SENTENZA N.55
ANNO 1980
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Avv. Leonetto AMADEI Presidente
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma secondo, della legge 15 febbraio 1958, n. 46, modif. dall'articolo unico della legge 28 aprile 1967, n. 264 e dall'art. 1 della legge 14 maggio 1969, n. 252 e dell'art. 81, comma terzo, del t.u. approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Pensione di riversibilità alle vedove-Differenza di età tra i coniugi), promosso con ordinanza emessa il 4 febbraio 1976 dalla Corte dei Conti-Sez. III giurisdizionale-, sul ricorso di Avellino Maria Arcangela, iscritta al n. 729 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24 del 26 gennaio 1977.
Visti l'atto di costituzione di Avellino Maria Arcangela e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 10 ottobre 1979 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;
uditi l'avvocato Mario Cassiano, per Avellino e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - La Corte dei conti dubita della legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art 11, comma secondo, della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (< Nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato >), nel testo modificato dall'articolo unico della legge 28 aprile 1967, numero 264 e dall'art. 1 della legge 14 maggio 1969, n. 252, nonché dell'art. 81, terzo comma, del testo unico approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nelle parti in cui prevedono, in materia di pensioni ordinarie dei dipendenti statali, una determinata differenza massima di età tra i coniugi quale condizione perchè la vedova abbia diritto alla pensione di riversibilità.
2. - Va precisato che l'art. 11 della legge 15 febbraio 1958, n. 46, nel testo modificato dalle leggi 28 aprile 1967, n. 264 e 14 maggio 1969, n. 252, prevedeva, in materia di riversabilità delle pensioni ordinarie dei dipendenti statali, che la vedova del pensionato, ove il matrimonio fosse stato contratto dopo la cessazione dal servizio, avesse diritto alla pensione di riversibilità solo se il matrimonio fosse stato contratto dal pensionato prima del conseguimento del 72o anno di età, fosse durato almeno due anni e la differenza di età fra i coniugi non fosse maggiore di anni venti e che si potesse prescindere da tali condizioni soltanto ove il matrimonio fosse stato contratto dal pensionato prima del compimento del 65o anno di età, o qualora da esso fosse nata prole.
L'art. 81 del successivo d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, ha mutato dette condizioni, stabilendo che < la vedova del pensionato ha diritto alla pensione di riversibilità purché il matrimonio sia anteriore alla cessazione dal servizio o sia stato contratto prima che il pensionato compisse il 65o anno di età ovvero se dal matrimonio sia nata prole, anche se postuma, o se con il matrimonio siano stati legittimati figli naturali.
La pensione di riversibilità spetta anche alla vedova del pensionato che ha contratto matrimonio dopo la cessazione dal servizio e dopo il compimento del 65o anno di età a condizione che il matrimonio sia durato almeno due anni e che la differenza fra i coniugi non superi i 25 anni >.
Tutte le norme citate pongono, quale condizione per il diritto della vedova alla pensione di riversibilità ordinaria, una differenza massima di età fra i coniugi.
Secondo la Corte dei conti ciò contrasterebbe con l'articolo 3 della Costituzione perchè la previsione, in materia di pensioni ordinarie dei dipendenti statali, di una differenza massima di età fra coniugi, non trova riscontro nella normativa sulla riversibilità delle pensioni di guerra e si avrebbe quindi una differenza di trattamento priva di razionale giustificazione.
La questione non è fondata.
3. - Invero questa Corte ha già ripetutamente affermato il particolare carattere delle pensioni di guerra, non assimilabile sul piano sostanziale alle pensioni ordinarie, data la loro natura risarcitoria (sent. nn. 113/1968 e 147/1971) e la mancanza di ogni collegamento con l'esistenza di un rapporto di servizio.
La pensione di guerra, ad avviso di questa Corte, ha causa e finalità nettamente distinte da quelle delle pensioni ordinarie e pertanto l'ordinamento delle pensioni di guerra, nella legislazione pensionistica, ha una sua autonomia, giustificata dalla particolarità della materia: la sua ratio risarcitoria, d'altronde, comporta valutazioni legislative le quali possono non trovare riscontro nel campo della disciplina delle pensioni ordinarie.
Ne deriva che se come questa Corte ha più volte ritenuto sul piano processuale possono non sussistere elementi idonei a giustificare una differente disciplina in ordine alla tutela delle ragioni degli aventi diritto a pensioni ordinarie o di guerra (sentenze nn. 38/1972, 41/1973; 85/1975; 131/ 1975), sussistono viceversa motivi i quali giustificano una differente normativa in ordine alla disciplina sostanziale, senza che ne risulti violato il principio di uguaglianza (sent. numero 277/1974), posto che per riscontrare violazione del principio di uguaglianza, occorre che a situazioni sostanzialmente identiche od omogenee, corrispondano, senza alcuna razionale giustificazione, differenti discipline.
Consegue che legittimamente il legislatore, nell'uso dei suoi poteri discrezionali e tenendo conto del carattere risarcitorio delle pensioni di guerra, poteva disporre per le vedove come ha fatto un trattamento più favorevole in materia di riversibilità di tali pensioni rispetto a quello previsto in materia di pensioni ordinarie degli impiegati dello stato.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma secondo, della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (< Nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello stato >)o nel testo modificato dall'articolo unico della legge 28 aprile 1967, n. 264 e dall'art. 1 della legge 14 maggio 1969, n. 252, e dell'art. 81, comma terzo, del testo unico approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (< Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato>) sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione , con l'ordinanza della Corte dei conti indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16/04/80.
Leonetto AMADEI – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI – Michele ROSSANO – Antonino DE STEFANO – Leopoldo ELIA – Guglielmo ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI – Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE – Antonio LA PERGOLA – Virgilio ANDRIOLI
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 22/04/80.