SENTENZA N. 76
ANNO 1958
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente
Avv. Giuseppe CAPPI
Prof. Tomaso PERASSI
Prof. Gaspare AMBROSINI
Prof. Ernesto BATTAGLINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Mario BRACCI
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea della Regione siciliana nella seduta del 12 marzo 1958 recante "Proroga delle agevolazioni fiscali per lo sviluppo delle attività armatoriali, di cui alla legge regionale 21 gennaio 1953, n. 1", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 20 marzo 1958, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 26 marzo 1958 ed iscritto al n. 3 del Registro ricorsi 1958.
Udita nell'udienza pubblica del 5 novembre 1958 la relazione del Giudice Nicola Jaeger;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi per il Commissario dello Stato per la Regione siciliana.
Ritenuto in fatto
Con ricorso in data 20 marzo 1958, notificato lo stesso giorno e depositato in cancelleria il 26 marzo successivo, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana impugnava davanti a questa Corte costituzionale la legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 12 marzo detto, recante "Proroga delle agevolazioni fiscali per lo sviluppo delle attività armatoriali" di cui alla precedente legge regionale 26 gennaio 1953, n. 1, e chiedeva che ne fosse dichiarata la illegittimità costituzionale.
Nell'atto introduttivo ed in una successiva memoria, depositata il 6 ottobre dall'Avvocatura generale dello Stato, il ricorrente esponeva le seguenti circostanze:
Con legge 5 dicembre 1950, la Regione siciliana aveva esteso alle imprese armatoriali le agevolazioni fiscali di cui ai titoli 1 e 2 della legge regionale 20 marzo 1950, n. 29, recante provvedimenti in favore delle industrie. Tale legge, impugnata dal Commissario dello Stato, fu dichiarata costituzionalmente illegittima dall'Alta Corte per la Regione siciliana, con decisione 10 gennaio 1951, "non avendo osservato il limite dell'efficacia territoriale".
Il 27 giugno 1952 l'Assemblea regionale approvava una nuova legge avente lo stesso oggetto e gli stessi scopi. Anche questa fu impugnata dal Commissario, ma l'Alta Corte, con decisione del 14 febbraio 1953, respinse il ricorso.
La legge ora impugnata ha prorogato per un quinquennio le agevolazioni già concesse, con la disposizione seguente: "Le esenzioni e le agevolazioni previste dalla legge regionale 26 gennaio 1953, n. 1, si applicano, nei limiti e con le modalità in essa previsti, fino al 26 gennaio 1963".
Il ricorrente respinge anzitutto ogni possibile ricorso all'istituto della preclusione, conseguente alla precedente decisione dell'Alta Corte, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di efficacia delle sentenze che dichiarano non fondata la questione di legittimità; e aggiunge che la decisione dell'Alta Corte avrebbe escluso la illegittimità della legge regionale del 1953 soprattutto in considerazione della "estensione nel tempo delle varie esenzioni e riduzioni tributarie", cosi che la proroga quinquennale disposta con la legge ora impugnata darebbe a questa un contenuto sostanzialmente diverso da quello dell'altra.
Dopo aver analizzato le norme introdotte nella legislazione regionale in relazione alle diverse imposte, e in particolare a quella di ricchezza mobile ed a quella di registro, la difesa dello Stato conclude che la legge impugnata deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima; in via subordinata, denunciando che comunque sussiste un contrasto fra gli interessi della Regione siciliana perseguiti con la legge stessa e quelli delle altre regioni e dello Stato, chiede che la Corte costituzionale declini la propria competenza, dichiarando che si tratta di una questione di merito, da sottoporre al giudizio del Parlamento.
In data 3 maggio 1958 venivano depositati nella cancelleria della Corte una procura notarile del 9 aprile 1958 ed un atto contenente le deduzioni scritte della Regione recante la data del 10 aprile. La cancelleria riceveva tali atti, nonché due successive memorie del 9 e del 23 ottobre 1958. All'udienza di discussione del 5 novembre, sollevata la questione della ritualità della costituzione in giudizio della Regione, la Corte, uditi i difensori delle parti, ha pronunciato in camera di consiglio ordinanza, con cui ha dichiarato tale costituzione inammissibile perché tardiva, a norma dell'art. 23, ultimo comma, delle Norme integrative 16 marzo 1956 per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Dopo la relazione, il difensore dello Stato ha dichiarato di non aver nulla da aggiungere agli argomenti esposti nel ricorso e nella memoria depositata.
In pendenza del giudizio la legge impugnata é stata promulgata il 23 aprile 1958 con il n. 13, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, n. 30 del 14 maggio 1958.
Considerato in diritto
L'Avvocatura generale dello Stato ha insistito particolarmente sul carattere della legge approvata il 12 marzo 1958, la quale proroga per un lungo periodo i benefici e le agevolazioni concessi con la precedente legge regionale 26 gennaio 1953, n. l; e ciò anzitutto allo scopo di dimostrare che l'esame della questione di legittimità costituzionale di detta legge di proroga può essere condotto indipendentemente dall'esito del giudizio che si era svolto a suo tempo davanti all'Alta Corte per la Regione siciliana riguardo alla legittimità della legge ora prorogata.
Su questo punto peraltro non é necessario soffermarsi, perché la legge impugnata con il ricorso in esame ha natura di legge nuova, la cui legittimità costituzionale deve essere accertata indipendentemente da quella della precedente legge 26 gennaio 1953. Tale natura delle leggi di proroga é stata affermata da questa Corte in una recente decisione, nella quale si legge che "l'atto legislativo, che protrae nel tempo l'efficacia di una legge anteriore, é una nuova legge non soltanto con riferimento al termine ma anche al contenuto normativo, pure se identico al contenuto della legge precedente, sostanzialmente da esso richiamato per relationem. La concessione dell'esenzione da determinate imposte per un nuovo periodo di tempo costituisce un evento produttivo di effetti nuovi modificativi del regolamento dei rapporti, nella sfera del diritto. Onde la censura di incostituzionalità delle disposizioni temporali di applicazione dei benefici fiscali si estende logicamente anche al contenuto delle norme, che quei benefici consentono per un periodo successivo e senza le quali non si potrebbe usufruire delle dette agevolazioni" (sentenza n. 60 del 19 novembre 1958).
Dovendosi pertanto procedere all'esame della legittimità della legge impugnata, la Corte osserva che le censure esposte dall'Avvocatura generale dello Stato pongono in rilievo il turbamento recato al sistema tributario dello Stato ed agli interessi nazionali dalla concessione di esenzioni tanto notevoli e per così lunga durata. Tali censure sono fondate.
Si deve ricordare che la materia delle esenzioni é di per sé molto delicata, perché involge necessariamente disparità di trattamento rispetto a situazioni e rapporti consimili, le quali devono essere considerate attentamente e con una visione generale ed unitaria: solamente chi abbia davanti a sé il quadro di tutte le situazioni in atto e di quelle possibili, colga le differenze fra gli uni e gli altri tipi di esse, in relazione alle categorie di soggetti e alle circostanze locali, e possa prevedere le ripercussioni dirette e indirette delle agevolazioni prospettate, può ritenersi in grado di concederle senza violare i principi di eguaglianza e di giustizia e senza danneggiare gravemente interessi meritevoli di tutela.
Situazioni economiche di carattere locale possono giustificare provvedimenti diretti a non creare posizioni di privilegio, bensì a ristabilire, nei limiti del possibile, un equilibrio turbato e pertanto a ricondurre le situazioni disuguali in una posizione di uguaglianza. Ma quando il regime di privilegio concerne persone o beni facilmente spostabili da luogo a luogo e si protrae nel tempo, esso non può trovare più la giustificazione accennata, anzi determina necessariamente un più grave squilibrio, richiamando su una parte del territorio nazionale un afflusso di ricchezze, che vengono sottratte alle altre parti.
Non vi é dubbio, pertanto, che provvedimenti di questa portata mettono in pericolo quegli interessi nazionali, che erano stati tenuti presenti al momento della formazione di una determinata disciplina tributaria statale. E proprio per evitare tale pericolo la potestà normativa della Regione siciliana in materia trova i propri limiti nei principi e negli interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, a norma dell'art. 17 del suo Statuto, e la giurisprudenza costante di questa Corte esige che le esenzioni tributarie concesse dalla Regione abbiano riscontro in tipi di esenzioni previsti da leggi statali.
Questa esigenza non é stata rispettata nella legge in esame, proprio per la sua funzione di proroga della legge 26 gennaio 1953. L'art. 2 di questa legge disponeva: "I contratti concernenti l'acquisto o la costruzione di navi che rispondano ai requisiti di cui al primo comma dell'articolo precedente e che debbano essere iscritte nei compartimenti marittimi della Regione, sono soggetti alla tassa di registro nella misura di lire 500, ove la registrazione abbia luogo nella Regione stessa entro cinque anni dalla entrata in vigore della presente legge". Quale disposizione analoga esistente nella legislazione nazionale é stato ricordato l'art. 4 della legge statale 17 luglio 1954, n. 522, che ha pure previsto la imposta di registro in misura fissa per i contratti relativi alla costruzione di navi ed anche per quelli di acquisto, limitatamente però alla prima vendita. Sennonché é facile osservare che, se la estensione del beneficio anche a successivi atti di scambio é contenuta entro ristretti limiti di tempo, il numero di essi può prevedersi pure limitato; ma quando la durata del beneficio stesso viene raddoppiata, si può prevedere raddoppiato anche il numero probabile di atti di scambio e ancor più divergente dal tipo di esenzione previsto nella legge nazionale il privilegio concesso dalla legge regionale.
Senza soffermarsi ad elencare tutti gli altri esempi che si potrebbero addurre, la Corte ritiene che non può dubitarsi che proprio la protrazione per lunga durata dei benefici concessi dalla legge del 1953 vale a risolvere il problema della legittimità costituzionale della legge di proroga, escludendo che essa possa essere considerata contenuta entro i limiti fissati dall'art. 17 dello Statuto, nel quale gli interessi generali, cui si informa la legislazione dello Stato, sono stati assunti quale criterio giuridico di valutazione della legittimità costituzionale delle leggi regionali.
Per questa considerazione non potrebbe trovare applicazione nella specie la figura del contrasto di interessi fra la Regione e lo Stato o le altre Regioni, il cui giudizio di merito spetterebbe alle Camere, secondo l'art. 127, ultimo comma, della Costituzione, al quale istituto ha fatto riferimento la difesa dello Stato nella conclusione formulata in via subordinata nella sua memoria. In una specie come quella in esame bisogna ricordare che la valutazione degli interessi generali nazionali che devono essere rispettati venne compiutamente fatta dagli organi legislativi statali al momento della formazione della disciplina tributaria in materia di imprese armatoriali; e questa Corte, per accertare la illegittimità costituzionale della legge impugnata, non ha che da riferirsi al sistema della legislazione nazionale, nel quale le esenzioni fiscali di cui si discute o non sono previste o sono contenute entro determinati limiti di tempo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale della legge recante "Proroga delle agevolazioni fiscali per lo sviluppo delle attività armatoriali, di cui alla legge regionale 21 gennaio 1953, n. 1", approvata dall'Assemblea della Regione siciliana nella seduta del 12 marzo 1958, e successivamente - in pendenza del giudizio (ricorso del Commissario dello Stato notificato il 20 marzo 1958) - promulgata il 23 aprile 1958 (n. 13) e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 30 del 14 maggio 1958, in riferimento all'art. 17 dello Statuto speciale della Regione siciliana.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1958.
Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1958.