SENTENZA N. 85
ANNO 1975
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6 del r.d. 6 febbraio 1942, n. 50 (Norme intese a semplificare e rendere più rapide le istruttorie dei ricorsi in materia di pensioni di guerra), promosso con ordinanza emessa il 20 aprile 1972 dalla Corte dei conti - sezione III pensioni civili - sul ricorso di Ferrante Maria, iscritta al n. 365 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 329 del 20 dicembre 1972.
Visto l'atto di costituzione di Ferrante Maria;
udito nell'udienza pubblica del 5 febbraio 1975 il Giudice relatore Luigi Oggioni;
udito l'avv. Ettore Patrizi, per la Ferrante.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un procedimento pendente avanti alla Corte dei conti a seguito del ricorso di Ferrante Maria contro il provvedimento con cui le era stata negata in sede amministrativa la pensione civile ordinaria di riversibilità, richiesta nella qualità di orfana maggiorenne di Ferrante Mariano, ex dipendente del Ministero della pubblica istruzione, il pubblico ministero formulava le proprie conclusioni scritte, contrarie pregiudizialmente all'esame del merito per mancato pagamento della tassa fissa di registro, conclusioni notificate alla Ferrante il 7 agosto 1967. Sulla copia così notificata veniva apposta, in analogia con l'art. 6 del r.d. 6 febbraio 1942, n. 50, in materia di pensioni di guerra, una annotazione in stampigliatura (peraltro, nel caso, illeggibile parzialmente) che avrebbe dovuto contenere l'avvertenza della decadenza in cui incorre in via generale l'interessato ove lasci inutilmente trascorrere il termine di un anno stabilito dall'art. 75 del t.u. delle leggi sulla Corte dei conti 12 luglio 1934, n. 1214, per la richiesta di trattazione del ricorso, da presumersi così abbandonato.
Con atto depositato il 27 maggio 1969, lo stesso pubblico ministero, superata la eccezione di improcedibilità per avere, nel frattempo, la Ferrante provveduto al pagamento della imposta di registro, sollevava altra eccezione di abbandono del ricorso, in relazione alla pretesa avvenuta scadenza del termine annuale suddetto.
Con ordinanza 20 aprile 1972 la Corte, dato atto, nel caso, della illeggibilità dell'annotazione, perché effettuata con stampigliatura scolorita e lacunosa, affermava, peraltro, che il preavviso mediante stampigliatura doveva ritenersi, in via di principio, elemento integrante delle conclusioni del pubblico ministero, onde la pur avvenuta notifica non poteva dare la certezza legale dell'inizio della decorrenza del suddetto termine di decadenza, ai fini dell'eventuale accoglimento dell'eccezione di abbandono del ricorso, come sopra sollevata dal pubblico ministero. La Corte osservava altresì che l'inserzione dell'avvertenza, pur se avvenuta nella specie in conformità di una prassi in tal senso, operante promiscuamente sia per le pensioni di guerra sia per quelle ordinarie, non sarebbe giustificata dalla norma citata (art. 6 r.d. n. 50 del 1942 sulle pensioni di guerra) da interpretarsi, invece, restrittivamente, come riferita e limitata solo alle procedure riguardanti dette pensioni. Tale limitazione, peraltro, prosegue l'ordinanza, porrebbe in essere una illegittima discriminazione perché la previsione testuale della suddetta garanzia a favore soltanto degli aspiranti a pensioni di guerra, e con esclusione quindi degli aspiranti a pensione ordinaria, si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza, secondo cui non é lecito sottoporre a disciplina diversa situazioni obiettivamente omogenee, come sarebbero quelle testé menzionate.
Pertanto, l'art. 6 del citato r.d. n. 50 del 1942 sulle pensioni di guerra dovrebbe essere dichiarato illegittimo per la parte in cui, appunto, limita l'obbligo di apporre l'avvertenza in questione ai soli ricorsi concernenti pensioni di guerra.
Quanto alla rilevanza della questione così sollevata, il giudice a quo osserva espressamente che nell'applicazione della garanzia in discorso anche alle procedure concernenti pensioni ordinarie, deriverebbe che, nella specie, la decisione sul giudizio principale sarebbe condizionata dalla invalidità delle conclusioni del P.M. perché sostanzialmente sprovviste dell'annotazione, in quanto questa illeggibile, e dalla conseguente infondatezza della eccezione di abbandono del ricorso sollevata dal P.M., che non osterebbe quindi più all'esame del merito del ricorso.
L'ordinanza, debitamente notificata e comunicata, é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 329 del 20 dicembre 1972.
Davanti a questa Corte si é costituita la Ferrante, rappresentata e difesa dall'avv. Ettore Patrizi, il quale ha tempestivamente depositato deduzioni difensive con cui fa proprie le argomentazioni contenute nell'ordinanza di rinvio ed insiste per l'accoglimento della questione come sopra prospettata.
Considerato in diritto
1. - La questione sollevata dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale sulle pensioni civili - concerne l'art. 6 del r.d. n. 50 del 1942 in materia di pensioni di guerra. Si rileva in ordinanza che la disposizione prescrive, soltanto per queste ultime pensioni, l'obbligo di preavvisare la parte istante con "apposita nota" circa la decadenza in cui essa andrebbe incontro ai sensi dell'art. 75 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, qualora omettesse di chiedere, entro un anno, la fissazione di udienza. Da ciò conseguirebbe l'illegittimità della predetta disposizione siccome contrastante con l'art. 3 Cost. per diversità irrazionale di trattamento tra due posizioni identiche ad entrambe le quali si addice parimenti la preventiva avvertenza cautelativa.
2. - La questione é fondata.
Va dato atto che diversa é l'identificazione della natura giuridica delle une e delle altre pensioni, consistente, per quelle ordinarie, nella preesistenza di un rapporto di servizio e nel concorso di determinate condizioni e modalità della relativa prestazione e, per quelle di guerra, dall'intento risarcitorio del danno subito in conseguenza di fatti bellici. Ma tale distinzione non ha rilevanza, ai fini della regolamentazione processuale della tutela, davanti allo stesso organo giurisdizionale dei diritti fatti valere rispettivamente dagli interessati, per quanto riguarda le modalità della proposizione dei relativi ricorsi. Questa Corte ha, infatti, più volte deciso che la diversità del titolo in base al quale viene attribuita la pensione, sia ordinaria che di guerra, non può riflettersi sulla esigenza di una pari disciplina dei rimedi avverso i provvedimenti resi in sede amministrativa. Così, con le sentenze: n. 170 del 1971 (in tema di decorrenza del termine utile per ricorrere mediante uso del servizio postale); n. 38 del 1972 (in tema di decadenza del diritto a ricorrere per chi abbia riscosso l'indennità una tantum sostitutiva della pensione privilegiata ordinaria); n. 41 del 1973 (in tema di sottoscrizione dei ricorsi per pensioni di militari invalidi a causa di servizio, a seconda si tratti di pensioni privilegiate ordinarie o pensioni di guerra); n. 252 del 1974 (in analogia di quanto deciso con la citata sentenza n. 38 del 1972).
3. - Tale riconoscimento di un uguale criterio direttivo generale, non può che valere anche per la situazione in esame, nella quale si evidenzia una modalità procedurale (inserzione dell'"apposita nota" di avvertenza) strettamente attinente, nella interpretazione datane dal giudice a quo, alla decorrenza del termine entro cui chiedere la fissazione di udienza, sotto comminatoria di presunzione di abbandono del ricorso.
La gravità di siffatte perentorie conseguenze esige pari tutela per tutte le parti interessate, affinché siano, senza eccezioni, poste tempestivamente sull'avviso del pericolo derivante da una inattività procedimentale protratta oltre il termine prescritto. Non può rinvenirsi nel solo settore delle pensioni di guerra una particolare esigenza di tutela dei soggetti interessati, poiché altrettanto non può non essere riconosciuto, data l'affinità della materia, per le pensioni ordinarie, riguardanti anch'esse categorie di persone sovente sprovviste di precise informazioni e cognizioni atte ad evidenziare il limite di tempo cui é condizionata la concretizzazione del diritto reclamato. In entrambi i casi, se da un lato v'é l'interesse pubblico di evitare una sensibile pendenza di ricorsi del genere, mediante l'eliminazione di quelli non evidenziati, per un certo tempo, dalle parti istanti, dall'altro lato v'é da tutelare in modo egualmente preminente l'interesse privato, mediante un richiamo ufficiale ai modi e termini dell'attività da svolgere inderogabilmente, per conseguire l'intento.
La disposizione impugnata, nel concentrare, con irrazionale privilegio, la tutela delle parti istanti ad una sola categoria di richiedenti, non é conforme al principio dell'uguaglianza di trattamento per situazioni omogenee e va, quindi, dichiarata illegittima in quanto contrastante con l'art. 3 Cost. nella parte concernente i limiti di applicazione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 6 del r.d. 6 febbraio 1942, n. 50 (Norme intese a semplificare e rendere più rapide le istruttorie dei ricorsi in materia di pensioni di guerra), nella parte in cui esclude per i ricorsi in materia di pensioni ordinarie l'obbligo dell'"avvertenza" relativa alla decadenza in cui gli interessati incorrono ove lascino inutilmente trascorrere il termine stabilito dall'art. 75 del testo unico 12 luglio 1934, n. 1214.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1975.
Francesco Paolo BONIFACIO – Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 16 aprile 1975.