SENTENZA N. 68
ANNO 1959
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente
Prof. Tomaso PERASSI
Prof. Gaspare AMBROSINI
Prof. Ernesto BATTAGLINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nei giudizio di legittimità costituzionale della legge 9 novembre 1955, n. 1070, promosso con ordinanza emessa il 4 dicembre 1958 dal Tribunale di Belluno nel procedimento civile vertente tra l'Ente "Gioventù Italiana" e il Patronato scolastico di Padova, iscritta al n. 51 del Registro ordinanze 1958 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26 del 31 gennaio 1959.
Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 9 dicembre 1959 la relazione del Giudice Aldo Sandulli;
uditi gli avvocati Aldo Perissinotto e Giorgio Benettin per il Patronato scolastico ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
Nel procedimento civile promosso dall'Ente "Gioventù Italiana" contro il Patronato scolastico del Comune di Padova per il riconoscimento del diritto di proprietà del primo e la condanna del secondo al rilascio del complesso immobiliare e mobiliare costituente la "Colonia Alpina Regina Margherita" in Calalzo, il Tribunale di Belluno, su richiesta dell'Ente attore, ha disposto, con ordinanza in data 4 dicembre 1958, la rimessione a questa Corte della questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 42 e 43 Cost., della legge 9 novembre 1955, n. 1070, la quale nel suo unico articolo dispone: "Con effetto dal 1 gennaio 1948 la proprietà dell'immobile già denominato "Colonia Alpina Regina Margherita " in Calalzo (prov. di Belluno), località S. Giovanni, é trasferita al Patronato scolastico del Comune di Padova" Dai documenti del giudizio civile risulta che detta consistenza immobiliare fu costituita mediante una serie di successivi atti di acquisto, intervenuti rispettivamente negli anni 1925, 1928, 1929, da parte dell'Ente "Mutualità scolastica padovana" (riconosciuto con decreto luogotenenziale del 1916) e negli anni 1935 e 1936 da parte dell'"Ente nazionale fascista per la mutualità scolastica" (il quale realizzò gli acquisti da esso compiuti con fondi provenienti appunto dalla gestione della colonia alpina Regina Margherita) Con atto ricognitivo 6 giugno 1936, in ottemperanza alle disposizioni della legge 3 gennaio 1929, n. 17, e del R. D. 16 febbraio 1933, n. 156, la consistenza immobiliare stessa venne riconosciuta appartenere pro indiviso all'Ente nazionale fascista per la mutualità scolastica per i 5/10, alla Federazione per le sezioni di mutualità scolastica della Provincia di Padova per i 3/10, alla sezione di mutualità scolastica del Comune di Padova (derivante dall'Ente mutualità scolastica padovana) per i rimanenti 2/10.
Soppressi col R. D. 5 settembre 1938, n. 1620, l'Ente nazionale mutualità scolastica e le dipendenti federazioni provinciali e sezioni comunali, e trasferite le attività e passività relative al Partito nazionale fascista (Gioventù italiana del littorio), la Gioventù italiana del littorio (G. I. L.) subentrò nel possesso e nell'amministrazione della Colonia alpina.
Soppresso il Partito nazionale fascista in virtù del R. D. 2 agosto 1943, n. 704, l'Ente Gioventù italiana (G. I.), preposto alla gestione di liquidazione della G. I. L., continuò ad amministrare la colonia, e nel 1947 la concesse in locazione al Patronato scolastico di Padova; ma dopo due anni ne chiese il rilascio, e, non ottenendolo, intimò al Patronato licenza per finita locazione e lo convenne innanzi al Pretore di Padova per il giudizio di convalida.
Nel corso del giudizio sopravvenne la legge 9 novembre 1955, n. 1070, che operò il trasferimento del bene dalla G. I. al Patronato. Di qui il giudizio innanzi al Tribunale di Belluno, di cui si é detto in principio, nel corso del quale é stata emessa l'ordinanza che ha promosso il presente giudizio di legittimità costituzionale.
La questione rimessa a questa Corte dal Tribunale é se sia compatibile con gli articoli 42 e 43 Cost. il trasferimento coattivo dalla G. I. al Patronato scolastico di Padova operato dalla citata legge senza disporre a favore della G. I. "un equo indennizzo".
L'ordinanza é stata regolarmente notificata e comunicata secondo le disposizioni della legge 11 marzo 1953, n. 87, ed é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio 1959, n. 26.
Innanzi a questa Corte si sono costituiti, rispettivamente l'11 e il 20 febbraio 1959, il Patronato scolastico di Padova e la Gioventù italiana, ed é intervenuto, con atto depositato il 1 gennaio 1959, il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conto del quale l'Avvocatura dello Stato ha anche depositato una memoria in data 9 novembre 1959.
Nelle sue deduzioni il Patronato afferma preliminarmente che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare taluni punti discussi tra le parti, la trattazione dei quali avrebbe condotto alla decisione della causa indipendentemente dalla questione di legittimità costituzionale. Il primo di tali punti consisterebbe nel fatto che mai la colonia alpina Regina Margherita sarebbe stata di proprietà della G. I. L., giacché non a quest'ultima, bensì al P. N. F., il R. D. 5 settembre 1938, n. 1620, aveva attribuito la proprietà dei beni dell'Ente nazionale fascista di mutualità scolastica e delle istituzioni a esso facenti capo. Inoltre la questione di legittimità costituzionale non avrebbe potuto esser rimessa a questa Corte prima che fossero state decise con sentenza passata in giudicato le questioni - attinenti alla legitimatio ad causam - se la G. I. sia attualmente un ente distinto dallo Stato e se l'immobile di cui é causa appartenesse, prima della legge impugnata, alla Gioventù italiana.
Nelle sue deduzioni la G. I. risponde soltanto alla prima eccezione, osservando che il Tribunale ebbe espressamente ad affermare che il R. D. del 1938 aveva attribuito alla G. I. L. e non al P. N. F. il patrimonio delle istituzioni di mutualità scolastica, con ciò rigettando la tesi avversaria ed escludendo che tale punto potesse decidere della causa.
L'Avvocatura dello Stato, a sua volta, nella memoria del 9 novembre 1959, osserva che il giudizio di legittimità costituzionale é stato ritualmente proposto, pur essendo stata soltanto delibata nell'ordinanza di rinvio, e non decisa con sentenza, la questione relativa all'appartenenza alla G.I.L. della colonia alpina anteriormente alla legge impugnata.
Nel merito la G. I., dopo aver contestato ogni rapporto di derivazione del Patronato di Padova dagli Enti di mutualità scolastica danti causa della G. I. L., deduce essenzialmente che lo Stato non può "spogliare un ente pubblico di un suo bene patrimoniale senza rispettare il disposto dell'art. 42 Cost.", "tanto più che ad ogni ente pubblico é dallo stesso legislatore affidato il compito del raggiungimento di un determinato fine pubblico, con i mezzi di cui a tale uopo é stato dotato dal legislatore": se alla G. I. é commesso proprio il compito di gestire le colonie alpine e marine, sarebbe inspiegabile spogliarlo di una colonia alpina per affidarla ad altro ente avente funzione diversa. La legge in esame romperebbe dunque "quella armonia logico-giuridica che deve presiedere alla emanazione delle leggi", e cioè romperebbe "quella omogeneità costituzionale" che solo questa Corte potrebbe valutare. Il legislatore può, sì, modificare e far cessare gli enti pubblici; ma se mantiene in vita un ente pubblico "non può senza contraddizione logica e giuridica togliere allo stesso ente un bene, per attribuirne la proprietà ad un altro avente finalità diversa".
Il Patronato di Padova deduce, in primo luogo, l'assoluta estraneità dell'art. 43 Cost. alla materia della legge impugnata. Per quanto poi riguarda il contrasto tra questa e l'art. 42 Cost., osserva che la legge impugnata non operò un esproprio, bensì si inquadrerebbe nella liquidazione e ripartizione del patrimonio della G.I.L. contemplata dall'art. 6 R. D. 2 agosto 1943, n. 704. Il fatto poi che l'assegnazione sia avvenuta non allo Stato (Ministero della pubblica istruzione) ma al Patronato scolastico di Padova non potrebbe formare oggetto di critica costituzionale, trattandosi soltanto di rapporti fra leggi ordinarie. Del resto, in base allo statuto del 1916 della soppressa Mutualità scolastica padovana, i beni di questa, in caso di cessazione, avrebbero dovuto pervenire proprio al Patronato di Padova; e comunque attraverso la legge impugnata si sarebbe praticamente attuato nello spirito anche il disposto dell'art. 18 del D. L. C. P. S. 4 gennaio 1947, n. 457, secondo il quale "i beni attualmente affidati alla gestione di liquidazione della G. I. comunque provenienti dai Patronati scolastici saranno restituiti a questi ultimi". Rilievo, questo, contrastato peraltro dalla difesa della G. I., la quale al riguardo osserva, da un lato, che l'immobile in questione pervenne alla G.I.L. non dai Patronati scolastici, bensì dalla Mutualità scolastica - che era tutt'altra cosa -, e dall'altro che le disposizioni del citato decreto del 1947 sarebbero tuttora inoperanti, non essendo state ancora emanate le norme d'attuazione previste dall'art. 19 di esso. E altrettanto sarebbe a dire per la legge 4 marzo 1958, n. 261, relativa al riordinamento dei Patronati scolastici, non essendo state finora emanate le norme d'attuazione contemplate dall'art. 18 di detta legge.
L'Avvocatura dello Stato sostiene, a sua volta, che dalla natura e dalla condizione giuridica degli enti pubblici discende che questi, come possono esser costituiti nella loro entità e nel loro patrimonio dalle leggi dello Stato, così possono esser ridotti o modificati nelle funzioni e nel patrimonio. Se é esatto che la G. I. tuttora esiste come ente pubblico dotato di un proprio patrimonio, e se é del pari esatto che l'immobile cui ha riguardo la legge impugnata non proveniva alla G. I. L. dai Patronati scolastici, ma dagli Enti di mutualità scolastica, non può però negarsi che concorressero - come si pone in luce nella relazione della legge - "motivi storici e di opportunità per devolverlo al Patronato scolastico di Padova, non escluso quello che una tale devoluzione veniva a inquadrarsi nel programma di riordinamento e di potenziamento dei patronati scolastici attuato col D. L. C. P. S. 24 gennaio 1947, n. 457". Onde il provvedimento legislativo impugnato, lungi dall'esser giudicato "sotto il profilo di un trasferimento coattivo, quale é considerato negli articoli 42 e 43 Cost.", andrebbe esaminato "sotto quello della disciplina dei rapporti fra due enti pubblici, in vista degli scopi di pubblico interesse da essi perseguiti, delle interferenze che possono crearsi fra gli scopi dell'uno e quelli dell'altro, della politica di ridimensionamento e di potenziamento dell'uno e dell'altro"; eppertanto non contrasterebbe con il citato articolo della Costituzione.
Tali concetti, enunciati nell'atto d'intervento, sono ribaditi nella memoria del 9 novembre 1959, dove si sottolinea che la norma dell'art. 42 Cost. riguarderebbe soltanto i casi di "trasferimento autoritativo di un bene da un soggetto privato ad un altro soggetto, normalmente pubblico, per il soddisfacimento di un pubblico interesse, che legittima il sacrificio della proprietà privata": l'istituto della espropriazione regolato dall'art. 42 Cost. non potrebbe esser "chiamato a qualificare ogni forma di intervento legislativo sul patrimonio individuale"; e certo non vi si potrebbe ricomprendere la frequente ipotesi del trasferimento dei beni da uno a un altro ente pubblico per il miglior soddisfacimento dei fini pubblici cui i beni sono destinati: tale ipotesi infatti rientrerebbe nella potestà statale di ordinamento e riordinamento degli enti pubblici. Inoltre - si osserva nella memoria - nell'art. 42 Cost. si vieta l'espropriazione senza indennizzo della sola proprietà privata, e non anche di quella pubblica: anche sotto tale profilo la legge impugnata, la quale ha riguardo a un bene di proprietà di un ente pubblico, e per giunta di natura patrimoniale indisponibile, non ricadrebbe nell'ambito del divieto costituzionale.
Considerato in diritto
1. - Le eccezioni pregiudiziali sollevate dal Patronato scolastico del Comune di Padova sono prive di fondamento.
Il Tribunale di Belluno ha esaminato e risolto in senso positivo nell'ordinanza di rimessione - anche senza dedicare al punto una diffusa motivazione - la questione della devoluzione alla G. I. L. della colonia alpina Regina Margherita in virtù del R. D. 5 settembre 1938, n. 1620. Del pari ha esaminato e risolto in senso positivo - con ampia motivazione - la questione della appartenenza alla G. I. della colonia alpina al momento dell'entrata in vigore della legge 9 novembre 1955, n. 1070, impugnata in questa sede. Entrambi i profili, condizionanti il problema della legitimatio ad causam della G. I. nel giudizio a quo, e condizionanti quindi, al pari di ogni altra questione pregiudiziale o preliminare, la rilevanza della soluzione della presente questione di legittimità costituzionale ai fini del giudizio stesso (cfr. le pronunce di questa Corte 13 marzo 1957, n. 48; 16 maggio 1957, n. 77; 18 dicembre 1958, n. 83; 6 luglio 1959, n. 38; 6 luglio 1959, n. 40), risultano dunque trattati nell'ordinanza. Il che é sufficiente, ai sensi dell'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, ai fini della ritualità, sotto il profilo in esame, della proposizione del giudizio innanzi a questa Corte (cfr. le sentenze di questa Corte 25 giugno 1957, n. 102; 8 luglio 1959, n. 44). Che poi a tali fini fosse sufficiente la delibazione delle questioni anzidette nell'ordinanza di rimessione, senza necessità che queste fossero decise con sentenza passata in giudicato, inerisce al sistema dell'introduzione dei giudizi incidentali di legittimità costituzionale, così come previsto dallo art. 23 cit. (cfr. le sentenze di questa Corte 18 aprile 1959, n. 24, e 18 novembre 1959, n. 57).
2. - Nel merito la questione é infondata.
La legge singolare impugnata ha trasferito al patrimonio di un ente pubblico - il Patronato scolastico di Padova - un bene acquisito al patrimonio della G. I. L. in virtù del R. D. 5 settembre 1938, n. 1620, e amministrato, al momento dell'entrata in vigore della legge impugnata, dall'Ente Gioventù Italiana, preposto (come si esprime l'art. 18 del D.L.C.P.S. 24 gennaio 1947, n. 457) alla "gestione di liquidazione" di quel patrimonio, in attesa dell'attribuzione definitiva delle singole unità che lo compongono - contemplata dall'art. 10 del R. D. 2 agosto 1943, n. 704 - al Ministero della difesa o a quello della pubblica istruzione.
Non una espropriazione dunque essa dispone, bensì il mutamento, per un singolo bene, della destinazione che originariamente era stata prevista per i beni già appartenenti alla G. I. L., e l'immediata attribuzione del bene all'ente beneficiano della nuova destinazione. Si tratta cioè di una legge di organizzazione amministrativa, in un campo - quello della distribuzione dei beni tra i vari organismi in cui la pubblica Amministrazione si articola - nel quale non può esser disconosciuta al legislatore - salvo il rispetto delle autonomie garantite dalla Costituzione - ampia libertà. La legge, appunto perciò, non ricade sotto la disciplina dell'art. 42, terzo comma, Cost., e ancor meno sotto quella dell'art. 43.
Né hanno rilievo, ai fini della presente pronuncia, le osservazioni della difesa della G. I. circa il merito della legge impugnata, le condizioni in cui essa venne emanata, l'esattezza delle ragioni dalle quali il legislatore fu mosso nell'adottarla.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
respinge le eccezioni pregiudiziali sollevate dal Patronato scolastico del Comune di Padova;
dichiara non fondata la questione proposta con ordinanza 4 dicembre 1958 del Tribunale di Belluno sulla legittimità costituzionale della legge 9 novembre 1955, n. 1070, avente a oggetto "attribuzione al Patronato scolastico del Comune di Padova della proprietà della colonia alpina già denominata "Regina Margherita" in Calalzo (Belluno), in riferimento agli artt. 42 e 43 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 dicembre 1959.
Gaetano AZZARITI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA.
Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1959.