SENTENZA N. 58
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giuliano AMATO;
Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di ammissibilità, ai sensi dell’art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1 (Norme integrative della Costituzione concernenti la Corte costituzionale), della richiesta di referendum popolare per l’abrogazione delle seguenti disposizioni:
- a) art. 192, comma 6, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) e successive modificazioni e integrazioni, limitatamente alle parole «, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del consiglio superiore della magistratura»;
- b) art. 18, comma 3, della legge 4 gennaio 1963, n. 1 (Disposizioni per l’aumento degli organici della Magistratura e per le promozioni) nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate;
- c) art. 23, comma 1, del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, recante «Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n. 150» nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alle parole: «nonché per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa»;
- d) art. 11, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, recante «Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150», limitatamente alle parole: «riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti»;
- e) art. 13 del lgs. n. 160 del 2006, riguardo alla rubrica del medesimo limitatamente alle parole: «e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa» e ai commi 1, limitatamente alle parole: «il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti,», 3, 4, 5 e 6;
- f) art. 3, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009 n. 193 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), convertito, con modificazioni, in legge 22 febbraio 2010, n. 24, limitatamente alle parole: «Il trasferimento d’ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, previsto dall’articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160», giudizio iscritto al n. 175 del registro referendum.
Vista l’ordinanza del 29 novembre 2021, depositata in data 30 novembre 2021, con la quale l’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato conforme a legge la richiesta;
udito nella camera di consiglio del 15 febbraio 2021 il giudice relatore Nicolò Zanon;
uditi gli avvocati Sonia Sau per la Regione autonoma Sardegna e Giovanni Guzzetta per i delegati dei Consigli regionali delle Regioni Lombardia, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Liguria, Sicilia, Umbria, Veneto e Piemonte;
deliberato nella camera di consiglio del 16 febbraio 2022.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 29 novembre 2021, depositata il 1° dicembre 2021, l’Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, ha dichiarato conforme alle disposizioni di legge la richiesta di referendum popolare abrogativo, promossa dai Consigli regionali delle Regioni Lombardia, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Liguria, Sicilia, Umbria, Veneto e Piemonte sul seguente quesito:
«Volete voi che siano abrogati:
l’“Ordinamento giudiziario” approvato con Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 192, comma 6, limitatamente alle parole: “, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del consiglio superiore della magistratura”; la Legge 4 gennaio 1963, n. 1 (Disposizioni per l’aumento degli organici della Magistratura e per le promozioni), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 18, comma 3: “La Commissione di scrutinio dichiara, per ciascun magistrato scrutinato, se è idoneo a funzioni direttive, se è idoneo alle funzioni giudicanti o alle requirenti o ad entrambe, ovvero alle une a preferenza delle altre”; il Decreto Legislativo 30 gennaio 2006, n. 26 (Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n. 150), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 23, comma 1, limitatamente alle parole: “nonché per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa”; il Decreto Legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, in particolare dall’art. 2, comma 4 della l. 30 luglio 2007, n. 111 e dall’art. 3-bis, comma 4 lett. b) del Decreto-Legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito con modificazioni dalla L. 22 febbraio 2010, n. 24, limitatamente alle seguenti parti: art. 11, comma 2, limitatamente alle parole: “riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti”; art. 13, riguardo alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole: “e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa”; art. 13, comma 1, limitatamente alle parole: “il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti,”; art. 13, comma 3: “3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non è consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa regione, né con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall’interessato, per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell’ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché sostituendo al presidente della corte d’appello e al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la medesima.”; art. 13, comma 4: “4. Ferme restando tutte le procedure previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, all’interno dello stesso distretto, all’interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al capoluogo del distretto di corte d’appello determinato ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni, non si applica nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Nel primo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado può avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo provvedimento di trasferimento.”; art. 13, comma 5: “5. Per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l’anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche.”; art. 13, comma 6: “6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all’articolo 10, commi 15 e 16, nonché, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso articolo 10, che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa.”; il Decreto-Legge 29 dicembre 2009 n. 193, convertito con modificazioni nella legge 22 febbraio 2010, n. 24 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 3, comma 1, limitatamente alle parole: “Il trasferimento d’ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, previsto dall’articolo 13, commi 3 e 4, del Decreto Legislativo 5 aprile 2006, n. 160.”?».
2.− L’Ufficio centrale per il Referendum ha attribuito al quesito il seguente titolo: «Separazione delle funzioni dei magistrati. Abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati».
3.− Ricevuta comunicazione dell’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum, depositata in Cancelleria in data 1° dicembre 2021, il Presidente di questa Corte ha fissato per la conseguente deliberazione la camera di consiglio del 15 febbraio 2022, disponendo che ne fosse data comunicazione ai delegati dei Consigli regionali presentatori della richiesta di referendum e al Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’art. 33, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo).
4.− Avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 33, terzo comma, della legge n. 352 del 1970, i delegati dei Consigli regionali che hanno richiesto il referendum hanno depositato, in data 11 febbraio 2022, una memoria per illustrare le ragioni a sostegno dell’ammissibilità dello stesso.
Dopo aver ricostruito l’evoluzione della normativa riguardante il passaggio dei magistrati dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti, e viceversa, i delegati hanno illustrato l’assetto attuale della relativa disciplina e, in particolare, il contenuto delle disposizioni oggetto del quesito referendario, rilevando come esse non rientrino nelle categorie di leggi con riferimento alle quali l’art. 75, secondo comma, della Costituzione preclude il ricorso all’abrogazione referendaria. Hanno poi sottolineato come la chiara finalità del quesito sia quella di «escludere la possibilità del passaggio, durante la carriera del magistrato, dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa», sicché la formulazione del quesito garantirebbe «l’autenticità e la genuinità della manifestazione di volontà del corpo elettorale», potendosi trarre dalle norme proposte per l’abrogazione una matrice razionalmente unitaria. Sarebbe anche da escludere un carattere «manipolativo o surrettiziamente propositivo» della richiesta referendaria, come peraltro sarebbe già stato ritenuto da questa Corte nella sentenza n. 37 del 2000, allorché si è pronunciata sull’ammissibilità di un quesito sulla stessa materia. Hanno, infine, evidenziato che, come nel caso della richiesta vagliata nella citata sentenza n. 37 del 2000, anche l’odierno quesito non comprende talune disposizioni – ad esempio quelle recate dall’art. 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511 (Guarentigie della magistratura), in tema di trasferimento d’ufficio per incompatibilità – che pure contemplano la possibilità di un passaggio di funzioni, affermando tuttavia che l’omissione sarebbe del tutto ininfluente ai fini dell’ammissibilità della domanda referendaria. Infine, hanno ricordato come la già citata sentenza n. 37 del 2000, da un lato, abbia escluso che le disposizioni che regolano la materia in esame possano ascriversi a quelle aventi contenuto «costituzionalmente vincolato». La pronuncia citata, dall’altro lato, avrebbe sottolineato la possibilità di un intervento successivo del legislatore, volto ad eliminare eventuali incongruenze nella normativa di risulta.
5.− Sempre in data 11 febbraio 2022, il Presidente della Regione autonoma Sardegna ha depositato, a sua volta, una memoria a sostegno dell’ammissibilità del referendum. Ha rilevato, in primo luogo, che le disposizioni indicate nel quesito non rientrano tra quelle per le quali l’art. 75 Cost. esclude il ricorso al referendum. In secondo luogo, ha sostenuto che non potrebbero neppure invocarsi i limiti ulteriori, rispetto a quelli esplicitati dal disposto letterale dell’art. 75, secondo comma, Cost., enucleati dalla giurisprudenza costituzionale. Non si sarebbe, infatti, in presenza di leggi costituzionalmente necessarie o di quesiti privi di una matrice unitaria o caratterizzati da una scarsa chiarezza, tale da produrre «un disorientamento dei cittadini nell’esprimere il voto», o privi di omogeneità e univocità oppure, ancora, tendenti ad introdurre nuove statuizioni del tutto estranee al contesto normativo. Ha, quindi, evidenziato che la proposta abrogativa sottoposta al vaglio di ammissibilità «mira ad eliminare la facoltà per il magistrato di passare dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa», senza che ciò possa considerarsi lesivo di qualsivoglia principio costituzionale, tanto più che, secondo l’interveniente, il legislatore resterebbe libero di intervenire con una nuova disciplina che, «pur non contrastando con la volontà popolare, attenui gli effetti dell’espressione della scelta secca connaturale all’abrogazione referendaria».
Considerato in diritto
1.– La richiesta di referendum abrogativo investe le seguenti disposizioni:
- a) l’art. 192, comma 6, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), il cui testo recita: «Non sono ammesse domande di tramutamento con passaggio dalle funzioni giudicanti alle requirenti o viceversa, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del consiglio superiore della magistratura». Il quesito propone l’abrogazione dell’inciso «salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del consiglio superiore della magistratura», in tal modo mirando a lasciare in vigore il disposto che sancisce l’inammissibilità di domande di tramutamento con passaggio dalle une alle altre funzioni;
- b) l’art. 18, comma 3, della legge 4 gennaio 1963, n. 1 (Disposizioni per l’aumento degli organici della Magistratura e per le promozioni), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, secondo cui: «La Commissione di scrutinio dichiara, per ciascun magistrato scrutinato, se è idoneo a funzioni direttive, se è idoneo alle funzioni giudicanti o alle requirenti o ad entrambe, ovvero alle une a preferenza delle altre». La disposizione, la cui «permanenza in vigore» è stata dichiarata «indispensabile» dall’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179 (Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246), è, peraltro, strettamente collegata alla disciplina dei concorsi per la destinazione alle funzioni di appello e di cassazione e risulta perciò desueta, poiché tale disciplina è stata superata dalla legislazione successiva in tema di progressione in carriera dei magistrati;
- c) l’art. 23, comma 1, del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, recante «Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n. 150». La disposizione prevede che il comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura – anche in vista del «passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa» – approvi annualmente il piano dei corsi di formazione, tenendo conto della diversità delle funzioni svolte dai magistrati. La disposizione, quindi, risulta in stretta correlazione con le previsioni di cui al decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, recante «Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150», che impongono, quale requisito per il passaggio dalle funzioni giudicanti e requirenti e viceversa, la preliminare partecipazione ad un apposito corso di formazione;
- d) l’art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 160 del 2006, limitatamente alle parole: «riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti».
Tale articolo disciplina le periodiche valutazioni di professionalità cui i magistrati sono sottoposti nel corso della carriera, in riferimento ai parametri della capacità, laboriosità, diligenza e impegno. Il comma 2 prevede, in particolare, che la valutazione di professionalità, appunto riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti, non può riguardare in nessun caso l’attività di interpretazione di norme di diritto, né quella di valutazione del fatto e delle prove.
L’abrogazione del frammento normativo mira ad espungere dalla disposizione il riferimento ai periodi di svolgimento, da parte del magistrato, di funzioni sia giudicanti che requirenti, per evitare che dalla permanenza in vigore di tale parte di disposizione possa desumersi la perdurante possibilità di transitare dall’una funzione all’altra;
- e) l’art. 13 del d.lgs. n. 160 del 2006, riguardo alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole: «e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa», e ai commi 1, limitatamente alle parole: «il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti,», 3, 4, 5 e 6;
Le disposizioni contenute nell’art. 13 costituiscono il “cuore” del quesito referendario, disciplinando nei dettagli il passaggio di funzione.
Tale articolo prevede, come regola generale, che il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, importi un cambiamento di sede. Infatti, il mutamento di funzioni, ai sensi del comma 3 del citato art. 13, non è consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa Regione, né infine con riferimento al capoluogo del distretto di corte d’appello determinato ai sensi dell’art. 11 del codice di procedura penale, avuto riguardo al distretto nel quale il magistrato presta servizio al momento della richiesta.
Inoltre, sempre ai sensi del comma 3, tale passaggio può essere richiesto per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera e solo dopo aver svolto la stessa funzione per almeno cinque anni. Occorre, a tal fine, partecipare ad una procedura concorsuale – previa frequentazione, come s’è visto, di appositi corsi di qualificazione professionale presso la Scuola superiore della magistratura – nonché ottenere un giudizio di idoneità espresso dal Consiglio superiore della magistratura, su parere del Consiglio giudiziario (o del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, in caso di richiesta di passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa).
La medesima disposizione introduce dei temperamenti a questa disciplina.
Ai sensi del comma 6, infatti, i limiti appena illustrati non operano in caso di conferimento delle funzioni direttive superiori giudicanti e requirenti di legittimità o per le funzioni direttive apicali di legittimità; né è previsto l’obbligo di mutare sede per il conferimento delle funzioni di legittimità e direttive di legittimità che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa.
Per tutti i magistrati, il comma 4 prevede che non si debba cambiare Regione, ma trasferirsi in un diverso circondario e in una diversa Provincia rispetto a quella di provenienza, se il giudice che chiede il passaggio alle funzioni requirenti abbia svolto, negli ultimi cinque anni, funzioni esclusivamente civili o del lavoro; o se il pubblico ministero chieda di passare alle funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni – ove vi siano posti vacanti – in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Sono previste, altresì, ulteriori limitazioni in caso di successivi trasferimenti con mutamento di funzioni.
In tutti i casi considerati, il medesimo comma 4 prevede, ancora, una incompatibilità che opera solo nell’ambito dello stesso distretto per coloro che, oltre a cambiare funzione, passino da un organo giudiziario di primo ad uno di secondo grado.
Infine, il comma 5 dispone che, per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l’anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche;
- f) l’art. 3, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), convertito, con modificazioni, in legge 22 febbraio 2010, n. 24, limitatamente alle seguenti parole: «Il trasferimento d’ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, previsto dall’articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160».
La disposizione regola la copertura delle sedi rimaste vacanti «per difetto di magistrati richiedenti» (così la rubrica dell’art. 3).
Si tratta delle sedi individuate quali “disagiate” ai sensi dell’art. 1 della legge 4 maggio 1998, n. 133 (Incentivi ai magistrati trasferiti d’ufficio a sedi disagiate e introduzione delle tabelle infradistrettuali). La disposizione prevede che – «[f]ino al 31 dicembre 2014» – per tali sedi, rimaste vacanti per difetto di aspiranti e per le quali non siano intervenute dichiarazioni di disponibilità o manifestazioni di consenso al trasferimento, il Consiglio superiore della magistratura possa provvedere alla copertura con il trasferimento d’ufficio dei magistrati che abbiano conseguito la prima o la seconda valutazione di professionalità o che, se pure abbiano conseguito una valutazione di professionalità superiore, abbiano oltrepassato il limite decennale di permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio e nell’esercizio delle medesime funzioni, previsto dall’art. 19 del d.lgs. n. 160 del 2006. L’ultimo periodo della disposizione in esame prevede che, nei casi illustrati, il trasferimento d’ufficio possa essere disposto anche in deroga ai limiti al passaggio di funzioni dettati dai commi 3 e 4 dell’art. 13 del d.lgs. n. 160 del 2006: e proprio per tale ragione è ricompresa tra le norme soggette a referendum abrogativo.
2.– In via preliminare, occorre rilevare che, nella camera di consiglio del 15 febbraio 2022, questa Corte ha consentito – come più volte avvenuto in passato (da ultimo, sentenza n. 10 del 2020) – l’illustrazione orale delle memorie depositate dai soggetti presentatori del referendum ai sensi dell’art. 33, terzo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), nonché la presentazione di scritti da parte di un soggetto ulteriore – nella specie, il Presidente della Regione autonoma Sardegna – in quanto interessato alla decisione sull’ammissibilità delle richieste referendarie (ex plurimis: sentenze n. 10 del 2020, n. 5 del 2015, n. 13 del 2012, n. 28, n. 27, n. 26, n. 25 e n. 24 del 2011, n. 17, n. 16 e n. 15 del 2008).
L’ammissione di soggetti diversi dai presentatori, orientata ad acquisirne le argomentazioni, non si traduce in un diritto degli stessi a partecipare al procedimento – che, comunque, «deve tenersi, e concludersi, secondo una scansione temporale definita» (sentenze n. 10 del 2020 e n. 31 del 2000) – né in quello di illustrare le relative tesi in camera di consiglio. Con l’ammissione di tali soggetti, invece, questa Corte consente brevi integrazioni orali degli scritti, come appunto è avvenuto nella camera di consiglio del 15 febbraio 2022.
3.– Questa Corte è chiamata a giudicare sull’ammissibilità della richiesta di referendum alla luce, sia dei criteri desumibili dall’art. 75 Cost., sia del complesso dei «valori di ordine costituzionale, riferibili alle strutture od ai temi delle richieste referendarie», stabilendo se, ad integrazione delle ipotesi che il secondo comma dell’art. 75 Cost. ha previsto in maniera puntuale ed espressa, «non s’impongano altre ragioni, costituzionalmente rilevanti, in nome delle quali si renda indispensabile precludere il ricorso al corpo elettorale» (sentenza n. 16 del 1978; da ultimo, nello stesso senso, sentenza n. 10 del 2020).
4.– Ciò posto, è già stata ritenuta ammissibile in passato la richiesta di referendum popolare avente ad oggetto disposizioni – o parti di disposizioni – delle leggi di ordinamento giudiziario relative al passaggio dei magistrati dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa.
Nella sentenza n. 37 del 2000, infatti, è stata innanzitutto affermata l’estraneità della disciplina in questione alle categorie di leggi per le quali l’art. 75, secondo comma, Cost. preclude espressamente il ricorso all’abrogazione referendaria.
Questa valutazione deve essere confermata con riferimento alle disposizioni, o parti di disposizioni, ricomprese nell’odierno quesito. Non sussistono, pertanto, sotto questo profilo, ostacoli all’ammissibilità del referendum.
5.– Sempre nel solco del precedente appena citato, va anche escluso che il quesito investa disposizioni il cui contenuto normativo risulti costituzionalmente vincolato.
Le disposizioni oggetto di referendum ben potrebbero essere private di efficacia senza che ne risultino lesi specifici disposti della Costituzione o di altre leggi costituzionali (sentenza n. 16 del 1978). Nella sentenza n. 37 del 2000 questa Corte, infatti, ha chiarito che la Costituzione, «pur considerando la magistratura come un unico “ordine”, soggetto ai poteri dell’unico Consiglio superiore (art. 104), non contiene alcun principio che imponga o al contrario precluda la configurazione di una carriera unica o di carriere separate fra i magistrati addetti rispettivamente alle funzioni giudicanti e a quelle requirenti, o che impedisca di limitare o di condizionare più o meno severamente il passaggio dello stesso magistrato, nel corso della sua carriera, dalle une alle altre funzioni».
6.– Nel caso all’odierno esame, come emerge anche dal titolo assegnato al quesito dall’Ufficio centrale («Separazione delle funzioni dei magistrati. Abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati»), l’intento dei proponenti, obiettivato nelle disposizioni ricomprese nel quesito, è quello di rendere irreversibile, attraverso l’abrogazione referendaria, la scelta operata dal magistrato, all’inizio della carriera, circa le funzioni (giudicanti o requirenti) da esercitare.
Occorre, peraltro, precisare che l’eventuale esito positivo del referendum avrebbe altresì, quale effetto, la “cristallizzazione” immediata delle funzioni attualmente esercitate dai magistrati in servizio.
In ogni caso, il quesito referendario presenta carattere omogeneo e completo, matrice unitaria, nonché struttura binaria (sentenza n. 47 del 1991; più recentemente, sentenza n. 27 del 2017).
Pur coinvolgendo una pluralità di disposizioni contenute in diversi testi normativi, esso chiama univocamente il corpo elettorale a pronunciarsi su una chiara alternativa: se i magistrati possano continuare a mutare di funzione nel corso della carriera, oppure se tale possibilità debba essere eliminata.
Del resto, la circostanza che la domanda referendaria riguardi molteplici disposizioni, anche di diversi atti legislativi, è, da un lato, inevitabile conseguenza della frammentarietà dello stesso contesto normativo di riferimento, dall’altro, ossequio al requisito della completezza del quesito, che non sarebbe soddisfatto se il principio o la regola oggetto di referendum sopravvivesse all’abrogazione perché costituente oggetto di norme non sottoposte al voto popolare, determinando una contraddizione e un conseguente difetto di chiarezza verso gli elettori (sentenze n. 42 e 38 del 1997).
Né comporta di per sé disomogeneità del quesito la circostanza che siano sottoposte a referendum una pluralità di disposizioni, proprio in quanto le previsioni da esso coinvolte sono certamente accomunate dalla eadem ratio (sentenza n. 28 del 2011).
7.– Ancora, come pure era stato deciso nella sentenza n. 37 del 2000, il quesito in esame ha «un carattere effettivamente abrogativo e non “introduttivo”».
Esso non manifesta, infatti, alcun intento surrettiziamente propositivo, poiché la domanda referendaria mira ad eliminare in toto la possibilità del mutamento delle funzioni, senza sostituire la disciplina vigente con altra, diversa ed estranea al contesto normativo di partenza (sentenza n. 34 del 2000).
8.– Infine, non è di ostacolo all’ammissibilità del referendum la circostanza che – tra le disposizioni che governano il percorso professionale dei magistrati – possano essere rimaste estranee al quesito referendario alcune di esse, astrattamente compatibili con il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti, e viceversa. Vale il rilievo, desumibile dalla costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui non inficia l’operazione referendaria il fatto che non siano ricompresi nella domanda sottoposta agli elettori elementi normativi marginali, «rimanendo comunque affidato alla discrezionalità del legislatore ed all’interpretazione sistematica della giurisprudenza, in caso di esito positivo del referendum, il compito di ricondurre la disciplina ad unità ed armonia» (ex multis: sentenza n. 38 del 1997).
9.– Rimane del resto ferma la possibilità – rientrante tra i compiti del legislatore – che, a seguito dell’eventuale abrogazione referendaria, si pongano in essere gli interventi legislativi necessari per rivedere organicamente la normativa “di risulta”, e per l’introduzione di discipline transitorie e conseguenziali, onde evitare, in particolare, la immediata “cristallizzazione” delle funzioni attualmente in essere.
10.– Non ostandovi alcuna ragione di ordine costituzionale, la richiesta di referendum deve dunque essere dichiarata ammissibile.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione delle seguenti disposizioni: art. 192, comma 6, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), limitatamente alle parole: «, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del consiglio superiore della magistratura»; art. 18, comma 3, della legge 4 gennaio 1963, n. 1 (Disposizioni per l’aumento degli organici della Magistratura e per le promozioni); art. 23, comma 1, del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, recante «Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n. 150», limitatamente alle parole: «nonché per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa»; art. 11, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, recante «Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150», limitatamente alle parole: «riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti»; art. 13 del d.lgs. n. 160 del 2006, riguardo alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole: «e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa», e ai commi 1, limitatamente alle parole: «il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti,», 3, 4, 5 e 6; art. 3, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009 n. 193 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), convertito, con modificazioni, in legge 22 febbraio 2010, n. 24, limitatamente alle parole: «Il trasferimento d’ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa previsto dall’articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160»; richiesta dichiarata legittima dall’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 febbraio 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Nicolò ZANON, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria l'8 marzo 2022.