Sentenza n. 60 del 1958
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SENTENZA N. 60

ANNO 1958

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Prof. Aldo SANDULLI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 21 marzo 1958, recante "proroga delle agevolazioni fiscali di cui alla legge regionale 9 aprile 1954, n. 10, concernente l'incremento delle attrezzature turistiche, climatiche e termali della Regione", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 27 marzo 1958, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 4 aprile 1958 ed iscritto al n. 4 del Registro ricorsi 1958.

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 22 ottobre 1958 la relazione del Giudice Francesco Pantaleo Gabrieli;

uditi il vice avvocato generale dello Stato Cesare Arias, per il ricorrente, e l'avv. Salvatore Orlando Cascio, per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso notificato il 27 marzo 1958 al Presidente della Regione siciliana e depositato nella cancelleria di questa Corte il 4 aprile 1958, il Commissario dello Stato presso la Regione siciliana ha impugnato la legge regionale recante "proroga delle agevolazioni fiscali di cui alla legge regionale 9 aprile 1954, n. 10, concernente l'incremento delle attrezzature turistiche, climatiche e termali nella Regione", approvata dall'Assemblea siciliana il 21 marzo 1958 e comunicata al Commissario dello Stato presso la Regione il 22 marzo 1958. La citata legge é stata promulgata (12 maggio 1958) e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione n. 30 del 14 maggio 1958, in pendenza del presente giudizio.

Del deposito del ricorso nella cancelleria di questa Corte éstata data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 101 del 26 aprile 1958 e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 22 del 16 aprile 1958.

Nel ricorso il Commissario dello Stato - difeso dall'Avvocatura dello Stato - premette che, secondo l'indirizzo giurisprudenziale della Corte costituzionale, la Regionepuò disporre legittimamente agevolazioni fiscali soltanto nel caso che esse trovino rispondenza in un tipo di esenzione contemplata da una legge statale in quel particolare settore.

Nella specie, invece, la Regione avrebbe esorbitato dai cennati limiti, non prevedendo la legislazione nazionale agevolazioni tributarie a favore delle attrezzature, opere ed iniziative elencate nella legge regionale 9 aprile 1954, n. 10, prorogata con la legge approvata il 21 marzo 1958.

Il Commissario dello Stato rileva poi che la esistenza nella legislazione nazionale di identiche agevolazioni a favore di altri settori di attività, come quelle industriali vere e proprie, previste da leggi particolari (D.L.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598, sulla industrializzazione del Mezzogiorno e delle Isole e leggi successive) non implicherebbe che la Regione potesse legittimamente estendere tali agevolazioni ad altro oggetto, attività o categoria di contribuenti non contemplati dalla legislazione statale.

Lo stesso Commissario dello Stato adduce, infine, la censurabilità della formula adottata negli artt. 1 e 2 della legge n. 10 del 1954 per indicare l'attività che si intende incoraggiare: "iniziative, opere ed impianti con finalità turistiche, climatiche e termali, comprese funivie, attrezzature sciistiche, piscine, alberghi diurni, stabilimenti balneari con carattere permanente, o che provvedano alla costruzione di nuovi alberghi o di qualunque nuovo impianto a carattere ricettivo" (art. 1); nonché la facoltà di rilevare impianti allo scopo di ampliarli e trasformarli a fini turistici (art. 2).

La genericità di siffatta formula potrebbe dar luogo ad incertezze nella determinazione delle attività da ammettere ai benefici concessi dalla legge con conseguente possibilità di evasioni fiscali.

Concludendo, chiede la dichiarazione di illegittimità costituzionale della ripetuta legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 21 marzo 1958.

Con atto depositato nella cancelleria di questa Corte il 23 aprile 1958 si é costituito in giudizio il Presidente della Giunta regionale siciliana, rappresentato e difeso, con procura speciale per notaio Di Giovanni Vito del 17 aprile 1958, dal prof. avv. Salvatore Orlando Cascio, ed elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Oreste Tommasini, 16, presso l'avv. Giuseppe Bartoli.

La difesa della Regione eccepisce preliminarmente l'inammissibilità del ricorso. Secondo la difesa, con l'impugnazione della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 21 marzo 1958, che si limita a prorogare i termini indicati negli artt. 7 e 8 della legge regionale 9 aprile 1954, n. 10, non é possibile censurare questa ultima, in via principale, per illegittimità costituzionale. La legge di proroga può essere censurata, in via principale, soltanto per eventuali vizi di illegittimità che attengano alla concessione della proroga. Altrimenti si verrebbe ad ammettere un giudizio di legittimità costituzionale, in via principale, al di fuori dei termini consentiti dalle leggi in vigore (art. 28 dello Statuto della Regione siciliana e art. 127 della Costituzione), termini che, attenendo alla certezza del diritto, devono essere rigorosamente osservati.

Nel merito si sostiene che la potestà della Regione siciliana di disporre agevolazioni fiscali non può essere rigorosamente subordinata alla circostanza che tali agevolazioni "trovino rispondenza in un tipo di esenzione contemplato da una legge statale nel particolare settore considerato". Tale rigorosa limitazione può essere giustificata, quando si discute della generica potestà tributaria della Regione (potestà di imporre i tributi per provvedere al fabbisogno finanziario regionale, ai sensi dell'art. 36 dello Statuto siciliano), ma non nelle ipotesi in cui la Regione si avvale della sua potestà tributaria come strumento per il più facile conseguimento dei suoi fini istituzionali, segnati dalla elencazione delle materie di competenza esclusiva, contenuta nell'art. 14 del suo Statuto. In dette ipotesi - tra le quali vi é appunto quella dell'incremento turistico (lettera n, art. 14) - la potestà tributaria deve essere ritenuta più ampia della normale potestà tributaria, diretta a procacciare alla Regione il suo fabbisogno.

D'altra parte le agevolazioni concesse dalla legge regionale trovano rispondenza in analoghi tipi di esenzione contemplati da leggi statali, come quelle disposte per l'industrializzazione del Mezzogiorno ricordate dallo stesso Commissario e dalla recente legge 29 luglio 1957, n. 634 (art. 38).

La tesi, poi, secondo la quale alla Regione non sarebbe consentito neppure estendere ad una industria diversa un tipo di agevolazione previsto nella legislazione statale per altra industria, anche similare, "importerebbe praticamente la soppressione della potestà normativa della Regione, non vedendosi quando e come quella potestà possa essere usata con la tesi restrittiva di cui sopra".

Soggiunge infine la Regione che non sussiste la genericità di dizione, che il Commissario dello Stato ha creduto di riscontrare nell'articolo 1 della legge regionale n. 10 del 1954, atteso che quell'articolo precisa nettamente gli scopi ("finalità turistiche") che debbono essere perseguiti dalle società ammesse ai benefici fiscali, E conclude chiedendo la dichiarazione di inammissibilità e, comunque, il rigetto del ricorso.

Nel termine stabilito dall'art. 10 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l'Avvocatura dello Stato, nell'interesse del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ha depositato una memoria illustrativa (6 ottobre 1958) nella quale contesta innanzitutto la dedotta inammissibilità del ricorso.

Rileva in proposito che ogni provvedimento legislativo ha una sua individualità giuridica ed un suo contenuto normativa, che non si confonde con un provvedimento legislativo precedente dal quale prende origine e nel quale trova la sua causale; che i termini per la impugnativa iniziano il decorso dalla data di pubblicazione o di comunicazione di ciascuna legge emanata, nulla importando che la legge contro la quale si propone reclamo contenga soltanto disposizioni di proroga delle norme di una altra legge; che non esiste nel nostro ordinamento costituzionale un principio che garantisca la certezza del diritto, nel senso che i principi normativa di una legge non possono essere modificati a seguito della impugnativa di un provvedimento legislativo successivo a quello che, dapprima, li ha stabiliti e che abbia per scopo, appunto, di riaffermare tali principi per un ulteriore periodo di tempo, che la certezza del diritto riguarda ogni singola legge ed è garantita dalla esistenza di un termine perentorio per il ricorso, in via principale, contro la legge medesima.

A conforto di siffatte affermazioni, l'Avvocatura dello Stato invoca la sentenza di questa Corte n. 44 del 7 marzo 1957. E argomentando da tale decisione aggiunge: "se é ammissibile l'impugnativa di una legge interpretativa di un'altra precedente e, cioè, se é vero che si può impugnare una legge che non fa che chiarire il contenuto di un certo provvedimento legislativo, che rimane fermo in tutti i suoi elementi (e, quindi, anche in quello riguardante la sua efficacia nel tempo), a fortiori devesi ritenere pienamente ammissibile il ricorso per illegittimità costituzionale contro una legge contenente disposizioni di proroga di un'altra che, altrimenti, avrebbe esaurito tutti i propri effetti allo scadere di un termine in essa fissato".

La difesa del Commissario dello Stato cita poi le sentenze di questa Corte n. 9 del 17 gennaio 1957 e n. 42 del 1 marzo 1957 per contestare l'affermazione che la potestà tributaria regionale, se esercitata come mezzo strumentale per il più facile conseguimento dei fini istituzionali indicati nell'art. 14 dello Statuto siciliano, si deve ritenere più ampia della normale potestà tributaria diretta a procacciare alla Regione il suo fabbisogno.

Nega che il Commissario dello Stato nel ricorso abbia ammesso che dalle leggi sulla industrializzazione del Mezzogiorno e delle Isole siano prevedute agevolazioni fiscali per la costituzione di società aventi ad oggetto attività turistiche ed alberghiere. Al contrario, ha sottolineato che l'esistenza in tali leggi di agevolazioni a favore di altri settori di attività quali quelle industriali vere e proprie, non implica che la Regione possa legittimamente estendere tali agevolazioni ad altro oggetto, attività, o categoria di contribuenti non contemplati dalla legislazione statale.

La difesa della Regione ha depositato il 10 ottobre 1958 una memoria dopo la scadenza del termine prescritto.

Nell'udienza pubblica del 22 ottobre 1958 i difensori delle parti hanno illustrato le deduzioni già presentate.

 

Considerato in diritto

 

La difesa della Regione siciliana eccepisce la improcedibilità del ricorso, assumendo che, decorsi i termini prescritti dall'art. 29, secondo comma, dello Statuto siciliano, la legge impugnata é stata promulgata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione e che essa quindi, divenuta perfetta, non é più soggetta ad impugnazione da parte del Commissario della Stato, ai sensi dell'art. 27 del citato Statuto.

Risulta dagli atti, che la legge approvata dall'Assemblea regionale il 21 marzo 1958 venne impugnata dal Commissario dello Stato il 27 marzo e che la Regione, nonostante il gravame, promulgò la legge il 12 maggio successivo e la pubblicò nella Gazzetta Ufficiale della Regione n. 30 del 14 maggio 1958.

La eccezione non é fondata.

Questa Corte, con la sentenza n. 9 dell'11 marzo 1958, ha esaminato e deciso la cennata questione di improcedibilità, ritenendo che il termine di trenta giorni oltre il quale, ai sensi del secondo comma dell'art. 29 dello Statuto siciliano, le leggi sono promulgate ed immediatamente pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Regione, crea non già un obbligo di promulgazione immediata, ma soltanto la facoltà per la Regione di procedere alla promulgazione e pubblicazione della legge anche in pendenza di ricorso per illegittimità costituzionale. Il fondamento e i limiti di questa facoltà sono tali da escludere che essa possa influire, allorché sia stata esercitata, sullo svolgimento del processo costituzionale e sulla relativa decisione. Pertanto, anche se la legge regionale in oggetto possa ritenersi formalmente perfetta come atto legislativo, l'esercizio della anzidetta facoltà di promulgazione non impedisce che una dichiarazione di illegittimità della Corte costituzionale ponga nel nulla la legge e travolga tutti gli effetti che essa, medio tempore, possa avere prodotto con eventuali conseguenti responsabilità.

La stessa Regione eccepisce, sempre in via pregiudiziale, la inammissibilità del ricorso, rilevando che la legge impugnata, in quanto diretta soltanto a prorogare i termini di efficacia di una precedente legge non impugnata, può essere censurata, in via principale, per illegittimità costituzionale soltanto per eventuali vizi attinenti alla concessione della proroga; altrimenti si consentirebbe un giudizio di legittimità costituzionale oltre i termini stabiliti dalla legge (artt. 28 Statuto siciliano e 127 della Costituzione).

Anche questa eccezione é infondata.

L'atto legislativo, che protrae nel tempo l'efficacia di una legge anteriore, é una nuova legge non soltanto con riferimento al termine ma anche al contenuto normativo, pure se identico al contenuto della legge precedente, sostanzialmente da esso richiamato per relationem. La concessione dell'esenzione da determinate imposte per un nuovo periodo di tempo costituisce un evento produttivo di effetti nuovi modificativi del regolamento dei rapporti, nella sfera del diritto. Onde la censura d'incostituzionalità delle disposizioni temporali di applicazione dei benefici fiscali si estende logicamente anche al contenuto delle norme, che quei benefici consentono per un periodo successivo e senza le quali non si potrebbe usufruire delle dette agevolazioni.

Dal principio che la legge di proroga ha contenuto ed effetti autonomi discende inoltre, che dalle emanazione di ogni legge di proroga deriva un potere autonomo di impugnazione.

Se pertanto una legge temporanea, pur essendo costituzionalmente illegittima, non fu, a suo tempo, impugnata per qualsiasi ragione, ciò non preclude il potere del Commissario dello Stato di impugnare le norme delle quali la successiva legge ha protratta nel tempo l'efficacia. Il vizio di costituzionalità della legge prorogata si ripresenta, autonomamente, nel contenuto normativo della legge di proroga. In proposito é a ricordare che questa Corte, con sentenza n. 44 del 7 marzo 1957, ha ritenuto sempre possibile il giudizio di legittimità costituzionale di una legge regionale che contenga interpretazione autentica di norme precedenti di cui sia stata esclusa la illegittimità costituzionale. Ora se é stata ammessa la impugnazione di una legge che chiarisce la portata di un precedente provvedimento legislativo, a fortiori devesi ammettere il ricorso contro una legge che proroga disposizioni che altrimenti avrebbero perduto ogni efficacia. In entrambi i casi la ratio é la stessa: accertare se le norme impugnate possano rientrare nella sfera legislativa della Regione. É infine da rilevare che il termine del 31 dicembre 1957, stabilito nell'articolo primo della legge prorogata 9 aprile 1954, n. 10, era già scaduto, quando la legge di proroga, che protraeva detto termine al 30 giugno 1964, venne pubblicata (Gazzetta Ufficiale per la Regione siciliana n. 30 del 14 maggio 1958). Il che fece cessare la continuità nel tempo di alcune norme della legge prorogata, accentuando vieppiù l'autonomia del nuovo provvedimento legislativo.

Passando al merito, occorre anzitutto precisare entro quali limiti la Regione siciliana ha potestà normativa di disporre agevolazioni fiscali.

Questa Corte con precedenti sentenze ha ritenuto che, ammesso nel sistema tributario generale il principio delle esenzioni fiscali, non può disconoscersi alla Regione siciliana il potere di emanare leggi di esenzione da tributi erariali, purché le esenzioni concesse trovino riscontro in un tipo contemplato dalle leggi statali e rispondano ad un interesse regionale (sentenze n. 9 del 17 gennaio 1957; n. 58 del 13 aprile 1957; n. 113 del 28 giugno 1957; n. 117 del 1 luglio 1957 ed altre del 1957).

Né a spostare detti limiti vale il rilievo della difesa della Regione per cui la esigenza di una corrispondenza della esenzione regionale ad un tipo di esenzione contemplata dalla legge statale non ricorre, quando essa si avvale di detto potere per il miglior conseguimento dei suoi fini istituzionali indicati nell'art. 14 dello Statuto, che si riferisce a materie di competenza esclusiva, quale l'incremento turistico (lett. n, art. 14). In tale caso la potestà della Regione deve ritenersi più ampia di quella normale, perché non diretta a procacciare alla Regione il suo fabbisogno.

La stessa tesi fu sostenuta dalla Regione siciliana in occasione della impugnazione da parte del Commissario dello Stato della legge regionale 31 gennaio 1957 con la quale, allo scopo "di soddisfare alle particolari esigenze determinate dalla grave crisi creatasi in Sicilia nel settore vinicolo e di incrementare il consumo dei prodotti vinicoli", veniva sospesa la imposta di consumo sui vini, mosti ed uva da vino e venivano stabilite particolari provvidenze in materia di imposta generale sulla entrata per il commercio di detti prodotti.

Questa Corte con la sentenza n. 124 del 31 ottobre 1957 non ha accolto tale tesi ed ha ritenuto, che la disposizione della lett. e dell'art. 14 non può essere interpretata in senso finalistico, nel senso, cioè, che la norma consentirebbe alla Regione l'esercizio della potestà legislativa tributaria tutte le volte che essa fosse giustificata dall'intento di raggiungere quei determinati scopi; e ciò perché non é concepibile che, nell'ambito dello Stato sovrano, siano stati concessi alla Regione poteri tanto più ampi da sfuggire ad una ben definibile delimitazione, quale può essere offerta unicamente dalla precisa identificazione della materia legislativa.

É necessario pertanto esaminare se le agevolazioni fiscali disposte dalla legge impugnata trovano riscontro, nel quadro della legislazione statale, in un tipo cui possa farsi riferimento.

Nella legislazione dello Stato un complesso di norme favorisce l'incremento di attrezzature turistiche con particolare riguardo all'industria alberghiera.

Lo Stato infatti accorda, sul piano nazionale, per la costruzione, arredamento, ampliamento di alberghi, stabilimenti idro-termali o balneari, rifugi alpini, locali ricettivi o impianti che costituiscono coefficienti per l'incremento turistico, facilitazioni del credito sotto forma di mutui e concede contributi scontabili presso istituti finanziari (R. D. 16 settembre 1937, n. 1669, art. 1, primo comma; legge 24 novembre 1941, n. 1506, art. 1, primo comma; D. L. 9 aprile 1948, n. 399, artt. 1 e 7).

Accorda inoltre alle industrie turistiche agevolazioni fiscali, purché collegate con le su indicate facilitazioni a carattere creditizio o contributivo e col vincolo alberghiero venticinquennale.

E precisamente stabilisce:

- l'applicazione dell'imposta unica di trascrizione ipotecaria nella misura di L. 20 per la trascrizione del vincolo alberghiero venticinquennale sugli edifici destinati ad uso di albergo, che abbiano usufruito del contributo statale (R.D.L. 29 maggio 1946, n. 452, art. 16);

- l'esenzione venticinquennale della normale imposta fabbricati e relative sovrimposte comunali e provinciali per la ricostruzione o costruzione di alberghi, ecc. (R.D.L. 29 maggio 1946, n. 452, art. 12);

- l'applicazione ai mutui e alle obbligazioni della sezione autonoma per l'esercizio del credito alberghiero e turistico di tutte le disposizioni di legge e di regolamento concernenti gli istituti di credito fondiario, anche per quanto riguarda i benefici e le agevolazioni fiscali, nonché la riduzione dei diritti notarili (R.D.L. 12 giugno 1937, n. 1561, art.18);

- l'applicazione della tassa fissa di registro e ipotecaria agli atti di cessione del contributo rateale direttamente corrisposto agli aventi diritto, a favore di società e imprese incaricate della esecuzione dei lavori di costruzione, ricostruzione, riparazione, ampliamento ed arredamento relativi alle opere per le quali é stato assegnato il contributo statale (D.P.R. 9 aprile 1948, n. 399, art. 7, secondo comma);

- agevolazioni fiscali alle opere alberghiere e altre opere d'interesse turistico per cui vengano concessi i contributi od i mutui, ecc. (legge 29 luglio 1949, n. 481, art. 6; legge 28 giugno 1952, n. 677; legge 17 dicembre 1953, n. 935).

Infine particolari agevolazioni fiscali sono concesse per la costruzione delle funivie (D.L. 23 febbraio 1919, n. 303; legge 26 giugno 1927, n. 1110; T.U. approvato con R.D. 9 maggio 1912, n. 1447, artt. 39 e 156).

Nella specie non é invocabile la legge 14 dicembre 1947, n. 1598, per l'industrializzazione del Mezzogiorno e delle Isole, perché le esenzioni fiscali ivi disposte si riferiscono a "stabilimenti industriali tecnicamente organizzati" e trovano applicazione anche nel territorio dell'Isola.

La legge proroga 9 aprile 1954, n. 10, assoggetta alla imposta di registro ed ipotecaria nella misura fissa:

1) gli atti che provvedano alla costituzione di società di qualunque specie le quali svolgano la loro attività nella Regione, ivi abbiano la loro sede sociale e che abbiano per oggetto iniziative, opere ed impianti con finalità turistiche, climatiche o termali, comprese funivie, attrezzature sciistiche, piscine, alberghi diurni, stabilimenti balneari con carattere permanente, o che provvedano alla costruzione di nuovi alberghi o di qualunque nuovo impianto a carattere ricettizio (art. 1);

2) gli atti concernenti trasformazioni di società già esistenti e gli atti concernenti aumenti di capitale da parte di società che abbiano la loro sede in Sicilia, quando la trasformazione sociale o l'aumento sono deliberati nel termine stabilito e abbiano finalità turistiche (art. 2);

3) gli atti con i quali, nel periodo di tempo stabilito, da parte di privati enti o società si provveda all'acquisto di aree od a rilevare impianti allo scopo di ampliarli o trasformarli per finalità turistiche (art. 3).

Estende inoltre agli alberghi e alle altre iniziative di cui all'art. 1 le agevolazioni previste dall'art. 2 della legge regionale 20 marzo 1950, n. 29, per lo sviluppo dell'industria in Sicilia: esenzione imposta R. M. sui relativi redditi ed esenzione dalla imposta speciale di cui al comma terzo dell'art. 1 D. L. L. 19 novembre 1944, n. 384 (art. 7).

Le su indicate esenzioni della legge regionale sono concesse col solo limite temporale per la stipulazione degli atti e per l'inizio e completamente delle opere destinate ad incrementare le industrie turistiche, e non presentano alcun rapporto con la concessione di crediti ai costruttori; laddove le esenzioni previste nelle leggi statali, come si é visto, sono connesse a particolari modalità creditizie, alla concessione di contributi da parte dello Stato anche scontabili e al vincolo alberghiero venticinquennale.

Pertanto, nella sfera delle leggi tributarie dello Stato, manca una disposizione che contenga un tipo di esenzione cui possano riferirsi le norme della legge prorogata per dedurne la legittimità costituzionale.

Ma la legge impugnata é costituzionalmente illegittima anche sotto altro aspetto.

Secondo quanto ha stabilito questa Corte (sentenza n. 9 del 17 gennaio 1957), le leggi regionali in materia tributaria, avendo carattere sussidiario, devono, per il necessario coordinamento tra la finanza statale e quella regionale, rispettare non soltanto le leggi costituzionali e i limiti territoriali, ma anche i limiti derivanti dai principi e dagli interessi generali cui s'informano le leggi dello Stato (art. 17, prima parte, Statuto siciliano).

Nel sistema della legislazione statale le leggi tributarie hanno carattere di specificità; devono cioè, contenere la precisa determinazione dell'oggetto colpito dal tributo e del soggetto passivo del tributo medesimo. Lo stesso principio deve, con maggior rigore, trovare applicazione per le esenzioni fiscali, le quali costituiscono una eccezione alla regola, che impone il dovere di corrispondere quel determinato tributo.

Ciò posto, alle esenzioni prevedute dalla legge impugnata manca il requisito della specificità quanto all'oggetto, perché i benefici fiscali sono accordati a qualsiasi attività ed anche a generiche iniziative con finalità turistiche (art. 1); manca inoltre la specificità quanto alle categorie che possono fruire delle agevolazioni tributarie, perché le esenzioni e riduzioni delle imposte sono accordate a società di qualunque specie, anche trasformate, a enti e a privati la cui attività sia diretta ad incrementare, comunque, le industrie turistiche (artt. 1, 2, 3).

Tale ampiezza e genericità é in contrasto con le su riportate leggi dello Stato che, nella sfera del turismo, concedono esenzioni oggettivamente e soggettivamente ben precisate. Il che esclude, per altro verso, ogni possibilità di collegamento tra il tipo di esenzioni fiscali disposte dalle leggi statali a favore delle industrie turistiche e le esenzioni contenute nella legge regionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

respinte le eccezioni pregiudiziali sollevate dalla difesa della Regione siciliana;

dichiara la illegittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 21 marzo 1958 e successivamente - in pendenza del presente giudizio (ricorso proposto il 27 marzo 1958) - promulgata il 12 maggio 1958, n. 16, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione n. 30 del 14 maggio successivo, recante "proroga delle agevolazioni fiscali di cui alla legge regionale 9 aprile 1954, n. 10, concernente l'incremento delle attrezzature turistiche, climatiche e termali della Regione".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 novembre 1958.

 

Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Aldo SANDULLI

 

Depositata in cancelleria il 24 novembre 1958.