioni e gli assegni ad esse equiparati" (art. 46 del d.P.R. n. 597 dei 1973, "Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito dalle persone fisiche").

É certo, comunque, che non si potrebbero invocare gli scarsi elementi di comparazione fra la pensione di guerra e quella privilegiata per tacciare di irragionevolezza il diverso trattamento fiscale che il legislatore, nel suo discrezionale apprezzamento, ha ritenuto di dover determinare, disponendo a favore della prima, e non della seconda, questa eccezione al principio generale fissato all'art. 53 della Costituzione, secondo il quale tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.

7. - Va detto, infine, che la Corte non sottovaluta il richiamo, contenuto nelle ordinanze e nelle difese di parte, al particolare rischio e sacrificio al quale, specialmente nell'attuale situazione dell'ordine pubblico, sono esposti i tutori dell'ordine, militari e non militari; ma al concreto riconoscimento della particolare solidarietà nazionale spettante ad essi, e per la verità anche ad altre categorie di dipendenti statali egualmente esposti, specie quando sono colpiti nell'adempimento del loro dovere, il legislatore può provvedere, e di fatto provvede, con altre misure anche di carattere economico, senza dover ricorrere a continue erosioni del principio contenuto nel richiamato art. 53 della Costituzione

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 "disciplina delle agevolazioni tributarie", sollevata in relazione all'art. 3 della Costituzione, con le ordinanze elencate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1981.

Giulio  GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Giuseppe FERRARI.

Giovanni VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 24 luglio 1981.