Sentenza n. 17 del 1961
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SENTENZA N. 17

ANNO 1961

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale delle legge approvata dall'Assemblea della Regione siciliana nella seduta del 14 luglio 1960 recante: "Provvedimenti per il personale temporaneamente assunto per l'espletamento di servizi interessanti le Amministrazioni regionali delle finanze e del demanio", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 23 luglio 1960, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 1 agosto 1960 ed iscritto al n. 14 del Registro ricorsi 1960.

Vista la costituzione in giudizio del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 10 marzo 1961 la relazione del Giudice Giuseppe Castelli Avolio;

uditi il vice avvocato generale dello Stato Achille Salerni, per il ricorrente, e gli avvocati Aldo Dedin ed Enrico Restivo, per il Presidente della Regione siciliana.  

Ritenuto in fatto 

1. - L'Assemblea regionale siciliana il 14 luglio 1960 approvò la legge concernente "provvedimenti per il personale temporaneamente assunto per l'espletamento di servizi interessanti le Amministrazioni regionali delle finanze e del demanio".

Con la detta legge si dispone che l'Amministrazione regionale, fino all'emanazione delle norme di attuazione in materia di finanze e di demanio ai sensi dell'art. 43 dello Statuto, e, comunque, non oltre il 1 luglio 1961, é autorizzata a servirsi in modo continuativo del personale assunto di fatto entro il 7 giugno 1960 per le mansioni connesse con l'accertamento e la riscossione delle imposte dirette e indirette, con i servizi delle finanze, del demanio e comunque interessanti le Amministrazioni regionali delle finanze e demanio, e che allo stesso personale deve corrispondersi, secondo il titolo di studio e le mansioni effettivamente espletate, un trattamento economico pari a quello stabilito per le qualifiche iniziali delle carriere di concetto, esecutiva ed ausiliaria del personale di ruolo di cui al D.P.R. 11 gennaio 1956, n, 19, nonché il trattamento assistenziale goduto dai dipendenti dell'Amministrazione regionale (artt. 1 e 2). La stessa legge, poi, agli artt. 3 e 4, dispone l'inquadramento, entro il detto termine del 1 luglio 1961, del menzionato personale in ruoli speciali transitori, da effettuarsi in corrispondenza delle qualifiche iniziali delle carriere di concetto, esecutiva ed ausiliaria di cui al T.U. approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, a condizione però che l'interessato sia in possesso, all'atto dell'inquadramento, del titolo di studio richiesto dal citato decreto del Presidente della Repubblica ed abbia svolto le mansioni relative alla carriera attribuitagli per almeno sei mesi, oltre ad essere cittadino italiano, di buona condotta, fisicamente idoneo ed in possesso dei diritti di elettorato attivo e passivo e ad aver superato, infine, una prova orale di idoneità.

É stabilito che il personale così inquadrato sia adibito presso le Amministrazioni periferiche ai servizi finanziari e demaniali.

Con l'art. 5, poi, la legge prevede una seconda fase della sistemazione del personale di cui innanzi, da effettuarsi a seguito dell'emanazione delle norme di attuazione in materia di finanze e demanio, e consistente nella istituzione dei ruoli organici del personale addetto ai ruoli periferici del demanio ed ai servizi per l'accertamento e la riscossione delle imposte dirette ed indirette, in rapporto al fabbisogno dei servizi stessi, nei quali ruoli verrebbe immesso, fino a copertura dei posti, il personale già sistemato nei ruoli transitori di cui all'art. 3, In questi ultimi seguiterebbero a restare inquadrati coloro che, per limiti numerici, non potessero trovare posto nei ruoli organici.

A perfezionare la sistemazione della materia, l'art. 6 della stessa legge pone il divieto di procedere ad assunzioni di altro personale, comunque denominato, presso gli uffici di cui all'art. 1.

Con gli artt. 7 e 8, infine, viene autorizzata la corresponsione di acconti al personale, in attesa dell'attuazione della sistemazione descritta, ed é indicata la copertura della spesa necessaria per l'esecuzione della legge, calcolata in lire 650 milioni, mediante l'utilizzazione degli stanziamenti relativi ai capitoli 213, 292 e 310 dello stato di previsione della spesa del bilancio della Regione per l'esercizio 1960-61 e, per la differenza, mediante prelevamenti dal capitolo 45 dello stesso stato di previsione.

La legge, comunicata al Commissario dello Stato per la Regione siciliana il 18 luglio 1960, é stata impugnata dal Commissario con ricorso alla Corte costituzionale, notificato il 23 luglio al Presidente della Regione, depositato nella cancelleria della Corte il 1 agosto 1960, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 216 del 3 settembre 1960, e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 38 del 2 settembre 1960.

Frattanto la legge in parola, cui si attribuiva la data 12 settembre 1960 e il n. 40, veniva promulgata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, n. 40 del giorno 13 settembre 1960.

2. - Con il ricorso, il Commissario dello Stato sostiene la illegittimità costituzionale della legge in esame, affermando innanzi tutto che, con la medesima, la Regione avrebbe invaso la sfera di competenza legislativa dello Stato, in quanto la materia dei servizi finanziari statali e dei relativi uffici e del personale dovrebbe attualmente ritenersi di spettanza dello Stato. Infatti, - si afferma nel ricorso - l'art. 36 dello Statuto speciale si limita a riconoscere alla Regione poteri normativi in materia tributaria, senza prevedere, nel contempo, il trasferimento alla Regione della relativa organizzazione amministrativa statale; e la disciplina provvisoria dei rapporti finanziari tra Stato e Regione dettata con il decreto legislativo presidenziale 12 aprile 1948, n. 507, non autorizza l'Assemblea regionale a legiferare in materia di servizi finanziari statali e relativi uffici. Il riconoscimento, poi, entro determinati limiti, di una potestà normativa ed amministrativa della Regione non comporta di per sé l'inserimento dei relativi uffici statali nell'organizzazione amministrativa regionale, essendo necessaria, per il trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alla Regione, l'adozione di opportune norme di attuazione, che nella specie non sono state emanate.

In particolare, rileva il Commissario che, in ogni caso, il potere amministrativo regionale devesi intendere limitato alla sola fase di riscossione dei tributi, onde l'art. 1 della legge impugnata, che attribuirebbe implicitamente alla Regione competenza in materia di accertamenti tributari, sarebbe viziato da illegittimità costituzionale anche sotto questo speciale aspetto.

Il ricorrente passa poi ad esaminare singolarmente talune norme della legge impugnata e osserva che le disposizioni degli artt. 4 e 5 violerebbero l'art. 97 della Costituzione, in quanto le modalità per la sistemazione del personale non garantirebbero l'interesse pubblico al regolare funzionamento degli uffici, in difetto di un conveniente accertamento della idoneità professionale dei dipendenti, che non sarebbero sottoposti ad una seria e idonea selezione.

Anche l'art. 6 della legge, secondo il ricorrente, presenterebbe particolari note di illegittimità, perché la formulazione del divieto di assunzione di nuovo personale, ivi contenuto, potrebbe prestarsi, per la sua genericità, ad una interpretazione estensiva anche nei riguardi degli uffici statali, il che sarebbe palesemente incostituzionale.

Infine, il Commissario dello Stato ravvisa la violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione nella disposizione dell'art. 8 della legge impugnata, in quanto si stabilisce la copertura di parte dell'onere finanziario mediante prelievo dal capitolo 45 dello stato di previsione della spesa dell'esercizio 1960-61. Lo stanziamento del detto capitolo é allocato quale fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine, la cui specifica destinazione renderebbe non usufruibile il fondo stesso per sopperire a spese non aventi le caratteristiche previste, quali appunto quelle contemplate dal provvedimento de quo.

3. - Per il Commissario dello Stato si é costituita in giudizio l'Avvocatura generale dello Stato e, per la Regione siciliana, gli avvocati Aldo Dedin ed Enrico Restivo.

L'Avvocatura generale dello Stato ha depositato il 16 febbraio 1961 una memoria difensiva con cui si riprendono e si sviluppano le argomentazioni addotte nel ricorso.

L'Avvocatura insiste particolarmente sulla necessità dell'emanazione delle norme di attuazione perché possa aversi il trasferimento delle competenze e funzioni amministrative dallo Stato alla Regione, e sulla conseguente indebita interferenza esplicata dalla Regione nell'organizzazione dei servizi ed uffici statali con la legge impugnata, emanata prima che si abbiano le norme di attuazione.

Conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso, in quanto la legge regionale, esorbitando dalla sfera di competenza normativa ed amministrativa attribuita alla Regione, violerebbe l'art. 36 dello Statuto speciale della Regione siciliana, e usurperebbe, inoltre, allo Stato il potere ad esso riservato dall'art. 43 dello Statuto stesso, di emanare le relative norme transitorie e di attuazione.

4. - Anche la difesa della Regione ha depositato, il 16 febbraio 1961, una memoria difensiva, con la quale, resistendo al ricorso, ne chiede il rigetto.

Afferma la Regione che il personale alla cui sistemazione tende la legge impugnata sarebbe stato inizialmente assunto proprio per venire incontro alle richieste dell'Amministrazione finanziaria dello Stato, che non era in grado di sopperire alle necessità del servizio con i propri dipendenti. Ne sarebbe, quindi, seguita una collaborazione tra personale assunto di fatto dalla Regione e personale degli uffici finanziari dello Stato, e la legge in questione, lungi dal volere incidere sulla organizzazione degli uffici statali, si limiterebbe a creare condizioni di lavoro più congrue ed umane ai dipendenti come sopra assunti dalla Regione. La menzione dei servizi di accertamento e di riscossione delle imposte dirette ed indirette e di quelli, in genere, delle finanze e del demanio, contenuta nell'art. 1 della legge, avrebbe, secondo la difesa della Regione, soltanto lo scopo di individuare i dipendenti della cui opera l'Amministrazione finanziaria é autorizzata ad avvalersi, onde non sussisterebbe alcuna violazione delle attribuzioni e prerogative spettanti nella materia finanziaria allo Stato, i cui poteri, pertanto, resterebbero del tutto impregiudicati. La legge, quindi, spiegherebbe la sua efficacia solo nell'ambito della materia di cui all'art. 14, lett. q, dello Statuto (stato giuridico ed economico degli impiegati) appartenente alla competenza esclusiva della Regione. Ciò tanto più che la norma dell'art. 5 si esaurirebbe in una previsione futura dei ruoli organici definitivi del personale, correttamente subordinata alla emanazione delle norme di attuazione.

Quanto alla censura mossa nel ricorso circa la assunta inadeguatezza dei criteri di selezione del personale da inquadrare, la Regione osserva che, anche se potesse ritenersi che le norme di cui all'art. 97 della Costituzione siano applicabili alle Regioni, i principi ivi sanciti ai fini della garanzia del buon funzionamento degli uffici dovrebbero ritenersi sufficientemente osservati dalla legge impugnata, che prevede il superamento di prove di idoneità indicate per ogni tipo di carriera, e tenuto altresì conto che trattasi, nella specie, di personale già da tempo in servizio ed utilmente sperimentato.

Circa il rilievo formulato nel ricorso in relazione alla inammissibilità del divieto di nuove assunzioni che, secondo il Commissario dello Stato, l'art. 6 della legge impugnata sembrerebbe voler estendere anche nei confronti degli uffici statali, la Regione osserva che tale interpretazione estensiva é erronea, per il chiaro riferimento della norma alla sola Amministrazione regionale, e che, conseguentemente, la censura é infondata.

Circa, infine, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge in relazione all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, la Regione formula un duplice ordine di considerazioni, é cioè:

1) lo storno dal capitolo 45 dello stato di previsione della spesa per l'esercizio finanziario 1960-61, disposto per 395 milioni dal citato art. 8, sarebbe costituzionalmente legittimo. Nulla vieta che se nel bilancio esistono capitoli con eccedenza di stanziamento, questa eccedenza sia utilizzata per far fronte ad una nuova o maggiore spesa; e nulla rileva che l'art. 45 rifletta il fondo di riserva delle spese obbligatorie e d'ordine, giacché non potrebbe essere di ostacolo alla possibilità dello storno la norma dell'art. 40 della legge sulla contabilità di Stato, riguardante l'ordinaria attività amministrativa, e non le variazioni al fondo introdotto con legge, come nel caso in esame;

2) in ogni caso, lo stato di previsione della spesa suddetta risulta approvato con la legge 3 gennaio 1961, n. 6, successiva alla legge impugnata, e, in esecuzione di questa, reca, in aggiunta ai capitoli 213, 292 e 310, i capitoli 256 bis, 256 ter e 256 quater, che coprirebbero in eccesso l'intero fabbisogno, con lo stanziamento complessivo di lire 752 milioni, senza, quindi, che debba neppur farsi luogo agli storni autorizzati con l'art. 8.  

Considerato in diritto

1. - Le disposizioni della legge in esame, contenente "provvedimenti per il personale temporaneamente assunto per l'espletamento di servizi interessanti le Amministrazioni regionali delle finanze e del demanio", si possono dividere in tre gruppi. Il primo, che comprende gli artt. 1 e 2, riguarda la permanenza in servizio del personale avventizio temporaneamente assunto dalla Regione e il miglioramento del trattamento economico ad esso corrisposto, e l'estensione al medesimo del trattamento assistenziale concesso ai dipendenti dell'Amministrazione regionale; il secondo gruppo, che comprende gli artt. 3, 4 e 5, stabilisce le norme dirette a dare stabilità al detto personale, che entrerebbe a far parte, prima, di un ruolo transitorio e, poi, di un ruolo organico; con l'art. 8, infine, si provvede alla copertura dell'onere che l'attuazione della legge comporta.

Vi sono, poi. le disposizioni degli artt. 6 e 7, che, rispettivamente, vietano le assunzioni di nuovo personale, a qualsiasi titolo, e consentono la concessione di anticipazioni di somme sugli emolumenti dovuti al personale, disposizioni che non hanno, invero, un contenuto tale da venire in discussione sotto il profilo della loro legittimità costituzionale.

2. - Il primo gruppo di norme, come innanzi delimitato, non offre, a ben considerare, fondato motivo per doverne dichiarare la illegittimità costituzionale.

Si tratta, infatti, di personale assunto dalla Regione quale personale temporaneo, trattato alla stregua di cottimisti o di giornalieri (con la corresponsione di 25 giornate lavorative al mese), senza diritto all'assistenza sanitaria. E non danno luogo a illegittimità costituzionale le disposizioni che stabiliscono il miglioramento del trattamento economico e la estensione del trattamento assistenziale, provvedimenti che riguardano soltanto la Regione e che da questa sono stati determinati, a favore di propri dipendenti, da ragioni di carattere semplicemente economico e sociale.

3. - Diverso, invece, é il contenuto e diverse sono le finalità delle disposizioni degli artt. 3, 4 e 5. Le disposizioni di questi articoli hanno riguardo non ad una situazione di fatto del tutto provvisoria e contingente, ma mirano a dare stabilità ad un personale che, per quanto assunto provvisoriamente dalla Regione, verrebbe ad essere incorporato negli uffici finanziari, sia pure passando attraverso un ruolo transitorio (mediante un concorso semplicemente interno e, quindi, senza le maggiori garanzie di un concorso pubblico), in un ruolo organico di impiegati degli uffici di finanza e del demanio. Ciò é in contrasto con il principio stabilito dalla costante giurisprudenza di questa Corte, la quale ha sempre ritenuto che anche quando una materia sia compresa nella così detta competenza esclusiva della Regione - e questo non si verifica per quella finanziaria, ex art. 36 dello Statuto speciale, nella quale la competenza della Regione é soltanto sussidiaria e complementare a quella dello Stato (sentenza 17 gennaio 1957, n. 9) - non compete alla Regione la correlativa potestà amministrativa e, quindi, non si attua alcun trasferimento automatico delle funzioni e degli uffici statali, ma sono necessarie opportune norme legislative di attuazione. Né a questo può opporsi che nel caso in esame l'inquadramento nel ruolo organico é stato subordinato, dall'art. 5, all'emanazione, appunto, delle norme di attuazione, e che il personale in parola é, fra l'altro, addetto alla riscossione delle imposte, materia questa riconosciuta di competenza della Regione; giacché, sul primo punto, é da rilevare che il personale di cui si tratta sarebbe già in precedenza incorporato presso gli uffici finanziari attraverso il ruolo transitorio, passando per il quale verrebbe incluso nel ruolo organico definitivo; e, sull'altro punto, che la materia della riscossione non é quella primaria ed esclusiva degli uffici statali finanziari, mentre é primaria e propria di questi uffici la materia dell'imposizione tributaria e dei correlativi accertamenti, alla quale materia il personale in questione verrebbe anche addetto.

4. - Se, per quanto si é osservato, le disposizioni degli artt. 3, 4 e 5, che sono fra di loro strettamente connesse, devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime, non altrettanto é da dirsi per gli artt. 6, 7 e 8.

Gli artt. 6 e 7, come già innanzi si é accennato, stabiliscono, l'uno, il divieto di assunzione di nuovo personale provvisorio, con qualunque titolo denominato; l'altro acconsente la concessione, al personale di cui si tratta, di acconti a mezzo di speciali aperture di credito. Ora quel divieto, che espressamente é riferito al personale indicato nell'art. 1, e cioè al personale che é temporaneamente assunto dalla Regione e distaccato presso gli uffici finanziari, non può avere altro destinatario se non la stessa Regione e non mai lo Stato, al quale, com'é ovvio, nessuna Regione può dettare, per qualsiasi motivo, norme circa l'assunzione o meno del proprio personale. La concessione, poi, al personale di acconti, a mezzo delle speciali aperture di credito, consentita dall'art. 7, é un beneficio accordato al personale che, specialmente quello avventizio, può trovarsi in particolari condizioni di bisogno: si tratta, pertanto, di norma non suscettibile di sindacato costituzionale.

5. - Sull'art. 8, impugnato dal Commissario dello Stato per una assunta differenza di spesa che non sarebbe coperta da regolare finanziamento, epperò in contrasto con l'art. 81, quarto comma, della Costituzione, é da osservare che per quanto la rilevanza di questa impugnativa sia di molto sminuita, dato il riconoscimento della illegittimità costituzionale delle disposizioni degli artt. 3, 4 e 5, come innanzi si é spiegato, la cui attuazione avrebbe comportato l'onere principale della legge, tuttavia la copertura per la maggiore spesa derivante, in base all'art. 2, dal miglioramento del trattamento economico del personale provvisoriamente assunto e dalla estensione dell'assistenza sanitaria, deve ritenersi del tutto regolare.

Si sostiene, invece, col ricorso che il mezzo adottato per assicurare la copertura sia illegittimo, non essendo consentito un prelevamento, per la spesa nel caso di specie occorrente, dal capitolo 45 dello stato di previsione per l'esercizio finanziario 1960-61, il quale contiene l'allocazione esclusivamente per il fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine. Per la sua specifica destinazione non potrebbe essere questo fondo utilizzato per fronteggiare le spese disposte dal provvedimento de quo, spese che non hanno le caratteristiche previste dall'art. 40 della legge sulla contabilità di Stato. Ma, a parte il rilievo che, come é affermato nella memoria difensiva della Regione e non é stato contraddetto dall'Avvocatura dello Stato, la copertura occorrente sarebbe stata, in seguito, assicurata con capitoli di bilancio, senza che occorra più attingere al fondo di riserva di cui al capitolo 45, sta di fatto che impropriamente nell'art. 8 della legge in esame si parla di "prelevamento" da quel capitolo, mentre si tratta di uno "storno". Il fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine, stabilito con l'art. 40 della legge di contabilità di Stato - e che si trova, per la sua ovvia necessità, anche nel bilancio della Regione siciliana - ha lo scopo di supplire alle necessità non previste che si riscontrino durante l'esercizio finanziario per spese aventi quella natura. Ma, in questo caso, il prelevamento é fatto con atto interno dell'Amministrazione (cit. art. 40: "con decreto del Ministro... possono essere prelevate dal detto fondo le somme occorrenti ecc."), non con legge. Con legge, invece, com'é avvenuto nel caso in esame, si possono sempre operare gli storni da un capitolo all'altro di bilancio, quando nel capitolo vi sia una eccedenza di stanziamento, il cui accertamento é soggetto al solo vaglio dell'organo legislativo, che può acconsentire o meno allo storno. E il capitolo riguardante il detto fondo di riserva, se presenta una eccedenza di stanziamento, non può sottrarsi ad un eventuale storno, quando ne ricorra la necessità, come ogni altro capitolo di bilancio. Questo é avvenuto, col consenso dell'Assemblea siciliana, nel caso in esame, epperò la censura su tal punto formulata é destituita di fondamento.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

in parziale accoglimento del ricorso, indicato in epigrafe, del Commissario dello Stato presso la Regione siciliana:

dichiara la illegittimità costituzionale degli artt. 3, 4 e 5 della legge approvata dall'Assemblea siciliana nella seduta del 14 luglio 1960, recante "Provvedimenti per il personale temporaneamente assunto per l'espletamento di servizi interessanti le Amministrazioni regionali delle finanze e del demanio", promulgata il 12 settembre 1960 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 40 del 13 settembre 1960.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 1961.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 31 marzo 1961.