Sentenza n.4 del 1973
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SENTENZA N. 4

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Giuseppe  CHIARELLI, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto  AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 207, secondo comma, lett. a), del testo unico delle leggi sulle imposte dirette approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, promosso con ordinanza emessa il 7 luglio 1970 dal pretore di Ferrara nel procedimento civile vertente tra Montagner Luigi e l'Esattoria comunale di Ferrara ed altri, iscritta al n. 311 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 286 dell'11 novembre 1970.

Visto l'atto di costituzione dell'Esattoria comunale di Ferrara;

udito nell'udienza pubblica del 6 dicembre 1972 il Giudice relatore Giuseppe Verzi;

udito l'avv. Augusto Ermetes, per l'Esattoria.

Ritenuto in fatto

Con ricorso al pretore di Ferrara 9 ottobre 1969, Montagner Luigi rappresentava di essere proprietario di taluni beni pignorati a Sforza Luigi ad istanza dell'Esattoria di Ferrara, per averli acquistati in occasione di precedente vendita esattoriale eseguita in danno dello stesso Sforza, al quale li aveva poi ceduti in locazione con scrittura privata autenticata 20 giugno 1969. Ciò premesso, proponeva opposizione ai sensi dell'art. 619 c.p.c. ed eccepiva la illegittimità costituzionale dell'art. 207, secondo comma, lett. a), del testo unico delle leggi sulle imposte dirette 29 gennaio 1958, n. 645.

Con ordinanza 7 luglio 1970, il pretore, accolta la eccezione, sollevava la questione di legittimità costituzionale della suddetta norma in riferimento agli artt. 3, 24, 42 e 113 della Carta.

Nel presente giudizio si é costituita soltanto la Esattoria comunale delle imposte di Ferrara. Non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri. 

Considerato in diritto

1. - Il pretore di Ferrara ritiene che l'art. 207, lett. a), del t.u. delle leggi sulle imposte dirette, approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, violi gli artt. 113, 24, 42 e 3 Cost. in quanto dispone che l'opposizione non può essere proposta quando i mobili esistenti nella casa di abitazione del contribuente, sui quali si pretende di avere diritto, hanno formato oggetto di una precedente vendita esattoriale a carico del medesimo debitore.

Secondo l'ordinanza di rimessione la norma impugnata così disponendo sarebbe in contrasto con l'art. 113 Cost. che garantisce sempre la tutela giurisdizionale dei diritti ed interessi contro gli atti della pubblica amministrazione; e sarebbe altresì in contrasto con l'art. 24 perché nega la tutela giurisdizionale, anche nelle ipotesi in cui il terzo acquirente sia stato costretto, e voglia provarlo, a lasciare i beni nella abitazione del debitore per assoluta ed invincibile necessità.

Poiché, secondo il precetto costituzionale, l'unico limite che la proprietà privata incontra é costituito dalla espropriazione per motivi di interesse generale e salvo indennizzo, sarebbe inoltre violato anche il terzo comma dell'art. 42 Cost., in quanto la norma impugnata sancendo, non già limitazioni per esigenze di pubblico interesse alla prova del diritto di proprietà, ma addirittura negando a questo diritto ogni tutela giurisdizionale, attuerebbe, in definitiva, il sacrificio della proprietà privata.

La norma denunziata sarebbe infine in contrasto col principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. per la disparità di trattamento praticato fra l'acquirente di beni pignorati ad iniziativa di privati e quello di beni venduti ad un'asta esattoriale, in quanto accorda al primo e nega al secondo l'opposizione di cui all'art. 619 del codice di procedura civile.

2. - La questione non é fondata.

L'art. 207, lett. a), riproduce nel nuovo testo unico delle leggi sulle imposte dirette la norma dell'art. 63 del r.d. 17 ottobre 1922, n. 1401, modificata con l'art. 18 della legge 16 giugno 1939, n. 942. E la Corte, con la sentenza n. 4 del 1960, ha affermato che questa norma "non sopprime il diritto di proprietà" perché non fa altro che imporre al terzo acquirente di beni mobili in una asta esattoriale, l'onere di rimuoverli dalla abitazione di chi ne é stato espropriato, se vuole evitare il rischio dell'assoggettamento all'esecuzione; e l'articolo 42, secondo comma, Cost. non esclude che il diritto di proprietà sia, in certe situazioni, subordinato a condizioni o presupposti, od anche all'onere di un particolare comportamento da parte dello stesso proprietario.

3. - La norma della lett. b) dello stesso art. 207 dispone che l'opposizione non può essere proposta "dal coniuge e dai parenti ed affini fino al terzo grado del contribuente e dei coobbligati, per quanto riguarda i mobili esistenti nella casa di abitazione del debitore, sempre che non si tratti di beni costituiti in dote...". É questa una norma che é stata già esaminata dalle sentenze di questa Corte nn. 42,e 93 del 1964, e 129 del 1968 e che presenta stretta analogia con quella oggi impugnata, sia perché entrambe riguardano i mobili esistenti nella casa di abitazione del contribuente, sia perché sono ispirate da ragioni di carattere pubblico e di interesse generale, collegate alle finalità proprie del procedimento di esecuzione fiscale, di assicurare la riscossione delle imposte e di evitare possibili fraudolente collusioni. Orbene, le su indicate sentenze affermano il principio che l'art. 207 si inquadra nel sistema delle garanzie patrimoniali delle obbligazioni tributarie, regolato da norme di diritto sostanziale. E sono infatti di diritto sostanziale le norme che  stabilendo quali beni costituiscono le garanzie del creditore  determinano l'oggetto su cui si può esercitare l'azione esecutiva, e cioè quali beni possono essere sottratti a detta azione e quali possono esservi compresi, quando si trovano in una certa posizione locale legata al debitore, anche se vi sono terzi che vantano diritti di proprietà su di essi. Dal che deriva la conseguenza che né l'art. 24 né l'art. 113 Cost. possono dirsi violati  anche nella ipotesi prevista dalla norma impugnata , in quanto la tutela giurisdizionale dei diritti ed interessi legittimi, sia pure contro gli atti della pubblica amministrazione, non può superare i limiti posti dalla norma di diritto sostanziale a tutela di altri diritti od interessi giudicati degni di protezione giuridica.

4. - Per quanto attiene alla denunziata violazione del principio di uguaglianza, é facile dimostrarne la infondatezza perché la particolare disciplina del procedimento di esecuzione fiscale é giustificata dalle ragioni di interesse generale e dalle finalità messe già in evidenza. Onde che non può dirsi ingiustificato od irrazionale il diverso trattamento fatto per la opposizione di terzo al pignoramento di mobili esistenti nella casa di abitazione del debitore, a seconda che trattisi di procedimento esattoriale o procedimento comune.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 207, secondo comma, lett. a, del testo unico delle leggi sulle imposte dirette, approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 42 e 113 della Costituzione dall'ordinanza del pretore di Ferrara del 7 luglio 1970. 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 gennaio 1973.

Giuseppe  CHIARELLI – Giuseppe  VERZÌ  – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE- Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI- Giulio  GIONFRIDA.

          Arduino  Salustri – Cancelliere

Depositata in cancelleria l'1 febbraio 1973.