ORDINANZA N. 22
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Silvana SCIARRA;
Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 83 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, sezione prima, nel procedimento vertente tra Cartiere Villa Lagarina spa e il Comune di Mantova e altri, con ordinanza del 6 aprile 2022, iscritta al n. 53 del registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Visti l’atto di costituzione di Cartiere Villa Lagarina spa, nonché l’atto di intervento della Regione Lombardia;
udita nell’udienza pubblica del 24 gennaio 2023 la Giudice relatrice Daria de Pretis;
uditi gli avvocati Vincenzo Pellegrini per Cartiere Villa Lagarina spa, Alessandra Zimmitti e Piera Pujatti per la Regione Lombardia;
deliberato nella camera di consiglio del 24 gennaio 2023.
Ritenuto che, con ordinanza del 6 aprile 2022 (reg. ord. n. 53 del 2022), il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, sezione prima, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione agli artt. 146 e 167, comma 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137);
che il rimettente premette che Cartiere Villa Lagarina spa è proprietaria di un complesso industriale, noto come «Cartiera ex Burgo», ubicato nel Comune di Mantova, in un’area in parte assoggettata a vincolo paesaggistico;
che, dopo l’acquisto del complesso e al fine di riavviare l’attività produttiva, la società in parola ha realizzato una serie di opere di demolizione e di costruzione di nuovi impianti di depurazione, in assenza – secondo il Comune di Mantova – del titolo edilizio e dell’autorizzazione paesaggistica;
che, contro l’ordinanza di demolizione emessa dal Comune, Cartiere Villa Lagarina spa ha proposto ricorso al TAR Lombardia, che lo ha respinto con la sentenza 3 novembre 2021, n. 911;
che, in pendenza di quest’ultimo giudizio, la società, pur dichiarando di non voler prestare acquiescenza al provvedimento impugnato, ha presentato, per le suddette opere di demolizione e di costruzione, istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)», e istanza di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 cod. beni culturali;
che la domanda è stata accolta e di conseguenza il Comune di Mantova ha intimato alla ricorrente nel giudizio a quo di pagare a titolo di sanzione pecuniaria la somma di euro 318.048,79, determinata in base alla perizia di stima allegata all’ordinanza di intimazione;
che, con il ricorso introduttivo del giudizio a quo, Cartiere Villa Lagarina spa ha impugnato il provvedimento di quantificazione della sanzione pecuniaria e la presupposta perizia di stima, chiedendone l’annullamento, in tutto o in parte, unitamente all’accertamento dell’entità della sanzione applicabile nella misura di euro 141.380,84, ovvero nella diversa somma stabilita in corso di causa, e la condanna del Comune alla restituzione di quanto pagato in eccesso;
che Cartiere Villa Lagarina spa ha dedotto due gruppi di motivi di illegittimità dell’atto impugnato: il primo concernente la mancata comunicazione di avvio del procedimento; il secondo relativo all’errore in cui sarebbe incorso il Comune, che, nel quantificare la sanzione pecuniaria, avrebbe considerato anche le opere di scavo e le fondazioni interrate, che non dovevano essere sanate in quanto già implicitamente assentite sotto il profilo paesaggistico;
che il rimettente riferisce altresì che, in occasione dell’udienza pubblica del 13 ottobre 2021, la ricorrente ha eccepito, per la prima volta, l’illegittimità costituzionale dell’art. 83 della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, applicato, nel testo attualmente in vigore, dall’amministrazione ai fini della determinazione della sanzione pecuniaria;
che, dopo aver respinto sia le censure contenute nel ricorso principale in quanto non fondate, sia le doglianze contenute nella memoria in quanto inammissibili, il TAR Lombardia ha rimesso la causa sul ruolo della pubblica udienza al fine di consentire «il pieno dispiegarsi del contraddittorio processuale sulla questione di costituzionalità, contraddittorio indubbiamente sacrificato dai modi e dai tempi della proposizione della questione medesima»;
che, all’esito del contradditorio sul punto, il TAR ha ritenuto di dover sollevare la questione di legittimità costituzionale prospettata da Cartiere Villa Lagarina spa, sia pure con riferimento solo al parametro dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., rispetto ai plurimi indicati da quest’ultima (artt. 3, 23, 25, secondo comma, 117, secondo comma, lettere l, m ed s, e 118 Cost.);
che, in punto di rilevanza, il rimettente sottolinea che nel caso di specie la sanzione pecuniaria irrogata è stata determinata facendo applicazione sia dell’art. 167 cod. beni culturali, sia dell’art. 83 della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005;
che, in particolare, la sanzione sarebbe stata quantificata sulla base di una perizia di stima che ha determinato il costo teorico di realizzazione delle opere e dei lavori abusivi alla stregua di quanto prevede la norma regionale censurata;
che, mentre l’art. 167, comma 5, terzo periodo, cod. beni culturali utilizza quali parametri per la determinazione della sanzione «il danno arrecato» e «il profitto conseguito mediante la trasgressione», l’art. 83 della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005 fa riferimento anche al «costo teorico di realizzazione delle opere e/o lavori abusivi»;
che l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 83 della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005 «determinerebbe l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio che ne ha fatto applicazione e dunque l’accoglimento del ricorso con riferimento a questo unico profilo»;
che, secondo il TAR rimettente, non costituirebbe ostacolo alla rilevanza della questione la circostanza che la stessa non sia stata oggetto di uno specifico e tempestivo motivo di impugnazione del provvedimento sanzionatorio gravato, giacché la questione di legittimità costituzionale ben può essere sollevata d’ufficio dal giudice;
che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il rimettente ritiene che la disciplina delle sanzioni amministrative previste per il caso di inosservanza della disciplina contenuta nella Parte terza del codice dei beni culturali e del paesaggio sia da ascrivere alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto rientrante nella materia «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali»;
che non sarebbe condivisibile, dunque, la tesi della difesa del Comune di Mantova, secondo cui la disciplina in esame ricadrebbe nella competenza legislativa esclusiva delle regioni ai sensi del quarto comma dell’art. 117 Cost. o in quella concorrente in materia di «valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali», di cui al terzo comma del medesimo art. 117 Cost.;
che, aggiunge il TAR Lombardia, «l’apparato sanzionatorio previsto per un determinato settore dell’ordinamento, lungi dal costituire una materia a sé stante, accede piuttosto alla disciplina sostanziale il cui rispetto intende assicurare», con la conseguenza che la definizione del regime sanzionatorio spetta al medesimo soggetto «nella cui sfera di competenza rientra la disciplina la cui inosservanza costituisce l’atto sanzionabile» (sentenza di questa Corte n. 148 del 2018; sono, altresì, richiamate le precedenti sentenze n. 90 del 2013, n. 240 del 2007, n. 384 del 2005 e n. 12 del 2004);
che, secondo il rimettente, la disciplina di cui alla Parte terza del codice dei beni culturali e del paesaggio perseguirebbe «scopi di conservazione dei beni paesaggistici, in quanto vieta espressamente qualsivoglia intervento che li distrugga o li pregiudichi»;
che al medesimo scopo di tutela sarebbero preordinate le sanzioni (sia ripristinatorie, sia pecuniarie) previste per la violazione della disciplina contenuta nella Parte terza del predetto codice, in quanto dirette a scoraggiare interventi su aree paesaggisticamente tutelate prima che l’autorità amministrativa si sia pronunciata sui relativi progetti;
che pertanto, rientrando la disciplina delle sanzioni per la violazione dell’art. 146 cod. beni culturali nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, sarebbe precluso alle regioni di introdurre sanzioni ulteriori o diverse rispetto a quelle contenute nella legge statale, con la conseguenza che l’art. 83 della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, il quale prevede una disciplina sanzionatoria difforme in un ambito riservato alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.;
che la Regione Lombardia è intervenuta in giudizio chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata;
che preliminarmente, secondo la difesa regionale, la questione sarebbe inammissibile in quanto irrilevante al fine della definizione del giudizio a quo, poiché nel caso di specie sarebbe in discussione la quantificazione della sanzione amministrativa, «che ben può trovare soluzione indipendentemente dall’applicazione della normativa regionale»;
che, in particolare, il rimettente non avrebbe fornito alcun elemento idoneo a ricostruire né il procedimento amministrativo avviato dal Comune di Mantova per calcolare il quantum dovuto dalla società ricorrente per gli interventi abusivi oggetto di accertamento postumo, né la valutazione tecnica posta a base della perizia di stima, limitandosi piuttosto a «indicare i diversi criteri adottati e gli esiti dell’applicazione di tali criteri raggiunti nelle rispettive valutazioni»;
che, inoltre, il TAR rimettente non avrebbe reso noti gli elementi posti a base delle differenti quantificazioni, mancando in particolare l’indicazione della base di calcolo;
che, in definitiva, non si comprenderebbe il nesso asseritamente esistente tra la norma censurata e il procedimento sottoposto alla cognizione del TAR rimettente;
che, nel merito, la Regione richiama il contenuto del comma 5, terzo periodo, dell’art. 167 cod. beni culturali e sottolinea come il testo originario (diverso da quello censurato) dell’art. 83 della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005 disponesse che «[l]’applicazione della sanzione pecuniaria, prevista dall’articolo 167 del D.Lgs. 42/2004, in alternativa alla rimessione in pristino, è obbligatoria anche nell’ipotesi di assenza di danno ambientale e, in tal caso, deve essere quantificata in relazione al profitto conseguito e, comunque, in misura non inferiore a cinquecento euro»;
che, secondo la difesa regionale, tale norma regionale sarebbe stata introdotta per superare le difficoltà applicative sorte in relazione a opere abusive che non arrecavano alcun danno e dalle quali non derivava alcun profitto per il trasgressore;
che, pertanto, la norma regionale non si sarebbe sovrapposta a quella statale, ma ne avrebbe colmato una lacuna che ne vanificava l’applicazione;
che, successivamente, l’art. 27 della legge della Regione Lombardia 4 dicembre 2018, n. 17 (Legge di revisione normativa e di semplificazione 2018) ha ridefinito i parametri per il calcolo della sanzione paesaggistica, modificando l’art. 83 della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005 nella versione oggetto delle odierne censure;
che, quanto all’asserita ascrivibilità della disciplina del potere sanzionatorio a tutela del paesaggio alla competenza legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., la giurisprudenza di questa Corte non escluderebbe la possibilità per il legislatore regionale di assumere tra i propri scopi anche finalità di tutela del bene paesaggistico, qualora siffatte prescrizioni elevino il livello di tutela ambientale previsto dal legislatore statale;
che siffatta ipotesi si verificherebbe nel presente giudizio in quanto la norma regionale censurata non si porrebbe «in posizione antagonistica rispetto alla disciplina dello Stato, ma in funzione di una salvaguardia aggiuntiva»; di conseguenza, non si avrebbe una diminuzione di tutela, bensì «un ulteriore incentivo a comportamenti virtuosi»;
che, per le ragioni sopra esposte, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005 non sarebbe fondata;
che anche Cartiere Villa Lagarina spa è intervenuta in giudizio chiedendo l’accoglimento della questione;
che, secondo la difesa della parte, la quantificazione della sanzione, introdotta dalla norma regionale censurata, sarebbe «del tutto estranea» ai principi contenuti nella norma statale e «soprattutto del tutto svincolata da qualsivoglia relazione con l’interesse leso e con la finalità perseguita dagli artt. 146 e 167 D.Lgs. 42/2004»;
che la quantificazione operata dalla norma regionale violerebbe dunque la disciplina statale, in quanto, prescindendo da una perizia di stima del profitto, introdurrebbe «una quantificazione forfettaria del tutto sproporzionata e priva di qualsivoglia relazione con il concetto di “profitto”»;
che, in prossimità dell’udienza, la Regione Lombardia ha depositato una memoria nella quale, oltre a ribadire gli argomenti già illustrati nell’atto di intervento, sottolinea che, nel caso di specie, per giungere alla declaratoria di illegittimità costituzionale della norma censurata occorrerebbe dimostrare che quest’ultima non garantisce livelli di tutela ambientale pari o superiori a quelli assicurati dalla normativa statale;
che anche Cartiere Villa Lagarina spa ha depositato una memoria nella quale insiste nella sua richiesta di accoglimento della questione, sottolineando come sia priva di pregio l’eccezione di inammissibilità per difetto di rilevanza sollevata dalla Regione Lombardia; il rimettente avrebbe, infatti, chiarito in termini puntuali che la perizia di stima disposta dal Comune di Mantova ha preso in considerazione esclusivamente il costo teorico delle opere abusive, ossia un parametro di calcolo non previsto dalla legge statale ma solo da quella regionale;
che, nel merito, la difesa dell’interveniente contesta in quanto erronea l’affermazione della Regione per cui l’autorità amministrativa preposta alla gestione del vincolo potrebbe irrogare – secondo quanto ritenuto più opportuno nell’interesse della protezione dei beni – la sanzione della riduzione in pristino o quella pecuniaria;
che sarebbe chiara la competenza legislativa esclusiva statale in tema di determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 167, comma 5, cod. beni culturali, non residuando, pertanto, alcuno spazio in capo alle regioni per l’introduzione di una disciplina sanzionatoria integrativa e diversa rispetto a quella contenuta nelle norme statali.
Considerato che, con ordinanza del 6 aprile 2022 (reg. ord. n. 53 del 2022), il TAR Lombardia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione agli artt. 146 e 167, comma 5, cod. beni culturali;
che il giudizio a quo è sorto a seguito di ricorso proposto da Cartiere Villa Lagarina spa contro il Comune di Mantova e il Ministero per i beni e le attività culturali – Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Cremona, Lodi e Mantova, per ottenere l’annullamento, in tutto o in parte, dell’ordinanza del Comune di Mantova avente ad oggetto «Provvedimento sanzionatorio di natura pecuniaria (art. 167 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42)», e della presupposta perizia di stima per la determinazione della suddetta sanzione pecuniaria, oltre all’accertamento dell’entità della sanzione applicabile nel caso in esame e alla condanna del Comune alla restituzione del maggior importo versato;
che nella pubblica udienza fissata per la trattazione del merito è stata sollevata dalla società ricorrente l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 83 della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005;
che all’esito dell’udienza lo stesso TAR rimettente ha emesso sentenza non definitiva 4 novembre 2021, n. 913, con la quale «ha respinto, siccome infondate le censure contenute nel ricorso principale, e siccome inammissibili in quanto tardive e irrituali le doglianze contenute nella memoria depositata in data 21 maggio 2021»;
che, con la medesima sentenza non definitiva, il giudice ha rimesso la causa sul ruolo della pubblica udienza, solo per consentire il pieno dispiegarsi del contraddittorio sulla questione di legittimità costituzionale;
che all’esito di quest’ultima, svoltasi il 9 febbraio 2022, il giudice amministrativo ha sollevato l’odierna questione di legittimità costituzionale;
che, secondo quanto il giudice a quo espone nell’ordinanza, lo stesso ha già deciso i due unici motivi di ricorso, respingendoli entrambi, con la conseguenza che, all’atto della rimessione della questione, la sua potestas iudicandi si era già esaurita (tra le più recenti, sentenza n. 261 del 2021; ma anche sentenze n. 3 del 2023, n. 264 del 2022, n. 248 del 2021, n. 137 del 2020 e n. 76 del 2019);
che, di conseguenza, la sollevata questione non presenta rilievo ai fini della definizione della controversia, non residuando in capo al rimettente alcuno spazio di decisione, nel cui ambito soltanto potrebbe trovare applicazione la norma della cui legittimità costituzionale il giudice stesso dubita;
che, per tale ragione, la sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005 difetta del presupposto della rilevanza, onde ne deve essere dichiarata l’inammissibilità.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), sollevata – in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione agli artt. 146 e 167, comma 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) – dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, sezione prima, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 2023.
F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Daria de PRETIS, Redattrice
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 14 febbraio 2023.