SENTENZA N. 19
ANNO 1970
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI
Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 12 novembre 1969, concernente conglobamento ed adeguamento delle retribuzioni del personale dell'Amministrazione regionale, promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 20 novembre 1969, depositato in cancelleria il 25 successivo ed iscritto al n. 10 del registro ricorsi 1969.
Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione siciliana;
udito nell'udienza pubblica del 14 gennaio 1970 il Giudice relatore Costantino Mortati;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il ricorrente, e l'avv. Pietro Virga, per la Regione siciliana.
Ritenuto in fatto
Con ricorso notificato il 20 novembre 1969, il Commissario dello stato per la Regione siciliana ha impugnato la legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 12 novembre 1969, concernente conglobamento ed adeguamento delle retribuzioni del personale dell'Amministrazione regionale. Si premette all'esposizione dei motivi che la legge regionale 29 luglio 1950, n. 65, ebbe all'art. 16 a regolare per la prima volta il trattamento di quiescenza del detto personale con rinvio alle norme vigenti per i dipendenti dello Stato, prevedendo all'uopo l'istituzione di un apposito Fondo speciale per le pensioni: Fondo poi costituito, in gestione autonoma, secondo lo Statuto approvato con D. P. Reg. 30 giugno 1962, n. 2, e già disciplinato con la precedente legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, con cui si regolavano le due fonti di finanziamento (costituite da erogazioni della Regione e da contributi dei dipendenti), ed a cui si affidava, fra gli altri, il compito di curare la liquidazione di un'indennità di buonuscita ai dipendenti cessati dal servizio con diritto a pensione. Si fa poi presente come la misura di detta indennità venne elevata in virtù della successiva legge 1 febbraio 1963, n. 11, il cui art. 6 stabilì che la maggiorazione venisse corrisposta con efficacia retroattiva, a decorrere dall'entrata in vigore della citata precedente legge n. 2 del 1962, ai collocati a riposo prima della sua entrata in vigore.
Finalmente la legge denunciata veniva a stabilire che la rivalutazione dell'indennità di buonuscita fosse effettuata anche per il personale cessato dal servizio prima dell'entrata in vigore della legge 1 febbraio 1963, n. 11, e ciò sulla base degli emolumenti fissi é continuativi vigenti alla data del 1 gennaio 1962, per il coefficiente attribuito agli interessati all'atto della cessazione dal servizio.
Quest'ultimo provvedimento legislativo sembra al Commissario dello Stato incostituzionale per i seguenti motivi:
a) violazione dell'art. 17, lett. f, dello Statuto siciliano perché, vertendosi in materia di legislazione per la previdenza ed assistenza sociale non esclusiva della Regione, non sono stati rispettati i minimi dei principi e degli interessi generali cui si ispira l'analoga legislazione dello Stato; secondo tali principi, infatti, la funzione dell'indennità di buonuscita consiste nell'assicurare al dipendente un trattamento in capitale in modo da consentirgli il nuovo inserimento nel contesto sociale e pertanto non sono concepibili sue rivalutazioni successive, del genere di quelle previste per il trattamento pensionistico, che ha diversa natura;
b) violazione dell'art. 14, lett. q, dello Statuto siciliano, in quanto, ove anche si ritenga che l'indennità di buonuscita rientri nella materia dello stato giuridico ed economico del personale regionale, la riliquidazione retroattiva di essa si risolverebbe in una misura di liberalità a favore degli ex dipendenti, che, anche se ne riconoscesse l'ammissibilità, esulerebbe dalla competenza per detta materia;
c) violazione del principio costituzionale di eguaglianza, poiché la legge crea sperequazioni all'interno della stessa categoria dei pensionati, rispetto a coloro che furono collocati a riposo successivamente al 1 gennaio 1962;
d) altra violazione si avrebbe per la retrodatazione di effetti su rapporti già esauriti nel tempo, e più specialmente con riferimento alla elargizione di capitali rispetto a cui i principi precludono l'applicazione di norme di carattere retroattivo;
e) violazione dell'art. 81 della Costituzione, in quanto la legge non prevede la copertura del nuovo onere gravante a carico della Regione per effetto della legge impugnata.
Il Presidente della Regione siciliana, costituitosi in giudizio col patrocinio dell'avv. prof. Pietro Virga con atto di deduzioni depositato il 9 dicembre 1969, ha replicato:
a) che l'indennità di buonuscita non rientra nella materia riguardante la "legislazione sociale" bensì in quella concernente lo "stato giuridico ed economico degli impiegati della Regione", in quanto non ha natura assistenziale ma é collegata strettamente al trattamento pensionistico che ne costituisce il presupposto; per cui la competenza legislativa regionale non é vincolata al rispetto dei principi generali dell'ordinamento statale; che comunque l'ordinamento statale non esclude la riliquidazione dell'indennità di buonuscita, come risulta dall'art. 4 della legge 8 marzo 1968, n. 152, che ha analogamente disposto per i dipendenti degli enti locali, assicurati presso l'INADEL, in posizione analoga con quella dei dipendenti della Regione, sicché, anche ad ammettere che la materia rientri nella lett. f dell'art. 17, vi sarebbe il rispetto dei principi della legislazione statale;
b) che, lungi dal determinare una disparità di trattamento, la legge impugnata tende proprio a porre rimedio alla arbitraria discriminazione compiuta dalla legge regionale 1 febbraio 1963, n. 11, la quale aveva stabilito che la riliquidazione dell'indennità avvenisse soltanto a vantaggio degli impiegati collocati a riposo dopo il 1 gennaio 1962 e non anche di quelli collocati a riposo prima di tale data;
c) che la Costituzione vieta le leggi retroattive solo in materia penale e che quindi nulla impedisce l'emanazione di leggi retroattive in materia di indennità di buonuscita;
d) che disposizione retroattiva analoga all'attuale era stata disposta con la legge regionale n. 11 del 1963, non impugnata dal Commissario dello Stato: ciò che importa un'acquiescenza che rende inammissibile la presente impugnativa;
e) che la violazione dell'art. 81 della Costituzione non sussiste perché la legge non prevede spese gravanti sul bilancio dell'ente Regione, ma sul bilancio dello speciale Fondo di quiescenza, alimentato principalmente con i contributi versati dagli stessi dipendenti e basato su un sistema attuariale, che non si presta ad una rigida corrispondenza fra entrate e spese, né consente di stabilire l'esatta incidenza dell'onere. Sulla base di queste argomentazioni la Regione conclude quindi perché il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.
L'Avvocatura generale dello Stato ha depositato il 30 dicembre 1969 una memoria in cui svolge gli argomenti enunciati nel ricorso del Commissario ed, innanzi tutto, nega ogni fondamento all'eccezione d'inammissibilità per acquiescenza, sollevata ex adverso, richiamando la giurisprudenza della Corte che ha escluso che la mancata impugnazione di leggi anteriori abbia effetto preclusivo, specialmente quando, come nella specie, si tratta di disposizioni chiaramente innovative della situazione giuridica preesistente.
Nel merito l'Avvocatura osserva che l'accostamento, compiuto dalla difesa della Regione, dell'indennità di buonuscita alla pensione, ai fini della determinazione della "materia" di competenza regionale in cui far rientrare la legge impugnata, se potrebbe essere valido in costanza di uno svolgimento attuale del rapporto di impiego, non lo é quando questo abbia avuto termine, in quanto, mentre la pensione continua a saldarsi ad un rapporto ormai cessato, ma che proietta i suoi effetti riflessi fino alla morte del titolare (o a quella dei suoi eredi aventi titolo alla riversibilità), la buonuscita invece si esaurisce nel momento in cui cessa il rapporto di impiego, perché in quel momento nasce il relativo diritto, a quel momento esso va soddisfatto e nel momento stesso si consuma. Donde la conseguenza che, mentre é concepibile una riliquidazione della pensione in dipendenza del variare del costo della vita o della concessione di miglioramenti economici al personale in servizio, nulla di questo genere può aversi per l'indennità di buonuscita.
Non vale richiamare in contrario la legge statale 8 marzo 1968, n. 152, poiché essa non può dirsi retroattiva in quanto, limitandosi ad ammettere al diritto alla indennità-premio di servizio gli iscritti all'INADEL con almeno due anni completi di iscrizione, nel concorso degli altri requisiti di legge, era ovvio che essa si applicasse anche a chi avesse già maturato il biennio alla data della sua entrata in vigore, e cioé ai pensionati dal 1 marzo 1966 in avanti.
Illustrando il motivo di ricorso che deduce la violazione dell'art. 3 della Costituzione. l'Avvocatura mette quindi in rilievo come la sperequazione di trattamento derivi dal fatto che i pensionati dal 1 gennaio 1962 in avanti hanno diritto alla liquidazione sulla base della retribuzione percepita, ed in relazione al grado ricoperto, all'atto della cessazione dal servizio, mentre, per converso, i pensionati prima del 1 gennaio 1962 si vedono riliquidare l'indennità sulla base, non dell'ultima retribuzione effettivamente percepita, ma di quella che avrebbero percepito al 1 gennaio 1962 se fossero stati ancora in servizio. Cosicché, a questa categoria di pensionati si viene a dare un doppio beneficio: l'uno, comune anche all'altra categoria di pensionati, consistente nell'elevazione della buonuscita da 1/25 a 1/12 della retribuzione per ogni anno di servizio; l'altro, esclusivo per loro, della commisurazione del dodicesimo ad una retribuzione maggiore di quella effettivamente percepita all'atto del collocamento a riposo.
Inoltre, guardando la questione dal lato delle contribuzioni, si ha sperequazione fra chi ha corrisposto i contributi sulla retribuzione effettiva, soggiacendo ad un sacrificio economico ben determinato, e chi, pur avendo corrisposto contributi su di una base retributiva minore, percepisce una liquidazione pari ai colleghi collocati a riposo dal 1962 in avanti, sopportando così un sacrificio proporzionalmente minore.
Per quanto riguarda infine la dedotta violazione dell'articolo 81 della Costituzione, l'Avvocatura replica alle deduzioni avversarie osservando che la legge impugnata determina un sicuro aggravio per il bilancio del Fondo, e quindi anche per la Regione che a tale bilancio contribuisce nella misura del 22,45 per cento; donde risulta sicuramente l'esistenza di una spesa cui non concorrono i maggiori contributi dei beneficiari della norma impugnata, e che rimane non coperta, come invece sarebbe prescritto dalla citata disposizione costituzionale.
Anche la difesa della Regione ha depositato una memoria in data 30 dicembre 1969 in cui svolge ulteriormente i propri argomenti. Circa la determinazione della "materia" di competenza regionale, essa aggiunge alle precedenti osservazioni quella secondo cui la legislazione sociale riguarda esclusivamente prestazioni assistenziali e previdenziali erogate a favore di terzi estranei all'amministrazione, mentre una legge che regoli prestazioni connesse ad un rapporto di pubblico impiego istituito con dipendenti dell'amministrazione non può non concernere lo stato giuridico ed economico di questi ultimi (cfr. le decisioni della Corte costituzionale n. 47 del 1959 e n. 124 del 1968).
Dopo avere ulteriormente discusso la natura dell'indennità di buonuscita onde confutare che essa esuli dal trattamento di quiescenza, ed avere ricordato, a conferma, una deliberazione del consiglio di amministrazione dell'ENPAS ed una pronuncia del Consiglio di Stato circa la connessione dell'una all'altro, la difesa della Regione ritorna anche sugli altri argomenti già svolti nel controricorso per affermare la ammissibilità di una riliquidazione retroattiva dell'indennità di buonuscita in base alla stessa legislazione statale, per negare che la legge impugnata determini alcuna ingiustificata sperequazione di trattamento fra pensionati e per dimostrare l'inapplicabilità alla fattispecie della norma costituzionale sull'obbligo di copertura delle nuove spese. Osserva a quest'ultimo riguardo che l'art. 30 legge n. 2 del 1962 ha creato il Fondo di dotazione per i trattamenti in discorso, ciò che ha dispensato le leggi successive regolatrici delle erogazioni dal prevedere un'esplicita copertura, dato che il Fondo é alimentato dai contributi dei beneficiari. Come del resto avviene anche per similari leggi dello Stato, quale quella relativa all'INADEL gia ricordata.
Conclude insistendo nella richiesta di rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1 - L'eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla difesa della Regione, in considerazione dell'omessa impugnativa da parte dello Stato di una precedente legge regionale (n. 11 del 1963) la quale, al pari di quella ora impugnata, riliquidava in modo più favorevole, con efficacia retroattiva, l'indennità di buonuscita a funzionari collocati a riposo in epoca precedente, non é fondata.
Infatti, come ha esattamente ricordato l'Avvocatura dello Stato, la Corte ha costantemente escluso che siffatta omissione di impugnativa di leggi anteriori dia luogo a preclusione di azione avverso un atto normativo successivo, specie quando, come nel caso in esame, quest'ultimo risulti innovativo rispetto all'altro (sentenze n. 44 del 1957, n. 54 del 1958, n. 49 del 1963, n. 113 del 1967).
2. - Passando al merito é anzitutto da respingere la tesi accennata nel ricorso circa la inammissibilità della retrodatazione degli effetti giuridici fatti derivare da una legge regionale su rapporti già esauriti. La Corte ha avuto occasione di statuire, con la sentenza n. 23 del 1967, in confronto di altra legge della Sicilia, che il principio della irretroattività della legge é stato costituzionalizzato soltanto riguardo alla materia penale, ed é chiaro che, una volta ammesso il potere di disporre legislativamente con efficacia su rapporti anteriori, non può venire in considerazione il fatto che siano esauriti, dato che proprio in confronto ad essi si presenterebbe, se esistesse, il divieto di successivi interventi in ordine ai medesimi.
3. - Quanto all'indole da attribuire all'atto impugnato al fine di determinare la specie di competenza, esclusiva o concorrente, esercitata nell'emetterlo, non si può aderire alla affermazione del ricorso che pretende ricondurlo a quelli attinenti alla materia di cui alla lettera f dell'art. 17 dello Statuto, anziché all'altra dello stato giuridico ed economico degli impiegati regionali, considerata alla lettera q dell'art. 14.
Infatti non sembra contestabile che l'indennità di buonuscita accordata al personale statale dapprima col R.D. n. 2480 del 1923, disciplinata poi dal t. u. n. 619 del 1928 e successive modificazioni, se pure erogata a cura di un'apposita opera di previdenza, faccia parte integrante del trattamento di quiescenza, come vero e proprio diritto patrimoniale connesso con lo status di dipendente di ruolo che abbia maturato il diritto a pensione: e su ciò non influisce la circostanza che per la sua determinazione e liquidazione valgano norme non in tutto coincidenti con quelle regolative della pensione. Il fatto poi che per la Sicilia anche il trattamento pensionistico, al pari di quello dell'indennità, sia affidato ad uno stesso "fondo autonomo" rende ancora più agevole ricondurre al medesimo fondamento e far rientrare nella medesima materia le due specie di erogazioni.
4. - Del resto la stessa Avvocatura non contesta l'esattezza di tale accertamento, ma afferma che, se miglioramenti del trattamento di pensione a favore di dipendenti già collocati a riposo si rendono possibili, viceversa non sono ammissibili riguardo all'indennità di buonuscita già in precedenza liquidata. Ma poiché a base di tale censura non si fa valere la Violazione di un autonomo principio costituzionale, bensì quella risultante dal contrasto con i principi della legislazione statale, essa é destinata a cadere con il venir meno del suo presupposto, giusta quanto si desume dal già rilevato carattere esclusivo della competenza regionale. Il che rende superfluo ogni accertamento circa l'esattezza del richiamo che la difesa regionale fa alla legge statale n. 152 del 1968 sull'INADEL.
5. - Del pari infondata é la denunciata violazione dell'art. 81 della Costituzione per la mancata previsione della copertura in dipendenza del maggior onere a carico della Regione derivante dall'aumento della quota del suo contributo al "fondo", in corrispondenza ai benefici accordati a categorie che ne erano escluse. A contestare l'esattezza di tale censura é da richiamare quanto prima detto circa la posizione di autonomia del fondo, quale risulta dagli artt. 16 e seguenti della legge regionale n. 2 del 23 febbraio 1962 e del relativo statuto approvato con D.P.Reg. 30 giugno 1962, n. 2, che prevedono appositi organi per la sua gestione ed apposite entrate ad esso afferenti, iscritte insieme alle spese in un proprio bilancio, in nessun modo collegato con quello della Regione. Il fatto che ad integrare le entrate in parola siano previsti contributi a carico della Regione, percentualmente alla misura annua contributiva, non é sufficiente al sorgere dell'obbligo di copertura imposto dall'art. 81, perché dalle nuove provvidenze disposte dalla legge impugnata non deriva in modo diretto e sicuro un aggravio finanziario per la Regione stessa. Se é certo che, come osserva l'Avvocatura, al maggiore onere delle provvidenze medesime non corrisponde nessuna ulteriore contribuzione da parte di quanti ne beneficiano, non é egualmente certo né che esso debba necessariamente ricadere sul bilancio regionale, né, nell'ipotesi che ciò accada, che sia determinabile l'entità del maggiore contributo. Ciò perché, come ha fatto osservare la difesa della Regione, dato il sistema attuariale di gestione del fondo, eventi imprevedibili intervenienti durante ciascun anno finanziario possono mutare l'entità dell'onere mutualistico. Solo quando sarà dimostrato che una maggiorazione di quest'ultimo renderà necessario un elevamento della misura del contributo finanziario da parte della Regione, questa dovrà provvedere con apposita legge all'aumento del medesimo ed alla necessaria copertura. In questo senso la Corte ha già statuito in casi analoghi, con le sentenze nn. 23 e 55 del 1967.
6. - Fondato si presenta invece il motivo di ricorso che si fa discendere dalla violazione dell'art. 3 della Costituzione: violazione che, secondo i chiarimenti risultanti dalla memoria dell'Avvocatura, si concreterebbe nella ingiustificata differenza di trattamento effettuata dalla legge fra i collocati a riposo dopo il 1 gennaio 1962 e gli altri cessati dal servizio prima di tale data. Come risulta dall'esposizione di fatto, la legge regionale n.11 del 1963 ebbe ad estendere il beneficio dell'aumento percentuale dell'indennità di buonuscita (che la precedente legge n. 2 del 1962 aveva fissato in 1/25) anche ai dipendenti già cessati, a decorrere dall'entrata in vigore di quest'ultima, ma sempre con riferimento al trattamento goduto al momento della cessazione dal servizio. Viceversa la legge impugnata, estendendo ai cessati prima della predetta data del 1 gennaio 1962 il nuovo beneficio, ha altresì consentito che esso fosse commisurato agli stipendi vigenti a quest'ultima data, anche se non effettivamente attribuiti al personale allora non più in servizio, e sui quali quindi non sono state effettuate le maggiori ritenute che si sarebbero dovute corrispondere in proporzione.
La giustificazione fornita dalla difesa della Regione secondo cui la norma denunciata ha inteso evitare la disparità di trattamento fra i dipendenti collocati a riposo prima o dopo del 1 gennaio 1962 non ha fondamento poiché tale disparità, sotto l'aspetto considerato, risultava necessaria in virtù del diverso trattamento retributivo goduto all'atto della cessazione dal servizio: ed é chiaro che a situazioni fra loro differenti non può applicarsi una stessa disciplina.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 12 novembre 1969 (di modifica alla legge regionale 1 febbraio 1963, n. 11, concernente conglobamento ed adeguamento delle retribuzioni del personale dell'amministrazione regionale) nella parte in cui, disponendo la rivalutazione dell'indennità di buonuscita a favore del personale predetto cessato dal servizio prima del 1 gennaio 1962, la commisura agli stipendi in vigore alla data sopra indicata, anziché agli stipendi in vigore all'atto del collocamento a riposo dei singoli dipendenti.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 febbraio 1970.
Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni BATTISTA BENEDETTI - Francesco PAOLO BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI
Depositata in cancelleria il 18 febbraio 1970.