SENTENZA N. 7
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Daria de PRETIS
Giudici Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 65, della legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n. 5, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Regione Campania (Legge finanziaria regionale 2013)», promosso dalla Corte d’appello di Napoli, sezione quinta penale, nel procedimento penale a carico di E. D.P. e altra, con ordinanza del 24 febbraio 2020, iscritta al n. 210 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Udita nella camera di consiglio del 23 novembre 2022 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;
deliberato nella camera di consiglio del 23 novembre 2022.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza depositata il 24 febbraio 2020 e iscritta al n. 210 del registro ordinanze 2021, la Corte d’appello di Napoli, sezione quinta penale, ha sollevato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 65, della legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n. 5, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Regione Campania (Legge finanziaria regionale 2013)».
Il rimettente censura tale norma nella parte in cui «prevede che gli immobili acquisiti al patrimonio comunale possano essere destinati prioritariamente ad alloggi di edilizia residenziale pubblica e sociale e che i Comuni stabiliscono, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione e nel rispetto delle norme vigenti in materia di housing sociale di edilizia pubblica riguardanti i criteri di assegnazione degli alloggi, i criteri di assegnazione degli immobili in questione, riconoscendo precedenza a coloro che, al tempo dell’acquisizione, occupavano il cespite, previa verifica che gli stessi non dispongono di altra idonea soluzione abitativa, nonché procedure di un piano di dismissione degli stessi».
2.– In punto di fatto, il giudice a quo riferisce che, in sede di incidente di esecuzione, E. D.P. e S. V. domandavano la revoca o la sospensione dell’esecuzione di un ordine giudiziale di demolizione di opere edili realizzate in assenza dei prescritti titoli abilitativi nel Comune di Napoli. All’ordine, disposto dalla stessa Corte d’appello rimettente, con una sentenza di parziale riforma della pronuncia del 22 novembre 1999 del Tribunale ordinario di Torre Annunziata – sezione distaccata di Sorrento, era seguita l’ingiunzione di demolizione emessa dal Procuratore generale presso la citata Corte d’appello.
2.1.– Secondo quanto riporta il rimettente, con l’incidente di esecuzione E. D.P. e S. V. facevano valere un triplice ordine di argomentazioni.
In primo luogo, sostenevano che l’ingiunzione giudiziale di demolizione, successiva ad altri due analoghi provvedimenti emanati dal Comune interessato, si ponesse in contrasto con il principio del ne bis in idem «in relazione agli effetti prodotti nell’ordinamento interno dalla sentenza della C.E.D.U. Grande Stevens ed altri c. Italia», con conseguente violazione del principio del giusto processo e dell’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Per tale ragione, E. D.P. e S. V. domandavano che venisse sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 cod. proc. pen.
In secondo luogo, sempre le istanti adducevano che l’ordine di demolizione fosse incompatibile con successivi provvedimenti adottati dal Comune interessato.
Questi aveva, dapprima, disposto l’acquisizione al patrimonio dell’ente delle opere abusive e della relativa area di sedime, per inottemperanza ai provvedimenti di demolizione. Di seguito, in attuazione della legge reg. Campania n. 5 del 2013, aveva approvato il «regolamento contenente l’indicazione dei criteri di assegnazione degli immobili acquisiti al patrimonio comunale per finalità di “social housing”». Infine, sulla base della citata legge e del relativo regolamento di attuazione, aveva dichiarato «il “prevalente interesse pubblico” all’acquisizione conservativa del bene in oggetto al patrimonio comunale», ai sensi dell’art. 31, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (testo A)», per «destinarlo ad attività di “edilizia residenziale sociale”».
Da ultimo, sempre secondo quanto riferisce il rimettente, le istanti adducevano che l’ordine di demolizione sarebbe stato avviato in violazione dei criteri di priorità individuati dal Procuratore generale presso la Corte d’appello di Napoli con provvedimento del 10 dicembre 2015, criteri «finalizzati alla più razionale individuazione degli immobili da demolire esistenti nel territorio del Distretto».
2.2.– Così ricostruite le domande fatte valere nel giudizio a quo, il rimettente chiarisce di non poter condividere il primo argomento e di dover, pertanto, escludere che sussistano i presupposti per «sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. prospettata dalla difesa».
3.– Per converso, la Corte d’appello di Napoli si sofferma sulla seconda motivazione fatta valere dalle istanti, esaminando la quale ritiene di dover sollevare una diversa questione di legittimità costituzionale concernente l’art. 1, comma 65, della legge reg. Campania n. 5 del 2013.
3.1.– Il rimettente espone, infatti, che la delibera con la quale il Comune interessato ha dichiarato il «prevalente interesse pubblico» all’acquisizione conservativa del manufatto abusivo al patrimonio comunale, per destinarlo ad attività di «edilizia residenziale sociale», sarebbe stata assunta sul fondamento della legge reg. Campania n. 5 del 2013 e del relativo regolamento. Quest’ultimo, in particolare, in attuazione dell’art. 1, comma 65, della citata legge, stabilisce i criteri di assegnazione degli alloggi di residenza sociale, «riconoscendo precedenza a coloro che, al tempo dell’acquisizione, occupavano il cespite, previa verifica che gli stessi non dispongono di altra idonea soluzione abitativa».
3.2.– Secondo il rimettente, l’art. 1, comma 65, sarebbe «sostanzialmente sovrapponibile» all’art. 2, comma 2, lettera c), della legge della Regione Campania 22 giugno 2017, n. 19 (Misure di semplificazione e linee guida di supporto ai Comuni in materia di governo del territorio), già dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 140 del 2018 di questa Corte «per violazione dell’art. 117, co. 3 Cost.». Tale disposizione prevedeva, in particolare, che «i Comuni, nell’ambito delle proprie competenze, possono avvalersi delle linee guida di cui al presente articolo per approvare, in conformità e nel rispetto della normativa nazionale vigente in materia, atti regolamentari e d’indirizzo riguardanti», tra l’altro, «la regolamentazione della locazione e alienazione degli immobili acquisiti al patrimonio comunale per inottemperanza all’ordine di demolizione, anche con preferenza per gli occupanti per necessità al fine di garantire un alloggio adeguato alla composizione del relativo nucleo familiare» (art. 2, comma 2, lettera c, della legge reg. Campania n. 19 del 2017).
Il giudice a quo riprende le motivazioni addotte, nell’impugnazione della citata disposizione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, il quale lamentava che, «a fronte di una disciplina statale in base alla quale la demolizione degli immobili abusivi acquisiti al patrimonio del Comune “costituisce la doverosa risposta sanzionatoria per reprimere l’illecito”», l’art. 2, comma 2, lettera c), della legge reg. Campania n. 19 del 2017 comportava, viceversa, che «il bene, una volta acquisito al patrimonio comunale, non [venisse] demolito, ma assegnato, sulla base di una apposita procedura, agli stessi occupanti, a prescindere che questi [fossero] anche gli autori dell’illecito».
Ebbene, a giudizio della Corte d’appello di Napoli, la medesima contestazione può riferirsi all’art. 1, comma 65, della legge reg. Campania n. 5 del 2013, oggetto dell’odierna censura, in quanto tale disposizione «prevede, a chiusura dell’intero procedimento sanzionatorio, la possibilità di riconoscere “precedenza a coloro che, al tempo dell’acquisizione, occupavano il cespite, previa verifica che gli stessi non dispongano di altra idonea soluzione abitativa”».
Riscontrata, dunque, la «sostanziale corrispondenza» della norma censurata con quella già dichiarata costituzionalmente illegittima, il rimettente esclude nondimeno la possibilità di estendere gli effetti ablatori di cui alla citata sentenza n. 140 del 2018.
Di conseguenza, solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 65, della legge reg. Campania n. 5 del 2013, in quanto disposizione tuttora vigente, riferendo la censura alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
3.3.– Così motivata la non manifesta infondatezza, il rimettente ravvisa, altresì, la rilevanza della questione, sostenendo che la «eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale» della norma censurata «imporrebbe la disapplicazione dei provvedimenti comunali che hanno condotto all’acquisizione al patrimonio dell’Ente delle opere abusive di che trattasi e sulle quali pende l’ordine di demolizione della cui esecuzione si dibatte nel presente procedimento».
Considerato in diritto
1.– Con ordinanza depositata il 24 febbraio 2020 e iscritta al n. 210 del registro ordinanze 2021, la Corte d’appello di Napoli, sezione quinta penale, ha sollevato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 65, della legge reg. Campania n. 5 del 2013, nella parte in cui «prevede che gli immobili acquisiti al patrimonio comunale possano essere destinati prioritariamente ad alloggi di edilizia residenziale pubblica e sociale e che i Comuni stabiliscono, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione e nel rispetto delle norme vigenti in materia di housing sociale di edilizia pubblica riguardanti i criteri di assegnazione degli alloggi, i criteri di assegnazione degli immobili in questione, riconoscendo precedenza a coloro che, al tempo dell’acquisizione, occupavano il cespite, previa verifica che gli stessi non dispongono di altra idonea soluzione abitativa, nonché procedure di un piano di dismissione degli stessi».
2.– Il giudice rimettente riferisce di essere stato investito della domanda di revoca o di sospensione dell’ordine giudiziale di demolizione di opere edili, realizzate in assenza dei prescritti titoli abilitativi nel Comune di Napoli, sul presupposto che tale ordine fosse incompatibile con successivi provvedimenti emanati dal Comune citato.
Quest’ultimo aveva, dapprima, adottato la determina di acquisizione al patrimonio dell’ente delle opere abusive, nonché la delibera di approvazione del regolamento previsto dalla legge reg. Campania n. 5 del 2013. Di seguito, aveva dichiarato il «“prevalente interesse pubblico” all’acquisizione conservativa del bene in oggetto al patrimonio comunale, ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/20001, per destinarlo ad attività di “edilizia residenziale sociale”», sul fondamento della citata legge reg. Campania n. 5 del 2013 e del relativo regolamento di attuazione, emanato ai sensi dell’art. 1, comma 65, censurato nell’odierno giudizio. Tale norma, in particolare, dispone che il regolamento attuativo della legge preveda i criteri di assegnazione degli immobili, dando precedenza a coloro che, al tempo dell’acquisizione, occupavano il cespite, previa verifica che gli stessi non dispongano di altra idonea soluzione abitativa.
2.1.– In punto di rilevanza, secondo il rimettente, l’«eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale» della norma censurata «imporrebbe la disapplicazione dei provvedimenti comunali che hanno condotto all’acquisizione al patrimonio dell’Ente delle opere abusive di che trattasi e sulle quali pende l’ordine di demolizione della cui esecuzione si dibatte nel presente procedimento».
2.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo asserisce la «sostanziale corrispondenza» fra il contenuto precettivo della norma censurata e quanto disposto dall’art. 2, comma 2, lettera c), della legge reg. Campania n. 19 del 2017, previsione già dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 140 del 2018 di questa Corte.
Evocando tale corrispondenza, il rimettente ravvisa «lo stesso profilo di illegittimità costituzionale», rilevato nei riguardi della citata disposizione del 2017, e lo individua nella violazione della «competenza esclusiva statale ex art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione», sulla base della quale solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 65, della legge reg. Campania n. 5 del 2013.
3.– In via preliminare è necessario esaminare d’ufficio il profilo di inammissibilità relativo all’incongruenza del parametro, sul cui fondamento è stata promossa la citata questione.
La disposizione censurata è dettata in materia di interventi edilizi «abusivi» e, in particolare, disciplina la possibile conservazione dell’immobile e la sua destinazione. Il contenuto stesso della norma evoca, dunque, un «insegnamento costante di questa Corte secondo cui l’urbanistica e l’edilizia vanno ricondotte alla materia “governo del territorio”, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.» (sentenza n. 68 del 2018; nello stesso senso, ex plurimis, sentenze n. 217 del 2022, n. 86 del 2019, n. 140 del 2018, n. 84 del 2017 e n. 233 del 2015). In tale «materia di legislazione concorrente […] lo Stato ha il potere di fissare i principi fondamentali, mentre spetta alle Regioni il potere di emanare la normativa di dettaglio» (sentenza n. 84 del 2017; nello stesso senso, ex plurimis, sentenza n. 233 del 2015).
È, pertanto, di palmare evidenza che il parametro sulla base del quale il giudice rimettente ha sollevato l’odierna questione di legittimità costituzionale – la competenza legislativa statale esclusiva in materia di «tutela dell’ambiente», ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. – non è conferente rispetto all’ambito cui è ascrivibile la disposizione censurata.
Non a caso, benché il rimettente affermi di sollevare la questione di legittimità costituzionale relativamente al medesimo profilo già censurato rispetto all’art. 2, comma 2, lettera c), della legge reg. Campania n. 19 del 2017, tale assunto risulta, a ben vedere, non corretto. La sentenza n. 140 del 2018 di questa Corte non ha, infatti, accolto la questione di legittimità costituzionale con riguardo alla competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, bensì ha dichiarato costituzionalmente illegittima la citata disposizione, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., relativamente ai principi fondamentali stabiliti dall’art. 31, commi da 3 a 6, t.u. edilizia, con riguardo alla materia concorrente «governo del territorio».
Di conseguenza, l’inesatta individuazione del parametro, rispetto al quale il rimettente ha promosso la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 65, della legge reg. Campania n. 5 del 2013, non può non condurre a rilevare l’inammissibilità della censura.
4.– Ancor prima, sempre in rito, non può tacersi il carattere contraddittorio e inadeguato della motivazione relativa alla rilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata.
Il rimettente, dapprima, afferma di essere investito della questione in sede di incidente di esecuzione, a partire dalla domanda di annullamento o sospensione di un ordine giudiziale di demolizione, il cui fondamento nell’ordinanza di rimessione si radica nella dichiarazione di interesse pubblico all’acquisizione conservativa del bene, a sua volta, supportata dalla legge reg. Campania n. 5 del 2013 e dal relativo regolamento, emanato in attuazione della norma censurata.
Di seguito, viceversa, ritiene che la questione sia rilevante, in quanto la «eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale» della norma censurata «imporrebbe la disapplicazione dei provvedimenti comunali che hanno condotto all’acquisizione al patrimonio dell’Ente delle opere abusive di che trattasi e sulle quali pende l’ordine di demolizione della cui esecuzione si dibatte nel presente procedimento».
Sennonché, è manifestamente erroneo l’assunto che giustifica la rilevanza della questione con riguardo alla possibile rimozione del provvedimento di acquisizione al patrimonio del Comune delle opere abusive. Tale acquisizione, infatti, da un lato, è fondata su presupposti del tutto indipendenti dalla disciplina impugnata; da un altro lato, e soprattutto, è imprescindibile proprio per conseguire l’obiettivo auspicato dalle istanti, vale a dire la declaratoria di pubblico interesse con destinazione dell’immobile abusivo al social housing.
5.– In conclusione, stante la evidente incongruenza del parametro sulla base del quale il rimettente ha radicato la sua censura, cui si aggiunge il carattere contraddittorio e inadeguato della motivazione sulla rilevanza, la questione deve ritenersi inammissibile.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 65, della legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n. 5, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Regione Campania (Legge finanziaria regionale 2013)», sollevata, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dalla Corte d’appello di Napoli, sezione quinta penale, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 novembre 2022.
F.to:
Daria de PRETIS, Presidente
Emanuela NAVARRETTA, Redattrice
Valeria EMMA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 gennaio 2023.