Sentenza n. 14 del 1962
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 14

ANNO 1962

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta dell'11 luglio 1961, recante: "Istituzione degli uffici periferici dell'Amministrazione regionale delle finanze e del demanio", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 17 luglio 1961, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 22 luglio successivo ed iscritto al n. 13 del Registro ricorsi 1961.

Vista la costituzione in giudizio del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 24 gennaio 1962 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli;

uditi il vice avvocato generale dello Stato Achille Salerni, per il ricorrente, e gli avv. Antonio Sorrentino e Leopoldo Piccardi, per il Presidente della Regione siciliana.  

Ritenuto in fatto 

Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana, con ricorso 17 luglio 1961, depositato il 22 luglio successivo, ha impugnato la legge della Regione 11 luglio 1961, nn. 468-478, recante l'istituzione degli uffici periferici dell'Amministrazione regionale delle finanze e del demanio.

Premesso che tale legge prevede l'istituzione dei detti uffici per l'espletamento delle funzioni di competenza regionale e ne determina gli organici, il ricorrente deduce l'incostituzionalità di essa per violazione dell'art. 97 Cost., in quanto non stabilisce i compiti che in concreto dovrebbero essere svolti dai detti uffici e dal personale che ad essi verrebbe assegnato. Rileva, inoltre, che detti compiti non possono essere fissati unilateralmente dalla Regione, senza che siano state emanate le norme di attuazione in materia finanziaria, ai sensi dell'art. 43 dello Statuto speciale. La subordinazione dell'esercizio della potestà legislativa regionale ex art. 36 dello Statuto speciale all'emanazione di tali norme, soggiunge il ricorrente, é inderogabile, non solo per il carattere sussidiario e complementare della ricordata potestà legislativa, ma anche perché l'interesse nazionale al rispetto dell'unità dell'ordinamento tributario potrebbe postulare il mantenimento, nell'ambito regionale, della attuale organizzazione statale degli uffici finanziari, con riflessi sulla utilizzazione delle unità che la legge in esame intende sistemare. D'altra parte, dalle interferenze degli istituendi uffici regionali con gli uffici statali potrebbero derivare inconvenienti, nella carenza delle norme di attuazione. Si rileva, da ultimo, che l'attuale disciplina dei rapporti finanziari tra Stato e Regione (D.L.P. 12 aprile 1948, n. 507) non detta alcuna norma circa il passaggio alla Regione degli organi statali che esercitano la funzione della riscossione dei tributi. Si conclude per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge impugnata, per violazione dell'art. 97 della Costituzione e degli artt. 36 e 43 dello Statuto speciale della Regione siciliana.

La Regione siciliana si é costituita, a mezzo degli avvocati Piccardi e Sorrentino, con atto depositato il 3 agosto 1961. In esso si sostiene che la violazione dell'art. 97 Cost. non sussiste, in quanto nella legge impugnata sono esattamente specificati i compiti provvisori degli uffici, mentre le loro funzioni definitive saranno fissate dalla legge futura, di cui ovviamente non può valutarsi la legittimità costituzionale prima che sia emanata. Si soggiunge che la questione sollevata col ricorso concerne l'opportunità e il merito della legge; che il principio del buon andamento dell'amministrazione non é suscettibile di esser tradotto in canoni precisi e riguarda, più che il legislatore, il concreto operare degli organi amministrativi; e che comunque, anche se l'art. 1 fosse illegittimo, non perciò cadrebbero le altre disposizioni della legge, relative allo stabile inquadramento degli attuali avventizi.

In ordine alla dedotta violazione degli artt. 36 e 43 dello Statuto speciale la difesa della Regione osserva che il principio secondo cui l'esercizio della potestà legislativa tributaria é subordinato alla emanazione di norme di attuazione non é applicabile nella specie, in quanto la Regione, con la legge in esame, ha creato degli uffici regionali propri, quali uffici periferici di un ufficio regionale centrale (l'Assessorato finanze e demanio), la cui legittimità costituzionale non é stata mai contestata. D'altra parte, mentre quel principio é smentito da numerosissime leggi regionali in materia tributaria, già ritenute legittime, gli istituiti uffici hanno funzioni anche nel campo del demanio, e il patrimonio demaniale della Regione esiste indipendentemente dalle norme di attuazione; alla Regione é attribuita la riscossione di entrate erariali e la potestà di imporre tributi propri; in ogni caso, la competenza esercitata dalla Regione si inquadra nell'art. 14 dello Statuto speciale (lett. p e q), che attribuisce alla Regione una competenza legislativa primaria. Conclude per il rigetto del ricorso.

In una memoria depositata l'11 gennaio 1962, la Avvocatura dello Stato, in rappresentanza del Commissario per la Regione siciliana, insiste sulla asserita violazione degli artt. 36 e 43 dello Statuto speciale. La legge impugnata, in essa si afferma, ha concretato una indebita interferenza della Regione nella organizzazione degli uffici e dei servizi statali, col trasferire competenze dei primi agli organi finanziari periferici della Regione, la cui istituzione é stata in realtà diretta alla immediata sistemazione del personale avventizio, già assunto dalla Regione.

La difesa di quest' ultima ha anch'essa depositato memoria l'11 gennaio di quest'anno. Quanto alla asserita violazione dell'art. 97, la memoria osserva che la portata di tale articolo consiste nel riservare alla legge l'organizzazione dei pubblici uffici, mentre rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire il modo di assicurare il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. Nella specie, il precetto costituzionale sarebbe stato osservato, in quanto si é provveduto con legge alla istituzione degli uffici e dei ruoli, mentre ogni altra questione - compresa quella di creare degli uffici prima di stabilirne le attribuzioni - sarebbe di mera opportunità. Comunque, anche sul piano della opportunità, la legge si giustifica con la situazione fluida in cui trovansi attualmente i rapporti tra Stato e Regione, e con la circostanza che il personale che si tratta di inserire nei nuovi ruoli é già in servizio. Si afferma, quindi, che la legge non dà luogo all'immediato funzionamento dei nuovi uffici, ma costituisce un primo passo verso l'organizzazione periferica dell'Amministrazione finanziaria regionale, e intanto tende a garantire uno status al personale e a preparare impiegati selezionati, per quando gli uffici entreranno in funzione.

Quanto alla asserita violazione dell'art. 36 dello Statuto speciale, la memoria ribadisce che nella specie non si é esercitato il potere legislativo della Regione in materia finanziaria, bensì quello riguardante l'ordinamento degli uffici regionali, che rientra nella competenza legislativa esclusiva (art. 14 citato). Che se anche si dovesse esaminare la legge impugnata alla stregua dell'art. 36 dello Statuto speciale, si dovrebbe riconoscerne la legittimità costituzionale, dato che le attribuzioni proprie della Regione in materia di riscossione di tributi erariali e di imposizione di tributi propri escludono ogni incidenza sull'organizzazione periferica dello Stato e ogni turbamento di essa. Né la previsione, da parte della Regione, di propri uffici per l'esercizio delle proprie funzioni va oltre i limiti della competenza legislativa regionale, già messi in luce dalla giurisprudenza. La Regione insiste, pertanto, per il rigetto del ricorso.

All'udienza del 24 gennaio 1962 le difese delle parti hanno svolto le rispettive argomentazioni.  

Considerato in diritto 

1 - La violazione degli artt. 36 e 43 dello Statuto speciale della Regione siciliana, dedotta col ricorso, investe la questione della sussistenza, nella specie, delle condizioni per l'esercizio costituzionalmente legittimo della potestà legislativa regionale. L'esame di tale questione ha perciò la precedenza rispetto all'altro motivo della impugnativa - la violazione dell'art. 97 della Costituzione -, attinente al modo in cui quella potestà é stata esercitata e al contenuto delle leggi impugnate.

2. - Ritiene la Corte che sussista la violazione delle citate norme dello Statuto speciale.

É fuori contestazione che la Regione siciliana abbia una competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli uffici regionali e di stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione stessa (art. 14, lett. p e q, Statuto speciale). Ma presupposto perché essa, nell'esercizio della indicata potestà legislativa, possa istituire propri uffici, e disciplinare lo stato giuridico degli impiegati da destinarvi, é che sia stata effettivamente investita delle funzioni amministrative a cui quegli uffici debbono provvedere e quegli impiegati essere adibiti, mediante l'emanazione delle norme di attuazione e transitorie di cui all'art. 43 dello Statuto speciale, le quali, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo sent. nn. 17, 22, 74 del 1961), condizionano il trasferimento di quelle funzioni dallo Stato alla Regione anche nelle materie in cui questa ha competenza legislativa esclusiva. La necessità di tali norme, previste anche dalla VIII disposizione transitoria della Costituzione, corrisponde, infatti, alla necessità di una attuazione coordinata dei principi costituzionali dell'autonomia e del decentramento nel campo dell'organizzazione amministrativa della Regione e dello Stato: tale necessità si palesa, in concreto, nell'esigenza di assicurare un collegamento tra le attività e i servizi trasferiti alla Regione e quelli che rimangono allo Stato; di regolare il passaggio del personale dall'una all'altra Amministrazione; di evitare duplicazioni di attività o di uffici; in sintesi, di dar vita, nell'ambito delle ben definite autonomie regionali, a una organizzazione dei pubblici uffici e delle pubbliche funzioni che si armonizzi con l'organizzazione dello Stato, nella unità dell'ordinamento amministrativo generale.

Gli esposti principi vanno applicati nel campo della organizzazione dell'amministrazione finanziaria.

É noto che, come questa Corte ha avuto ripetute occasioni di affermare, la Regione siciliana ha, in materia tributaria, una potestà legislativa concorrente e sussidiaria di quella dello Stato; potestà che dev'essere esercitata nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale e senza turbare l'unità dell'ordinamento tributario generale (sent. nn. 9, 42, 58, 113, 116 del 1957; 60 e 76 del 1958; 39 del 1960; ecc.). É anche noto che non sono state ancora emanate le norme per il passaggio delle funzioni dello Stato alla Regione, in materia di tributi erariali, ad eccezione di quanto riguarda la riscossione. Quest'ultima é stata attribuita alla Regione in sede di disciplina provvisoria dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione stessa, dal decreto legislativo 12 aprile 1948, n. 507 (art. 2), il quale, all'art. 3, prevede il passaggio alla Regione del personale addetto ai servizi ad essa spettanti, per il momento in cui sarà attuata una disciplina definitiva dei detti rapporti finanziari. E, infine, da ricordare che la potestà della Regione non si estende alla materia delle imposte di produzioni e dei monopoli dei tabacchi e del lotto (art. 36 dello Statuto speciale).

Applicando alla descritta situazione i principi innanzi richiamati, ne deriva che, non essendo ancora attuato un completo e definitivo passaggio alla Regione siciliana delle funzioni ad essa attribuite in materia tributaria, e non essendosi ancora proceduto, mediante intese tra Stato e Regione, a quel trasferimento del personale statale negli organici regionali, che condiziona, come questa Corte ebbe già a rilevare (sent. n. 1 del 1958), l'esercizio della potestà di cui all'art. 14, lett. q, dello Statuto speciale da parte della Regione, quest'ultima, allo stato attuale, non può creare un proprio apparato di amministrazione finanziaria, né disporre sullo stato giuridico ed economico degli impiegati da destinarvi.

Va, infatti, considerato che, mentre l'organizzazione finanziaria della Regione dovrà in futuro adeguarsi alle funzioni che le saranno a suo tempo trasferite, la consistenza degli organici regionali é condizionata al passaggio di personale statale previsto dall'art. 3 del citato decr. legisl. n. 507 del 1948. D'altra parte, l'organizzazione degli uffici finanziari regionali non può essere predisposta che tenendo anche conto della organizzazione di quegli uffici statali che continueranno a svolgere la loro attività nella Regione per le funzioni rimaste allo Stato.

Da tutto ciò discende che l'attuale carenza delle norme relative al passaggio degli uffici e del personale, di cui all'art. 43 dello Statuto, preclude temporaneamente alla Regione l'esercizio della sua potestà legislativa in materia di ordinamento degli uffici finanziari. La creazione di un apparato regionale, prima dell'emanazione delle norme previste dal detto art. 43, verrebbe a limitare e a condizionare la produzione di tali norme ed il loro contenuto, subordinando il passaggio di uffici e di personale, previsto da tale articolo, alla situazione creata in precedenza con l'istituzione di uffici e di organici regionali.

Si aggiunga che il carattere sussidiario della legislazione finanziaria regionale, e il necessario inquadramento di essa nella fondamentale unità dell'ordinamento tributario generale, non può non riflettersi nell'ordinamento degli uffici finanziari regionali e nel coordinamento di essi con l'amministrazione statale; anche sotto questo aspetto, pertanto, l'esercizio della potestà legislativa della Regione, in materia di uffici finanziari, si presenta subordinato alla emanazione di norme di attuazione che assicurino quel coordinamento.

3. - La necessità di tali norme era stata riconosciuta dalla stessa Regione, la quale, con la legge 14 luglio 1960, aveva disposto l'inquadramento in ruoli speciali transitori del personale assunto temporaneamente per i servizi regionali delle finanze e del demanio, rimandando però l'istituzione dei ruoli organici al momento in cui, a seguito dell'emanazione delle norme di attuazione, sarebbe stato accertato il fabbisogno di personale per i singoli servizi (artt. 1 e 5). Poiché la detta legge fu dichiarata parzialmente incostituzionale da questa Corte (citata sentenza n. 17 del 1961), la Regione ha inteso rimuovere la illegittimità costituzionale di essa con la legge presente, come si rileva dalle relazioni che ne accompagnavano la proposta. Se non che, anche nell'attuale testo legislativo, quelle illegittimità non sono state eliminate, ma anzi sono risultate aggravate, in quanto, soppresso ogni riferimento alle norme di attuazione, si sono creati degli uffici e dei corrispondenti ruoli organici, non più transitori, genericamente destinati all'espletamento di quei servizi periferici di competenza dell'amministrazione regionale finanziaria, che passeranno, in parte, alla Regione solo con l'emanazione delle norme di attuazione, alle quali é condizionato - come si é visto - il dimensionamento e l'organizzazione degli uffici e degli organici.

Né vale osservare che vi sono funzioni finanziarie e tributarie del cui esercizio la Regione é già attualmente investita. A parte il fatto che la legge in esame non fa ad esse alcuno specifico riferimento, anche la creazione di uffici e di organici destinati a quelle funzioni é subordinata alla emanazione delle norme di attuazione, perché, data la fondamentale unità del sistema tributario, nonché l'insopprimibile connessione tra le funzioni trasferite alla Regione, quelle destinate a essere trasferite e quelle destinate a rimanere allo Stato, non può pregiudicarsi, con la creazione attuale di uffici e di quadri organici, quel passaggio di uffici e di personale che é stato affidato dall'art. 43 dello Statuto speciale alle norme di attuazione, e che potrà realizzarsi quando la Regione sarà stata investita pienamente dell'esercizio delle funzioni di sua spettanza, e sarà stato regolato il coordinamento tra amministrazione finanziaria statale e regionale: condizione, tra l'altro, perché sia accertato il fabbisogno dei vari servizi, come la stessa Regione aveva in precedenza riconosciuto.

Del resto, la provvisorietà della situazione attuale, che non si accorda con la creazione di ruoli organici, risulta dalla stessa legge impugnata, la quale, all'art. 7, prevede la possibilità che il personale da essa considerato presti temporaneamente servizio presso l'Amministrazione finanziaria dello Stato. A1 quale proposito può osservarsi che, ove si ravvisi tale necessità, la Regione potrà emanare delle disposizioni per mantenere in servizio gli avventizi assunti entro la data del 7 giugno 1960, di cui all'art. 1 della legge 14 luglio 1960, oltre il termine da questa già fissato, senza pregiudicare l'assetto futuro dell'amministrazione finanziaria regionale e statale.

4. - La provvisorietà, innanzi esaminata, della attuale disciplina dei rapporti tra amministrazione finanziaria dello Stato e della Regione, e il non ancora attuato trasferimento e coordinamento di attribuzioni, si riflettono in quelle incompletezze della legge impugnata, per cui essa é incorsa anche nella violazione dell'art. 97 della Costituzione.

La legge, infatti, mentre istituisce gli uffici periferici per l'espletamento dei servizi di competenza dell'amministrazione regionale delle finanze e del demanio, e stabilisce dei ruoli organici per la prima organizzazione di essi, determinando la consistenza numerica del personale da assegnare a ciascuna sede, dispone che "con successiva legge saranno specificate le attribuzioni dei singoli uffici e ne sarà stabilito l'ordinamento".

Se non che, come esattamente é stato rilevato dal ricorrente, tale rinvio ad una legge futura non corrisponde al precetto di cui alla citata norma della Costituzione.

Ed invero nel primo comma dell'art. 97 Cost. non si può ravvisare una semplice direttiva, rivolta prevalentemente agli organi dell'Amministrazione, come si é sostenuto dalla difesa della Regione, né il suo contenuto può considerarsi limitato alla riserva della legge, da esso disposta. Il comma in esame va, invece, collegato col successivo, il quale prescrive che nell'ordinamento degli uffici siano determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Tali determinazioni sono state considerate dal Costituente come condizioni per assicurare il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione, ravvisandosi in esse i mezzi per raggiungere una razionale, predeterminata e stabile distribuzione di compiti, nell'interesse del servizio, e per far sì che il cittadino, nel rivolgersi alla pubblica Amministrazione, conosca con esattezza qual'é l'ufficio competente per il suo caso, quali ne sono le attribuzioni, quali le responsabilità di colui che vi é preposto e che rappresenta, nei suoi confronti, il pubblico potere. É superfluo soggiungere come queste esigenze siano di particolare rilievo in materia finanziaria e tributaria. Pertanto, il contenuto precettivo dell'art. 97 esclude che possano istituirsi uffici a cui si assegni un proprio personale, ma invece manchino di un proprio ordinamento, o di cui non siano specificate le attribuzioni. É evidente che sarebbe un facile modo di eludere il precetto costituzionale dar vita a nuovi uffici, creare e coprire un ruolo organico di funzionari ed impiegati ad essi destinati, e rimandare a una legge futura il loro ordinamento e le loro attribuzioni.

Ed é questa la situazione che é venuta a configurarsi con la legge impugnata, di cui anche sotto questo riflesso va riconosciuta l'illegittimità costituzionale.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara la illegittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta dell'11 luglio 1961, recante "Istituzione degli uffici periferici dell'Amministrazione regionale delle finanze e del demanio", in riferimento agli articoli 36 e 43 dello Statuto speciale per la Regione siciliana e all'art. 97 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1962.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 12 marzo 1962.