Ordinanza n. 152 del 2023

ORDINANZA N. 152

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA;

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 219, comma 3-bis (recte: comma 3-ter), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso dal Giudice di pace di Udine nel procedimento vertente tra V. A. e la Prefettura – UTG di Udine, con ordinanza del 15 giugno 2022, iscritta al n. 111 del registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2022.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 giugno 2023 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

deliberato nella camera di consiglio del 21 giugno 2023.

Ritenuto che, con ordinanza del 15 giugno 2022 (reg. ord. n. 111 del 2022), il Giudice di pace di Udine ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 219, comma 3-bis (recte: comma 3-ter), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui prevede che «[q]uando la revoca della patente di guida è disposta a seguito delle violazioni di cui agli articoli 186, 186-bis e 187, non è possibile conseguire una nuova patente di guida prima di tre anni a decorrere dalla data di accertamento del reato, fatto salvo quanto previsto dai commi 3-bis e 3-ter dell’articolo 222»;

che il giudice a quo riferisce che V. A. ha proposto ricorso per l’annullamento del provvedimento di revoca della patente di guida emesso dalla Prefettura – UTG di Udine a seguito della sentenza n. 699 del 2021, divenuta irrevocabile in data 29 giugno 2021, di estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza, conseguente all’esito positivo della messa alla prova disposta ai sensi dell’art. 464-septies del codice di procedura penale;

che il rimettente rileva, preliminarmente, che nella circolare del Ministero dell’interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, 9 novembre 2020, prot. n. 15224, secondo il parere reso dall’Avvocatura generale dello Stato, è riferito che «il termine triennale di cui all’art. 219 comma 3 ter Codice della Strada per conseguire nuovamente la patente di guida, decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che abbia accertato il reato»;

che il rimettente evidenzia, inoltre, che «nel caso di messa alla prova la sentenza è di estinzione del reato e non di accertamento» e che se «il legislatore avesse voluto ritenere che il termine per il conseguimento di una nuova patente di guida decorresse dalla irrevocabilità della sentenza avrebbe specificato tale decorrenza, come ad esempio nell’art. 224 C.d.S., dove si fa riferimento alla sentenza irrevocabile di condanna ed alla definitività del decreto penale di condanna»;

che il giudice a quo dubita, in riferimento all’art. 3 Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 219, comma 3-ter, cod. strada, ritenendo che l’interpretazione della detta disposizione, avvalorata dalla circolare del Ministero dell’interno n. 15224 del 2020, secondo cui il termine triennale per il conseguimento di una nuova patente di guida decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale, se riferita ad una sentenza di estinzione del reato conseguente all’esito positivo della messa alla prova, determini disparità di trattamento «a seconda della definizione del procedimento penale nei diversi Tribunali dello Stato» e per la «mancata indicazione del termine di decorrenza triennale nel provvedimento di revoca»;

che, con atto depositato il 2 novembre 2022, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile;

che nel suo intervento il Presidente del Consiglio dei ministri eccepisce che l’ordinanza di rimessione difetta della descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo e risulta assolutamente carente di motivazione in punto di rilevanza della questione, per cui ne andrebbe dichiarata senz’altro la manifesta inammissibilità;

che, inoltre, secondo l’Avvocatura, «il giudice a quo, non avendo prospettato l’impossibilità di interpretare la disposizione de qua in conformità alla Costituzione […], né avendo lamentato l’esistenza di una costante lettura della predetta disposizione in senso contrario alla Costituzione (il c.d. “diritto vivente”), si è limitato ad una richiesta di parere sulla conformità a Costituzione dell’interpretazione prospettata nell’ordinanza di rimessione», il che determinerebbe, anche sotto questo profilo, l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale.

Considerato che il Giudice di pace di Udine dubita, con riferimento all’art. 3 Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 219, comma 3-ter, cod. strada;

che la norma censurata stabilisce che «[q]uando la revoca della patente di guida è disposta a seguito delle violazioni di cui agli articoli 186, 186-bis e 187, non è possibile conseguire una nuova patente di guida prima di tre anni a decorrere dalla data di accertamento del reato, fatto salvo quanto previsto dai commi 3-bis e 3-ter dell’articolo 222»;

che, secondo il rimettente, la detta norma, se interpretata, ai fini della decorrenza del termine triennale, come facente riferimento, nel caso di sentenza di estinzione del reato per l’esito positivo della messa alla prova ai sensi dell’art. 464-septies cod. proc. pen., alla data di passaggio in giudicato della sentenza, si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., determinando disparità di trattamento «a seconda della definizione del procedimento penale nei diversi Tribunali dello Stato» e per la «mancata indicazione del termine di decorrenza triennale nel provvedimento di revoca»;

che – conformemente a quanto eccepito dall’Avvocatura generale dello Stato – il giudice a quo ha omesso di descrivere compiutamente la fattispecie concreta sottoposta al suo giudizio, limitandosi a rappresentare che il provvedimento di revoca della patente è stato emesso a seguito della sentenza di estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza per messa alla prova, divenuta irrevocabile in data 29 giugno 2021, e che nel predetto provvedimento non è stabilito il termine da cui decorre il triennio per il conseguimento della nuova patente di guida;

che il rimettente non ha fornito alcuna motivazione, anche alla luce degli specifici motivi di impugnazione proposti nel ricorso, in ordine alla rilevanza della questione concernente la decorrenza del termine triennale per ottenere la nuova patente in un giudizio, instaurato allo scopo di ottenere l’annullamento del provvedimento di revoca;

che l’insufficiente descrizione della fattispecie concreta impedisce a questa Corte la necessaria verifica della rilevanza della questione, affermata dal rimettente in termini meramente astratti e apodittici;

che, inoltre, l’ordinanza di rimessione muove anche da una incompleta ricostruzione del complessivo quadro giurisprudenziale, non considerando in alcun modo quell’orientamento secondo cui dai «tre anni previsti dall’art. 219, comma 3 ter, del Codice della Strada va scomputato l’eventuale periodo di sospensione della patente che ha preceduto la revoca (in termini, Cons. Stato, Sez. V, 27 dicembre 2022, n. 11323; si vedano anche Cons. Stato, Sez. III, 24 aprile 2018, n. 2465; Cons. Stato, Sez. III, 6 giugno 2016, n. 2416)» (così, Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 22 maggio 2023, n. 5027);

che le rilevate manchevolezze dell’ordinanza di rimessione compromettono irrimediabilmente il percorso argomentativo e comportano, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, ordinanze n. 99 del 2013, n. 314 e n. 268 del 2012), la manifesta inammissibilità della questione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 11, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 219, comma 3-ter, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice di pace di Udine, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Valeria EMMA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2023