SENTENZA N. 129
ANNO 1968
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici :
Prof. Aldo SANDULLI, Presidente
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 207, lett. b, del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (testo unico delle leggi sulle imposte dirette), promosso con ordinanza emessa il 1 marzo 1967 dal pretore di Viareggio nel procedimento di esecuzione vertente tra l'Esattoria comunale di Viareggio e Pallesi Emma, iscritta al n. 201 del registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 271 del 24 ottobre 1967.
Udita nella camera di consiglio del 21 novembre 1968 la relazione del Giudice Enzo Capalozza.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un giudizio di opposizione di terzo promosso da Pallesi Emma, madre dell'esecutato Ongini Paolo, nei confronti dell'Esattoria comunale di Viareggio, il pretore di quella città, con ordinanza del 1 marzo 1967, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 207, lett. b, del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (T.U. de1 leggi sulle imposte dirette) in relazione al combinato disposto degli articoli 3, 24 e 113 della Costituzione, ritenendo la questione rilevante e non manifestamente infondata.
Si assume nell'ordinanza che, sebbene il principio di eguaglianza debba ritenersi rispettato se norme diverse regolano situazioni diverse, non potrebbe, tuttavia, il legislatore dettare norme differenti in relazione alle sole condizioni personali dei cittadini, in tema di facoltà di agire in giudizio, dato che questa facoltà é riconosciuta a "tutti e sempre", rispettivamente dagli artt. 24 e 113 della Costituzione.
Il pretore afferma di rendersi conto che la norma denunciata é preordinata al soddisfacimento di apprezzabili esigenze di sana amministrazione e di difesa dell'interesse pubblico contro possibili fraudolenti simulazioni dei debitori di imposta, ma soggiunge che tali ragioni di politica legislativa non sono sufficienti a sottrarre la disposizione al sindacato di legittimità costituzionale.
A riguardo rileva che "nel campo dei diritti privati" la legge ha adottato la limitazione dei mezzi di prova, con l'art. 621 del Codice di procedura civile, la cui norma discriminatoria troverebbe legittimo fondamento nell'art. 3 della Costituzione, analogamente a quella posta, nella materia fiscale, dalle lett. a e c dell'art. 207 del citato T.U., relativa all'impugnabilità dell'opposizione di terzo, per la particolare situazione dei beni assoggettati all'esecuzione (lett. a) e per il particolare rapporto preesistente fra il terzo ed il fisco (lett. c).
Secondo il pretore accade, invece, in conseguenza dell'applicazione della norma denunciata che, ove due beni mobili pignorati per esecuzione fiscale nella casa del debitore di imposta siano rivendicati l'uno da un terzo e l'altro da un prossimo congiunto del debitore, soltanto al primo é accordata la tutela giurisdizionale del diritto di proprietà, che é negata al secondo, in contrasto con le suindicate norme costituzionali.
L'ordinanza, regolarmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 271 del 24 ottobre 1967.
Nel presente giudizio non vi é stata costituzione di parti, né intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Considerato in diritto
La questione di legittimità costituzionale dell'art. 207, lett. b del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (T.U. delle leggi sulle imposte dirette), sollevata dal pretore di Viareggio, é stata già esaminata e dichiarata non fondata da questa Corte, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la cui violazione, unitamente a quella del successivo art. 113, é stata posta a base delle attuali censure.
Per ciò che riguarda, pertanto, l'assunta violazione dei primi due citati articoli della Carta costituzionale, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata, non avendo l'ordinanza di rimessione addotto, né ravvisando la Corte argomenti che inducano ad adottare, una diversa soluzione.
La sentenza n. 42 del 1964, escludendo la violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.), ha aggiunto che la norma denunziata, in quanto determina l'oggetto sul quale può essere esercitata l'azione esecutiva dell'esattore, s'inquadra nel sistema delle garanzie patrimoniali dell'obbligazione tributaria; ha natura sostanziale; trova la sua ratio nella finalità - riaffermata dalla stessa ordinanza del pretore di Viareggio - di evitare fraudolenti simulazioni dirette a sottrarsi al pagamento delle imposte; ed ha il suo fondamento nel potere del legislatore di determinare i limiti del diritto di proprietà.
Sulla base di tali criteri (ai quali si richiamano le ordinanze nn. 105 e 106 del 1964, che hanno dichiarato la manifesta infondatezza della questione anche sotto il profilo testé indicato), la sentenza n. 93 dello stesso anno ha ritenuto insussistente la violazione del principio di eguaglianza, non considerando né arbitrario né ingiustificato il fatto che la norma denunziata escluda che all'esattore possa opporsi un diritto di proprietà su di un bene, lasciato nella casa di abitazione dal debitore di imposta, da chi sia con questo legato da un rapporto di parentela o di affinità entro il terzo grado.
Tali argomenti hanno come comune presupposto la natura sostanziale della disposizione denunziata, e, dal momento che siffatta natura non é contestata neppure nell'ordinanza di rimessione, sono sufficienti ad escludere la fondatezza della questione anche con riferimento all'art. 113 della Costituzione.
Invero, se allo scopo di garantire la realizzazione coattiva di un credito dell'Amministrazione finanziaria, la legge ha compresso un diritto soggettivo inerente alla proprietà del bene, sottoposto alla esecuzione esattoriale, non può essere poi invocata avverso quest'ultima una tutela giurisdizionale che superi i limiti posti dal diritto sostanziale.
Che poi la tutela prevista dall'art. 113 sussista nei limiti entro i quali nella specie siano presenti delle posizioni giuridiche soggettive ai sensi del diritto sostanziale, non può esser contestato, né lo é stato.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 207, lett. b, del D. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (T.U. delle leggi sulle imposte dirette), proposta con ordinanza del pretore di Viareggio 1 marzo 1967, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'anzidetta norma, proposta con la stessa ordinanza, in riferimento all'art. 113 della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1968.
Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE
Depositata in cancelleria il 20 dicembre 1968.