ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 34, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace), promosso dal Giudice di pace di Spoleto nel procedimento penale a carico di C.C. con ordinanza del 19 luglio 2012, iscritta al n. 227 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2012.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 maggio 2013 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.
Ritenuto che il Giudice di Pace di Spoleto, con ordinanza del 19 luglio 2012, ha sollevato − in riferimento agli articoli 3, 101 e 111 della Costituzione − questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 34, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale, del giudice di pace), nella parte in cui prevede che: «Se è stata esercitata l’azione penale, la particolare tenuità del fatto può essere dichiarata con sentenza solo se l’imputato o la persona offesa non si oppongono»;
che, secondo il rimettente, dai precedenti commi dell’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000 emergerebbe l’intentio legis di ancorare l’estinzione dell’azione penale o del reato alla tenuità del fatto;
che sarebbe evidente che tale ratio non possa da un lato soffrire alcuna limitazione a seconda dello stato del procedimento e, dall’altro, non possa essere condizionata dal consenso delle parti nell’ultima fase del procedimento penale, ossia quando esso approda al dibattimento;
che, pertanto, la norma censurata si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza e dell’eguaglianza;
che l’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000 violerebbe anche l’art. 101 Cost., in quanto «il Giudice è soggetto solo alla legge e nel caso di specie alla “tenuità del fatto” che esclude che possa a sua volta essere limitata dal consenso delle parti»;
che la norma è denunciata come illegittima anche con riferimento all’art. 111 Cost., in quanto «l’attività giurisdizionale non può essere condizionata ugualmente dal consenso delle parti in violazione del principio della ragionevole durata del processo cui l’intera normativa sul Giudice di pace si ispira e in contrasto con la garanzia del giusto processo»;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata;
che l’Avvocatura dello Stato eccepisce, in primo luogo, l’inammissibilità della questione per difetto di motivazione in ordine alla rilevanza, mancando del tutto la descrizione della fattispecie concreta e, perfino, del reato per il quale si procede;
che, in secondo luogo, la difesa statale eccepisce l’inammissibilità della questione per difetto di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza, in quanto il rimettente si è limitato a riportare l’eccezione formulata dal legale dell’imputata e non ha adeguatamente motivato la violazione dei parametri evocati;
che, nel merito, la questione sarebbe comunque infondata, basandosi su un palese erroneo presupposto interpretativo;
che, infatti, non sarebbe corretta l’interpretazione del rimettente secondo la quale il comma 3 del citato art. 34 subordinerebbe al positivo “consenso” delle parti la possibilità di dichiarare con sentenza la particolare tenuità del fatto;
che, invece, secondo l’Avvocatura dello Stato, la norma non prevedrebbe alcuna esplicita manifestazione di volontà, dando rilievo, al contrario, solo alla mancata opposizione;
che, infine, non risulterebbero violati né l’art. 3 Cost., non potendosi riscontrare alcuna disparità di trattamento rispetto all’ipotesi disciplinata dal comma 2, tenuto conto dell’evidente differenza tra la fase del dibattimento e quella delle indagini preliminari, né l’art. 111 Cost., in quanto il principio di ragionevole durata del processo è posto a presidio dell’interesse delle parti alla sollecita definizione delle posizioni coinvolte e sono proprio quelle stesse parti che possono, manifestando l’opposizione, determinare la prosecuzione del giudizio, né l’art. 101 della Costituzione, posto che la pronuncia della sentenza che accerta la particolare tenuità del fatto non è affatto subordinata ad una positiva manifestazione di “consenso” delle parti, dovendo, al contrario, le stesse attivarsi al fine di impedirla;
Considerato che il Giudice di pace di Spoleto dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 101 e 111 della Costituzione, dell’art. 34, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace), nella parte in cui prevede che: «Se è stata esercitata l’azione penale, la particolare tenuità del fatto può essere dichiarata con sentenza solo se l’imputato o la persona offesa non si oppongono»;
che, in particolare, secondo il rimettente, la norma censurata violerebbe sia l’art. 3 Cost., essendo irragionevole condizionare l’estinzione dell’azione penale, nel caso ricorra la tenuità del fatto, anche al consenso delle parti, sia l’art. 101 Cost., poiché il Giudice è soggetto solo alla legge e, nel caso di specie, alla “tenuità del fatto” e non può essere limitato dal consenso delle parti, sia l’art. 111 Cost., in quanto l’attività giurisdizionale non può essere condizionata dal consenso delle parti in violazione del principio della ragionevole durata del processo, cui l’intera normativa sul Giudice di pace si ispira, e in contrasto con la garanzia del giusto processo;
che la questione è manifestamente inammissibile;
che l’ordinanza non contiene, infatti, alcuna motivazione in ordine alla rilevanza e difetta anche della descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo, neppure identificata nei suoi requisiti minimi;
che «l’omessa o insufficiente descrizione della fattispecie, non emendabile mediante la diretta lettura degli atti, impedita dal principio di autosufficienza dell’atto di rimessione, preclude il necessario controllo in punto di rilevanza (ex plurimis: ordinanze nn. 6 e 3 del 2011; nn. 343, 318 e 85 del 2010; nn. 211, 201 e 191 del 2009)» (sentenza n. 338 del 2011).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 34, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 101 e 111 della Costituzione, dal Giudice di pace di Spoleto con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 9 luglio 2013.