Ordinanza n. 127 del 2024

ORDINANZA N. 127

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA;

Giudici: Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 176, commi 11 e 21, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso dal Giudice di pace di Nola, sezione prima, nel procedimento vertente tra Miranda Angelo srl e la Prefettura – Ufficio territoriale del Governo di Napoli, con ordinanza del 17 febbraio 2023, iscritta al n. 30 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2024.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 18 giugno 2024 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

deliberato nella camera di consiglio del 18 giugno 2024.


Ritenuto che, con ordinanza del 17 febbraio 2023 (reg. ord. n. 30 del 2024), il Giudice di pace di Nola, sezione prima, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 42, secondo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 176, commi 11 e 21, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada);

che il rimettente riferisce di dover giudicare sul ricorso in opposizione proposto da Miranda Angelo srl avverso il verbale emesso per la violazione delle dette disposizioni del d.lgs. n. 285 del 1992;

che, secondo il Giudice di pace di Nola, le norme testé menzionate – nel non prevedere la comunicazione con raccomandata o a mezzo PEC alla impresa proprietaria del veicolo del «mancato pagamento con l’invito al pagamento né la comunicazione del rapporto di mancato pedaggio con l’importo non versato» – precluderebbero «la possibilità di oblare la sanzione amministrativa nei 5 giorni successivi con lo sconto del 30%»;

che, inoltre, ad avviso del giudice a quo, l’accertamento della presunta violazione sarebbe stato effettuato «da un dipendente della concessionaria del tratto autostradale con un evidente interesse e non da un pubblico ufficiale»;

che, infine, secondo il rimettente, «la sanzione pecuniaria con la decurtazione dei punti sulla patente è sproporzionata rispetto ad un mancato pagamento di una piccola somma»;

che, accanto all’ipotizzato contrasto con l’art. 3 Cost., si assume che le disposizioni censurate violino anche l’art. 42, secondo comma, Cost.;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per la inammissibilità e la non fondatezza delle questioni sollevate;

che, secondo la difesa dello Stato, le dette questioni sono da ritenersi manifestamente inammissibili, in quanto il giudice a quo ha omesso di descrivere la fattispecie sottoposta al suo esame e di motivare sia sulla rilevanza che sulla non manifesta infondatezza delle stesse;

che, ad avviso della difesa erariale, le questioni dovrebbero ritenersi inammissibili anche sotto altri profili, in quanto il rimettente avrebbe «omesso qualsiasi tentativo di un’interpretazione conforme alla Costituzione» delle disposizioni censurate e, con riferimento alla previsione della sanzione accessoria della decurtazione dei punti della patente, non avrebbe considerato che detta previsione «non è contenuta nella norma censurata (né nel comma 11 né nel comma 21) ma nella tabella allegata all’art. 126-bis del codice della strada»;

che, inoltre, sempre sotto il profilo dell’inammissibilità delle questioni, l’Avvocatura generale dello Stato rappresenta come il giudice a quo «nel richiedere alla Corte un intervento che modifichi il trattamento sanzionatorio accessorio dell’illecito amministrativo di cui all’art. 176, comma 21, D.lgs. 285/1992, non ha chiarito neppure se si invochi l’eliminazione tout court della sanzione accessoria o soltanto l’automatismo della sua applicazione»;

che la difesa statale sostiene, in subordine, come i prospettati dubbi di costituzionalità siano, comunque, privi di ogni fondamento.

Considerato che il Giudice di pace di Nola, sezione prima, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 42, secondo comma, Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 176, commi 11 e 21, del d.lgs. n. 285 del 1992;

che la difesa dello Stato ha eccepito la manifesta inammissibilità delle questioni sollevate, ritenendo che l’ordinanza di rimessione non contiene «un’adeguata descrizione dei fatti oggetto del giudizio a quo e neanche illustra le circostanze in fatto per le quali sarebbe stata comminata la sanzione pecuniaria principale e, in aggiunta, quella accessoria della decurtazione dei punti della patente»;

che l’eccezione è fondata;

che, invero, l’ordinanza di rimessione non contiene alcuna descrizione dei fatti oggetto del giudizio a quo e delle circostanze in presenza delle quali sarebbero state comminate le sanzioni;

che, per costante giurisprudenza costituzionale, l’omessa o insufficiente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo – non emendabile mediante la diretta lettura degli atti, preclusa dal principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione (ex plurimis, ordinanze n. 64 del 2019 e n. 185 del 2013) – determina la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, in quanto impedisce di verificare la sua effettiva rilevanza (da ultimo, ex plurimis, ordinanze n. 108 del 2020, n. 203 del 2019, n. 191 e n. 64 del 2018, n. 210 del 2017);

che, peraltro, l’ordinanza di rimessione è carente, come pure eccepito dalla difesa erariale, anche sotto il profilo delle argomentazioni addotte dal rimettente a sostegno della dedotta violazione degli artt. 3 e 42, secondo comma, Cost.;

che la giurisprudenza di questa Corte richiede, in ordine alla non manifesta infondatezza, che i parametri siano evocati in maniera non apodittica e generica e che siano specificati i motivi per cui si ritenga verificata la violazione delle norme costituzionali, a pena di manifesta inammissibilità delle questioni proposte (ex multis, ordinanze n. 159 del 2021 e n. 261 del 2012);

che tali omissioni compromettono irrimediabilmente l’iter logico argomentativo posto a fondamento delle censure sollevate, ciò che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ne preclude lo scrutinio, incidendo sull’ammissibilità delle questioni;

che i richiamati profili assorbono ogni ulteriore ragione di inammissibilità.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 11, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 176, commi 11 e 21, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 42, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice di pace di Nola, sezione prima, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 giugno 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Valeria EMMA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2024